Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24407 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24407 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/06/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
– Presidente –
Sent. n. sez. 663/2025
NOME COGNOME
CC – 20/06/2025
NOME
R.G.N. 12361/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
NOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Gioia Tauro il 24/09/1976,
avverso l’ordinanza del 26/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso;
letta la memoria dellÕAvv. NOME COGNOME del foro di Palmi, che ha concluso per lÕaccoglimento dei motivi di ricorso;
Con ordinanza del 26 marzo 2025 il Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova aveva respinto lÕistanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
1.1. Più in particolare, NOME COGNOME è sottoposto alla misura di massimo rigore per il reato di cui agli artt. 110, 61 n. 5 e 11 cod. pen., 73, comma 1, 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, per aver concorso nellÕimportazione di 435 kg di cocaina dal Brasile, per il tramite di una motonave.
Il COGNOME ha proposto due istanze di sostituzione della misura (in data 3 maggio 2024 e 30 gennaio 2025), prospettando un affievolimento delle esigenze cautelari, e sottolineando da un lato, di aver subito gravi vicissitudini familiari e lavorative (tra cui il licenziamento e la conseguente impossibilitˆ di accedere alle aree portuali) e dallÕaltro, di dover provvedere alla anziana madre, che versava in condizioni di salute tali da richiedere lÕassistenza di terze persone.
In entrambi i casi il diniego del Giudice per le indagini preliminari è stato confermato dal Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell’appello cautelare.
In data 28 febbraio 2025 il COGNOME ha quindi avanzato, sempre ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., una terza istanza sottolineando, quale rilevante, lÕintervenuta applicazione degli arresti domiciliari al coimputato NOME COGNOME
Il Tribunale ha respinto lÕappello avverso lÕulteriore diniego, ritenendo tale modifica del tutto irrilevante, e spiegando le ragioni per le quali deve tuttora ravvisarsi, per le posizioni dei correi, una diversa intensitˆ nelle esigenze cautelari, in considerazione della volontˆ del coimputato, espressa con un comportamento collaborativo, di recidere i legami con gli ambienti in cui è maturata la vicenda delittuosa.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del suo difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, poichŽ mancante o manifestamente illogica: il Tribunale ha riservato un diverso trattamento cautelare per posizioni processuali assolutamente omogenee, dunque senza un fondamento oggettivo, che non pu˜ essere rinvenuto nel diverso comportamento processuale.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio della motivazione, poichŽ mancante o manifestamente illogica, non avendo il Tribunale fornito una motivazione circa l’adeguatezza della sola misura di massimo rigore a
contenere le esigenze cautelari, senza considerare nŽ le modalitˆ di esecuzione della misura domiciliare (in Gioia Tauro, e dunque il luogo assai distante rispetto a quello in cui maturarono le condotte delittuose), nŽ lÕintervenuto licenziamento dalla societˆ MCT e la conseguente revoca del permesso di accesso alle aree portuali.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione, poichŽ mancante o manifestamente illogica, avendo il Tribunale inteso valorizzare, in chiave prognostica, lÕesercizio del diritto al silenzio.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Va premesso che, per come emerge dal tenore del provvedimento impugnato, il ricorso origina dalla proposizione di una (terza) istanza art. 299 cod. proc. pen., contraddistinta, quale elemento di novitˆ rispetto alle precedenti, dallÕintervenuta attenuazione della misura applicata al coimputato NOME COGNOME
1.2. Ci˜ posto, il primo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente poichŽ connessi, sono inammissibili.
Osserva il Collegio che il “fatto nuovo” rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione della misura coercitiva con altra meno grave, deve essere costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare, ma con riferimento al singolo indagato (od imputato), non ai correi.
Costituisce il principio per cui il “fatto nuovo” non pu˜ consistere nella mera decisione cautelare favorevole assunta nei confronti di un coindagato (Sez. 2, n. 23699 del 14/07/2020, Rubbio, non mass.; Sez. 2, n. 54298 del 16/09/2016, COGNOME, Rv. 268634 Ð 01; Sez. 2, n. 39785 del 26/09/2007, Poropat, Rv. 238763 – 01).
Questo perchŽ la posizione processuale di ciascuno dei coindagati o coimputati è autonoma, dal momento che la valutazione da esprimere ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., ed in particolare quella di cui alla lett. c) di tale norma, si fonda, oltre che sulla diversa entitˆ del contributo materiale e/o morale assicurato da ciascuno dei correi alla realizzazione dell’illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalitˆ del singolo, di tal che del tutto giustificata pu˜ essere l’adozione di regimi difformi pur a fronte della contestazione di un medesimo fatto reato (Sez. 4, n. 13404 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286363 Ð 01; Sez. 3, n. 7784 del 28/01/2020, Mazza, Rv. 278258 Ð 02; Sez. 6, n. 39346 del 03/07/2017, COGNOME, Rv. 271056 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi, sottolineando che la sostituzione, in favore del coimputato, della misura di massimo rigore con quella domiciliare, è stata giustificata in relazione a profili esclusivamente personali, legati, cioè, alla sua posizione procedimentale (con riguardo alla dissociazione dal contesto in cui sono maturati i reati); provvedimento la cui adozione, quindi, non si riflette in alcun modo in favore dell’odierno ricorrente.
NŽ, come afferma il ricorrente con il terzo motivo, in tal modo il Tribunale ha tratto argomenti circa lÕintensitˆ delle esigenze cautelari, contro il cautelato, dallÕesercizio del diritto al silenzio.
In realtˆ, nello spiegare le ragioni per le quali lÕattenuazione delle esigenze cautelari non poteva riguardare il ricorrente, il Tribunale ha evidenziato la diversa posizione processuale (nonchŽ il diverso contributo nella esecuzione del reato, come si dirˆ a proposito del secondo motivo), sottolineando non lÕapproccio collaborativo in quanto tale, ma in quanto espressione, nel caso concreto, dellÕintervenuta dissociazione dal contesto in cui sono maturate le condotte delittuose.
DÕaltra parte, la stessa condotta collaborativa non pu˜ comportare, di per sŽ sola, una riduzione della pericolositˆ sociale e condurre ad un inammissibile automatismo valutativo nellÕapprezzamento delle esigenze cautelari (Sez. 4, n. 34991 del 08/07/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 46652 del 11/11/2015, COGNOME, Rv. 265288 Ð 01; Sez. 1, n. 3488 del 02/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245984 Ð 01).
1.3. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Il Tribunale, in ordine alla adeguatezza della misura di massimo rigore, ha richiamato e fatto proprie le considerazioni giˆ spese nelle precedenti ordinanze, ritenendo la misura degli arresti domiciliari, pur con lÕadozione del c.d. braccialetto elettronico, inidonea ad impedire allÕimputato di riprendere i contatti con persone coinvolte nel traffico di stupefacenti, avuto riguardo allÕaccertata disponibilitˆ di strumenti di comunicazione criptati (p. 2 ordinanza impugnata; cfr., anche Sez. 4, n. 19692 del 15/05/2025, COGNOME, non mass.).
Sul punto il ricorrente si limita a riproporre la censura, senza confrontarsi con la motivazione dellÕordinanza impugnata, nella parte in cui si è ritenuto la misura di massimo rigore lÕunica idonea e adeguata a fronteggiare il rischio di recidiva.
Questa Sezione, inoltre, ha efficacemente evidenziato che il rischio di reiterazione di reati non deve necessariamente valutato in relazione a condotte identiche a quella per cui si procede (come invece sembra ritenere il ricorrente sottolineando lÕimpossibilitˆ sopravvenuta ad accedere allÕarea portuale: pp. 5 e 6), potendosi desumere l’inadeguatezza di misure meno gravi dall’esigenza di prevenire possibili ulteriori forme di collaborazione con gruppi criminali dediti al narcotraffico (cos’, in motivazione, Sez. 4, n. 18526 del 12/04/2023, NOMECOGNOME non mass.).
Questo perchŽ la prognosi negativa derivante dalla pregressa commissione di reati della stessa indole sussiste anche in presenza di fattispecie criminose che, persino se non previste dalla stessa disposizione di legge, presentino Çuguaglianza di naturaÈ in relazione al bene tutelato e alle modalitˆ esecutive (Sez.6, n. 47887 del 25/09/2019, I., Rv. 277392 – 01; Sez.5, n. 52301 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268444 – 01; Sez.3, n. 36319 del 05/07/2001, COGNOME, Rv. 220031 – 01).
DÕaltra parte, e ad ulteriore dimostrazione della differente posizione processuale del coimputato, il Tribunale di Genova ha evidenziato che mentre questÕultimo ha collaborato nella importazione della cocaina anche attraverso una serie di incontri e sopralluoghi nellÕarea portuale (nellÕimminenza dellÕarrivo del carico), il COGNOME, come detto, ha fornito il suo contributo alla buona riuscita dellÕoperazione essenzialmente Òa distanzaÓ, ricorrendo alla piattaforma (pp. 2 e 6 ordinanza impugnata).
NŽ spetta alla Corte di cassazione, in presenza di una motivazione congrua, quale quella impugnata, la rivalutazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice della cautela.
Stante lÕinammissibilitˆ del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
PoichŽ da questa decisione non consegue la rimessione in libertˆ del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto perchŽ provveda a quanto stabilito dal comma 1di tale disposizione.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Cos’ deciso in Roma, 20 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME