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Valutazione recidiva: errore sui fatti successivi

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per furto limitatamente al riconoscimento della recidiva. I giudici hanno stabilito che la valutazione recidiva deve basarsi sulla condotta dell’imputato fino alla commissione del reato per cui si procede, e non su eventuali crimini commessi successivamente. La Corte d’Appello aveva erroneamente confermato la recidiva basandosi su due condanne successive, un criterio ritenuto illegittimo dalla Cassazione, che ha rinviato il caso per un nuovo giudizio sul punto.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione Recidiva: la Cassazione Fissa i Paletti Temporali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23913/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia di valutazione recidiva: il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato deve essere ancorato alla sua condotta fino al momento della commissione del reato per cui si procede, senza poter considerare fatti successivi. Questo chiarimento è fondamentale per garantire che la valutazione sia corretta e non viziata da elementi estranei al perimetro temporale rilevante.

I Fatti del Caso: dal Furto in Supermercato all’Appello

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato. L’imputata, dopo la condanna in primo grado, si era vista parzialmente riformare la sentenza dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, pur riconoscendo un’attenuante per la modesta entità del danno (sottrazione di generi alimentari da un supermercato), aveva confermato l’applicazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale.

Nel ricorso per cassazione, la difesa ha contestato proprio questo punto. Si sosteneva che il fatto, di gravità molto contenuta, non giustificasse quel giudizio di maggiore pericolosità sociale che è il presupposto necessario per l’applicazione della recidiva.

La Corte d’Appello aveva respinto questa argomentazione, basando la propria decisione su un elemento specifico: l’imputata, anche dopo i fatti di causa, aveva riportato altre due condanne per furto. Questo, secondo i giudici di secondo grado, dimostrava una ‘cresciuta pericolosità sociale’ tale da rendere impossibile disapplicare la recidiva.

Il Ricorso in Cassazione e l’Errata Valutazione Recidiva

Il nucleo del ricorso davanti alla Suprema Corte si è concentrato sull’illegittimità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. La difesa ha evidenziato come il giudizio sulla recidiva fosse stato indebitamente influenzato da eventi successivi al reato contestato. La questione posta ai giudici di legittimità era, quindi, se fosse corretto fondare la valutazione recidiva su comportamenti tenuti dall’imputato dopo la commissione del fatto per cui si stava procedendo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno chiarito che la valutazione della recidiva, per sua stessa definizione, è un giudizio che deve riguardare la condotta del reo fino alla commissione dell’ultimo reato per il quale essa viene applicata. È un’analisi retrospettiva che serve a stabilire se il nuovo delitto sia espressione di una maggiore colpevolezza e pericolosità, manifestatasi con la persistenza nel crimine nonostante i precedenti moniti dell’autorità giudiziaria.

Il ragionamento della Corte d’Appello è stato censurato perché si è esaurito nella semplice rilevazione di comportamenti successivi. Questo approccio è errato. Il giudice non può basare la sua decisione su fatti accaduti dopo il reato in esame, anche se si tratta di crimini della stessa specie. La valutazione deve concentrarsi sul percorso di vita del reo e sulla sua condotta che precede e culmina nel fatto da giudicare.

In altre parole, la pericolosità sociale che giustifica l’aumento di pena per la recidiva deve essere desunta dalla storia criminale precedente e non da quella successiva. Includere eventi posteriori significherebbe giudicare l’imputato non solo per il fatto commesso, ma anche per la sua vita successiva, violando i principi fondamentali del diritto penale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ha un’importante implicazione pratica: delimita chiaramente il perimetro temporale dell’accertamento giudiziale in tema di recidiva. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Venezia. Quest’ultima dovrà procedere a un nuovo esame, attenendosi al principio di diritto secondo cui la valutazione sulla recidiva non può fondarsi su reati commessi successivamente a quello per cui si procede. La decisione riafferma la necessità di un giudizio rigoroso e ancorato ai fatti pertinenti, evitando che elementi futuri possano influenzare retroattivamente la valutazione della colpevolezza e della pericolosità di un imputato.

Per valutare la recidiva, il giudice può considerare i reati commessi dall’imputato dopo il fatto per cui si procede?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della recidiva deve basarsi esclusivamente sulla condotta tenuta dal reo fino alla commissione del reato in giudizio. Considerare reati successivi costituisce un errore di diritto.

Cosa significa che la valutazione della recidiva afferisce alla condotta fino alla commissione dell’ultimo reato?
Significa che il giudice deve analizzare il percorso criminale dell’imputato che precede il fatto per cui sta emettendo la sentenza. L’obiettivo è capire se, nonostante le condanne precedenti, l’imputato abbia mostrato una persistenza nel commettere crimini, manifestando così una maggiore pericolosità sociale al momento del nuovo reato.

Qual è stata la conseguenza della decisione della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente al punto sulla recidiva. Ha rinviato il caso a un’altra sezione della stessa Corte d’Appello, che dovrà effettuare una nuova valutazione attenendosi al principio di non considerare i reati successivi a quello contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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