Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13656 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13656 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato in MAROCCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 marzo 2023, la Corte appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Bologna del 15 dicembre 2021, appellata da NOME COGNOME, che lo aveva riconosciuto colpevole per due distinti fatti di cessione di cocaina nei confronti di tali COGNOME e COGNOME, contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nei capi di imputazione, irrogando, all’esito del giudizio abbreviato, la pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione ed euro 2334 di multa, riconoscendogli i doppi benefici di legge.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo cinque motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di motivazione circa la rilevanza probatoria dell’esito della perquisizione e del sequestro operati in data 31.01.2019 e correlato vizio di violazione di legge.
In sintesi, con riferimento alla valutazione dell’esito della perquisizione presso l’abitazione in data 31 gennaio 2019, i giudici di appello hanno ritenuto che il ritrovamento di sostanza stupefacente osterebbe ad un giudizio di fondamento della tesi difensiva, essendo stato correttamente valutato l’esito della perquisizione dal giudice che lo ha ritenuto come elemento sintomatico di una dedizione del ricorrente al traffico di stupefacenti. In tal senso la Corte d’appello ha ritenut non determinanti le circostanze rappresentate dalla difesa secondo cui la sostanza ritrovata fosse di natura diversa da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE cessioni e che non fosse stata effettuata alcuna analisi chimica, atteso che nel procedimento in esame non si stava procedendo in merito a tale fatto, cioè il ritrovamento di 0,5 grammi di stupefacente nell’abitazione dell’imputato, per il quale si era proceduto in via amministrativa. Orbene, secondo il ricorrente, tale motivazione sarebbe del tutto illogica e contraddittoria, avendo dapprima affermato la Corte che il ritrovamento della sostanza stupefacente presso l’abitazione del ricorrente in epoca successiva rispetto ai fatti oggetto di condanna sarebbe sintomatico della dedizione del medesimo al traffico di stupefacenti, per poi affermare invece che per il medesimo ritrovamento si sarebbe proceduto in via amministrativa. Si tratterebbe di affermazioni tra di loro contraddittorie in quanto proprio il fatto che si sia proceduto i via amministrativa attesterebbe semmai che l’imputato sia un consumatore e non certo uno spacciatore; dunque, sarebbe illogico desumere da un fatto attestante il ruolo di consumatore una attività di spaccio, tanto più per sostanze diverse da
quelle oggetto dell’imputazione. Quanto poi alla contestata mancata effettuazione di qualsiasi analisi chimica sulla sostanza sequestrata, vi sarebbe un chiaro errore giuridico. Nel caso di specie, a prescindere dallo iato temporale tra fatti contestati e perquisizione, nessuna analisi chimica e nemmeno il narcotest sarebbero stati effettuati, sicché la sostanza sequestrata al ricorrente poteva essere di qualsiasi tipo e quindi anche di altra natura, conclusione da ritenere obbligata sulla scorta del cosiddetto favor rei. I giudici di appello avrebbero poi omesso di pronunciarsi sulla doglianza circa una serie di ulteriori circostanze poste a sostegno del motivo di impugnazione, vale a dire la distanza temporale tra il sequestro del 2019 e i fatti contestati relativi all’aprile 2018, la circostanza che la sostanza sequestrata del peso irrilevante, corrispondente al più ad un’unica dose, era incompatibile con la quantità ipoteticamente detenibile con finalità di spaccio, ed infine la circostanza che non fosse stato rinvenuto nel corso della perquisizione il classico strumentario utilizzabile per lo spaccio di sostanze stupefacenti. Detti elementi non sarebbero stati minimamente valutati dal giudice d’appello con conseguente vizio di omessa pronuncia sul punto.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità quanto al capo a) dell’imputazione, anche sotto il profilo del travisamento probatorio e del mancato rispetto del canone dell’ogni oltre ragionevole dubbio.
In sintesi, la difesa rileva come, per giustificare la responsabilità del ricorrente per la cessione dello stupefacente al COGNOME, aveva affermato che quest’ultimo in sede di denuncia aveva riferito di essere preoccupato per la moglie e, in preda a un forte stato emotivo, avrebbe riferito i nomi dei fornitori di cocaina della stessa, che lui mostrava di riconoscere. Si tratterebbe di una motivazione censurabile sotto il profilo logico e fattuale in quanto l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui in nessun punto RAGIONE_SOCIALE sommarie informazioni testimoniali sarebbe stata negata la conoscenza del ricorrente, è esclusa dalla lettura del verbale COGNOME e dal relativo riconoscimento fotografico, laddove quest’ultimo avrebbe affermato di aver acquistato stupefacenti del tipo cocaina solo dal nipote ma anche casualmente da persone da lui conosciute di vista, di cui non sapeva fornire le generalità. In particolare, nella stessa denuncia il COGNOME aveva affermato che era stata la moglie ad iniziare ad acquistare cocaina in autonomia dal nipote ma anche da un marocchino a nome NOME, dandone una descrizione fisica. È quindi evidente il travisamento della prova operato dalla Corte d’appello in quanto il COGNOME aveva riferito semplicemente i nomi dei fornitori di cocaina della moglie, senza tuttavia mostrare di conoscerli. Analogamente vi sarebbe un
vizio di travisamento probatorio con riferimento alle dichiarazioni della moglie rese sul punto, che confermerebbero l’oggettiva circostanza secondo la quale il COGNOME non conosceva il ricorrente. Aggiunge poi la difesa come, nella parte riepilogativa dei motivi d’appello, i giudici avevano richiamato quanto argomentato dall’appellante in ordine alla assenza di ragioni per ritenere che in preda a un forte stato emotivo del COGNOME per la sua relazione sentimentale, questi avesse volontariamente omesso di indicare l’imputato tra i suoi fornitori, ciò perché il COGNOME aveva ammesso di aver acquistato dal nipote e occasionalmente da persone a lui conosciute, ricostruzione implicitamente confermata dalla moglie nel descrivere come il marito non avesse contatti con il ricorrente, ma anzi ne fosse solo geloso perché lo vedeva appartarsi con la moglie senza sapere che in tali occasioni avveniva lo scambio di stupefacente. I giudici, tuttavia, non avrebbero specificamente confutato tali argomentazioni difensive con conseguente violazione della norma processuale di quell’articolo 546, lettera e), codice di procedura penale. Quanto poi alla valutazione del riconoscimento fotografico, censurabile sarebbe l’affermazione della Corte d’appello laddove sostiene che sarebbe inequivoco quanto riferito dal COGNOME laddove aveva affermato che, dopo aver riconosciuto il ricorrente, questo e altri due soggetti avrebbero spacciato droga sia a lui che alla moglie. Diversamente, si sostiene in ricorso, i giudici d’appello avrebbero dovuto assolvere ad un onere motivazionale più attento e pregnante dissipando tutte le problematiche relative a detta contraddizione tra quanto affermato nella denuncia circa il fatto di non conoscere l’imputato e quanto invece espresso in sede di riconoscimento, tanto più in considerazione del principio del favor rei nonché del parametro dell’ogni oltre ragionevole dubbio. Sarebbe poi tutto erronea l’affermazione secondo cui vi sarebbero gli esiti dei controlli relativi ai tabula telefonici che chiarirebbero la presenza di reiterati contatti telefonici tra l’app lante e la coppia COGNOME. Vi sarebbe infatti un ulteriore travisamento probatorio sul punto, non essendovi alcun contatto telefonico tra il COGNOME e l’attuale ricorrente atteso che i contatti si sarebbero svolti esclusivamente tra quest’ultimo e la moglie del COGNOME, essendovi peraltro alla base motivazioni diverse, attesa l’esistenza di una relazione di tipo sentimentale tra i due. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge processuale in relazione all’art. 521, cod. proc. pen. stante il mancato rispetto del principio d correlazione tra imputazione e sentenza quanto al reato sub d) della rubrica.
In sintesi, sostiene il ricorrente che i giudici d’appello, nel confermare la condanna per il capo d), sarebbero incorsi in un errore macroscopico considerando quale periodo per la presunta cessione alla COGNOME lo spazio temporale tra il
2016 e l’aprile 2018, al pari del periodo relativo all’imputazione contestata al capo a). Diversamente il periodo a cui farebbe riferimento l’imputazione sub d) della rubrica è esclusivamente l’aprile del 2018, con conseguente violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza. In altri termini, la discrepanza tra il periodo contestato nell’imputazione, pari ad un solo mese, ed il periodo sul quale la Corte avrebbe espresso le proprie valutazioni, di oltre due anni – non solo ampliandone la durata ma retrodatando di fatto l’inizio RAGIONE_SOCIALE condotte illecite -, avrebbe assunto un carattere di essenzialità tale da incidere sul concreto diritto di difesa dell’imputato, in difetto della rituale contestazione suppletiva ad opera del pubblico ministero.
Sempre in relazione al terzo motivo si censura altresì la sentenza sotto il profilo del vizio motivazionale per la mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE contraddizioni intrinseche contenute nelle dichiarazioni rilasciate dalla COGNOME. Si osserva in ricorso come, nel riepilogare i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado, la Corte avrebbe riassunto le molteplici doglianze svolte dalla difesa relativamente alle contraddizioni della dichiarante, ma, tuttavia, nella motivazione si sarebbe limitata a vagliare soltanto alcuni degli elementi di contraddittorietà, senza in nessun modo valutarli nel loro complesso come idonei a minare la credibilità della COGNOME. In particolare, nella sentenza si darebbe atto della contraddizione circa il periodo in cui la COGNOME ha iniziato ad assumere lo stupefacente, ma i giudici si sarebbero limitati a ritenere irrilevante la contraddizione circa l’ann preciso in cui la stessa avrebbe cominciato ad assumerla né le ragioni per cui avrebbe ritenuto credibili le altre dichiarazioni. In particolare, nel ricorso, si riferimento alla mancata valutazione del fatto per il quale, nella tesi accusatoria, il ricorrente avrebbe ceduto cocaina alla donna per il solo aprile del 2018, mentre altro soggetto, tale COGNOME, sarebbe stato pacificamente fornitore della donna da gennaio a maggio 2018. Ulteriori profili riguarderebbero la contraddizione concernente l’inverosimiglianza RAGIONE_SOCIALE modalità di cessione, che la Corte avrebbe risolto richiamando le testimonianze concordi, senza tuttavia dare conto che i testi COGNOME e COGNOME avrebbero richiamato sul punto quanto loro riferito dalla COGNOME che aveva interesse a fugare i motivi di gelosia del marito verso il ricorrente. Allo stesso modo non sarebbe stato minimamente riscontrato l’elemento della gelosia, su cui viene registrata un’omessa pronuncia trattandosi di un elemento che, se correttamente valutato nel complessivo quadro probatorio, avrebbe certamente condotto ad una decisione di segno diverso. Quanto poi ai prelevamenti di contante, i giudici avrebbero esclusivamente valutato il fatto che la COGNOME non aveva riferito da dove avesse ottenuto il denaro, equivocando tuttavia il contenuto del motivo d’appello che verteva sulla contraddizione tra quanto affermato dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
donna circa le modalità di acquisto, ossia molteplici prelevamenti di contante, e la presenza di un solo prelievo di 100 C per tutto il periodo considerato, circostanza indice di scarsa credibilità della COGNOME su cui non sarebbe stata svolta alcuna considerazione. In definitiva, i giudici d’appello non avrebbero valutato nel complesso le dichiarazioni della donna, limitandosi ad estrapolarne alcuni passaggi senza tuttavia valutarne diffusamente la credibilità e la attendibilità.
2.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità quanto al capo d) della rubrica, subordinato all’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
In sintesi, si osserva come la difesa aveva già rilevato la non abitualità del comportamento trattandosi di soggetto incensurato ed evidenziando come si fosse trattato di un periodo assai limitato di tempo, ossia il solo mese di aprile 2018 e non invece, come sostenuto dai giudici territoriali, un apprezzabile lasso di tempo.
2.5. Deduce, con il quinto motivo, il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche e conseguente giudizio di bilanciamento.
In sintesi, si censura la motivazione della Corte d’appello in ordine al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche in quanto non si sarebbe tenuto conto non solo dell’incensuratezza dell’imputato e dell’assenza di precedenti di polizia, ma anche del fatto che egli avrebbe fornito elementi utili alla complessiva valutazione della sua personalità, come l’essere artigiano regolarmente iscritto alla RAGIONE_SOCIALE, di aver partecipato come persona offesa in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria recandosi sul posto per rendere la sua deposizione ed, infine, aggiungendo come il ricorrente era stato personalmente presente alla udienza tenutasi il 21 ottobre 2021 seriamente impegnandosi a rassegnare la propria versione dei fatti in sede di esame.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 10.01.2024, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
In sintesi, secondo il PG, in tutti i motivi si ripropongono sostanzialmente le doglianze di appello, che tuttavia si risolvono in una critica nel merito dell valutazione – immune da vizi logici e come tale insindacabile in sede di legittimità – compiuta dai giudici territoriali, tanto in ordine agli elementi fondamentali (l inequivoche dichiarazioni degli acquirenti) dimostrativi RAGIONE_SOCIALE condotte di cessione
di cocaina, quanto in ordine alla insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della ipotesi di particolare tenuità, quanto ancora al complessivo trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente ai sensi dell’art.23, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, in assenza di istanza di discussione orale, è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha ritenuto che il ritrovamento dello stupefacente nell’abitazione dell’imputato fosse di ostacolo all’accoglimento della prospettazione difensiva (svolta anche in sede di legittimità senza alcun apprezzabile elemento di novità critica), sottolineando come il giudice di primo grado avesse ritenuto tale elemento come sintomatico di una dedizione al traffico di stupefacenti.
Correttamente i giudici di appello non hanno attribuito alcun peso alla circostanza che lo stupefacente rinvenuto in sede di perquisizione fosse di natura diversa da quello destinato allo spaccio nell’odierna vicenda processuale e che non fosse stata effettuata alcuna analisi chimica, ciò in quanto, come esattamente rilevano i giudici territoriali, l’attuale procedimento non riguarda lo stupefacente rinvenuto in sede di perquisizione nel 2019, per il quale peraltro si era proceduto in via amministrativa.
Nessuna illogicità è, nella specie, ravvisabile, come invece contestato dalla difesa, posto che la stessa Corte d’appello chiarisce in sentenza come l’elemento in questione viene ad essere citato in sentenza al fine di corroborare un quadro probatorio già solido relativo alle cessioni di cocaina. Per espressa sottolineatura del giudicante, dunque, il dato relativo all’esito della perquisizione non assume valenza decisiva nell’economia del procedimento valutativo che ha condotto i giudici di merito a ritenere l’imputato responsabile RAGIONE_SOCIALE cessioni contestate nel presente procedimento.
L’assenza di decisività, dunque, rende del tutto privo di pregio il motivo svolto, con cui si censura il procedimento valutativo seguito dai giudici di merito per pervenire al giudizio di condanna: quanto contestato dalla difesa, infatti, non indica le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato. Da qui l’inammissibilità della doglianza.
Può quindi procedersi all’esame del secondo e del quarto motivo.
I motivi meritano congiunto esame, come del resto reso palese dalla loro stessa articolazione, evidenziando la difesa come il quarto motivo abbia ragione solo in caso di accoglimento del secondo motivo di ricorso.
3.1. Tanto premesso, il secondo motivo è inammissibile.
I giudici territoriali, in particolare, al netto RAGIONE_SOCIALE discrepanze rilevate da difesa, valorizzano in particolare in chiave probatoria le dichiarazioni rese dalla moglie del COGNOME, che in sede di s.i.t. aveva riferito di ricorrere ad altro spac ciatore, sempre fornitore del marito, che la stessa indica nell’imputato abitante a Medicina. Viene, altresì, valorizzato quanto riferito dal COGNOME in sede di riconoscimento fotografico, in cui egli affermava, dopo aver riconosciuto l’imputato, come questi ed altri due soggetti avevano spacciato droga sia a lui che alla moglie, aggiungendo come anche la moglie riconosceva l’imputato come proprio fornitore di cocaina.
3.2. Le doglianze difensive, volte a contestare un presunto travisamento probatorio operato dal giudice di appello all’evidenza non hanno pregio, sia perché non tengono conto della natura di “doppia conforme” in punto di affermazione di responsabilità del ricorrente, sia perché gli “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” menzionati dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod.proc.pen., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (tra le tante: Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Rv. 237652 – 01).
In questo contesto, l’asserito vizio derivante dalla mancata confutazione di argomenti difensivi da parte dei giudici di appello che inficerebbe la sentenza ex art. 546, lett. e), cod. proc. pen., è del tutto privo di pregio, posto che, come pi volte affermato da questa Corte, la motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua se il giudice abbia confutato gli argomenti che costituiscono l’ dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (Sez. 6, n. 1307 del 26/09/2002, dep. 2003, Rv. 223061 – 01).
3.3. Anche l’asserita contraddittorietà tra quanto dichiarato dal COGNOME in sede di denuncia e quanto poi dichiarato in sede di riconoscimento fotografico, che apparirebbe alla difesa contraddittorio, non inficia la sentenza impugnata, atteso che la circostanza di aver dichiarato in sede di denuncia di non conoscere l’imputato non si pone in contrasto con quanto affermato in sede di riconoscimento fotografico, in quanto, come chiarito dalla Corte d’appello, solo dopo aver riconosciuto in fotografia l’imputato, il COGNOME ebbe ad affermare che questo e altri due soggetti “hanno spacciato droga sia a me che a mia moglie”.
3.4. Quanto, infine, agli esiti dei controlli relativi ai tabulati telefonici non avrebbero fornito alcuna prova a carico del ricorrente, ciò che avrebbe determinato un ulteriore travisamento probatorio, in quanto a fondamento RAGIONE_SOCIALE ragioni dei contatti con la moglie vi sarebbe stata una relazione sentimentale tra i due, la doglianza oltre ad essere chiaramente articolata in fatto, non soddisfa quanto più volte ribadito da questa Corte circa la decisività che il dedotto travisamento probatorio deve esplicare sul complesso argomentativo della sentenza impugnata.
Come più volte ribadito da questa Corte, infatti, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085 – 01).
Ed è evidente che, nel caso in esame, difettano quantomeno le condizioni indicate dai punti c) e d) della richiamata indicazione giurisprudenziale.
3.5. Da ultimo, con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen., va evidenziato come gli stessi giudici di appello escludono che il fatto possa essere considerato di lieve entità, avendo questi ceduto più volte e lungo un apprezzabile periodo di tempo, cocaina, per giunta a più persone. Quanto sopra è stato considerato dai giudici sintomo di
organizzazione dello stesso, in grado di tenersi costantemente rifornito e con quantità sufficienti a soddisfare la domanda tanto del COGNOME che della COGNOME.
Si tratta di motivazione incensurabile, atteso che il riferimento al lungo arco temporale in cui le cessioni si sarebbero verificate e la pluralità dei cessionari, rende ragione, proprio in considerazione della complessiva condotta, dell’esistenza di elementi ostativi al riconoscimento dell’art. 131-bis, cod. pen., denotando abitualità della condotta illecita. La causa di esclusione della punibilità per particolar tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima “ratio punendi”), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola (Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016, Rv. 267262 – 01).
Principio questo, si noti, confermato dalla novellata previsione dell’art. 131bis, cod. pen., a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche introdotte dal d. Igs. n. 150 del 2022, che, infatti, afferma espressamente come “Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
4. Anche il terzo motivo si espone al giudizio di inammissibilità.
I giudici di appello, nell’esaminare l’omologo terzo motivo di appello, ancora una volta replicato in sede di legittimità senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, osservano come la contraddizione circa l’anno preciso in cui la moglie del COGNOME aveva iniziato ad assumere cocaina non assume rilevanza, tenuto conto di quanto riferito da altri soggetti in relazione al periodo contestato.
Il riferimento è, in particolare, alle dichiarazioni rese a s.i.t. dalla coll del COGNOME, tale COGNOME, che aveva riferito come l’imputato effettuasse le cessioni presso il retrobottega del luogo di lavoro, affermando di aver visto a più riprese la moglie del COGNOME consegnare denaro all’imputato nel retro del negozio (ciò che, si aggiunga, smentisce palesemente la tesi difensiva secondo cui tra la COGNOME e l’imputato vi fossero motivi di frequentazione di altra natura, ossia una relazione sentimentale).
Aggiungono i giudici di appello come la teste, sebbene non avesse visto sostanze stupefacenti, lo avrebbe però appreso dalla COGNOME, che le aveva riferito essere l’imputato un suo fornitore di droga. Quanto sopra, aggiunge la Corte d’appello, era stato confermato dal positivo riconoscimento in sede di individuazione fotografica e dalle numerose telefonate intercorse tra l’imputato e la donna. Quanto, poi, alla contestazione difensiva circa le ragioni per le quali non aveva riferito, sebbene non richiesta, da dove ottenesse il denaro per lo stupefacente, i giudici considerano tale circostanza pienamente comprensibile, avendo la stessa un lavoro che le consentiva di percepire un reddito mensile, osservandosi come l’addebito del marito secondo cui la moglie sarebbe stata dedita a sottrarre denaro dalla cassa del negozio si fosse rilevato infondato, “questa comunque potrebbe cautelarsi dal riferire eventuali provenienze illecite del denaro”.
5. Al cospetto di tale apparato argomentativo le doglianze del ricorrente si appalesano dunque prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE emergenze processuali svolta dal giudice di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimità op rato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 – dep. 26/01/2023, Lembo, n.m.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, COGNOME, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552).
Perde, quindi, alla luce di quanto sopra, di spessore argomentativo la doglianza difensiva fondata sulla mancata considerazione di alcune e non di tutte le contraddizioni intrinseche contenute nelle dichiarazioni rilasciate dalla COGNOME.
Si tratta, all’evidenza, di censure puramente contestative finalizzate a mettere in dubbio la veridicità del narrato della COGNOME che, tuttavia, non sono idonee a inficiare il percorso motivazionale della sentenza impugnata che, come detto, ha tratto elementi di prova della reità dell’imputato non dalle sole dichiarazioni della COGNOME, ma da ulteriori elementi probatori, quali le dichiarazioni del COGNOME e della teste COGNOME che ha assistito, come detto, ad episodi di consegna di soldi dalla NOME all’imputato nel retrobottega del luogo di lavoro della donna.
Ancora una volta, viene meno l’elemento della decisività RAGIONE_SOCIALE contraddizioni rilevate, in quanto tali inidonee a determinare il cedimento logico complessivo della motivazione della sentenza impugnata.
Quanto, infine, al dedotto vizio di violazione di legge processuale ai sensi dell’art. 521, cod. proc. pen., è parimenti privo di pregio.
Nessuna violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza vi è stata da parte dei giudici di merito, che hanno valutato il fatto sub d) con riferimento al periodo contestato, ossia il mese di aprile 2018, mentre la asserita violazione della legge processuale è frutto di una personale esegesi difensiva della motivazione dei giudici territoriali, in quanto tale inidonea a scalfire la correttezz del doppio giudizio di condanna espresso. Il ricorrente ha svolto le sue difese nel corso dell’intero giudizio articolandole davanti ai giudici di appello in modo da ampliare esso stesso l’ambito cognitivo ad un periodo pregresso a quello di aprile 2018, sollecitando la Corte d’appello a prendere posizione sulle singole questioni relative all’attendibilità della COGNOME che facevano riferimento ai rapporti pregressi avuti con l’imputato e tra lei, il marito e l’imputato medesimo (si pensi, a titolo esemplificativo, alle censure svolte dalla difesa circa le telefonate intercorse sino al 2017 tra l’imputato e la COGNOME).
Anche il quinto ed ultimo motivo si espone al giudizio di inammissibilità.
I giudici di appello hanno motivato il diniego RAGIONE_SOCIALE invocate attenuanti ge- neriche rilevando l’assenza di condotte processuali positive specificamente valu-
tabili, escludendo la sussistenza di esigenze di proporzionalità della pena, da rite- nersi equa nel caso in esame.
La difesa ha contestato tale approdo per la mancata valutazione di ulteriori fattori attenuanti che ne avrebbero invece giustificato il riconoscimento. La censura, come anticipato, è manifestamente infondata, atteso che è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419 – 01).
Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di
euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 16 febbraio 2024
Il Cons liere stensore
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Il Presidente