Valutazione della Prova e Recidiva: L’Analisi della Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di processo penale, soffermandosi sui limiti del proprio sindacato sulla valutazione della prova e sui criteri per l’applicazione dell’aggravante della recidiva. La decisione offre spunti cruciali per comprendere come i giudici di merito debbano motivare le loro sentenze e quando una condanna possa considerarsi solidamente fondata.
I Fatti del Caso
Due soggetti, condannati in appello per il reato di rapina (art. 628 c.p.), hanno presentato ricorso in Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due punti principali:
1. Errata valutazione della prova: Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello aveva basato la condanna su una motivazione insufficiente e illogica, senza analizzare a fondo le argomentazioni difensive.
2. Illegittima applicazione della recidiva: Contestavano la sussistenza dell’aggravante, ritenendo che i giudici non avessero correttamente valutato il nesso tra i precedenti penali e il nuovo reato.
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità e manifesta infondatezza del ricorso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La pronuncia si articola nell’analisi separata dei due motivi di impugnazione, stabilendo che le censure sollevate non potevano trovare accoglimento in sede di legittimità.
Le Motivazioni: La Corretta Valutazione della Prova
Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito che il ricorso mirava, in realtà, a ottenere una nuova e inammissibile valutazione della prova. I giudici di legittimità hanno ricordato un principio consolidato: una sentenza di merito non è tenuta a confutare analiticamente ogni singola argomentazione difensiva. È sufficiente che la motivazione, nel suo complesso, sia logica, coerente e spieghi le ragioni della decisione, dimostrando di aver tenuto conto di tutti i fatti decisivi.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente fondato l’affermazione di responsabilità su due pilastri probatori solidi:
* Le dichiarazioni della persona offesa: Nonostante l’età avanzata, la vittima ha fornito un racconto coerente e dettagliato.
* I rilievi dattiloscopici: Le impronte digitali dei ricorrenti sono state ritrovate sul luogo del delitto.
Questa combinazione di elementi è stata ritenuta sufficiente a supportare la condanna, rendendo le critiche dei ricorrenti una mera riproposizione di argomenti già adeguatamente vagliati e disattesi.
Le Motivazioni: L’Applicazione della Recidiva
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla recidiva non può basarsi unicamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso dalle precedenti condanne. Il giudice deve, invece, compiere un’analisi concreta, ai sensi dell’art. 133 c.p., per verificare se la pregressa condotta criminale sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia agito come fattore criminogeno per il nuovo reato.
Nel caso in esame, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato una pluralità di elementi:
* La presenza di precedenti penali specifici.
* Le modalità particolarmente violente del fatto, commesso ai danni di una persona quasi novantenne.
Questi fattori, secondo la Corte, dimostravano adeguatamente quella persistente tendenza a delinquere che giustifica l’applicazione dell’aggravante.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi del diritto processuale penale. In primo luogo, riafferma l’insindacabilità nel merito della valutazione della prova effettuata dai giudici di primo e secondo grado, a condizione che la motivazione sia logica e completa. La Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove poter rivalutare i fatti. In secondo luogo, fornisce una guida chiara sull’applicazione della recidiva, sottolineando la necessità di un giudizio sostanziale e non meramente formale, ancorato a elementi concreti che dimostrino la pericolosità sociale del reo.
Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può compiere una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Se la motivazione del giudice di merito è adeguata, la valutazione dei fatti è insindacabile.
Come valuta un giudice la recidiva?
La valutazione della recidiva non si basa solo sulla gravità del reato o sul tempo trascorso dalle condanne precedenti. Il giudice deve esaminare in concreto se la passata condotta criminale indichi una persistente inclinazione a delinquere che abbia influenzato la commissione del nuovo reato, considerando elementi come i precedenti specifici e le modalità del fatto.
Quali elementi di prova sono stati ritenuti sufficienti per la condanna in questo caso?
La condanna è stata ritenuta adeguatamente motivata sulla base di due elementi principali: le dichiarazioni coerenti e dettagliate fornite dalla persona offesa, nonostante l’età avanzata, e i risultati dei rilievi dattiloscopici, che hanno confermato la presenza delle impronte digitali degli imputati sul luogo del delitto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24042 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24042 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 29/08/1957 COGNOME NOME nato a NAPOLI il 09/01/1955
avverso la sentenza del 20/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
.s
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME;
Considerato che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della condanna per il reato di cui all’art. 628 cod. pen., oltre ad ottenere un’inammissibile rivalutazione del compendio probatorio, è altresì privo specificità perché meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito;
nel caso di specie, la Corte di Appello ha correttamente motivato in ordine agli elementi su cui fondare l’affermazione di responsabilità dell’imputato, valorizzando sia le dichiarazioni della persona offesa, la quale nonostante l’età avanzata ha fornito un racconto coerente e dettagliato, sia i risultati dei rilievi dattiloscopi che hanno rilevato le impronte digitali dei ricorrenti sul luogo del delitto (sul punto si vedano le pagg. 2-3 della sentenza impugnata);
Infatti la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare comunque disattese le censure difensive che siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 28547 del 20/06/2023, COGNOME, non mass; Sez. 1, n. 27323 del 25/01/2023, Alpini, non mass; Sez. 4, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105-01);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidiva è manifestamente infondato;
che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si pr e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice” (sul punto, si veda pagina 3 della sentenza impugnata, dove i giudici di merito, nell’applicare l’aggravante, hanno valorizzato una pluralità di elementi, tra cui i precedenti penali specifici e le modalità del fatto, caratterizzato dall’uso della violenza nei confront di una persona quasi novantenne).
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili c
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025
Il Consiglie
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Il residente