Valutazione recidiva: oltre l’automatismo dei precedenti penali
La corretta valutazione recidiva è un tema centrale nel diritto penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per affermare la recidiva non basta un mero elenco di precedenti condanne. È necessaria un’analisi approfondita e concreta che colleghi il passato criminale dell’imputato al nuovo reato commesso, dimostrando una sua persistente inclinazione a delinquere. Questo approccio garantisce che la risposta sanzionatoria sia proporzionata non solo al fatto, ma anche alla personalità del reo.
I fatti del caso
Un soggetto proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato, tra le altre cose, l’applicazione della recidiva. Secondo la tesi difensiva, i giudici di merito avevano commesso un errore, basando la loro decisione esclusivamente sui precedenti penali del ricorrente, senza compiere una valutazione più approfondita. La difesa sosteneva che tale automatismo violasse i principi giurisprudenziali consolidati in materia.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione. La sentenza impugnata non si era limitata a prendere atto dei precedenti, ma aveva spiegato come i fatti contestati fossero l’espressione di una personalità incline a delinquere, caratterizzata da ‘plurime ricadute’ che dimostravano una chiara ‘insensibilità rispetto alle condanne riportate’.
Le motivazioni: i criteri per una corretta valutazione recidiva
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i criteri che guidano una corretta valutazione recidiva. La motivazione della Corte si allinea ai principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la decisione del giudice non può fondarsi unicamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso tra un reato e l’altro. Il giudice ha il dovere di esaminare in concreto, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale, il rapporto esistente tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se e in che misura la condotta criminale passata sia indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’. Questa inclinazione deve aver agito come fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo reato. Di conseguenza, solo un’analisi che lega logicamente il passato al presente può giustificare l’aggravamento della pena derivante dalla recidiva.
Le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza riafferma che la recidiva non è un automatismo legato al casellario giudiziale. È una valutazione complessa che richiede al giudice di andare oltre la semplice constatazione dei precedenti. È necessario un giudizio sulla personalità del reo e sulla sua propensione a commettere nuovi reati, desunta dal legame specifico tra le vecchie e le nuove condotte illecite. La decisione della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, confermando la validità dell’approccio seguito dai giudici di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché, secondo la Corte, la Corte d’Appello aveva motivato correttamente la sua decisione sulla recidiva, non basandosi solo sui precedenti penali ma analizzando la personalità incline a delinquere del soggetto.
Su quali basi si fonda una corretta valutazione recidiva secondo la Corte?
Secondo la Corte, una corretta valutazione non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale, ma deve esaminare in concreto il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti per verificare se la condotta passata indichi una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6442 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6442 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAZARA DEL VALLO il 22/08/1957
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che GLYPH risulta GLYPH manifestamente GLYPH infondato GLYPH l’unico GLYPH motivo d’impugnazione, secondo il quale la Corte di appello avrebbe confermato la recidiva facendo riferimento ai soli precedenti penali, là dove -invece- i giudici hanno spiegato che i fatti contestati erano espressione di una personalità incline a una personalità incline a delinquere, con plurime ricadute che esprimono insensibilità rispetto alle condanne riportate, così che la motivazione è conforme ai principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 21 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Predeite