Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36687 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a L’AQUILA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/05/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità dei ricorsi.
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME del foro di L’AQUILA in difesa di COGNOME NOME, il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME anche in sostituzione ex art.102 c.p.p., per delega orale, dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME codifensore di COGNOME NOME, nell’interesse del quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accogli
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO del foro di NAPOLI in difesa di COGNOME NOME, il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la decisione del Tribunale di L’Aquila che aveva riconosciuto COGNOME NOME responsabile dei delitti di cessione continuata di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana di cui al capo BS), nonché della cessione della sostanza stupefacente hashish e cocaina rinvenuta nella disponibilità di COGNOME NOME e di COGNOME NOME in data 22 dicembre 2013 di cui al capo BU), e COGNOME NOME del reato di concorso in estorsione aggravata ai danni di COGNOME NOME di cui al capo CQ) e, riconosciuta ma non applicata la recidiva contestata all’COGNOME, ritenuti i reati a questi ascritti uniti dal vincolo della continuazione e riconosciute in favore del COGNOME le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, aveva condanNOME COGNOME NOME alla pena di anni sette di reclusione ed . uro 30.000 di multa e COGNOME NOME alla pena di anni cinque di reclusione ed euro mille di multa.
2. La Corte di appello rilevava come la responsabilità dell’COGNOME, quale fornitore di sostanze stupefacenti di varia tipologia in favore di COGNOME e di COGNOME emergesse indiscutibilmente dalla testimonianza della fidanzata del COGNOME NOME, la quale aveva ampiamente riferito sulle modalità di approvvigionamento della sostanza stupefacente da parte di un soggetto che viveva a Napoli, dove si era pure recata con il suo fidanzato in occasione di un rifornimento di stupefacente, nonché dal contenuto delle intercettazioni telefoniche che evidenziavano i plurimi contatti tra le utenze del COGNOME e quelle dell’RAGIONE_SOCIALE tra i mesi di novembre e dicembre 2013, valorizzando altresì il trasferimento in Campania del Matuozzo in occasione di uno dei rifornimenti di stupefacente e della provenienza dall’COGNOME dello stupefacente sequestrato al COGNOME in occasione del suo arresto avvenuto in data 21 dicembre 2013.
In relazione al ruolo rivestito dal COGNOME nell’episodio estorsivo in concorso, il giudice distrettuale ha valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva precisato di essere stato minacciato dal COGNOME qualora egli non avesse pagato il debito dovuto al mancato pagamento di una fornitura di stupefacente, nonché della madre di questa; poneva a fondamento della decisione anche il compendio intercettivo che confermava l’attività intimidatoria perpetrata dal COGNOME nei confronti del COGNOME, cui aveva partecipato, in una singola occasione, anche il COGNOME, il quale aveva schiaffeggiato il COGNOME all’interno della di lui abitazione tentando poi di trascinarlo fuori per un braccio per portarlo a colloquio con il COGNOME che lo attendeva all’esterno.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le difese degli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME.
3.1. La difesa di COGNOME NOME ha articolato due motivi di ricorso.
Con il primo assume difetto di motivazione in relazione ai criteri di valutazione della prova di reità, rappresentata dalla dichiarazione testimoniale del teste COGNOME, la quale risultava tutt’altro che coerente ed affidabile, come invece sostenuto nella sentenza impugnata, in quanto la stessa aveva del tutto omesso di motivare su una serie di rilievi difensivi, concernenti le stesse modalità di assunzione della prova, nonché sulla circostanza di fatto che la COGNOME aveva escluso di conoscere la identità del fornitore del COGNOME; da tale deficit motivazionale scaturiva una totale assenza di prova sulla responsabilità dell’COGNOME, tenuto altresì conto dei rilievi, formulati nei motivi di appello, sul contenuto e sulla interpretazione del materiale intercettivo, da cui non poteva desumersi oltre ogni ragionevole dubbio che gli interlocutori si stessero accordando per la cessione di quantitativi di sostanza stupefacente, né che i contatti tra COGNOME e COGNOME potevano ragionevolmente essere riscontrati dalla geolocalizzazione delle celle telefoniche agganciate dalla utenza in uso a quest’ultimo.
3.2. Con una seconda articolazione deduce difetto di motivazione, per apparenza illogicità e contraddittorietà, con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che erano state negate in assenza di qualsiasi valutazione individualizzante sulla persona dell’imputato.
La difesa di COGNOME NOME ha articolato quattro motivi di ricorso.
Con il primo deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla valutazione della prova di reità, con particolare riferimento alla partecipazione del COGNOME all’azione intimidatoria nei confronti del COGNOME, rilevando che dagli atti del giudizio non era emerso un dolo da concorso, in considerazione del carattere estemporaneo dell’azione del ricorrente, non accompagnata da alcun elemento che la collegasse all’azione del COGNOME e priva di qualsiasi portata agevolatrice, tanto da doversi escludere un qualsiasi coinvolgimento del ricorrente nell’azione intimidatoria condotta dal COGNOME nei confronti del COGNOME.
Con una seconda articolazione assume vizio motivazionale in ragione del mancato rispetto del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio sancito dall’art.133 cod. proc. pen., in mancanza di una corretta considerazione degli elementi favorevoli all’imputato, richiamando a tale fine il contenuto del verbale di trascrizione di istruttoria dibattimentale.
Con una terza articolazione deduce violazione di legge e vizio motivazionale per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del concorso di speciale tenuità di cui all’art.114 cod.pen., tenuto conto dell’occasionalità
dell’azione e della minima rilevanza agevolatrice della stessa. Al contempo si assume difetto di motivazione in ragione del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
Con un’ultima articolazione si invoca l’applicazione della speciale tenuità della ipotesi estorsiva sulla base dell’intervento della Corte Costituzionale con sentenza 15/06/2023 n.120 che ha riconosciuto profili di irragionevolezza nella misura del trattamento sanzioNOMErio minimo qualora il fatto risulti di scarso allarme sociale in ragione della natura, specie, modalità mezzi e circostanze dell’azione, ovvero per tenuità del danno e del pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME è fondato e deve essere accolto. Invero la motivazione della sentenza impugnata, a fronte delle contestazioni della prova di responsabilità del ricorrente con riferimento alle forniture di stupefacente in favore del COGNOME, risulta in parte assente e in parte contraddittoria e illogica rispetto alle emergenze processuali valorizzate dal giudice di primo grado, come risultanti dal testo del provvedimento impugNOME e dalla sentenza di primo grado e dagli atti del processo specificamente enunciati e allegati nei motivi di ricorso (art.606 comma 1 lett.e) cod .proc. pen.).
Se il giudice di primo grado aveva valorizzato il significato indiziante delle plurime interlocuzioni intercettate e la verifica delle celle agganciate dalla utenza de()COGNOME che si spostava per rifornirsi di stupefacente, il giudice di appello, con argomentazione minimale ed assertiva, assume che appare “evidente, alla luce degli elementi probatori assunti nel corso dell’istruttoria dibattimentale, che il COGNOME acquistasse sostanza stupefacente a Napoli dal coimputato COGNOME NOME, per poi ridistribuirla sulla piazza di L’Aquila. In proposito la puntuale e precisa testimonianza resa da NOME, trova oggettivo riscontro nell’esito delle intercettazioni telefoniche predisposte sulla utenza intestata e in uso al COGNOME, nonché dall’esito delle celle agganciate”.
Sotto un primo profilo la motivazione della sentenza impugnata risulta assente, in quanto del tutto elusiva delle censure sviluppate dalla difesa dell’COGNOME a pag.11 e ss. dei motivi di appello, in cui veniva contestata la rilevanza probatoria della circostanza relativa all’aggancio di determinate celle telefoniche, onde dimostrare i collegamenti e gli incontri tra l’COGNOME e il COGNOME.
2.1. Sotto diverso profilo la motivazione si appalesa del tutto illogica laddove eleva la testimonianza dibattimentale di COGNOME NOME, assunta alla udienza del 29 settembre 2021, a riscontro degli esiti intercettivi in assenza di qualsiasi
valutazione sul contenuto delle dichiarazioni rese dalla testimone COGNOME e sulla attendibilità delle stesse, atteso che la teste, in più passaggi della sua deposizione, negava di avere mai incontrato l’COGNOME ed escludeva altresì di conoscere il nome del fornitore dello stupefacente del COGNOME (NOME) e il suo soprannome (“NOME“). Né le dichiarazioni rese dalla COGNOME nel corso delle indagini preliminari avrebbero potuto essere recuperate attraverso lo strumento delle contestazioni, ai sensi dell’art.500 cod. proc. pen., atteso che la COGNOME, nel corso della sua deposizione, non si era limitata a trincerarsi dietro a dei “no, non ricordo”, ma aveva fornito una realtà fattuale in tutto o in parte diversa da quella risultante dalle informazioni rese in sede di indagine, comunque in deciso contrasto con la prospettazione accusatoria, avendo essa escluso la riferibilità delle forniture di stupefacente all’COGNOME. A seguito di tali dichiarazioni i giudici di merito non avrebbero potuto colmare le lacune nella deposizione, ovvero integrarne il contenuto, mediante l’apporto delle dichiarazioni rese dal teste in corso di indagini, in quanto le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti durante la fase delle indagini preliminari, utilizzate, in fase dibattimentale, ber le contestazioni al testimone e da questi non confermate, fatta salva l’ipotesi di comprovata condotta illecita ex art. 500, comma 4, cod. proc. pen., sono valutabili solo per apprezzare la credibilità del dichiarante e non come elemento di riscontro, né come prova dei fatti con esse rappresentati, neanche nel caso in cui sia ritenuta inattendibile la loro ritrattazione in base a circostanze istruttorie acquisite “aliunde” (sez.3, n.26387 del 17/04/2025, PG/Marranghella, Rv.288386). In ogni caso la riscontrata difformità delle dichiarazioni rese dalla COGNOME in sede dibattimentale rispetto agli esiti dichiarativi predibattimentali imponevano un accurato vaglio da parte del giudice di merito sulla genuinità della teste e sui limiti di utilizzabilità di quanto dichiarato dalla stessa in sede d sommarie informazioni, laddove il giudice di appello, pure a fronte dei rilievi prospettati dalla difesa dell’COGNOME nell’atto di appello (come reiterati in sede di legittimità), si è limitato a valorizzare la “puntuale e precisa testimonianza della COGNOME“, dato evidentemente smentito dalla trascrizione del relativo verbale allegato dal ricorrente e già posto all’attenzione della Corte di appello nei motivi di gravame. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Appello di Napoli, con assorbimento d GLYPH motivo concernente il trattamento sanzioNOMErio e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Inammissibili sono le prime due censure articolate dalla difesa di COGNOME NOME avverso la sentenza impugnata con riferimento alla valutazione della prova di responsabilità dell’imputato quale concorrente nel reato di estorsione in
concorso ai danni del COGNOME. I motivi, invero, sono privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME).
I giudici di merito invero, con argomenti logici, hanno posto a fondamento del giudizio di responsabilità del COGNOME le dichiarazioni del COGNOME e della madre di questi concernenti l’esistenza di un debito della persona offesa nei confronti del COGNOME per pregresse forniture di sostanza stupefacente, nonché l’esistenza di un accordo tra il COGNOME ed il suo creditore per la definizione del debito mediante pagamenti rateali. Risultava altresì accertato dai giudici di merito l’intervento del COGNOME teso a sollecitare l’adempimento di tale obbligazione, sia mediante pressanti e minacciose comunicazioni telefoniche (oggetto di captazione), sia mediante uno specifico atto intimidatorio, verificatosi presso l’abitazione del COGNOME, in cui il COGNOME lo raggiungeva mentre egli si trovava con i suoi genitori, e lo strattonava per un braccio per obbligarlo a seguirlo per raggiungere il COGNOME che si trovava all’esterno. I motivi di ricorso omettono del tutto di confrontarsi con tali elementi di fatto, obiettivamente emersi all’esito dell’istruttoria dibattimentale, come evidenziati da entrambi le decisioni di merito.
4.1. Fondato è invece il terzo motivo di ricorso, relativo al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.114 cod. pen. e al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante del numero delle persone in quanto, a fronte di specifica censura prospettata nei motivi di appello, il giudice di secondo grado ha del tutto omesso di motivare sul punto, né una risposta a tale doglianze può essere implicitamente desunta dal tenore complessivo della motivazione.
4.2. Improponibile ai sensi dell’art. 606 cpv. cod. proc. pen. è infine il quarto motivo di ricorso, con il quale il COGNOME lamenta il mancato riconoscimento della ipotesi di lieve entità in relazione all’art.629 cod. proc. pen. (a seguito dell’intervento additivo del giudice delle leggi in data 15/06/2023, n.120) trattandosi di censura proposta per la prima volta con il ricorso in Cassazione laddove la stessa avrebbe potuto essere tempestivamente avanzata nei motivi di appello.
La sentenza deve pertanto essere annullata nei confronti del COGNOME limitatamente alle statuizioni concernenti l’attenuante di cui all’art.114 cod. pen. e al giudizio di bilanciamento ex art.69 cod. pen. con rinvio, per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Il ricorso va invece rigettato nel resto.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Perugia. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle statuizioni concernenti l’attenuante di cui all’art.114 cod. pen. e al giudizio di bilanciamento ex art.69 cod.pen. e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 settembre 2025
Il consigliere estensore il Presidd,nt