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Valutazione recidiva: Cassazione e capacità criminale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro la mancata esclusione della recidiva. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione della recidiva effettuata dal giudice di merito, basata su una profonda analisi della capacità a delinquere dell’imputato e della sua persistente inclinazione al crimine, desunta dalle precedenti condanne.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione della recidiva: la Cassazione conferma il potere del giudice

La valutazione della recidiva rappresenta un momento cruciale nel processo penale, in quanto incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi che guidano il giudice in questa delicata analisi, confermando come un’attenta ponderazione della capacità a delinquere dell’imputato sia sufficiente a giustificare la mancata esclusione della recidiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’oggetto della contestazione era specifico: la decisione dei giudici di merito di non escludere la recidiva, un’aggravante che tiene conto delle precedenti condanne penali. Secondo la difesa, tale valutazione non era stata adeguatamente motivata. Il ricorso è quindi approdato dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione per una decisione finale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione del giudice di merito era tutt’altro che superficiale. Al contrario, si basava su una valutazione “pregnante” e approfondita degli aspetti legati alla personalità dell’imputato e alla sua inclinazione a commettere ulteriori reati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni e la corretta valutazione della recidiva

Il punto centrale della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha convalidato l’operato della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha chiarito che il giudice di merito ha correttamente esercitato il proprio potere punitivo, applicando i criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale. Quest’ultimo articolo fornisce al giudice gli strumenti per calibrare la pena in base alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del colpevole.

Nel caso specifico, la valutazione della recidiva non è stata un automatismo, ma il risultato di un’analisi ponderata. I giudici hanno considerato le pregresse condanne non come un mero dato statistico, ma come un “fattore criminogeno”, ossia un elemento che ha influenzato la commissione del nuovo reato. La condotta criminale è stata interpretata come l’indicatore di una “perdurante inclinazione al delitto”, giustificando così pienamente il mantenimento dell’aggravante della recidiva. La Corte ha richiamato anche un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 33299/2016) per rafforzare il principio secondo cui una motivazione incentrata sulla capacità a delinquere è sufficiente a soddisfare l’onere di motivazione richiesto dalla legge.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della recidiva non è un atto formale, ma un giudizio sostanziale sulla personalità dell’imputato. Quando il giudice di merito fornisce una motivazione solida, ancorata ai criteri dell’art. 133 c.p. e basata su elementi concreti come i precedenti penali, la sua decisione è difficilmente censurabile in sede di legittimità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un ricorso per Cassazione su questo punto ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un vizio logico o una palese violazione di legge nella motivazione della sentenza impugnata, piuttosto che un semplice dissenso sulla valutazione compiuta.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso sulla recidiva?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché ha ritenuto che il giudice di merito avesse già svolto una valutazione approfondita e ben motivata della capacità a delinquere dell’imputato, basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale e considerando le precedenti condanne come prova di una persistente inclinazione al crimine.

Quali criteri usa il giudice per la valutazione della recidiva?
Secondo la pronuncia, il giudice si basa sui criteri dell’art. 133 del codice penale, che regolano l’esercizio del potere punitivo. In particolare, analizza la capacità a delinquere dell’imputato, valutando le pregresse condanne e la condotta criminosa come indicatori di una sua inclinazione a commettere reati.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta il rigetto del ricorso senza un esame del suo merito. Come conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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