Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15062 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15062 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 03/04/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
Ercole COGNOME
-Presidente-
Sent. Sez. 447/2025
NOME
Relatrice-
C.C. 03/04/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 6341/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Villaricca il 05/01/1959
COGNOME NOMECOGNOME nato a Villaricca il 27/03/1973
Ferrara NOME nato a Villaricca il 13/02/1957
Ferrara NOME nato a Villaricca il 30/09/1966
COGNOME NOMECOGNOME nato a Giugliano in Campania il 12/02/1955
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
sentite le conclusioni dei difensori dei ricorrenti, avvocata NOME COGNOME sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME; avvocato NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME difensori di NOME COGNOME; avvocato NOME COGNOME sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME e dell’avvocato NOME COGNOME difensori di NOME COGNOME; avvocata NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME; avvocato NOME COGNOME, difensore
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Firmato Da: NOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 130dc652cca10386 – Firmato Da: NOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 33d661fd7d765165
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 6351fddeeb285be7
di NOME COGNOME i quali si sono riportati ai motivi di ricorso e alle memorie in atti insistendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, a seguito di annullamento con rinvio disposto con sentenza n. 27376 del 9 aprile 2024 dalla Seconda Sezione penale di questa Corte, ha accolto l’appello del Pubblico Ministero proposto avverso l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con ordinanza del 06 dicembre 2023, aveva respinto la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME. Il Tribunale, in particolare, ha disposto la misura della custodia in carcere nei confronti del COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME e quella degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Si procede a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 56-110-629, 628, comma 3, n. 1 e 416bis .1 cod. pen. (di cui al capo A), perché COGNOME e COGNOME, quali mandanti, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali esecutori, mediante le minacce del 3 novembre 2022 alle ore 9:53 e ss., compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad ottenere da NOME COGNOME e dalla moglie NOME COGNOME la somma di euro 50.000,00 e costringere i predetti a far eseguire i lavori edilizi da ditte vicine al clan COGNOME–COGNOME operante nel territorio di Villaricca e zone limitrofe. In particolare, NOME COGNOME, che aveva rivendicato di essere un operaio di NOME COGNOME, era stato individuato come la persona che, nel corso della mattina del 3 novembre 2022, dopo che altra persona aveva intimato a NOME COGNOME incaricato di eseguire i lavori di pulizia del cantiere, di non procedere ai lavori ‘minacciandolo’ che, se avesse proseguito, sarebbe finito con la testa sotto il cingolo, si era recato presso il cantiere convocando il Fasano presso il Ruocco, autore della richiesta diretta del pagamento della somma di 50.000 euro, importo che avrebbe dovuto essere versato dal Vallefuoco, rispetto all’importo versato al venditore.
Al capo B) è ascritto, al solo NOME COGNOME, il reato di violenza privata tentata (artt. 56-610, 416bis . 1 cod. pen.), perché il 2 dicembre 2022 minacciava NOME COGNOME, mostrandogli una pistola, dicendogli di ‘ non parlare più della sua famiglia ‘.
La contestazione di cui al capo A) si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese da NOME COGNOME e sui riscontri che, su segmenti della condotta estorsiva, discendono dalle videoregistrazioni – si tratta delle videoregistrazioni illustrate a
pag. 3 dell’ordinanza impugnata che riproducono i contatti del Fasano sull’area di cantiere a partire dalle ore 9:35 e fino alle ore 10:42 , preceduti dai passaggi di NOME COGNOME; dalle intercettazioni di conversazioni direttamente eseguite dal Fasano; dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME intento alle operazioni di pulizia del cantiere che aveva ricevuto la prima minaccia; nonché sulle intercettazioni eseguite dagli inquirenti sull’utenza di COGNOME. Il tentativo di estorsione è relativo alle vicende occorse nel corso della esecuzione dei lavori di pulizia del terreno a partire dal 3 novembre 2022 e a seguito dell’operazione di compravendita dell’immobile in costruzione, sito in Villaricca al C.so d’Italia s.n.c. di proprietà di COGNOME COGNOME e della sua famiglia. Per tale immobile, su iniziativa di NOME COGNOME la moglie del COGNOME, proprietaria dell’immobile, aveva stipulato in data 10 ottobre 2022 con l’imprenditore NOME COGNOME un contratto preliminare di compravendita verso il corrispettivo di 340.000,00 – di cui 65.000,00 versati come caparra – e il riconoscimento al Fasano della somma di euro diecimila per la mediazione svolta e la cessione di un terreno sito nei pressi dell’abitazione del Fasano nonché il versamento di altre somme per sanare piccole difformità catastali.
E’ pacifico che l’immobile in questione era ‘in costruzione’ da diversi anni; che i lavori erano fermi e che l’immobile era in stato di abbandono. Pacifico, altresì, che tale stato di abbandono, era stato rivendicato con l’avvocato NOME COGNOME (vedi pag. 3 dell’ordinanza impugnata) quale ‘esempio’ del potere del controllo criminale sul territorio del clan COGNOME poiché il clan aveva imposto a NOME COGNOME di non ultimare l’immobile a cagione del suo rapporto di parentela con NOME COGNOME, autore dell’omicidio di uno storico capo del clan, NOME COGNOME fratello del ricorrente NOME COGNOME.
Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione i ricorrenti denunciano:
2.1. NOME COGNOME con motivi in buona sostanza sovrapponibili illustrati nel ricorso a firma dell’avvocato NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME:
2.1.1. violazione di legge (artt. 273, 274, comma 1, lett. c), 292, comma 2,
lett. c)) e cumulativi vizi di motivazione dell’ordinanza impugnata nell’inquadramento e valutazione delle dichiaraizoni rese da NOME COGNOME in violazione del canone di valutazione della prova indicato dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio. Segnatamente, l’ordinanza impugnata non ha adottato una motivazione rafforzata, rispetto all’ordinanza del g.i.p., e non ha individuato alcun elemento di riscontro diretto, a carico del COGNOME, in merito alle intimidazioni sul cantiere e il cui coinvolgimento era riconducibile ‘solo’
alle parole del COGNOME. Del resto, lo stesso dichiarante, aveva richiamato un pregresso episodio -quello in cui COGNOME aveva osservato alla richiesta del Fasano che l’immobile poteva essere acquistato solo per essere demolito – tra l’altro offrendo una motivazione coincidente con le dichiarazioni rese da NOME COGNOME che ‘avallavano’ un fatto notorio;
2.1.2. violazione di legge (artt. 274, comma 1, lett. c) e 275, comma 3 cod. proc. pen.) in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, che non sono concrete e attuali, sussistenza viceversa incentrata sulla gravità del fatto e con riguardo alle condizioni personali di salute del COGNOME, sovrapponibili a quelle del Ruocco;
2.2. NOME COGNOME denuncia:
2.2.1. violazione di legge (artt. 273, 274, comma 1, lett. c), 292, comma 2, lett. c)) e cumulativi vizi di motivazione dell’ordinanza impugnata nella disamina della posizione del COGNOME, l’ordinanza incorre nei medesimi vizi da cui era inficiata l’ordinanza annullata dalla Corte di Cassazione sia perché, con riferimento ad un primo segmento della condotta estorsiva del 3 novembre 2022, non è accertato che il ricorrente si trovasse alla guida dell’auto transitata alle ore 10:15 :47 e 10:17:29 – solo intestata al ricorrente, presso il cantiere di INDIRIZZO e risultando, perciò, equivoco il comportamento dell’indagato al momento dell’incontro tra il Fasano e NOME COGNOME presso la sede della Edil Sabatino;
2.2.2. violazione di legge (artt. 274, comma 1, lett. c) e 275, comma 3 cod. proc. pen.) in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, che non sono concrete e attuali, anche tenuto conto della risalenza nel tempo dei fatti e del coevo stato di detenzione – dal 2023- del ricorrente;
2.3. NOME COGNOME denuncia
violazione di legge (artt. 273, 274, comma 1, lett. c), 292, comma 2, lett. c)) e cumulativi vizi di motivazione dell’ordinanza impugnata anche ai fini della configurabilità del reato (. 56-110-629, 628, comma 3, n. 1 e 416-bis.1 cod. pen.). L’ordinanza impugnata non si è confrontata con la sentenza di annullamento con rinvio e ha replicato i vizi che inficiavano l’ordinanza annullata dalla Corte di Cassazione su aspetti rilevanti e, in particolare, sulla qualificazione, come teste e persona offesa, del dichiarante NOME COGNOME dell’altr’attendibilità delle sue dichiaraizoni e, soprattutto, non enucleando, perché incentrata su una valutazione cumulativa della ricostruzione in fatto, gli elementi che riguardano direttamente la posizione del ricorrente.
2.4. NOME COGNOME denuncia:
2.4.1. violazione di legge (artt. 273, 274, comma 1, lett. c), 292, comma 2, lett. c)) e cumulativi vizi di motivazione dell’ordinanza impugnata. Il Tribunale ha disatteso i criteri di valutazione delle dichiarazioni del Fasano della sentenza di
annullamento con rinvio violando, attraverso l’inquadramento giuridico delle dichiarazioni rese dal COGNOME, il preciso dictum della Corte di legittimità quale ‘persona offesa’ dal reato, in realtà non indicato nella sentenza rescindente né si è confrontata con le specifiche ragioni che la Corte aveva illustrato a proposito della credibilità del dichiarante non tanto sul suo concorrente interesse economico quanto sui profili di dubbio che connotavano le dichiarazioni del COGNOME sia con riferimento all’incontro con NOME COGNOME il secondo, taciuto agli inquirenti nelle prime dichiaraizoni; né sulla incidenza della richiesta sulla posizione del COGNOME e del COGNOME‘COGNOME che neppure erano stati informati, a cura del COGNOME, delle richieste del clan. Il COGNOME ha avuto un ruolo ‘ibrido’ nella vicenda essendo stato interlocutore diretto del clan (ruolo del quale non informava i suoi effettivi incaricati, dubbi accresciuti dal rilievo che il COGNOME aveva impedito un più approfondito esame delle videoriprese, oltre le ore 11:00 e al ritardo con il quale riferiva agli inquirenti la ‘minaccia per conto terzo’ ricevuta da NOME COGNOME; il contrasto con le sue dichiarazioni di quelle del NOME COGNOME in merito al suo coinvolgimento nella più risalente vicenda sulla intercessione dispiegata a favore del COGNOME in altra vicenda. Né possiedono rilevanza, quali riscontri in merito al reato di cui al capo B), le dichiaraizoni di NOME COGNOME che aveva ricevuto le confidenze del COGNOME e non era stato direttamente presente ai fatti e che aveva sì fatto una foto – dell’auto dell’indagato parcheggiata nel luogo indicato dal Fasano- ma a distanza di giorni dai fatti. Infine non sussiste alcun collegamento tra la condotta del ricorrente e quanto riferito dal COGNOME al figlio di informare NOME COGNOME della situazione venutasi a determinare: non vi è prova che NOME COGNOME abbia dato corso alla richiesta del padre; che il COGNOME abbia informato il clan; delle stesse dichiarazioni del Fasano secondo le quali, nel corso di un incontro con COGNOME e NOME COGNOME, del 19 novembre, questi lo aveva dissuaso dall’intervenire ulteriormente nella vicenda. Non sussistono i presupposti fattuali in ragione dei quali il Tribunale ha motivato il coinvolgimento del ricorrente in ragione delle notizie che agli inquirenti avevano riferito (il 28 e 29 novembre) il COGNOME in merito ai fatti;
2.4.2 l’ordinanza impugnata è del tutto carente di motivazione sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis. 1 cod. pen.
I motivi di ricorso sono stati ribaditi con memoria, sottoscritta dall’avvocata NOME COGNOME, depositata il 18 marzo 2025. Secondo il ricorrente il giudizio di gravità indiziaria non può passare attraverso la valutazione del giudizio di attendibilità del Fasano, giudizio che, a propria volta, passa attraverso la ricostruzione del ruolo che questi ha avuto nella vicenda: e sul punto la motivazione dell’ordinanza impugnata è gravemente carente.
2.5. NOME COGNOME denuncia:
2.5.1. violazione di legge (artt. 273, 274, comma 1, lett. c), 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. e cumulativi vizi di motivazione dell’ordinanza impugnata nell’inquadramento e valutazione delle dichiaraizoni rese da NOME COGNOME in violazione del canone di valutazione della prova indicato dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio, senza sviluppare una motivazione rafforzata e incorrendo negli stessi vizi dell’ordinanza già annullata dalla Corte di Cassazione sui vari ritardi che connotavano la ricostruzione del Fasano agli inquirenti (la risultanza dei rapporti con COGNOME; nel riferire il tentativo di estorsione subito; nella denuncia ai Carabinieri della proposta ricevuta dal COGNOME) e sulla effettiva rivendicazione, con i COGNOME, della possibilità di mediare con il clan, confermata dal COGNOME, nonché sul suo concreto ruolo nella vicenda (socio e non mero mediatore del Vallefuoco che, lo ha smentito sul punto). Non rilevano, nel grado di rilevanza che l’ordinanza vi ricollega, il contenuto delle videoriprese, di cui non solo il COGNOME non riferiva puntualmente agli inquirenti (tacendo alcune circostanze) ma che, soprattutto, si rivelano inconcludenti, in particolare con riferimento al passaggio di un veicolo (il furgone rosso) riconducibile al COGNOME e agli incontri con questi che, nel giro di sole due ore, sarebbe stato in grado di ‘risolvere’ il vincolo che da anni grava sull’immobile nel corso dell’incontro avuto con il Fasano già nel pomeriggio del 3 novembre 2022. Inconferente, poi, la individuazione del dichiarante come persona offesa del reato anche tenuto conto della concreta inidoneità della minaccia ricevuta, commentata dal Fasano nel corso del messaggio inviato il 3 novembre a NOME COGNOME. E’ solo la minaccia ricevuta il 2 dicembre – da NOME NOME – che lo induce alla diversa ‘ricostruzione’ della vicenda.
2.5.2. è contraddetta dalla dinamica dei fatti e dalla complessiva posizione del Fasano, la conclusione che egli sia persona offesa della tentata estorsione laddove, altri e numerosi elementi, lo chiamano in causa come correo: l’aggiramento del veto della camorra; la creazione dei contatti con COGNOME; il prezzo di vendita dell’immobile, inferiore al valore di mercato. Rileva, infine, il ricorrente che l’ordinanza impugnata è del tutto carente di motivazione sulla configurabilità, in carenza di una espressa richiesta formulata dall’anonimo al passaggio presso il cantiere, di una richiesta estorsiva, piuttosto che di una mera minaccia. La carenza dell’ingiusto profitto non consente di ravvisare nei fatti, il reato di cui all’art. 629 cod. pen. per carenza dei presupposti costitutivi del danno ingiusto e della minaccia, aspetto, questo, oggetto del motivo di ricorso anche sotto il profilo della denuncia del vizio di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio in relazione ai ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME. I ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME devono essere rigettati.
2.Ragioni di sintesi impongono di esaminare congiuntamente i motivi di ricorso che propongono censure comuni, con riferimento all’inquadramento giuridico delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME e alla violazione dell’art. 697 cod. proc. pen., in relazione alla sentenza rescindente di questa Corte (si tratta del primo motivo dei ricorsi di ciascun ricorrente), motivi che, per taluno dei ricorrenti sono declinati anche richiamando la necessità di motivazione rafforzata tenuto conto dell’ordinanza del 6 dicembre 2023 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura.
Le censure difensive sono infondate, ai limiti della manifesta infondatezza.
Va ricordato che l’annullamento con rinvio dell’ordinanza cautelare per vizio di motivazione relativo ai gravi indizi di colpevolezza, determinato dalla valutazione di inaffidabilità di una prova dichiarativa, non preclude al giudice del procedimento principale di valutare diversamente la medesima fonte, in relazione al medesimo fatto senza procedere alla sua rinnovazione, fermo restando il limite di non ripetere le medesime considerazioni già apprezzate manifestamente illogiche, contraddittorie o carenti di motivazione (Sez. 1, n. 18215 del 11/12/2018, dep. 2019, Ammendola, Rv. 276527). Tale consolidato principio si salda con l’affermazione che la Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere di motivazione, sicché il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un’autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali (S ez. 2 n. 45863 del 24/09/2019, COGNOME, Rv.277999).
2.1.La sentenza di annullamento con rinvio di questa Corte non aveva censurato la qualifica soggettiva, quale testimone, del dichiarante NOME COGNOME (cfr. pag. 12 della sentenza), ma aveva ritenuto apodittica la motivazione sul punto devolvendo al Tribunale la verifica di tale aspetto evidenziando che NOME COGNOME aveva ricevuto una minaccia, in realtà indirizzata a terzi, ‘sotto le spoglie di una transazione mirante a salvaguardare i suoi interessi ed a spostare su terzi il sacrificio economico’ del pagamento della tangente richiesta. La Corte aveva
richiamato la giurisprudenza in materia di valutazione delle dichiarazioni testimoniali e devoluto al Tribunale una verifica del giudizio di attendibilità che si confrontasse con le valutazioni espresse dal giudice per le indagini preliminari adducendo ‘argomenti specifici dotati di maggiore persuasività che rendano adeguatamente conto delle divergenti valutazioni adottate in ordine all’attendibilità personale del Fasano e alle criticità del suo comportamento, così come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità’.
2.2. Il Tribunale di Napoli, in sede di rinvio, si è adeguato a tali principi e, ribadita la qualifica di testimone di NOME COGNOME, ha esaminato i profili di criticità emergenti dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, e, con adeguata motivazione, ha ritenuto attendibile la ricostruzione di NOME COGNOME.
Il Tribunale, infatti, ha ribadito l’intrinseca attendibilità e la sussistenza di significativi riscontri delle dichiaraizoni rese da NOME COGNOME che costituiscono, indubbiamente, la trama portante della ricostruzione dei fatti sia in merito alle vicende oggetto di contestazione che agli antefatti, che lo hanno visto agire in veste di intermediario per la cessione dell’immobile che aveva interessato NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Tribunale, richiamando la sentenza rescindente che espressamente rinviava alla giurisprudenza sul giudizio di attendibilità del testimone, ha sottoposto ad attenta verifica la ricostruzione dei fatti compiuta dal Fasano alla luce del suo ‘personale interesse’ economico rispetto all’operazione di vendita ed al suo perfezionamento (le parti si erano impegnate solo con un contratto preliminare che avrebbe dovuto essere seguito dal rogito definitivo) escludendo che fosse, invece, corretto l’inquadramento giuridico dell’ordinanza del 3 dicembre 2023 a stregua della quale ‘tutte’ le parti del racconto del Fasano dovessero trovare conferma in un riscontro esterno e diretto.
Il Tribunale ha ritenuto che la presenza di un interesse personale del dichiarante non costituisce elemento per ritenere intrinsecamente inattendibili le dichiarazioni che, viceversa, devono essere valutate verificando se la complessiva ricostruzione del fatto che da esse emerge sia intrinsecamente logica e se le dichiarazioni siano in armonia o in contrasto con tutti gli altri dati probatori.
L’inquadramento compiuto dalla Corte di Cassazione, al quale il Tribunale si è allineato, smentisce il fondamento dei rilievi difensivi, svolti con i ricorsi, nella parte in cui insistono sulla ‘natura ibrida’ della posizione del dichiarante e, nuovamente, ne sollecitano un inquadramento come indagato del medesimo reato o di reato collegato che è manifestamente infondata dal momento che il coinvolgimento del Fasano in un contatto a monte con gli esponenti del clan è il risultato di una mera supposizione del COGNOME, smentito dalla dinamica ed evoluzione della vicenda.
Il Tribunale, inoltre, ha puntualmente esaminato i rilievi che il giudice per le indagini preliminari aveva sviluppato sul dichiarante evidenziandone sia i precedenti penali e giudiziari che l’innegabile interesse economico che lo aveva ispirato: lo stesso COGNOME non aveva negato i risalenti collegamenti con il gruppo criminale COGNOME-Ferrara proprio con riferimento alla persona del COGNOME per il quale, venti anni prima, aveva mediato il pagamento della tangente né ha negato di essere stato, egli stesso, promotore dell’iniziativa di vendita dell’immobile dei coniugi COGNOME-Palma.
Il criterio di valutazione al quale il Tribunale ha fatto ricorso non è censurabile di manifesta illogicità: i precedenti a carico del dichiarante non possono costituire il punto di arrivo della valutazione della sua attendibilità ma sono il punto di partenza della valutazione, ispirata a massimo rigore, del giudice che potrebbe ritenere inficiato il giudizio di attendibilità qualora tali precedenti, e la stessa posizione borderline’ del dichiarante rispetto ad ambienti criminali possano avere influito, alterandola, sulla dichiarazione testimoniale.
Anche su tali aspetti la ricostruzione dell’ordinanza impugnata non presta il fianco a censure: il Tribunale (pag. 19 dell’ordinanza) ha ricordato come siano riscontrati dal contenuto delle riprese della videocamera installata nei pressi del cantiere gli episodi occorsi la mattina del 3 novembre 2022 – quando veniva ripreso l’arrivo sul cantiere prima di un furgoncino rosso il cui conducente minacciava l’operaio intento alle operazioni di pulizia del cantiere e poi del D’Altrui – e la spontaneità della ‘confidenza’ di tale episodio minatorio ai carabinieri che si erano recati sul posto di iniziativa nell’ambito di altra indagine.
Soprattutto, secondo il Tribunale, il ritardo della denuncia del secondo episodio minatorio (quello occorso nel pomeriggio del 3 novembre, 2022 di cui fu autore diretto NOME COGNOME denunciato ai carabinieri solo il 5 dicembre 2022 né riferito ai D’Ausilio e al Vallefuoco), non trova ragionevole spiegazione come ‘millanteria’ del Fasano (secondo la tesi del giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di rigetto) per giustificare il ‘fallimento’ della sua attività di intermediazione ma proprio nella sua intenzione di tacerla per perfezionare l’operazione, con la stipula del rogito dell’immobile. Operazione che, infatti, era stata bloccata dal COGNOME, fin dal 26 novembre appena venuto a conoscenza della visita ‘mattutina’ sul cantiere.
Infine, il Tribunale ha ritenuto irrilevante- visto il contesto della confidenza fatta ai carabinieri nell’imminenza della visita minatoria presso il cantiere- l’avere taciuto il ruolo di intermediario che aveva avuto in una vicenda, risalente ad oltre venti anni prima, che aveva interessato il COGNOME che, nel corso della conversazione del 26 novembre, registrata dal Fasano, aveva sostenuto che egli avesse dato per presupposto il consenso del clan alla vendita fin dal primo
momento in cui il Fasano lo aveva contattato per la vendita che, quindi, non avrebbe provocato reazioni.
Le conclusioni alle quali il Tribunale è pervenuto nella valutazione della denuncia sporta da NOME COGNOME il 5 dicembre 2022, non sono, pertanto censurabili e, sulla base della qualità di testimone, fanno coerente applicazione dei principi e dei rilievi svolti nella sentenza rescindente ai fini della ricostruzione della gravità indiziari ponendosi in ragionato confronto critico con gli elementi (i precedenti penali; il personale interesse economico nella vicenda; il ritardo nella denuncia; l’avere taciuto la richiesta estorsiva sia ai venditori che agli acquirenti), escludendo, infine, la natura di millanteria delle dichiarazioni rese in merito all’episodio del 3 novembre e che la sua iniziativa fosse riconducibile ad una cointeressenza comune nella vicenda estorsiva, a cagione dei contatti molto risalenti nel tempo – riferiti dallo stesso COGNOME– con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
3.Passando all’esame dei motivi di ricorso individuali ritiene il Collegio che siano infondati i ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4.NOME COGNOME non solo è risultato proprietario dell’autovettura Y10 che la mattina del 3 novembre 2022 (alle ore 10:15:47 e 10:17:29) era transitata sul cantiere ed aveva parlato con l’operario intento al lavoro chiedendogli se fosse il titolare ma è stato, altresì, individuato dal Fasano come la persona che lo aveva immediatamente raggiunto presso la ditta del Ruocco dove il Fasano stesso si era recato avendo individuato il COGNOME come il datore di lavoro dell’operaio che, poco prima della visita del COGNOME aveva minacciato l’COGNOME.
La condotta del ricorrente, correttamente identificato, si colloca in perfetta sequenza temporale, con la visita minatoria effettuata sul cantiere da altro dipendente del COGNOME; con la ricerca del Fasano, per convocarlo da NOME COGNOME che, infatti, il Fasano aveva raggiungeva presso la ditta RAGIONE_SOCIALE e dove il COGNOME era arrivato mentre era ancora in corso il colloquio tra il COGNOME e il Fasano.
L’ordinanza impugnata riporta, a pag. 13, l’esito di una misura cautelare che ha raggiunto il ricorrente nel maggio 2023 individuandolo come partecipe del clan COGNOME-Ferrara, attraverso le intercettazioni, nel corso delle quali il ricorrente dichiara la propria fedeltà a NOME COGNOME, ammetteva di percepire uno stipendio per la sua militanza nel clan ed era reo confesso di numerose estorsioni.
Il ricorrente è l’unico ad avere proposto un motivo di ricorso sulla sussistenza delle esigenze cautelari che l’ordinanza impugnata ha sinteticamente motivato con argomentazioni che vanno integrate con quelle contenute nell’ordinanza del
(riportate a pag. 14). Il Tribunale aveva richiamato a carico del ricorrente il nutrito curriculum criminale che integrava i dati esposti nella parte relativa alla illustrazione dei gravi indizi di colpevolezza e che rinviavano alla militanza del ricorrente nel clan COGNOME-Ferrara.
Come noto la circostanza che l’indagato si trovi in stato di custodia cautelare per altro reato non osta all’applicazione della misura in presenza di fatti recenti occorsi nello scorcio dell’anno 2022-, obiettivamente gravi e sintomatici del pericolo di reiterazione di analoghe condotte illecite commesse attraverso la violenza e minaccia alla persona.
In presenza di reato aggravato ai sensi dell’art. 416bis cod. pen. non sono acquisiti, in positivo, elementi idonei a vincere la presunzione di pericolosità.
5.Il ricorso di NOME COGNOME richiamate le considerazioni svolte al punto 2 del Considerato in diritto , è infondato.
Con riguardo al reato di cui al capo B), commesso il 2 dicembre 2022, il ricorrente sostiene che le dichiarazioni di NOME COGNOME in merito all’episodio che lo vede coinvolto sono prive di riscontro, tali non potendosi considerare né le dichiarazioni di NOME COGNOME destinatario delle confidenze ricevute da NOME COGNOME, né la foto della sua autovettura, scattata qualche giorno dopo i fatti, e che, peraltro, riproduce l’autovettura dell’indagato parcheggiata in un luogo per lui abituale.
Il giudizio di attendibilità del Fasano, anche per tale episodio, è stato adeguatamente motivato dal Tribunale, superando i dubbi correlati alla carenza di elementi di riscontro diretti ed è, pertanto, infondata la censura difensiva sulla qualifica, quale mero teste de relato , di NOME COGNOME al quale COGNOME aveva riferito il fatto, confermato dai messaggi vocali inviatigli o la data in cui era stata scattata la foto dell’automobile del ricorrente.
E’, invece, frutto di una mera congettura – ma irrilevante ai fini della sua incidenza sul quadro indiziario – la ricostruzione della conoscenza da parte del Ferrara della ‘piega’ che aveva preso la vicenda della compravendita dell’immobile dei COGNOME: non è stato, infatti, dimostrato che NOME COGNOME – al quale il COGNOME si era rivolto per rassicurare il clan che non avrebbe proceduto alla vendita dell’immobile, essendosi diffuse immediatamente diffuse a Villaricca le ‘notizie’ sulla visita presso il cantiere la mattina del 3 novembre e propalate in un contesto pubblico, a cura del figlio del COGNOMENOMECOGNOME anche l’intenzione della parte di non procedere alla vendita.
E’ manifestamente infondato il motivo di ricorso sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. conclamata dalle modalità del
fatto e dalla rivendicazione che, in occasione della minaccia, lo stesso ricorrente aveva espresso al Fasano, ingiungendogli di non parlare della sua famiglia.
6.Anche il ricorso di NOME COGNOME richiamate le considerazioni innanzi svolte, è infondato.
NOME COGNOME ha riferito che NOME COGNOME intento alla pulizia del cantiere, la mattina del 3 novembre 2022 (le videoriprese ne attestano l’arrivo alle ore 9:35:02) aveva ricevuto la visita di una persona, presentatasi come operaio di NOME COGNOME (soprannome del ricorrente) che gli aveva ingiunto, minacciandolo, di smettere di lavorare.
La ‘natura’ e l’efficacia della visita trovano riscontro (al di là delle generiche dichiarazioni dell’COGNOME) nella circostanza che questi non solo aveva chiamato NOME COGNOME, chiedendogli di raggiungerlo perché c’erano dei problemi, ma, soprattutto, aveva caricato il bob cat con il quale era intento al lavoro sul camion e lo aveva scaricato solo quando il COGNOME, arrivato sul posto, lo aveva rassicurato.
Rinviano al ricorrente i passaggi dell’autovettura del COGNOME; la circostanza che veniva immediatamente identificato dal COGNOME come mandante delle visite tanto da recarsi presso il vicino cantiere del Ruocco per un colloquio, rivelatosi meramente esplorativo, seguito, nel pomeriggio dello stesso giorno, dalla visita del COGNOME che si era fatto latore della richiesta estorsiva.
A pag. 13 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha richiamato, come ulteriore elemento a suo carico, la vicenda dell’avvocato NOME COGNOME, risalente all’anno 2015, svoltasi con modalità similari al caso in esame. In quella vicenda, peraltro, il COGNOME era stato costretto ad incontrare nel deposito della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME che, per tale estorsione, è stato condannato in via definitiva al pari di NOME COGNOME.
Il ricorrente ha contestato la configurabilità del reato sia con riferimento alla possibilità di individuare NOME COGNOME come persona offesa del reato sia per l’assenza dei presupposti costitutivi del reato di estorsione tentata, minaccia e ingiusto profitto.
I rilievi difensivi sono infondati e generici: il ricorrente opera, infatti, una lettura frazionata dei fatti separando l’antefatto – la visita della persona che aveva minacciato NOME COGNOME – e la natura implicita della minaccia che aveva accompagnato la intimazione di sospendere i lavori, seguita, a stretto giro dalla richiesta del pagamento di 50.000 euro.
NOME COGNOME rivendicando di avere parlato dell’operazione con NOME COGNOME e NOME COGNOME aveva proposto, infatti, a NOME COGNOME il pagamento della tangente che avrebbe dovuto essere corrisposta dall’acquirente, che avrebbe versato ai COGNOME solo la somma di 250.000 euro, richiamando le
‘regole consolidate’ del luogo che facevano gravare il pagamento sull’acquirente e sul venditore tenendo indenne il COGNOME, mediatore dell’operazione. Il clan si sarebbe occupato di avvisare i COGNOME mentre il COGNOME avrebbe emesso una fattura, per lavori e vendita di merce, per far passare l’estorsione in maniera ‘pulita’ e avrebbe proseguito direttamente i lavori di pulizia precisando, a fronte delle riserve del COGNOME, che non poteva fare di più e che, se non si accettavano quelle condizioni il palazzo sarebbe rimasto allo stato grezzo: ‘il palazzo non te lo fanno finire’, precisava.
Il ricorrente sostiene che nel fatto non è neppure ravvisabile un danno ingiusto posto che NOME COGNOME, destinatario della minaccia, non avrebbe corrisposto alcunché e che le vittime presunte (COGNOME‘Ausilio e Vallefuoco) non erano venute a conoscenza della richiesta.
Premesso che il reato è configurato come fattispecie tentata, arrestatasi perché il Fasano aveva temporeggiato nella proposta da girare ai suoi referenti e, quindi non per volontà del ricorrente, l’operazione ermeneutica proposta dalla difesa è inammissibile: la minaccia, infatti, era stata espressa ma, sebbene indirizzata ad un terzo, era adeguata e idonea a realizzare l’effetto che NOME COGNOME si era proposto contattando il COGNOME quale mediatore dell’affare, ritenuto in grado di veicolare la proposta ai diretti interessati, seguito che non si era realizzato perché il Fasano non aveva comunicato la richiesta al Vallefuoco e al COGNOME che, essendo venuto a conoscenza, attraverso il notorio, delle minacce sul cantiere aveva preferito recedere dal contratto.
7 .L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio in relazione alla posizione dei ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME chiamati in causa, quali mandanti della tentata estorsione, da NOME COGNOME: a pag. 13 l’ordinanza impugnata ne ricostruisce il ruolo di capi del clan operante in Villaricca. L’uno NOME COGNOME– capo dell’ala militare, definitivamente condannato per il reato associativo quale capo del clan con condanna in esecuzione dal 28 aprile 2023, l’altro, con una posizione sovraordinata anche a quella del primo, capo del gruppo dedito alle attività imprenditoriali, raggiunto da un’ordinanza cautelare eseguita l’11 maggio 2023.
Si dà atto che a carico dei ricorrenti non sono stati individuati elementi che ne segnalano il coinvolgimento diretto nei fatti ma si sostiene che essi vengono chiamati in causa, quali mandanti della tentata estorsione, da NOME COGNOME dovendo escludersi che questi potesse essere stato autore di una millanteria, evidenziando, inoltre, che, per l’antico veto posto al completamento dell’immobile, la decisione di rinunciare alla pluriennale interdizione gravante sul fabbricato poteva essere assunta solo dai capi del clan.
La ricostruzione compiuta nell’ordinanza soffre, tuttavia, di un evidente salto logico ai fini della ricostruzione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dei ricorrenti non essendo stati ricostruiti, con riferimento all’epoca di commissione del fatto che si colloca all’anno 2022, i rapporti intercorrenti tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
L’ordinanza, infatti, dà per assodati e sussistenti ‘strettissimi legami’ intercorrenti fra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in carenza di elementi che attualizzino, al momento dei fatti, tale collegamento che, temporalmente, si colloca a distanza di anni dalla vicenda COGNOME (risalente all’anno 2015) ed è stato seguito da anni di detenzione, scontati da NOME COGNOME, tornato in libertà solo nell’anno 2019, senza che, attraverso il riferimento al contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’ 11 maggio 2023 del tutto genericamente richiamata, che ha raggiunto i soli NOME COGNOME e NOME COGNOME tali collegamenti siano attualizzati ad epoca recente.
Del resto, NOME COGNOME proponeva un proprio diretto coinvolgimento nella prosecuzione dei lavori, oltre che il pagamento della tangente, aspetto questo che, parimenti, non è stato approfondito.
A carico del COGNOME sono state riportate le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, che aveva collocato le riunioni del clan in un deposito sito nei pressi del cimitero di Villaricca al cui interno il COGNOME aveva addirittura un ufficio e i cui titolari lo trattavano con assoluta confidenza: si tratta, tuttavia, di dichiarazioni generiche, quanto al deposito e alla identificazione dei titolari, non precisamente collocate nel tempo (anche se la sentenza di primo grado risale al 27 ottobre 2017).
Va, infine, ricordato che NOME COGNOME ha riferito di un risalente incontro (di circa venti anni prima), relativo al medesimo immobile, con NOME COGNOME (NOME COGNOME), il cugino NOME COGNOME (detto COGNOME ), dimostratosi, questi, possibilista all’acquisto dell’immobile per centomila euro, possibilità che aveva incontrato la ferma opposizione di NOME COGNOME che aveva affermato che l’immobile poteva essere acquistato ma solo per abbatterlo perché ‘rappresentava il sangue del fratello’.
Il dato notorio, diffuso nel Comune di Villaricca, di cui aveva riferito NOME COGNOME e le dichiarazioni rese dal COGNOME non collimano con la ricostruzione che vede l’azione del COGNOME riconducibile ai predetti COGNOME e NOME COGNOME: vi ostano la natura del risalente e radicale veto opposto dal COGNOME (per ragioni dissimili da quelle che avevano coinvolto il COGNOME) e la circostanza che, in concreto, NOME COGNOME, pur incontrando ripetutamente NOME COGNOME e i figli per perfezionare la vendita, non avesse mai rivelato ai suoi interlocutori la proposta del COGNOME che avrebbe potuto tranquillizzarli sul consenso del clan all’operazione
che era, in buona sostanza, il motivo oppostogli dal COGNOME per il recesso dal preliminare, consenso che COGNOME aveva presunto proprio in ragione della vecchia conoscenza con il COGNOME e del ruolo da questi avuto in una vicenda di estorsione riguardante la sua famiglia.
Infine, il Tribunale dovrà esaminare il contenuto dei messaggi vocali inviati il 3 novembre 2022 a NOME COGNOME il 3 novembre 2022 (pag. 9 dell’ordinanza impugnata) nel corso dei quali, ridendo, il COGNOME comunicava le proposte ricevute.
Il Tribunale, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà pertanto riesaminare la gravità indiziaria in merito al ruolo di NOME COGNOME e NOME COGNOME nella vicenda estorsiva alla stregua dei rilievi innanzi svolti.
7.Consegue al rigetto dei ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria è delegata, per tali ricorrenti, agli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec Cod. Proc. Pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 310, comma 2, cod. proc. pen. . Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. Cod. Proc. Pen. nei confronti dei tre predetti ricorrenti per i quali l’impugnazione è stata rigettata.
Così deciso il 3 aprile 2025
La Consigliera relatrice NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME