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Valutazione della recidiva: la Cassazione decide

Un individuo, condannato per danneggiamento, ricorre in Cassazione contestando la sussistenza della recidiva. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la valutazione della recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso. È necessario un esame concreto del legame tra il nuovo reato e le condanne passate per accertare una reale e perdurante inclinazione al delitto.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione della recidiva: non bastano i precedenti penali

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i principi fondamentali per una corretta valutazione della recidiva. Questo istituto giuridico, che comporta un aggravamento della pena per chi commette un nuovo reato dopo una condanna precedente, non può essere applicato in modo automatico. La decisione sottolinea la necessità di un’analisi approfondita da parte del giudice, che vada oltre la semplice constatazione dei precedenti penali. Esaminiamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per i reati di danneggiamento (art. 635 c.p.) e danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.), confermata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a un unico motivo: la contestazione della sussistenza della recidiva. Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel ritenere applicabile tale aggravante.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla valutazione della recidiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione non entra nel merito della vicenda specifica, ma si concentra sulla correttezza metodologica seguita dai giudici dei gradi precedenti. Secondo la Cassazione, il motivo di ricorso così come proposto non è consentito in sede di legittimità, in quanto tende a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, preclusa alla Corte.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore dell’ordinanza risiede nelle motivazioni che chiariscono come deve avvenire la valutazione della recidiva. La Corte ha stabilito che la motivazione del giudice di merito era conforme ai principi consolidati della giurisprudenza. In particolare, ha evidenziato che:

1. L’analisi non può essere superficiale: La valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti per cui si procede o sull’arco temporale in cui si collocano i precedenti. Questi elementi, da soli, non sono sufficienti.
2. Necessità di un nesso criminogeno: Il giudice è tenuto a esaminare in concreto, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, il rapporto esistente tra il fatto in giudizio e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se e in quale misura la condotta criminale passata sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia influito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato.
3. Irrilevanza di altre censure: La Corte ha inoltre notato come la questione delle circostanze attenuanti generiche, sollevata implicitamente, fosse irrilevante, poiché tali attenuanti erano già state riconosciute dal giudice di primo grado.

In sostanza, applicare la recidiva richiede una motivazione rafforzata che dimostri come i precedenti reati non siano solo un dato storico, ma un sintomo di una propensione a delinquere che si è manifestata anche nel nuovo episodio criminoso.

Conclusioni: I Criteri per la Valutazione della Recidiva

Questa pronuncia della Cassazione riafferma un principio di garanzia fondamentale: la recidiva non è un automatismo. Il giudice ha l’obbligo di motivare in modo specifico e puntuale le ragioni per cui ritiene che i precedenti penali di un imputato dimostrino una sua maggiore pericolosità sociale e una tendenza a reiterare comportamenti illeciti. Questa analisi approfondita assicura che l’aumento di pena sia una conseguenza logica di una valutazione personalizzata e non una mera sanzione per il passato, rispettando così il principio di proporzionalità della pena.

Come deve avvenire la valutazione della recidiva secondo la Corte di Cassazione?
La valutazione non può basarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale delle condanne precedenti. Il giudice deve esaminare in concreto il rapporto tra il nuovo reato e i precedenti, verificando se questi indicano una perdurante inclinazione al delitto che abbia agito come fattore criminogeno per il reato ‘sub iudice’.

È possibile contestare la sussistenza della recidiva in sede di legittimità?
Secondo l’ordinanza, un motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidiva, così come è stato proposto nel caso di specie, non è consentito in sede di legittimità (davanti alla Corte di Cassazione) ed è considerato manifestamente infondato, poiché la Corte non riesamina i fatti ma solo la corretta applicazione della legge.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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