Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3374 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il 08/11/1984
COGNOME NOME nato a CERVIA il 11/03/1965
avverso la sentenza del 21/07/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inannmissibilita’ per tutti e due i ricorsi. In subordine i rigetto.
udito il difensore E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di RAVENNA in difesa di: COGNOME il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso
E presente l’avvocato COGNOME del foro di MONZA in difesa di:
NOME
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 luglio 2022 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ravenna del 22 giugno 2021 con cui, per quanto di specifico interesse in questa sede: a) NOME COGNOME era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ascrittogli al capo Q, per avere ceduto a COGNOME NOME un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un valore di importo pari ad euro 26.000,00, per l’effetto venendo condannato alla pena di anni sei di reclusione ed euro 30.000,00 di multa; b) COGNOME NOME era stato ritenuto, del pari, colpevole del delitto ex art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990 contestatogli al capo R, per avere acquistato da NOME COGNOME e NOME COGNOME – giudicato separatamente – un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un valore di importo pari ad euro 26.000,00, conseguentemente venendo condannato ala pena di anni sei di reclusione ed euro 30.000,00 di multa.
Avverso l’indicata sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei loro rispettivi difensori, i due imputati, deducendo i motivi di impugnazione di seguito enunciati ai sensi dell’art. 173, comma 1, cod. proc. pen.
2.1. NOME COGNOME ha dedotto sette motivi di doglianza, con il primo dei quali ha eccepito violazione di norma processuale, ed in particolare degli artt. 192, comma 2, e 533, comma 1, cod. proc. pen. per carenza di gravità e precisione delle prove indiziarie. A dire del ricorrente, il riconoscimento della sua responsabilità penale sarebbe stato fondato su un compendio probatorio incerto e inidoneo a consentire il raggiungimento del parametro dell’oltre ragionevole dubbio, essendo stata fondata la prova della ritenuta cessione sui contenuti di una intercettazione ambientale nel corso della quale era stato effettuato un conteggio di banconote, tuttavia non riferentesi ad un’illecita negoziazione di cocaina, bensì ad una restituzione di una somma di denaro prestata dal Nistor al Forcelli per consentire a quest’ultimo di acquistare uno scooter.
Con la seconda censura il ricorrente ha lamentato contraddittorietà della motivazione nella parte in cui è stato affermato che i conteggi effettuati dal COGNOME fossero riferibili a due diverse somme di denaro (l’una di euro 3.000,00 e l’altra di euro 26.000,00), oltre a travisamento della prova. Le emergenze probatorie e la stessa contestazione effettuata nel capo di imputazione non
prevederebbero, infatti, l’intervenuta ricorrenza di due distinte cessioni e due diverse dazioni di denaro.
Con il terzo motivo il COGNOME ha eccepito manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, oltre a mancata valutazione della prova, per il fatto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare i risultati scaturiti dall’operazione investigativa “Greppia RAGIONE_SOCIALE“, dalla quale il COGNOME, a lungo monitorato dagli inquirenti, sarebbe risultato soggetto dedito ad un’intensa attività di spaccio, senza, tuttavia, avere mai avuto contatti con la sua persona.
Con la quarta doglianza il ricorrente ha dedotto difetto di motivazione per mancata assunzione di prova decisiva richiesta in sede di appello, in ordine alla riconducibilità soggettiva dell’appunto “FR” presente sui pacchetti di denaro rinvenuti in suo possesso al momento dell’arresto. Tale sigla, infatti, non sarebbe stata apposta dal COGNOME per permettere la riferibilità a costui dei tre pacchi di denaro corrisposti al Nistor, ma rappresenterebbe la provincia di provenienza di quest’ultimo, apposta al fine di consentire al suo fornitore di identificare la provenienza del denaro corrispostogli. Avrebbero, pertanto,, errato i giudici di secondo grado nel non procedere ad una rinnovazione istruttoria volta ad accertare chi effettivamente fosse stato l’autore dell’indicata sigla “FR”.
Con il quinto motivo è stato lamentato travisamento della prova e carenza di motivazione in ordine alla quantità di banconote con taglio da euro 500,00 rinvenute in possesso del Nistor al momento del suo arresto. Sarebbe, in particolare, errata l’affermazione dei giudici di merito per cui il denaro sequestratogli sarebbe stato in gran parte composto da banconote da 500,00 euro, così inducendo erroneamente a ritenere che la somma oggetto di conteggio nella conversazione intercettata fosse stata pari a euro 26.000,00, e non già ad euro 2.600,00.
Con la sesta censura il ricorrente ha dedotto assenza di motivazione in ordine agli elementi addotti dalla difesa in sede di appello riguardanti la natura della sostanza stupefacente ceduta, non risultando in alcun modo comprovato che essa fosse stata effettivamente cocaina, peraltro non avendo la Corte di appello considerato come il COGNOME fosse soggetto dedito non solo allo spaccio di tale droga, bensì anche della marijuana.
Con l’ultima doglianza è stata eccepita, infine, violazione degli artt. 133 e 62 – bis cod. pen., oltre a illogicità e carenza di motivazione con riguardo alla mancata concessione delle circostanze al:tenuanti generiche, di cui, invece, ricorrerebbero i presupposti applicativi.
2.2. COGNOME NOME ha proposto due motivi di censura, con il primo dei quali ha dedotto inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192 e 533 cod.
proc. pen., oltre a contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sua responsabilità per il reato contestatogli al capo R.
Lamenta il ricorrente la presenza di diversi errori di valutazione del quadro probatorio commessi da parte dei giudio di appello, non essendo stato, in particolare, evidenziato come: dalle risultanze dell’operazione investigativa “Greppia 2019” fosse emerso che tra lui e il NOME non vi fosse stato alcun tipo di contatto, quindi dovendosi escludere ogni possibile approvvigionamento di droga effettuato dall’uno in favore dell’altro; le conversazioni intercettate, oggetto di trascrizione, intercorse tra il ricorrente e il coimputato, riguardanti sostanze stupefacenti, troverebbero giustificazione nel fatto che entrambi fossero soggetti dediti all’attività di spaccio, perciò non c:omprovando la ritenuta intervenuta cessione di droga tra i due; il riferimento a somme e numeri operata dal ricorrente nella conversazione captata non fosse, comunque ; di idoneità tale da consentire di far ritenere comprovata la ritenuta successiva dazione del denaro; la Corte di appello non avesse adeguatamente motivato in ordine alla prospettazione difensiva per cui, comunque, il denaro costituisse la restituzione di un prestito corrispostogli dal COGNOME per poter acquistare uno scooter; fosse priva di ogni fondamento la ritenuta effettuazione di due distinte azioni di dazione di denaro, aventi diverso ammontare.
Con la seconda doglianza. il ricorrente ha lamentato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata configurazione del delitto ascrittogli nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990. L’effettivo ammontare della somma corrisposta, la mancata individuazione della quantità e qualità della sostanza stupefacente a lui asseritamente ceduta, unitamente all’occasionalità dell’incontro avuto dai due prevenuti, avrebbe dovuto indurre, infatti, a derubricare la fattispecie contestata nell’ambito dell’ipotesi della lieve entità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
L’esame della impugnata sentenza consente, infatti, di constatare come le censure eccepite da parte di entrambi i ricorrenti ripropongano le stesse doglianze dedotte nel giudizio di appello, rispetto alle quali non può che ribadirsi quanto già, più volte, chiarito da questa Corte di legittimità, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado,
senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 24383801).
3. In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva come siano del tutto prive di fondamento le doglianze con cui i ricorrenti hanno negato la possibile configurazione nei loro confronti della responsabilità penale per le fattispecie, loro rispettivamente contestate, di cessione (NOME) e di acquisto (COGNOME Roberto) di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un valore corrispondente ad euro 26.000,00.
Ed infatti, i primi sei motivi di ricorso dedotti dal COGNOME e la prima censura eccepita da parte del COGNOME – in sintesi riguardanti: l’erronea valutazione del contenuto di una intercettazione ambientale, in realtà riferentesi alla restituzione di una somma di denaro prestata per l’acquisto di uno scooter; la mancata ricorrenza di due distinte cessioni e due diverse dazioni di denaro, aventi diverso ammontare; l’assenza di contatti tra i due imputati idonei a comprovare l’intervenuta cessione di droga; l’erronea riconducibilità soggettiva al COGNOME dell’appunto “FR” presente sui pacchetti di denaro rinvenuti in possesso del COGNOME al momento del suo arresto; l’inesatta quantità di banconote con taglio da euro 500,00 rinvenute nella disponibilità del COGNOME; l’erronea individuazione dello stupefacente ceduto come cocaina – nella sostanza propongono solo una non consentita lettura alternativa dei fatti accertati in sede di merito.
In proposito, allora, assume troncante rilievo il principio, reiteratamente affermato da parte di questa Suprema Corte, per cui al giudice di legittimità è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01). E’, conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
3.1. Ebbene, nel caso di specie deve senz’altro ritenersi che la Corte di appello abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, sulla ali scorta ha ritenuto di confermare il giudizio di colpevolezza espresso nei confronti dei due imputati.
In modo logico e congruo, infatti, la sentenza di secondo grado ha esplicato, con motivazione non manifestamente illogica ed esente da vizio alcuno, come inequivoci elementi di riscontro, in particolar modo evinti dai contenuti di una svolta captazione ambientale, abbiano consentito di ritenere accertato l’intervenuto accordo tra i due imputati e la conseguente cessione di un significativo quantitativo di sostanza stupefacente da parte del Nistor al Forcelli, verso la corresponsione, operata in due distinti momenti, della complessiva somma di denaro indicata, non apparendo né logica né comprovata – per le ragioni diffusamente esplicate in sentenza – l’alternativa ricostruzione per la quale il denaro sarebbe stato consegnato solo a restituzione di un prestito precedentemente ottenuto per l’acquisto di uno scooter. Che poi oggetto di tale cessione fossa stata sostanza stupefacente del tipo cocaina è stato logicamente desunto dalla descrizione che di essa era stata fatta nel corso della conversazione intercettata (in cui i due imputati si erano riferiti a sostanza dura, che può essere scheggiata, messa in bottiglia e fumata), oltre che dalle dichiarazioni confessorie rese da parte del COGNOME, che aveva inequivocabilmente ammesso di essere soggetto dedito al traffico di cocaina.
In ragione delle argomentazioni espresse, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che la Corte di merito abbia fornito adeguata e convincente motivazione circa le risultanze fattuali considerate ai fini della conferma del giudizio di colpevolezza dei prevenuti.
D’altro canto, in seno ai propri ricorsi gli imputati hanno prospettato solo una diversa considerazione delle risultanze :scaturite dalla conversazione captata, rispetto a come interpretata da parte de giudici di merito, ed in proposito, quindi, deve trovare applicazione il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità per cui costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01). Ne consegue che la prospettazione di un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito è ammissibile in sede di legittimità solo in presenza del travisamento della prova, ossia nel caso – non ricorrente nel caso di specie – in cui sia stato indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità
risulti decisiva e incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272558-01).
In definitiva, le censure di merito dedotte dai ricorrenti si appalesano come sostanzialmente finalizzate ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto nelle fasi di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione espressa, fa ritenere le stesse del tutto infondate.
Stesso giudizio di manifesta infondatezza deve essere espresso, poi, con riferimento alla doglianza con cui COGNOME NOME ha eccepito l’erronea mancata derubricazione del delitto contestatogli nella più lieve ipotesi di cui all’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
In proposito, infatti, deve darsi conto dell’indirizzo interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità per cui la configurazione dell’indicata fattispecie richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità dell pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi poiti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. 6 n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 25661(11-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito, si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Ciò premesso in punto di diritto, deve ritenersi, allora, che, nel caso di specie, la Corte territoriale abbia offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità, essendo stati posti in rilievo aspetti quali il rilevante quantitativo cocaina ceduta, l’intervenuto acquisto di essa da fonti primarie di approvvigionamento – così da essere loclicamente destinata a successive e
plurime cessioni a terzi – oltre all’inserimento di tale transazione nell’ambito di una ben più ampia partecipazione nel mercato del narcotraffico, di cui entrambi gli imputati sono stati ritenuti logicamente partecipi a livelli tutt’altro c marginali, palesando una significativa professionalità criminale, in particolar modo dimostrata adottando opportuni accorgimenti per eludere le investigazioni.
In maniera del tutto congrua, cluindi, i giudici di merito hanno correttamente mostrato di aver valutato i dati probatori disponibili, negando la ricorrenza del fatto di lieve entità sulla base di elementi cui hanno ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
5. Del tutto priva di pregio, infine, è la censura con cui il Nistor ha lamentato la mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche, ritenendosi adeguata e logica la motivazione con cui la C:orte di appello ha ritenuto l’insussistenza di elementi idonei a consentirne il relativo riconoscimento.
La Corte di merito, in particolare, ha ritenuto di escludere la concessione di tale beneficio non riconoscendo la, invece invocata, ricorrenza della giovane età dell’imputato – trattandosi di un ultratrentenne con personalità tale da evidenziarne una capacità quasi imprenditoriale nella gestione del narcotraffico nonché precisando come la presunta attività collaborativa da costui mantenuta si fosse unicamente espressa nella sottoposizione ad un esame esclusivamente volto ad ammettere quanto da lui obiettivamente non negabile.
Trattasi di argomentazioni che ben rappresentano e giustificano, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, senza palesare vizi logici e ponendosi in coerenza con le emergenze processuali acquisite, con motivazione, pertanto, non sindacabile in questa sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
D’altro canto – in particolare dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. disposta dal dl. 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla I. 24 luglio 2008, n. 125 – è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dare conto, come avvenuto nella situazione in esame, di avere valutato e applicato i criteri ex art. 133 cod. pen. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di tale adeguamento non può mai essere data per scontata o per
presunta, sì da imporre un obbligo per il giudice, ove ritenga di escluderla, di doverne giustificare, sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al
contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi
l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento
sanzionatorio (così, tra le tante, Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, COGNOME, Rv.
192381-01). In altri termini, l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle
condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. Sez. 2, n. 38383
del 10/07/2009, COGNOME ed altro, Rv. 245241-01).
6. I ricorsi, in conclusione, devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed
alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost.’ sent. n. 186/2000).
COGNOME M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Il Presidente
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2023
Il Consigliere estensore