Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46988 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46988 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 09/09/1963 avverso l’ordinanza del 28/06/2024 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei riguardi di NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari presso lo stesso Tribunale il 20/5/2024, per il suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di stampo mafioso denominata “clan Contini”, non essendo stata provata la sua partecipazione al sodalizio nel periodo contestato, da giugno 2022 a fine 2023.
Secondo il Tribunale del riesame, infatti, il compendio indiziario a carico del COGNOME era rappresentato esclusivamente dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, atteso che, nelle conversazioni intercettate, era dubbia l’identificazione
del “NOME” o “COGNOME” col COGNOME. L’unico riferimento certo al COGNOME, di cui al progressivo 312 del 13/10/2022, in cui lo stesso viene appellato con il suo soprannome, “muntat”, non ineriva attività criminali ed era, perciò, irrilevante.
In ragione del limitato anzidetto periodo temporale oggetto di contestazione, altrettanto irrilevanti erano, sempre a dire dell’ordinanza impugnata, le dichiarazioni dei collaboratori relative a periodi di molto precedenti, mentre avevano potenziale rilievo quelle di Giugliano Salvatore, divenuto collaboratore di giustizia nel 2021, che aveva indicato il COGNOME Luca COGNOME come gerarchicamente sovraordinato a COGNOME NOME e COGNOME NOME, e subordinato al solo COGNOME NOME quando questi era libero. Secondo la detta ordinanza, tuttavia, si trattava di affermazioni non adeguatamente riscontrate, né da altre dichiarazioni di collaboratori (atteso che COGNOME NOME, pur indicando il NOME COGNOME al vertice del clan COGNOME dal 2019, non lo aveva riconosciuto in sede di individuazione fotografica, così come non lo avevano riconosciuto COGNOME NOME e COGNOME NOME), né dall’unica intercettazione rilevante all’uopo (raccolta presso l’abitazione di COGNOME Ciro il 14/6/2022), allorché il COGNOME aveva detto (parlando della mancata convocazione di COGNOME, da parte di COGNOME NOME, una volta che costui era uscito dal carcere): “NOME e COGNOME vogliono stare quieti con noi”, riferendosi al COGNOME e al COGNOME. Infatti, per il Tribunale del riesame si trattava di fatti avvenuti nel 2020, all’indomani della scarcerazione di COGNOME NOME e, dunque, in epoca antecedente a quella in contestazione.
Ha proposto ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli, lamentando l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 416-bis cod. pen., da parte del Tribunale del riesame, laddove aveva escluso la partecipazione di NOME COGNOME al “clan COGNOME“, correttamente riconosciuta, viceversa, nella ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari in base al riscontro inequivoco della detta conversazione presso l’abitazione di Mazzarella Oro del 14/6/2022, nella quale si dava atto della posizione apicale nel clan COGNOME di COGNOME.
Nel ricorso, poi, si valorizzano ulteriori elementi che sarebbero stati trascurati, a sostegno dell’accusa, ovvero:
COGNOME NOMECOGNOME nel parlare (alle 14.33 del 7/10/2022, progressivo 112) della vasta disponibilità di mezzi da destinare al noleggio, da parte del “genero di NOME“, lamentandosi, per contro, delle difficoltà in tal senso di suo figlio, COGNOME NOME, impegnato in una similare attività imprenditoriale, si era certamente riferito a NOMECOGNOME che era, appunto, il genero del COGNOME, avendone sposato la figlia (COGNOME NOME), e che,
in effetti, gestiva una siffatta attività di autonoleggio;
dalle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia emergeva come la persona indicata come “NOME“, “NOME” o “NOME” fosse a stretto contatto con COGNOME NOME e in posizione gerarchicamente sovraordinata rispetto a questi;
in data 24/10/2023 NOME COGNOME era stato controllato mentre era insieme a COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (ciò che ne confermava la vicinanza attuale a COGNOME);
lo stesso Tribunale del riesame aveva rilevato che, nella detta intercettazione presso l’abitazione di COGNOME (progressivo 428 del 14/6/2022) il nome “COGNOME” fosse riferito al COGNOME.
Secondo parte ricorrente, dunque, gli elementi considerati consentivano di affermare, con ragionevole certezza, che il “NOME” evocato nel corso delle intercettazioni fosse proprio il COGNOME, la cui attuale partecipazione al clan COGNOME doveva ritenersi provata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La censura non configura, in realtà, alcuna violazione di legge, lamentando, a ben vedere, l’erronea valutazione del materiale probatorio da parte del Tribunale del riesame: sicché, a tutto concedere, va riqualificata, ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen. nell’ambito della lettera e) del primo comma dell’art. 606 cod. proc. pen.
Tuttavia, restano evidenti i limiti entro cui ciò può avvenire.
In tema di misure cautelari personali, il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se i giudici di merito abbiano dato adeguato conto (rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie) delle ragioni che hanno indotto ad affermare (o negare) la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato ex art. 292 cod. proc. pen. (che non necessita dell’accertamento della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza) e/o la sussistenza delle esigenze cautelari in rapporto alla pericolosità dell’interessato e alla misura adeguata a fronteggiarla (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01).
Ne consegue che è inammissibile il controllo su quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n.
11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; ex multis, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01), esulando dal controllo di legittimità il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438-01). Il controllo insomma va operato, in positivo, sulla sussistenza di ragioni giuridicamente significative a sostegno della decisione presa e, in negativo, sull’assenza di illogicità evidenti o contraddittorietà o carenze motivazionali (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01).
Nel caso di specie, la gravità indiziaria a carico del COGNOME è stata esclusa per la ritenuta equivocità dei riferimenti a costui nelle intercettazioni (non essendo emerso con certezza che si parlasse del COGNOME allorché si evocava “NOME“, “NOME” o “NOME“) e per essere i contributi dei collaboratori, al riguardo, datati e di gran lunga anteriori al periodo per il quale i gravi indizi di colpevolezza avrebbero dovuto emergere, ovvero dal giugno 2022 a fine 2023.
Le circostanze evidenziate dal Pubblico Ministero ricorrente prospettano una (mera) difforme lettura della vicenda, sulla base di parte del materiale probatorio acquisito e non sono, per contro, di natura tale da evidenziare illogicità manifeste o, addirittura, travisamenti di fatti e/o prove decisive.
Né risulta neppure accennato, nel ricorso, il tema (questo sì teoricamente inquadrabile quale violazione di legge) della tendenziale stabilità del vincolo che caratterizza le associazioni di stampo mafioso, principio affermato da questa Corte, seppur con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (si vedano, ad esempio, Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Rv. 286267-01; Sez. 1, n. 17624 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266984-01), ovvero, non risulta censurata l’affermazione del Tribunale del riesame circa l’irrilevanza giuridica delle dichiarazioni dei collaboratori relative alla partecipazione al sodalizio del De Luca con riferimento a periodi precedenti a quello oggetto di contestazione: atteso che il ricorso, si ripete, chiede semplicemente un’inammissibile difforme valutazione del quadro indiziario.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.M. Così deciso in data 30/10/2024
Il Ccnsigliere estensore