Valutazione Recidiva: Oltre la Gravità del Fatto e il Tempo Trascorso
La corretta valutazione della recidiva rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché da essa può dipendere un significativo inasprimento della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce sui criteri che il giudice di merito deve seguire per applicare tale istituto, ribadendo la necessità di un’analisi sostanziale e non meramente formale. Il provvedimento sottolinea che non ci si può fermare alla gravità dei reati o al tempo trascorso, ma occorre un’indagine più profonda sul legame tra la condotta passata e il reato attuale.
Il Caso in Analisi: Un Ricorso Contro l’Applicazione della Recidiva
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua colpevolezza. L’unico motivo di doglianza sollevato dinanzi alla Suprema Corte riguardava proprio l’applicazione della recidiva, contestandone la sussistenza. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente ponderato gli elementi necessari per ritenerla applicabile al caso di specie.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza dell’operato del giudice di merito, il quale aveva applicato correttamente i principi consolidati della giurisprudenza in materia. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: I Criteri per una Corretta Valutazione della Recidiva
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni, dove la Corte ribadisce con chiarezza i paletti per una legittima valutazione della recidiva. Il principio fondamentale è che il giudizio non può essere automatico né basarsi su elementi superficiali. Nello specifico, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente su due fattori:
1. La gravità dei fatti: La serietà dei reati commessi in passato non è, da sola, un elemento sufficiente.
2. L’arco temporale: Neanche il semplice intervallo di tempo in cui i reati sono stati consumati può giustificare l’applicazione della recidiva.
Al contrario, il giudice ha il dovere di condurre un’analisi concreta e approfondita, utilizzando i criteri guida forniti dall’articolo 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.). Questa analisi deve focalizzarsi sul rapporto specifico tra il nuovo reato per cui si procede (il reato sub iudice) e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se, e in quale misura, la pregressa carriera criminale del soggetto sia sintomatica di una perdurante inclinazione al delitto. Solo se questa inclinazione ha agito come un effettivo fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo reato, l’applicazione della recidiva risulta giustificata.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale: la recidiva non è un automatismo sanzionatorio, ma un istituto che richiede un accertamento rigoroso e personalizzato. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’applicazione o la contestazione della recidiva deve essere supportata da argomentazioni che vadano al di là del mero richiamo ai precedenti penali. È necessario dimostrare, o confutare, l’esistenza di un concreto legame sintomatico tra passato e presente criminale. Per l’imputato, questa impostazione garantisce che un aumento di pena avvenga solo quando la sua storia criminale riveli una maggiore pericolosità sociale e una più spiccata colpevolezza, evitando così applicazioni puramente formali e potenzialmente inique.
Per valutare la recidiva è sufficiente considerare la gravità dei reati commessi in passato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale in cui questi sono stati commessi.
Quali criteri deve usare il giudice per la valutazione della recidiva?
Il giudice deve esaminare in concreto il rapporto esistente tra il nuovo reato e le condanne precedenti, applicando i criteri dell’art. 133 del codice penale per verificare se la condotta passata sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito sulla commissione del nuovo reato.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione sulla recidiva viene ritenuto manifestamente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26043 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26043 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME CUI 04AHGNI ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidi non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato;
che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in partic p. 3 della sentenza impugnata) dei principi della giurisprudenza di legitt secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sul gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 c il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti co verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicati una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore crimin per la commissione del reato “sub iudice”;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2024