Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29862 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29862 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in ROMANIA il 15/02/1980
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 del TRIBUNALE SORVEGLIANZA DI MILANO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Prima sezione di questa Corte di cassazione, con sentenza del 24 gennaio 2025, ha annullato con rinvio l’ordinanza del 16 ottobre 2024 del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale e ha dichiarato inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 bis Ord. Pen. nei confronti di NOME con riferimento alla condanna per rapina pluriaggravata e lesioni in relazione alla residua pena superiore ai due anni.
La sentenza rescindente ha chiarito che l’ordinanza del Tribunale, oggetto di annullamento, ha omesso di valutare la relazione del gruppo di osservazione del carcere ove si trovava ristretta la ricorrente, pervenuta dopo la chiusura del verbale di udienza e richiesta dallo stesso Tribunale di sorveglianza.
Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto disporre un rinvio per l’acquisizione della relazione di sintesi per poi valutarla, nell’ambito dei propri poteri discrezionali, ai fini della decisione sulla richiesta di affidamento in prova.
A quanto sopra deve aggiungersi che il difensore della condannata aveva dedotto – con riferimento alla sospensione del processo per irreperibilità disposta dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Varese con ordinanza in data 15 novembre 2013 – la circostanza che la attuale detenzione di NOME COGNOME è antecedente alla data di detto provvedimento; orbene, rispetto a tale profilo il Tribunale di sorveglianza non risulta avere dato alcuna risposta sebbene l’elemento della pregressa irreperibilità abbia rivestito un decisivo rilievo per respingere la richiesta di affidamento in prova.
A seguito dell’annullamento con rinvio il Tribunale di Sorveglianza di Milano, con ordinanza del 1° aprile 2025, ha nuovamente rigettato l’istanza ex art. 47 Ord. Pen. e ha dichiarato inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME articolando un unico motivo contenente plurime censure.
3.1. Con il motivo la ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
3.1.1. L’ordinanza oggetto del primo annullamento aveva dato atto della idoneità del domicilio offerto in disponibilità da Buzatu Ioana in Tromello come da nota della Stazione dei Carabinieri.
La ordinanza impugnata ha invece dato atto della inidoneità del domicilio, richiamando erroneamente l’abitazione di un’altra persona e cioè NOME COGNOME, presso la cui abitazione invece la ricorrente doveva svolgere la sua attività di badante, come risultava dalla disponibilità fornita dalla stessa NOME.
Non sono chiare nel provvedimento impugnato le ragioni per cui la ricorrente non avrebbe potuto garantire la sua attività lavorativa presso questo ultimo nucleo familiare non dovendo avere necessariamente rapporti con i componenti dello stesso.
3.1.2. Quanto all’assenza di stabili e verificabili punti di riferimento in Italia e allo stato di irreperibilità protrattosi per molto tempo, l’idoneità del domicilio non consentiva di affermare l’assenza di stabili punti di riferimento in considerazione, peraltro, del parere favorevole all’ammissione alla misura redatta dalla Equipe di Osservazione e Trattamento.
3.1.3. Quanto al pericolo di fuga e al supposto pregresso stato di latitanza in occasione della celebrazione del processo di merito dinanzi al Tribunale di Parma per il processo commesso in Noceto in data 15 ottobre 2015, la ricorrente era assente, non essendo mai stata emessa misura cautelare nei suoi confronti.
3.1.4. Quanto alla istanza di sospensione del processo ex art. 420 quater cod. proc. pen. presso il Tribunale di Varese, la stessa risulta essere stata già giudicata in relazione a quelle imputazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
1.1. La motivazione del provvedimento impugnato si fonda su un presupposto fattuale erroneo che incide in maniera determinante sull’intero percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto di rigettare l’istanza valorizzando l’asserita inidoneità del domicilio presso il quale la condannata, COGNOME, avrebbe dovuto essere accolta in caso di concessione della misura alternativa. Tuttavia, nel valutare negativamente il luogo e il nucleo familiare ospitante, il Tribunale ha confuso tale contesto con quello dell’abitazione presso cui la ricorrente avrebbe dovuto eventualmente svolgere attività lavorativa, pervenendo così alla conclusione – del tutto erronea – che la stessa non disponesse di un domicilio idoneo ai fini dell’ammissione al beneficio.
Tale equivoco interpretativo ha inevitabilmente condizionato le successive valutazioni del giudice di sorveglianza, atteso che, ai fini dell’accoglimento dell’istanza, costituisce requisito imprescindibile la disponibilità di un luogo idoneo a costituire stabile dimora, in grado di garantire un contesto di riferimento e controllo per l’esecuzione della misura.
1.2. Parimenti carente, e per taluni aspetti contraddittoria, risulta la motivazione nella parte in cui, pur dando atto dell’esistenza di due relazioni di osservazione – rispettivamente del 26 settembre 2024 e del 22 marzo 2025 entrambe favorevoli, non ne accoglie le conclusioni, limitandosi a disattenderle senza un’adeguata confutazione.
Come si evince dallo stesso provvedimento impugnato, le relazioni dell’équipe multidisciplinare evidenziano che la condannata ha riconosciuto la propria responsabilità, ha mantenuto un comportamento detentivo sostanzialmente corretto e ha intrapreso un percorso di progressivo superamento di atteggiamenti vittimistici, partecipando con esiti positivi alle attività trattamentali proposte. Le stesse relazioni sottolineano, inoltre, un accresciuto livello di affidabilità e responsabilizzazione da parte della detenuta.
A fronte di tali elementi oggettivamente favorevoli, il Tribunale ha tuttavia ridimensionato la portata delle valutazioni espresse dall’équipe, richiamando la storia personale della ricorrente, la sua appartenenza alla comunità Rom e il sistema valoriale di riferimento, ritenuto influente sulla struttura di personalità
della condannata. In tal modo, il fattore culturale è stato implicitamente elevato a elemento ostativo alla concessione del beneficio, senza tuttavia che tale valutazione sia stata supportata da un’analisi individualizzata e attuale della persona.
Ad avviso del Collegio, la motivazione sul punto si presenta meritevole di approfondimento, soprattutto alla luce delle indicazioni favorevoli contenute nelle relazioni di osservazione, le quali si fondano su un’analisi concreta e personalizzata del percorso trattamentale intrapreso dalla ricorrente, prescindendo da generalizzazioni legate all’etnia o al contesto familiare di origine.
L’ordinanza impugnata va dunque annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano in relazione ai due specifici punti affrontati in motivazione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano
Così deciso in Roma in data 15 luglio 2025