Valutazione pericolosità: quando i precedenti non definitivi bloccano le misure alternative
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i criteri per la concessione delle misure alternative alla detenzione, ponendo l’accento sulla valutazione della pericolosità sociale del condannato. La decisione chiarisce come anche i procedimenti penali ancora in corso possano legittimamente pesare sul giudizio del magistrato, così come l’inidoneità del domicilio proposto, specialmente se questo coincide con l’abitazione di una precedente vittima.
I Fatti del Caso
Un uomo, condannato in via definitiva, presentava ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza che gli aveva negato l’accesso a una misura alternativa alla detenzione. A fondamento del suo ricorso, lamentava una valutazione a suo dire ingiusta, basata anche su condanne non ancora definitive. Inoltre, contestava il giudizio di inidoneità del domicilio individuato presso l’abitazione della sua attuale compagna, la quale, pur avendolo in passato denunciato per comportamenti violenti, si era dichiarata disponibile ad accoglierlo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni proposte manifestamente infondate. La decisione del Tribunale di Sorveglianza è stata quindi confermata, chiudendo la porta alla possibilità per il ricorrente di scontare la pena al di fuori del carcere, almeno sulla base degli elementi presentati.
Le Motivazioni: una valutazione della pericolosità sociale a tutto tondo
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto il ricorso, fornendo due principi guida fondamentali per la magistratura di sorveglianza.
1. Rilevanza dei Procedimenti Pendenti
La Corte ha affermato che è pienamente coerente con l’orientamento giurisprudenziale consolidato considerare, ai fini del giudizio sulla pericolosità, anche le condanne non ancora definitive e i procedimenti penali in corso. Questo perché la decisione sulla concessione di una misura alternativa richiede una valutazione prognostica completa sulla personalità del soggetto e sul rischio di recidiva. Limitare l’analisi solo alle condanne passate in giudicato fornirebbe un quadro parziale e potenzialmente fuorviante, non in linea con la finalità di prevenzione che la legge impone.
2. Idoneità del Domicilio e Prevenzione dei Reati
Il secondo punto, altrettanto cruciale, riguarda il domicilio. La Corte ha giudicato non manifestamente illogica la valutazione di inidoneità dell’abitazione della compagna. Il fatto che quest’ultima fosse stata in passato vittima di violenze da parte del condannato costituisce un elemento di rischio concreto. La dichiarazione di disponibilità della donna non è sufficiente a elidere tale rischio. La legge, in particolare l’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario, richiede che il provvedimento “assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”. Di conseguenza, la tutela della potenziale vittima e la prevenzione di nuovi crimini prevalgono sulla disponibilità offerta, guidando il giudice verso una decisione prudenziale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine nell’esecuzione penale: la concessione di benefici e misure alternative non è un automatismo, ma il risultato di una ponderata e approfondita analisi della personalità del condannato. La valutazione della pericolosità sociale deve essere rigorosa e basata su tutti gli elementi disponibili, inclusi quelli non ancora cristallizzati in una sentenza definitiva. Soprattutto, la decisione deve essere orientata alla tutela della collettività e alla prevenzione, assicurando che il percorso di reinserimento sociale del condannato non crei nuove situazioni di pericolo.
I procedimenti penali ancora in corso possono influenzare la decisione su una misura alternativa?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai fini della valutazione della pericolosità sociale, è legittimo considerare anche le condanne non definitive e i procedimenti pendenti a carico del richiedente.
La disponibilità di una vittima passata ad ospitare il condannato rende automaticamente idoneo il domicilio?
No. La disponibilità della vittima non è sufficiente per superare un giudizio di inidoneità del domicilio. La Corte deve effettuare una prognosi autonoma sul pericolo di commissione di altri reati, e la pregressa violenza nei confronti della persona ospitante è un fattore che può rendere il domicilio non idoneo.
Qual è l’obiettivo principale che deve guidare la concessione di una misura alternativa secondo la Corte?
L’obiettivo primario, come previsto dall’art. 47 dell’ordinamento penitenziario, è la prevenzione del pericolo che il condannato commetta altri reati. La sicurezza della collettività e la prevenzione della recidiva sono quindi i criteri fondamentali che orientano la decisione del giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4137 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4137 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti proposti nell’unico motivo di ricorso sono manifestamente infondati, perché:
la circostanza che, ai fini del giudizio di pericolosità, siano state valutate anche condanne non definitive è coerente con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene che nella decisione sulla concessione o meno della misura alternativa siano valutabili anche i procedimenti pendenti (Sez. 1, Sentenza n. 41796 del 09/09/2021, Acri, Rv. 282153);
il giudizio di inidoneità del domicilio indicato presso l’abitazione dell’attu compagna, che in passato lo aveva più volte denunciato per comportamenti violenti posti in essere nei suoi confronti, non è manifestamente illogico, atteso che è espressione di una prognosi di pericolosità del condanNOME (l’art. 47 ord. pen. chiede che il provvedimento “assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”) che non è elisa dalla dichiarazione della vittima di disponibilità ad accogliere il condanNOME presso la propria abitazione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11 gennaio 2024.