Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28374 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28374 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PALERMO dalla parte civile NOME nato a AGRIGENTO il 16/02/1986 dalla parte civile NOME nato a SAN BIAGIO COGNOME il 07/06/1959 nel procedimento a carico di: COGNOME COGNOME nato a AGRIGENTO il 08/10/1989 COGNOME nato a FAVARA il 30/11/1956 nel procedimento a carico di questi ultimi
NOME nato a AGRIGENTO il 05/11/1972
inoltre:
NOME
NICOTRA CARMELO
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE RAGIONE_SOCIALE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla posizione di COGNOME per i delitti di cui ai capi A,B e C; il rigetto dei ricorsi delle parti civili per la posizione di COGNOME NOMECOGNOME il rigetto
Ritenuto in fatto
La Corte di assise di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del locale Tribunale emessa 11° giugno 2022:
ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dai delitti a loro ascritti in concorso con NOME COGNOME cl. 76, successivamente deceduto, e con NOME COGNOME per il quale si è proceduto separatamente – ai capi A), B) e C), di omicidio di NOME COGNOME raggiunto da colpi di arma da fuoco, e di contestuale tentato omicidio di NOME COGNOME pure lui raggiunto da numerosi colpi di arma da fuoco, e di illegale detenzione e porto in luogo pubblico delle armi utilizzate per i due fatti di sangue, in Liegi il 14 settembre 2016;
ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dai delitti a loro ascritti, in concorso con NOME COGNOME cl. 76 ed altri, ai capi F), G), H) e I), di tentato omicidio di NOME COGNOME e NOME COGNOME, raggiunti da numerosi colpi di arma da fuoco, di illegale detenzione e porto in luogo pubblico delle armi a tal fine utilizzate, fatti commessi in Favara il 23 maggio 2017; oltre che di furto aggravato dell’autovettura utilizzata per gli attentati, commesso in Favara il 19 maggio 2017, e di danneggiamento, seguito da incendio della stessa, avvenuto in Favara tra la sera del 23 maggio e il 15 giugno 2017;
ha invece confermato la statuizione di responsabilità di NOME COGNOME per i reati di cui agli appena indicati capi F), G), H), e I), rideterminando la pen in anni venti di reclusione;
ha infine confermato la statuizione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui al capo K), di danneggiamento seguito da incendio dell’autovettura Renault Modus utilizzata per trasportare NOME COGNOME appena dopo che questi fu gravemente ferito nel tentativo di omicidio di cui si è detto prima, aggravato dalla finalità di occultare sia il delitto di ricettazione di cui al c 3), reato dal quale COGNOME è stato assolto, reato commesso in I:avara e Agrigento tra il 23 e il 24 maggio 2017. Conseguentemente ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in mesi quattro e giorni dieci di reclusione.
I fatti imputati si collocano in un più ampio contesto di scontro cruento tra due fazioni di un originario unico gruppo criminale facente capo a NOME COGNOME detto “COGNOME“, e NOME COGNOME, detto “Furia”, che operava principalmente nel settore del traffico illecito di sostanze stupefacenti tra Favara in provincia di Agrigento e il Belgio in particolare la città di Liegi.
Le dichiarazioni di NOME COGNOME accreditato collaboratore di giustizia particolarmente attivo nell’agrigentino, hanno costituito un apporto probatorio di assoluto rilievo per la ricostruzione delle vicende, in specie per la collocazione dei
fatti di sangue in un contesto di faida originata dall’omicidio di NOME COGNOME, avvenuto il 26 gennaio 2015 in Favara.
NOME COGNOME, prima di intraprendere la collaborazione, era un personaggio di spicco nei contesti criminali agrigentini e dei territori limitrofi. Co apprezzabile linearità ha precisato che quanto aveva appreso sui fatti di sangue di cui ai capi di imputazione prima richiamati lo aveva percepito nel corso di una riunione tra accoliti malavitosi, tenutasi a Favara dopo l’estate del 2017, a cui avevano partecipato NOME COGNOME poi deceduto, e NOME COGNOME, nel corso degli interrogatori i cui verbali sono agli atti, non ha mai detto di aver appreso le conoscenze sui fatti di causa perché a lui riferite da NOME COGNOME ma si è limitato a segnalare quanto da lui sempre presentato come frutto di proprie intuizioni e/o deduzioni ricavate dalle mezze frasi o dagli atteggiamenti tenuti nel corso di quella riunione da NOME COGNOME.
3. Per quanto attiene al primo gruppo di imputazioni (capi A, B e C), relativi all’omicidio di NOME COGNOME che pagò con la vita il solo fatto di essersi trovat insieme a NOME COGNOME in quel luogo, e al tentato omicidio dello stesso COGNOME, le dichiarazioni di COGNOME sono state platealmente imprecise in ordine alla presenza e ai tempi di permanenza in Belgio dell’imputato NOME COGNOME e ai suoi spostamenti. Del resto, nessuno degli ulteriori elementi emersi in sede di indagine, costituiti dalle dichiarazioni dei testimoni belgi che avevano assistito al duplice fatto di sangue, ha alcuna seria valenza probatoria. Stessa conclusione vale per i contenuti del colloquio in carcere, oggetto di intercettazione, del 18 ottobre 2017 tra NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME
In merito alla posizione di NOME COGNOME, cugino neppure prossimo di NOME COGNOME, non vi sono elementi per affermare con certezza che si trovasse in Liegi e sul luogo dei fatti nel giorno in cui furono commessi. Seppure risulta che i telefoni cellulari in uso all’imputato furono disattivati quel giorno in modo da impedire una localizzazione, il dato non si lega ad altri in modo da definire un sufficiente quadro di prova.
Non vi è poi alcuna prova che sui luoghi dell’agguato vi fosse un’autovettura simile a quella in uso a NOME COGNOME e non è sostenibile che i testimoni oculari abbiano fornito descrizioni fisiche degli esecutori materiali compatibili con le reali fattezze di NOME COGNOME e dei suoi correi.
4. In riferimento al duplice tentato omicidio aggravato di NOME COGNOME e NOME COGNOME (capi F, G, H e I), oltre alla strutturale inconsistenza delle dichiarazioni di COGNOME, occorre prendere atto, per la posizione di NOME COGNOME, della vaghezza delle conversazioni, oggetto di registrazione, che poco
dopo l’agguato NOME COGNOME ebbe in ospedale con il cognato NOME COGNOME Nel corso di questo dialogo i due non si scambiarono né i nomi degli attentatori che COGNOME avrebbe riconosciuto né attributi identificativi degli stessi.
Per quel che attiene, invece, al coimputato NOME COGNOME sia pur in un contesto ricostruttivo non particolarmente chiaro, le dichiarazioni di NOME COGNOME hanno trovato riscontro nei risultati delle operazioni di intercettazione, specificamente nelle conversazioni intercorse tra l’imputato ed NOME COGNOME durante le quali parlarono del furto del furgoncino Renault Kangoo, poi impiegato nell’agguato, quindi del rinvio dell’esecuzione del programma criminoso e poi di quanto realizzato.
Con la conversazione telefonica del :18 maggio 2017 di qualche giorno precedente l’attentato, NOME COGNOME domandò a NOME COGNOME se fosse arrivato il materiale, alludendo alle armi che sarebbero state poi utilizzate.
Di particolare rilievo è la conversazione nel corso della quale COGNOME disse a NOME COGNOME e a NOME COGNOME che avrebbero dovuto controllare e aspettare, per poi fare fuoco, un’autovettura della stessa marca e modello di quella in suo possesso, una Renault Modus, e in effetti, appena dopo l’attentato, NOME COGNOME riuscì a fuggire proprio a bordo di un’autovettura di quel tipo e marca, che poi fu consegnata a NOME COGNOME perché la distruggesse.
Merita infine menzione il fatto che durante la conversazione che NOME COGNOME ebbe in ospedale col cognato NOME COGNOME il primo disse di aver effettivamente riconosciuto, tra i propri attentatori, almeno NOME COGNOME, indicato come “COGNOME“, ossia COGNOME, “COGNOME“.
5. In riferimento al reato di cui al capo K), ascritto a NOME COGNOME cognato di NOME COGNOME per averne sposato la sorella, va anzitutto precisato che l’imputato è pluripregiudicato e che era certo inserito nelle , Jinamiche criminali e personali relative alla faida per la quale è processo.
Fu NOME COGNOME a dire, nel corso della più volte richiamata conversazione col cognato NOME COGNOME che era stato NOME COGNOME a incaricarsi di dare fuoco all’autovettura Renault Modus che prima era in uso a Nicotra.
Le versioni alternative della trascrizione, addotte dalla difesa, non meritano considerazione e sono smentite da un dato oggettivo, ossia che il giorno prima che si avesse la conversazione in ospedale tra NOME e il cognato COGNOME, questi si era recato da COGNOME. Seppure non si possa sapere cosa i due si dissero, è certo che la visita fu collegata alla discussione poi intervenuta tra NOME e COGNOME sui fatti di cui uno dei protagonisti era proprio COGNOME.
Non ha valenza probatoria, come invece sostenuto dalla difesa, il colloquio avuto da COGNOME in carcere con moglie e figlio, perché ad una attenta lettura del dato di trascrizione non emerge per nulla che COGNOME inveì contro NOME per averlo questi inopinatamente calunniato riferendo che era stato lui a dar fuoco all’autovettura Renault Modus.
Quel che si rileva è che COGNOME la sera del fatto quando giunsero presso di lui COGNOME, gravemente ferito, e NOME COGNOME, appena scampati all’agguato, si incaricò di accompagnare Nicotra nei pressi dell’ospedale con la stessa autovettura Renault Modus in cui si trovava al momento dell’agguato; quindi, si allontanò a bordo della stessa autovettura, che portò nella contrada in cui fu successivamente rinvenuta bruciata.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso: il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo e le parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME oltre che i difensori degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME
Il Procuratore generale ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in riferimento alla pronuncia assolutoria di NOME COGNOME per i reati di cui ai capi A), B) e C) e al rigetto, cori separata ordinanza, della richiest di audizione del collaboratore di giustizia NOME COGNOME
La Corte di assise di appello ha rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria trascurando di considerare che il collaboratore di giustizia aveva reso il 30 marzo 2023, nel procedimento a carico del coimputato NOME COGNOME dichiarazioni che giovano a fugare ogni dubbio in ordine alla individuazione di NOME COGNOME nel soggetto che gli fu indicato da NOME COGNOME oggi deceduto, come partecipe del commando omicida. Si tratta di prova sopravvenuta che avrebbe dovuto essere ammessa per l’apprezzabile novità dei suoi contenuti.
Il difensore delle menzionate parti civili ha articolato più motivi in riferimento alla assoluzione di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo A).
8.1. Con il primo motivo ha dedotto difetto di motivazione. La Corte di assise di appello ha omesso di valutare correttamente gli elementi di riscontro alle dichiarazioni di NOME COGNOME la cui attendibilità non è mai stata messa in dubbio da alcun organo di giurisdizione, con cui i due imputati sono stati indicati quali esecutori materiali dei delitti di cui ai capi A) e B).
Le indagini svolte dalla polizia giudiziaria hanno consentito di accertare la presenza dei due imputati sul luogo e al tempo dei reati in contestazione. La Corte
territoriale ha frammentato i numerosi indizi, ha svilito l’apporto collaborativo d NOME COGNOME valorizzando parti del suo dichiarato che potrebbero far sorgere dubbi sulla piena conoscenza dei fatti riferiti da COGNOME e tralasciandone altre che dubbi non legittimano in alcun modo.
Non è per nulla vero che le dichiarazioni di COGNOME siano guardinghe e che siano il frutto di mere personali intuizioni.
La Corte di assise di appello è incorsa in un errore di valutazione di tutte le dichiarazioni dei testimoni oculari dell’agguato, concludendo per l’assenza di prova che nei pressi del luogo del fatto vi fosse un’autovettura del tipo di quella in uso a Vardaro, dato che tutti i testimoni hanno riferito di un’autovettura BMW di colore scuro.
Alcuni testimoni ascoltati nell’immediatezza dei fatti hanno riconosciuto negli esecutori dell’agguato le fattezze fisiche dei due imputati; se pure questo contributo non valga come formale ricognizione personale, è pur sempre un dato indiziario da valutarsi nel complesso dei dati di prova.
8.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione per il rigetto della richiesta di rinnovazione isiTuttoria finalizzat all’audizione di NOME COGNOME Quest’ultimo, dopo aver reso nel febbraio e nell’aprile 2018 le dichiarazioni che sono in atti, è stato sottoposto ad esame nel processo a carico di NOME COGNOME in data 30 marzo 2023 e in questa occasione ha aggiunto circostanze del tutto nuove e decisamente rilevanti ai fini della decisione. Ha indicato gli esecutori materiali nei due imputati e il concorrente nei reati in Vardaro. La Corte territoriale ha quindi errato nel non valutare il carattere di novità della prova e ha così omesso di considerare le circostanze nuove rilevanti per attestare la falsità dell’alibi.
Il difensore di NOME COGNOME ha articolato più motivi in relazione alla conferma della pena responsabilità per i reati di cui ai capi F), G), H) e I).
9.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.
La Corte territoriale è incorsa in contraddizione nel pronunciare assoluzione per i capi A), B) e C) con una posizione fortemente critica in ordine al contributo dichiarativo di NOME COGNOME ritenendo le sue dichiarazioni frutto di mere deduzioni personali, e poi nel confermare la condanna per gli altri capi, per i quali ha comunque mandato assolti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Non è possibile che le “intuizioni e deduzioni” del collaboratore siano assurte al rango di prova per il solo fatto che il padre dell’odierno ricorrente, ossia NOME COGNOME, sia rimasto vittima di una sanguinosa faida iniziata nel 2014.
I contenuti delle conversazioni che l’imputato ebbe con NOME COGNOME a far data dal 18 maggio 2017 non sono così univoci come invece ritenuto dalla Corte territoriale. Dalla loro lettura emerge soltanto che i due avevano uno stretto rapporto e si erano incontrati più di un’ora prima dell’orario in cu approssimativamente sarebbe stato perpetrato il delitto, avvenuto alle ore 22.12,34. Le ragioni di quella frequentazione sono state spiegate: NOME contattava COGNOME per informarsi dell’arrivo del materiale occorrente per la riparazione delle lapidi per la sepoltura dei propri cari.
Nessun rilievo indiziario può riconoscersi al fatto che la sera dell’agguato COGNOME, vittima dell’attentato, era alla guida di un’autovettura, Renault Modus, simile a quella guidata da NOME COGNOME dal momento che è indiscutibile il rilievo che qualunque altro cittadino di Favara ben due ore prima dell’agguato poteva essere alla guida di un’autovettura di quella stessa marca e di quello stesso modello.
L’elemento individuato come riscontro esterno individualizzante tanto al contenuto delle intercettazioni quanto al narrato di COGNOME è costituito dalla conversazione del 26 maggio 2017 tra NOME COGNOME e il cognato NOME COGNOME durante la degenza in ospedale del primo.
Il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale è illogico e contraddittorio. La stessa conversazione non è stata ritenuta probatoriamente rilevante per i coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME e ciò per i contenuti criptici e per il fatto che i due non fecero nomi, con ciò dimostrando che gli attentatori non erano stati riconosciuti.
La Corte territoriale, in accoglimento della richiesta difensiva diretta a provare che NOME COGNOME, all’ora di commissione del delitto, stava conversando telefonicamente con la fidanzata e aveva impegnato la cella di Montagnella Agrigento, lontana da Favara nei cui pressi si consumò il delitto, ha acquisito l’annotazione di polizia giudiziaria trasmessa al pubblico ministro il 30 maggio 2017, che però non contiene i tabulati telefonici e le celle di aggancio del cellulare dell’imputato. Seppur disposta la rinnovazione istruttoria, agli atti non è stata acquisita la documentazione necessaria e quindi la Corte ha pronunciato condanna senza assicurarsi della effettiva presenza al fascicolo delle prove pur ritenute necessarie. E non si vede come possa aver potuto affermare che NOME COGNOME era certamente nella zona dell’agguato quando è stato commesso.
Altra ragione di illegittimità della sentenza risiede nell’affermazione di responsabilità anche per il tentato omicidio di NOME COGNOME, dal momento che non vi è prova dell’effettiva presenza sulla scena dell’agguato di una seconda vittima, e che questa fosse proprio COGNOME.,
9.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in punto di determinazione della pena. Non è stata data giustificazione in ordine alla individuazione della pena base, all’entità della diminuzione per il tentativo e dell’aumento per l’aggravante e per la continuazione.
Successivamente, il difensore di NOME COGNOME ha proposto motivo aggiunto e memoria difensiva.
10.1. Con il motivo aggiunto ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte territoriale ha reso motivazioni contraddittorie valorizzando le dichiarazioni di NOME COGNOME e ha in tal modo compromesso la tenuta logica della condanna. Ha poi omesso di motivare in ordine alla analisi dei tabulati telefonici dell’utenza in uso a NOME COGNOME.
10.2. Con la memoria difensiva ha contrastato le argomentazioni del ricorso del Procuratore generale e delle parti civili, sollecitandone il rigetto o dichiarazione di inammissibilità.
Il difensore di NOME COGNOME ha articolato più motivi in riferimento alla conferma della condanna per il reato di cui al capo K), di danneggiamento seguito da incendio dell’autovettura, Modus Renault, che COGNOME COGNOME aveva usato per allontanarsi dal luogo dell’agguato la sera del tentato omicidio in suo danno.
11.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione per la parte in cui la Corte di assise di appello, a fronte della espressa contestazione della trascrizione ad opera della polizia giudiziaria del contenuto della conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME di cui al progressivo n. 169, delle ore 13.30 del 26 maggio 2017, non ha provveduto all’ascolto, anche in camera di consiglio, delle registrazioni. La richiesta di ascolto, relativa ad una conversazione che è stata elevata a prova decisiva per la condanna, non poteva essere rigettata se pure si sia proceduto con il rito abbreviato, perché la scelta del rito non pone alcun limite all’approfondimento istruttorio di un elemento di prova già agli atti del fascicolo. Si è in tal modo dato luogo ad una nullità per violazione del diritto di difesa.
11.2. Con il secondo motivo ha dedotto difetto di motivazione. La Corte di assise di appello ha errato nel definire il ricorrente un pluripregiudicato dal momento che è gravato da un solo precedente degno di rilievo, lontano nel tempo, mentre altro precedente, assai datato, attiene ad un reato depenalizzato. Ha ancora errato nell’affermare che il ricorrente sia da sempre inserito nelle dinamiche criminali e personali relative alla faida oggetto di giudizio. A tal proposito non ha
indicato un solo fatto o atto capace di dimostrare un qualche coinvolgimento in quella vicenda.
L’illogicità attiene anche alla interpretazione dei contenuti della conversazione tra presenti di cui si è detto e alla svalutazione della trascrizione proposta dal consulente tecnico della difesa. Non risponde al reale contenuto della conversazione che COGNOME abbia detto che “NOME (ossia COGNOME e quindi il ricorrente) prese l’autovettura Renault e poi la dette alle fiamme; ha invece detto che NOME era lì, ossia nell’ospedale di Agrigento dove lo aveva accompagnato subito dopo l’agguato, e che COGNOME ea andato a bruciare l’autovettura.
Non può allora assumere alcuna valenza indiziaria l’incontro avvenuto tra il ricorrente e NOME COGNOME il 25 maggio 2017 proprio per il fatto che nel corso conversazione del giorno successivo COGNOME non disse a COGNOME che era stato COGNOME ad incendiare l’autovettura Renault Modus.
La Corte di assise di appello ha poi illogicamente svilito, facendo ricorso ad una forzatura del chiaro significato delle espressioni, la conversazione, oggetto di captazione, tra il ricorrente, la moglie NOME COGNOME e il figlio NOME del 26 settembre 2020 in carcere, nel corso della quale l’imputato inveì contro NOME perché questi, pur sapendo della sua innocenza, aveva riferito al cognato COGNOME che era stato lui a bruciare l’autovettura Renault Modus.
È poi una mera congettura della Corte di assise di appello, con cui sono state screditate le dichiarazioni rese da NOME COGNOME a conferma della ricostruzione dei fatti operata dal marito odierno ricorrente, che NOME non potette essere trasportato in ospedale da Vitello con l’autovettura di questi perché, in ragione delle gravi ferite, non avrebbe potuto scendere dall’autovettura Renault Modus ove si trovava al momento dell’agguato. Come emerge dalla informativa di polizia giudiziaria, NOME NOME, dopo l’agguato, era in grado di deambulare, sia pure zoppicando.
E la Corte ha poi omesso di esaminare il tabulato telefonico dell’utenza di Vitello da cui si evince che il suo telefono cellulare non agganciò la cella telefonica di c.da COGNOME in cui fu trovata bruciata l’autovettura Renault Modus.
11.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione per la parte in cui è stata affermata l’aggravante od. teleologica di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. Una volta esclusa la responsabilità del ricorrente dal reato di ricettazione di cui al capo 3), sarebbe stato necessario, per ritenere la menzionata aggravante, indicare gli elementi da quali desumere in capo al ricorrente la consapevolezza che l’autovettura Renault Modus data alle fiamme fosse stata oggetto di furto e o di ricettazione ad opera di Nicotra.
11.4. Con il quarto motivo ha dedotto difetto di motivazione in punto di diniego della sospensione condizionale della pena.
Considerato in diritto
Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo non merita accoglimento.
Non è fondata la doglianza in punto di omessa rinnovazione istruttoria per la riassunzione dell’apporto dichiarativo del collaboratore di giustizia NOME COGNOME La Corte di assise di appello, con l’ordinanza del 20 aprile 2023, ha correttamente ricordato che il giudizio si è svolto nelle forme del rito abbreviato e in tal modo ha escluso la ricorrenza di un diritto della parte ricorrente alla integrazione istruttoria. Vale infatti il principio di diritto secondo cui “nel giud abbreviato di appello le parti non hanno un diritto all’assunzione di prove nuove, ma hanno solo il potere di sollecitare l’esercizio dei poteri istruttori di cui all 603, comma 3, cod. proc. pen., essendo rimessa al giudice la valutazione dell’assoluta necessità dell’integrazione probatoria richiesta” – Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, Rv. 278061 -.
È poi appena il caso di evidenziare che la richiesta di prova non ha avuto ad oggetto una prova nuova o successivamente scoperta sì che il parametro di valutazione è stato legittimamente mantenuto sul piano della assoluta necessità, non potendosi far riferimento al criterio di temperamento in ragione della novità del dato, “per sua natura adatto a realizzare un effettivo ampliamento delle capacità cognitive” in chiave prospettica – Sez. 1, n. 12928 del 07/11/2018, dep. 2019, Rv. 276318 -.
I verbali delle dichiarazioni di NOME COGNOME erano già in atti del processo sin dal primo grado e gli asseriti aggiustamenti conseguenti all’esame reso nel separato processo a carico di un coimputato, nel senso di una maggiore specificazione e nettezza di quanto già dichiarato, non sono stati apprezzati dalla Corte territoriale in termini di novità.
Non è dunque censurabile la conclusione dell’assenza di una “stringente necessità” di riassunzione della prova dichiarativa, siccome adeguatamente motivata. La Corte territoriale non ha ritenuto la sussistenza di una situazione di assoluta necessità ai fini della decisione e non si è quindi avvalsa del potere, in astratto configurabile, di riesaminare il collaboratore di giustizia che aveva reso i suo contributo in plurime dichiarazioni” – Sez. 1, n. 20466 del 16/04/2013, Rv. 256165 -.
2.1. Il ricorso del Procuratore generale va conseguentemente rigettato.
Anche il ricorso delle parti civili merita il rigetto.
3.1. Per quanto attiene al secondo motivo valgono le argomentazioni appena svolte per dare conto della infondatezza del ricorso del Procuratore generale, attesa la piena sovrapposizione delle doglianze.
3.2. Il primo motivo è infondato. La Corte di assise di appello ha confermato il giudizio di attendibilità sul collaboratore di giustizia NOME COGNOME ne ha riconosciuto l’affidabilità dichiarativa. Ha però messo in evidenza che questi ha reso dichiarazioni de relato, ha riferito quanto appreso soprattutto in forza delle confidenze fattegli da NOME COGNOME, poi deceduto.
Il giudizio di affidabilità dichiarativa ha trovato fondamento anche nella considerazione che il collaboratore di giustizia ha sempre lealrnente precisato che le sue conoscenze non erano frutto di confidenze esplicitamente fattegli da COGNOME ma erano piuttosto il risultato di sue personali percezioni, formatesi in occasione della partecipazione a una riunione di malavitosi a cui avevano preso parte, nel 2017, NOME COGNOME, NOME COGNOME e qualcun altro.
Non può dunque dirsi illogica, meno che mai manifestamente illogica, la conclusione a cui è giunta la Corte di assise di appello, ossia che si è di fronte, per quanto attiene alle dichiarazioni accusatorie di NOME COGNOME al frutto di intuizioni o deduzioni ricavate da mezze frasi o da atteggiamenti tenuti da NOME COGNOME fonte di riferimento.
NOME COGNOME ha affermato che non gli era stato detto nulla di specifico: semplicemente COGNOME aveva commentato, nel corso della riunione di cui prima si è detto, la fortuna di NOME COGNOME, per essere riuscito a scampare all’agguato in Belgio, mentre l’altro ragazzo, ossia l’incolpevole COGNOME, aveva perso la vita.
Sulla base di queste affermazioni di COGNOME, di cui è agevole constatare una spiccata genericità, COGNOME si era fatto un’idea di come erano andate le cose. Non si è pertanto avuta, per voce di COGNOME, alcuna certezza, e non deve trascurarsi, così ha ammonito il giudice di merito, che il collaboratore ha pure ammesso che qualche altro particolare delle vicende oggetto delle imputazioni lo aveva appreso dalla lettura dei giornali.
3.2.1. Con la premessa, compiutamente argomentata, che le accuse di COGNOME si compongono del risultato di quanto gli era stato fatto intendere ma non gli era stato narrato, la Corte di assise di appello ha proceduto correttamente ad una valutazione scrupolosa dei dati di riscontro.
3.2.1.1. In ordine al profilo attinente ad NOME COGNOME ha evidenziato che nessuno dei testimoni oculari è stato in grado di indicare con sufficiente precisione gli esecutori materiali. Tutti si sono limitati alla descrizione di fattezze fisi astrattamente compatibili con quelle degli imputati, ma nulla più. La Corte di assise di appello ha . poi logicamente affrontato la portata indiziaria del colloquio
carcerario che NOME COGNOME ebbe con la moglie il 18 ottobre 2017. Ha correttamente osservato che quel colloquio è stato enfatizzato nei suoi contenuti, perché dal fatto che l’imputato disse che “l’inferno”, quell’inFerno che la moglie auspicava finisse, doveva ancora avere inizio non può dedursl nulla di concreto e certo non può concludersi per l’esistenza di una qualche forza indiziaria in riferimento al coinvolgimento dell’imputato nei fatti criminosi ascritti.
3.2.1.2. Quanto alla posizione di NOME COGNOME, la Corte di assise di appello ha logicamente rilevato che, se è pur vero che risulta che egli si recò, il giorno prima della commissione dei fatti criminosi in imputazione, a Eíndhoven, in Olanda, rientrando a Trapani dopo due giorni, trascorsi in Belgio, è rimasto in pari modo accertata l’assenza di qualsivoglia dato di fatto che possa far collocare l’imputato a Liegi, nella cui zona si svolsero i fatti, nel giorno e nell’ora in cui furo commessi.
La città di Eindhoven dista più di 100 Km da Liegi, sicché è plausibile ritenere che NOME COGNOME non avrebbe avuto particolare difficoltà nel recarsi la sera dei fatti a Liegi, ma su questo fatto astrattamente possibile non vi è alcun dato oggettivo che possa farne ritenere la effettiva concretizzazione. Del resto, quel che la Corte di assise di appello ha dovuto registrare, in assenza di elementi di segno contrario, è che l’imputato disse di essersi recato in Olanda per assistere ad una partita di calcio e dimostrò l’effettivo possesso del biglietto per l’ingresso allo stadio calcistico.
La Corte di assise di appello non ha trascurato che le risultanze in atti danno prova che il giorno dei fatti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME erano tutti in Belgio; e ha approfondito il tema, evidenziando però l’insufficienza del complesso indiziario alla luce di alcuni dati oggettivi.
Nel periodo di riferimento NOME COGNOME aveva la disponibilità di un’autovettura BMW di colore scuro, analoga a quella che si è accertato esser stata utilizzata dal gruppo di fuoco. Quel che impedisce di trarre conclusioni univoche da questo fatto è che i testimoni hanno indicato, oltre che marca e colore, anche il tipo di autovettura, ossia un’autovettura della serie 7 o della serie 5, che h caratteristiche ben diverse, visibilmente diverse, dall’autovettura della serie 3, e cioè della serie di quella che era nella disponibilità di COGNOME
Il ragionamento probatorio non è stato messo in crisi dalla rilevazione di un altro dato, potenzialmente significativo. È pur vero, ha osservato la Corte di assise di appello, che i telefoni cellulari di NOME COGNOME risultarono spenti i concomitanza dell’orario in cui furono commessi i fatti ma, ha aggiunto, il dato non ha la forza di per sé di sostenere una affermazione di responsabilità. È sì, in buona sostanza, un elemento indiziario ma non giustifica, in assenza di altri univoci
elementi, il riconoscimento di un complesso indiziario grave, preciso e concordante.
3.3. Il ricorso delle parti civili va pertanto rigettato.
Non merita accoglimento il ricorso di NOME COGNOME in ordine alle statuizioni di condanna per i capi F), G), H) e I).
4.1. Il primo motivo è infondato. L’apparente incoerenza di una affermazione di responsabilità per fatti su cui si è riversato il contribut dichiarativo di NOME COGNOME che per altre vicende e in relazione agli stessi fatti in riferimento ad altri soggetti è stato ritenuto insufficiente dalla stessa Cor di assise di appello, sfuma alla considerazione delle argomentazioni spese nella impugnata sentenza.
Fermo il giudizio di cui si è già detto sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, la Corte di assise di appello ha osservato che a carico di NOME COGNOME per i fatti ascritti ai capi ora in esame (F, G, H e I) vi è un materiale probator diverso e più ricco rispetto a quello che interessa altre posizioni.
A differenza di quel che si è potuto apprezzare in relazione ai coimputati, nei confronti di NOME COGNOME vi sono i risultati delle intercettazioni del conversazioni intercorse con NOME COGNOME che, lette logicamente, danno prova della compartecipazione dei due alla preparazione e poi esecuzione dell’agguato, senza che la diversa e malferma interpretazione offerta dalla difesa abbia potuto evidenziare fratture logiche nella ricostruzione del giudice.
La Corte di assise di appello ha infatti fornito una coordinata lettura logica, come tale sottratta a censure in sede di legittimità, delle conversazioni captate e ha dato conto di come esse dimostrino il coinvolgimento dei due nella predisposizione del piano, con, tra l’altro, il furto del furgoncino Renault Kangoo di colore bianco, poi effettivamente utilizzato per l’agguato.
Ha quindi spiegato le ragioni che hanno indotto a valutare come meramente suggestiva e del tutto distonica rispetto ai fatti e al loro contesto l’avversa te difensiva, secondo la quale i due avrebbero discorso dell’arrivo di materiale edile, necessario a COGNOME per la sua attività di marmista e costruttore di loculi cimiteriali.
Di pari significato indiziario è poi la conversazione che i due ebbero poco prima dell’agguato, allorché NOME COGNOME comunicò al ricorrente (per poi fare la medesima segnalazione a NOME COGNOME) di fare grande attenzione ad una autovettura del tipo di quella che lui stesso aveva in uso, ossia una autovettura Renault Modus di color grigio scuro. Ed infatti, come poi si è accertato, con un’autovettura di questo tipo e modello NOME COGNOME, dalle ore 20.05 in avanti
del giorno dei fatti era in giro per l’abitato di Favara e con essa riuscì a fuggir appena dopo l’agguato ai danni suoi e di COGNOME.
Un’autovettura di tal tipo e modello fu poi ritrovata, la mattina del giorno successivo, completamente bruciata in una contrada posta nelle vicinanze di Favara.
Ancora.
La Corte di assise di appello ha richiamato i contenuti della conversazione che il giorno 26 maggio 2017, qualche giorno successivo a quello dell’agguato, ebbero NOME COGNOME, degente in ospedale, e il di lui cognato NOME COGNOME durante la quale il primo disse, parlando dell’attentato ai suoi danni, di aver riconosciuto tra gli attentatori “COGNOME“, ossia NOME COGNOME. E disse anche di essere fortemente preoccupato perché nei pressi del garage ove aveva subito l’attentato aveva parcheggiato l’autovettura Fiat Panda con quale tempo prima aveva preso parte ad un agguato proprio contro NOME COGNOME; e che questi, quindi, appunto perché presente e partecipe all’attentato di qualche giorno precedente, ben aveva potuto notare e riconoscere quell’autovettura e così comprendere che tra gli autori di quel fatto vi era proprio COGNOME
Il valore fortemente indiziario di tali passi è stato arricchito dall’ulterio conversazione intercettata, quella tra NOME COGNOME e la di lui moglie, alla quale il primo, a pieno titolo inserito nel gruppo di COGNOME, i “Furia”, confidò tutta sua preoccupazione per essere un potenziale destinatario dei rinnovati propositi omicidiari del gruppo di fuoco che già aveva attentato alla vita di NOME COGNOME.
La Corte di assise di appello ha adeguatamente motivato anche in ordine alle conseguenze desumibili dal rilievo che l’imputato, poco prima dell’agguato oggetto di accertamento, era al telefono con la fidanzata. Ha argomentato sulla compatibilità oraria, attestando che il poco tempo residuo, circa due minuti e trenta secondi, tra la chiusura della conversazione telefonica e l’inizio dell’attentato ai danni di COGNOME e COGNOME era comunque sufficiente e non sta quindi a dimostrare l’incompatibilità con la tesi del coinvolgimento dell’imputato nel fatto di sangue.
NOME COGNOME, come i cospicui risultati delle intercettazioni attestano, era certamente, con la sua autovettura, nella zona in cui si trovavano COGNOME e COGNOME, i cui movimenti erano sotto il costante controllo di COGNOME e dello stesso COGNOME, sicché, ha aggiunto la Corte territoriale – in tal modo ridimensionando la portata della richiesta difensiva di puntuale consultazione dei tabulati telefonici e delle celle di aggancio dei dispositivi -, quale che sia stata la cella telefonica aggancio, non è dubbio che l’imputato si trovasse comunque in zona idonea ad assicurargli di poter intervenire rapidamente nell’esecuzione del programmato agguato.
L’argomentazione è logica e aderente ai dati d prova, sì come compiutamente illustrati e dà esaustiva risposta, sia pure implicita, al rilievo difensivo secondo cui non sarebbero stati esaminati tabulati telefonici e prospetti delle celle telefoniche di aggancio.
4.2. Il motivo sul trattamento sanzionatorio è infondata. La Corte di assise di appello ha adeguatamente motivato in punto di trattamento sanzionatorio, dando conto della determinazione della pena base, degli aumenti per le aggravanti e per la continuazione alla luce dei parametri dell’art. 133 cod. pen. e dell’apprezzato grave disvalore dei fatti accertati.
4.3. Per quanto esposto, il ricorso di NOME COGNOME merita di essere rigettato.
Il ricorso di NOME COGNOME va accolto soltanto in parte, in specie per quel che attiene alla ritenuta aggravante di cui all’art. 61 n. 2) cod. pen., e per resto invece merita il rigetto. Il ricorrente risponde soltanto dell’addebito per reato di cui all’art. 424 cod. pen., di cui al capo K, per aver danneggiato, dandola alle fiamme, l’autovettura Renault Modus, oggetto di furto, a bordo della quale vi erano le vittime, ossia NOME COGNOME e NOME COGNOME, al momento in cui subirono l’agguato.
5.1. Sulla circostanza aggravante del nesso teleologico, contestata per aver l’imputato agito al fine di aiutare NOME COGNOME ad eliminare le tracce del delitto di ricettazione dell’autovettura, la Corte di assise di appello ha reso una motivazione meramente assertiva. Si è limitata all’affermazione che è indubbio che l’imputato agì con questa finalità di favorire il sodale nel suo complessivo progetto, ma non ha dato conto delle ragioni che sostengono una siffatta affermazione e non ha spiegato su quali dati di fatto possa fondarsi l’affermazione che l’imputato fosse a conoscenza della provenienza furtiva dell’autovettura.
La carenza di motivazione è significativa e non si ritiene che possa ad essa porsi rimedio rinviando al giudice del merito per un nuovo giudizio sul punto. Vale, infatti, per questa parte quanto affermato da Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Rv. 226100, secondo cui “nel giudizio di cassazione l’annullamento della sentenza di condanna va disposto senza rinvio allorché un eventuale giudizio di rinvio, per la natura indiziaria del processo e per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito e utilizzato nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe in alcun modo colmare la situazione di vuoto probatorio storicamente accertata”.
La sentenza, pertanto, va annullata senza rinvio per la parte relativa alla circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. contestata al capo K, circostanza aggravante che va esclusa. Conseguentemente deve essere eliminata la porzione di pena inflitta quale aumento per detta circosta aggravante, pa , í r.’..,
a giorni dieci di reclusione, con rideterminazione del trattamento sanzionatorio in quattro mesi di reclusione.
5.2. É infondato il motivo relativo ad una asserita nullità per violazione del diritto di difesa in conseguenza della decisione della Corte territoriale di non dare corso all’ascolto del contenuto della conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME di cui al progressivo n. 169, delle ore 13.30 del 26 maggio 2017.
La sentenza impugnata ha dato atto della esistenza al fascicolo delle registrazioni e ha convenuto sul principio per il quale la prova è formata dalle registrazioni e non già dai cd. brogliacci di ascolto che, operata la scelta per il ri abbreviato, ben possono essere utilizzati in luogo delle trascrizioni nella forma della perizia. Ha poi attestato che è stata acquisita, per mezzo di una memoria difensiva prodotta in primo grado, la trascrizione operata dalla difesa dei contenuti di quella registrazione, e ciò ha consentito una rafforzata lettura critica dei contenuti dell’ascolto che, come ha evidenziato la sentenza impugnata, sono stati messi a frutto in primo grado per mezzo di una “opportuna e integrale trascrizione del parlato” che ha preso il posto dei pur pienamente utilizzabili brogliacci.
Sulla base di queste precisazioni la Corte di assise di appello ha compiutamente motivato il diniego di procedere all’ascolto diretto, incombente per nulla necessario secondo la logica ed esauriente giustificazione.
5.3. La Corte di assise di appello ha preso in esame il contenuto della menzionata conversazione tra NOME COGNOME e il cognato NOME COGNOME e ha dato conto di come da essa si traggano le prove per l’affermazione di responsabilità del ricorrente. COGNOME disse a COGNOME che “Vice”, quindi NOME COGNOME, cognato di NOME COGNOME, aveva provveduto a dare alle fiamme l’autovettura Renault Modus che era nella disponibilità di COGNOME al momento dell’agguato.
Con la menzionata memoria difensiva, acquisita agli atti, il ricorrente ha proposto una diversa lettura dei contenuti della conversazione e ha cercato di dimostrare che COGNOME fece riferimento non già a NOME COGNOME ma, secondo una prima ipotesi a tale NOME COGNOME e, secondo altra indicazione a tale COGNOME o COGNOME, forse di nome NOMECOGNOME
La Corte territoriale ha spiegato, con argomenti esaustivi, che le ipotesi difensive non sono coerenti con il senso della complessiva conversazione e ha aggiunto un dato che corrobora il riferimento dei conversanti proprio al ricorrente.
Come accertato in fase di indagine, il giorno prima di quello in cui fu captata questa importante conversazione NOME COGNOME si era recato da NOME COGNOME, presso il Camping-Trattoria di quest’ultimo, e, seppure non si sia appreso quale fu l’oggetto del dialogo tra i due, è logico ritenere, sì come argomentato dalla Corte di assise di appello, che la visita di COGNOME a COGNOME è da collegarsi all discussione che il giorno dopo ebbe con NOME degente in ospedale per fare il
punto della situazione che li vedeva in quel momento soccombenti rispetto al gruppo avverso.
In risposta ai rilievi difensivi la Corte di assise di appello ha poi escluso, con compiutezza di argomenti, che il ricorrente, nel corso del colloquio carcerario con i suoi familiari, rimproverò COGNOME di averlo falsamente indicato come colui che aveva incendiato l’autovettura. Alla luce del dato testuale della trascrizione, ha rilevato che COGNOME si limitò ad esprimere il suo rammarico per aver aiutato, quella sera, il cognato COGNOME, e il suo timore per la deposizione che avrebbe potuto rendere una non menzionata persona che si trovava a Roma, e che è plausibilmente individuabile nel collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Ancora, la Corte di assise di appello ha spiegato, con logicità di argomenti, come non risponda al vero quanto affermato dalla difesa, e dalla moglie del ricorrente, ossia che quest’ultimo accompagnò NOME nei pressi dell’ospedale, ove fu poi ricoverato, con un’autovettura diversa dalla Renault Modus poi data alle fiamme. È infatti inverosimile che NOME, ferito seriamente e impossibilitato a muoversi, fu trasbordato in altra autovettura per recarsi in ospedale; del resto, proprio secondo quanto affermato dal ricorrente e da sua moglie, NOME non era assolutamente nelle condizioni di lasciare l’autovettura in cui era stato gravemente ferito con numerosi colpi di arma da fuoco e quindi salire a bordo di altra autovettura. E se pure, come affermato dalla difesa, fosse stato nelle condizioni di salire a bordo dell’autovettura non si comprende per quale ragione ciò avrebbe fatto o dovuto fare, a fronte di ferite particolarmente gravi che certo un impedimento all’ipotizzato trasbordo rappresentavano in maniera seria e consistente.
Le affermazioni della sentenza in ordine al fatto che COGNOME è soggetto pluripregiudicato non trovano smentita nei rilievi difensivi, perché i precedenti penali indicati sono effettivamente esistenti, al di là del giudizio che da essi intenda trarsi. E in riguardo all’affermazione di coinvolgimento di COGNOME nelle dinamiche criminali del gruppo dei “Furia”, la Corte di assise di appello ha fatto richiamo ad un dato significativo, ossia che COGNOME fu uno dei soggetti che partecipò, unitamente ad altri componenti di quel gruppo, ad un incontro pacificatore con esponenti del gruppo dei “RAGIONE_SOCIALE“, tenutosi il 9 luglio 2020 nei locali del ristorante “Il INDIRIZZO” di Agrigento, e quindi tre anni dopo i fatti per cui è processo.
Il fatto poi che non vi sono prove che il telefono cellulare di Vitello agganciò la cella telefonica della zona in cui fu data alle fiamme l’autovettura in imputazione non è, ammesso che sia rispondente alle risultanze documentali, di tale portata da mette in crisi il ragionamento probatorio condotto dalla Corte di assise di appello, illustrato con coerenza logica e adeguatezza di argomenti, potendo esser conseguenza del mancato utilizzo del telefono in quel frangente di tempo.
5.4. La Corte di assise di appello ha compiutamente motivato il diniego di sospensione condizionale, richiamando il fatto che a distanza di anni dai fatti COGNOME
prese parte all’incontro del 9 luglio 2020 con esponenti di spicco dei due avversi gruppi malavitosi e che si trae in tal modo un coinvolgimento nella vita del gruppo
di riferimento che ben costituisce un impedimento per la formulazione di prognosi favorevoli in punto di ricadute nella commissione di delitti.
5.5. Ferma la pronuncia di annullamento senza rinvio in punto di aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen., per il resto il ricorso di NOME COGNOME
merita di essere rigettato.
6. Al rigetto del ricorso delle parti civili NOME e NOME segue la loro condanna al pagamento delle spese processuali.
Al rigetto del ricorso di NOME COGNOME segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza
e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME e COGNOME
NOME COGNOME liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Vincenzo limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2) cod. pen., contestata al capo K), che esclude. Elimina la relativa pena e ridetermina nei confronti di COGNOME NOME il complessivo trattamento sanzionatorio in mesi quattro di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME.
Rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Rigetta il ricorso delle parti civili NOME:NOME e NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato NOME COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 4.680,00, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 26 marzo 2024.