Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16516 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16516 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME EGLE NOME COGNOME NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 458/2025
Relatore –
CC – 28/03/2025
R.G.N. 4753/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato in BOSNIA-ERZEGOVINA il 02/08/1971
avverso l’ordinanza del 30/01/2025 del Tribunale di Salerno Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
1.Con ordinanza, emessa in data 30 gennaio 2025, il Tribunale di Salerno, in accoglimento dell’appello del Procuratore della Repubblica, ha applicato nei confronti del ricorrente la misura cautelare del divieto di dimora, con obbligo di permanenza in casa in orario notturno, in relazione ai reati di resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato, ricettazione e furto aggravato, oggetto di contestazione provvisoria.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti indizi di reità nei confronti dell’indagato evidenziando che: a seguito di segnalazione di furto da parte del proprietario, la polizia accertava la presenza di un veicolo rubato, tipo Giulietta, con segni di effrazione del blocco di accensione e contenente, all’interno, alcune corde piatte, in nylon , collocate sul sedile posteriore, oltre ad altro arnese idoneo allo scasso, ritenendolo destinato ad essere utilizzato quale “ariete” in occasione di furti presso esercizi commerciali; mentre erano in
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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corso i rilievi sull’autovettura, gli operanti vedevano transitare altra autovettura (una Renault Clio di colore giallo) con targa straniera che destava loro sospetto; al termine di un inseguimento, l’autoveicolo arrestava la marcia ed il conducente e i passeggeri posteriori si davano alla fuga mentre l’unico ad essere arrestato era l’indagato; l’autovettura risultava avere il numero di telaio abraso e, al suo interno, erano rinvenuti attrezzi atti allo scasso, oltre ad alcune corde piatte in nylon da lavoro del medesimo tipo di quelle rinvenute nell’autovettura Giulietta; l’indagato risultava avere plurimi e specifici precedenti penali ed era sprovvisto di documenti; successivamente l’operante di p.g. riferiva di avere visionato le immagini di videosorveglianza presenti sul luogo del rinvenimento dell’autovettura Giulietta , oggetto di furto, e di avere riconosciuto nell’indagato il soggetto che l’ aveva portata, sul posto in cui era stata rinvenuta.
L’indagato ha proposto ricorso, per il tramite del suo difensore, avv. NOME COGNOME articolato in due motivi.
2.1. Con primo motivo deduce l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la richiesta di rito abbreviato. Rileva che, dopo il rigetto della richiesta cautelare, terminata la fase della convalida dell’arresto, COGNOME ha chiesto di essere giudicato allo stato degli atti ed il procedimento è stato rinviato per la sola discussione dell’abbreviato; il pubblico ministero, con il decreto di presentazione dell’imputato al giudizio direttissimo aveva già esercitato l’azione penale e concluso le indagini preliminari; gli atti di indagine compiuti dopo l’esercizio dell’azione penale non potrebbero in alcun modo essere utilizzati, in sede cautelare, oltre che in sede di giudizio direttissimo celebrato con le forme del rito abbreviato; dopo la richiesta di rito abbreviato non avrebbero potuto essere utilizzate le immagini di videosorveglianza, in quanto non depositate, neppure per singoli fotogrammi; il Tribunale non avrebbe potuto fondare la propria valutazione sulla base della deposizione di un teste relativa ad immagini non confluite nel fascicolo del pubblico ministero.
2.2.Con secondo motivo deduce mancanza di motivazione, in ordine al concorso dell’imputato nei reati in contestazione. La motivazione sarebbe anche illogica in quanto, ammessa la validità dell’ipotesi investigativa avanzata dal verbalizzante in udienza, secondo cui i passeggeri della Renault Clio stavano tornando a recuperare la Giulietta, sarebbe stato illogico ritenere che gli stessi passeggeri avessero già programmato una fuga pericolosa ovvero accettato il rischio della stessa. Inoltre non sarebbe stato indicato il grado di partecipazione, morale o materiale, nei delitti in parola da parte dell’indagato.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il T ribunale del riesame ha ritenuto centrale il riconoscimento dell’ indagato come soggetto uscito dall’autovettura , oggetto di furto, dopo che era stata condotta sul luogo in cui è stata rinvenuta con evidenti segni di effrazione. Tale elemento indiziario, in aggiunta agli altri considerati convergenti, ha consentito di ritenere raggiunta la soglia indiziaria necessaria per ritenere che autore del furto dell’autovettura possa essere stato l’indagato.
Il ragionamento effettuato dal Tribunale si fonda su un corretto vaglio unitario dei singoli elementi indiziari acquisiti nel solco dell’ insegnamento di questa Corte secondo cui, il giudice cautelare deve compiere una duplice operazione, atteso che, dapprima, gli è fatto obbligo di procedere alla valutazione dell’elemento indiziario singolarmente considerato, per stabilire se presenti o meno il requisito della precisione e per vagliarne l’attitudine dimostrativa; successivamente, occorre procedere a un esame complessivo degli elementi indiziari acquisiti (tra le altre, Sez. 1, n. 26455 del 26/3/2013, COGNOME, Rv. 255677 – 01; sez. 1, n. 13671 del 26/11/1998, Buono, Rv. 212026 – 01), allo scopo di appurare se i margini di ambiguità, correlati a ciascuno di essi, possano essere superati in una visione unitaria, in modo da consentire l’attribuzione del fatto illecito all’indagato, pur in assenza di una prova diretta, sulla base di un complesso di dati, che saldandosi logicamente, conducano necessariamente a un giudizio di gravità indiziaria (tra le altre, Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, Segura, Rv. 262280 – 01; sez. 1, n. 30448 del 19/06/2010, COGNOME, Rv. 248384 – 01).
La difesa pone, in termini non pertinenti rispetto alla fattispecie, la questione dell’inutilizzabilità di atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero dopo l’esercizio dell’azione penale, e la richiesta dell’imputato di essere giudicato con rito abbreviato , in quanto le dichiarazioni dell’operante sul riconoscimento dell’indagato cui il Tribunale del riesame ha attribuito rilievo centrale nel suo giudiziorisultano rese all’udienza di convalida dell’arresto , e dunque in un momento precedente alla richiesta di giudizio abbreviato, per come desumibile dalla lettura del relativo verbale in atti, consentita in ragione della natura processuale del rilievo formulato dalla difesa. Ciò a prescindere dalla considerazione che, in ogni caso, non violerebbe alcun divieto di legge il pubblico ministero che introduca nella piattaforma probatoria dell’incidente cautelare elementi acquisiti successivamente alla richiesta dell’imputato di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato nel giudizio di cognizione, a condizione che risulti garantito il diritto alla controprova dell’imputato medesimo.
Sotto altro profilo, è manifestamente infondata anche l’ulteriore doglianza concernente l’impossibilità per il Tribunale di fondare la sua decisione sulla deposizione di un teste concernente immagini non confluite nel fascicolo del pubblico ministero.
La difesa tenta di svalutare l ‘elemento indiziario di cui si discute attraverso considerazioni assertive e svincolate dal compendio probatorio, essendo incontroverso che, sul piano logico-processuale, è certamente possibile riconoscere un individuo attraverso le immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi del luogo del delitto e che, soprattutto in sede cautelare, l’esito del riconoscimento possa essere veicolato anche solo attraverso le dichiarazioni dell’ufficiale di p.g. i ncaricato dei primi accertamenti, salva successiva ed eventuale più approfondita analisi suscettibile di essere compiuta nelle successive fasi procedimentali ove l’indagato contesti la corrispondenza fra la sua effigie e quella ripresa dai sistemi di videosorveglianza.
La motivazione del provvedimento impugnato si colloca nel solco degli insegnamenti di questa Corte secondo cui il riconoscimento dell’imputato o dell’indagato nel soggetto ripreso in un filmato registrato dalle telecamere di videosorveglianza, installate nei pressi della scena del crimine, operato dal personale di polizia giudiziaria, può assumere il valore di un indizio grave e preciso, la cui valutazione probatoria è rimessa al vaglio del giudice di merito (Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246925 01).
Si muove, del resto, nella stessa direzione ermeneutica il seguente principio di diritto, cui questo Collegio intende dare seguito, secondo cui: «In materia di valutazione della prova il giudice può trarre il proprio convincimento da ogni elemento purché acquisito non in violazione di uno specifico divieto: in tal senso anche l’individuazione fotografica cui abbia proceduto la polizia giudiziaria può essere legittimamente assunta come prova, la cui certezza non dipende dal riconoscimento in sé, ma dalla attendibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell’imputato, si dice certo della sua identificazione» (Sez. 4, n. 16902 del 04/02/2004, COGNOME, Rv. 228043 – 01).
2. È inammissibile il secondo motivo.
Su un piano generale, occorre premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il solo compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. E, in particolare, la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato
dall’art. 292 cod. proc. pen., ispirato al modulo di cui all’art. 546 del medesimo codice, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 01).
2.1.Nella fattispecie in esame, la motivazione del provvedimento impugnato è priva di carenze ed immune da vizi logici e l’atto di impugnazione si limita a prospettare una lettura frammentaria e parcellizzata degli elementi indiziari raccolti nel corso delle indagini preliminari, omettendo di confrontarsi analiticamente con il percorso argomentativo attraverso il quale il Tribunale del riesame ha rivisitato il giudizio di gravità indiziaria posto a fondamento dell’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari.
Il Tribunale ha ritenuto, con motivazione logica, sussistenti gravi indizi nei confronti del ricorrente, dando particolare risalto alla dichiara zione dell’operante di p.g. di avere riconosciuto, attraverso le immagini di videosorveglianza, l’odierno indagato come quel soggetto che aveva condotto l’autovettura Giulietta sul posto ove era stata effettivamente rinvenuta, dopo il furto; con motivazione immune da vizi logici è stata attribuita pregnanza indiziaria anche rispetto alla presenza del ricorrente, dopo il furto della prima autovettura, all’interno dell’altra autovettura Renault Clio, con targa abrasa e provvista di attrezzi atti allo scasso (del medesimo tipo di quelli rinvenuti all’interno della prima autovettura) e al tentativo di fuga posto in essere dal medesimo.
Le deduzioni difensive sono prive di specificità e non si confrontano con il quadro indiziario acquisito a carico dell’indagato, fondandosi su una valutazione atomistica e parcellizzata della rilevanza probatoria delle singole evidenze acquisite e inidonee a mettere in evidenza profili di criticità della motivazione del provvedimento impugnato.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 28/03/2025.