Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38542 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38542 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, a seguito di gravame interposto dall’imputato NOME COGNOME avverso la sentenza emessa il 5 ‘marzo 2013 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990 n.309, commesso tra il maggio e settembre 2011 e maggio 2012, e condannato a pena di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che con atto del difensore deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo vizio, cumulativo della motivazione in ordine al contributo partecipativo del ricorrente alla associazione criminosa in contestazione con riferimento alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME.
La Corte si è limitata a collocare il contributo dichiarativo dell’COGNOME nel solo contesto temporale dei fatti che occupano il presente procedimento, senza considerare che i fatti raccontati riguardavano altre e diverse ipotesi di reato e non lo specifico coinvolgimento nella associazione di cui si tratta. In particolare, la sentenza, attraverso una frazionata valutazione della prova dichiarativa, ha isolato alcune affermazioni dall’intero contesto dichiarativo, senza confrontarsi con le deduzioni difensive in appello, che indicavano altri passaggi dichiarativi e le cinque intercettazioni, richiamate nel ricorso.
Cosicché, le generiche dichiarazioni dell’COGNOME risultano prive di riscontro, non potendosi questo individuare nella percezione di uno stipendio quale componente del nucleo familiare per i proventi tutti delle attività di quel sodalizio ex art. 416bis cod. pen., più vasto e diverso da quello specifico in contestazione in cui i riferimenti esponenziali sono lo stesso COGNOME e NOME COGNOME, essendo tutti gli altri semplici spacciatori.
2.2. Con il secondo motivo, vizio cumulativo della motivazione in ordine al contributo causale associativo con riferimento ai contenuti delle intercettazioni, non spiegandosi – a fronte dei motivi di appello – perché basti un riferimento, ove esistente, al ricorrente seppur nel corso dell’attività criminosa, per ritenere provato il suo contributo causale a quei delitti.
2.3. Con il terzo motivo, violazione dell’art. 99 cod. pen. e vizio di mancanza della motivazione in relazione alla ritenuta recidiva in quanto la sentenza considera ingiustificatamente presupposta la maggiore pericolosità del ricorrente, rispetto a un precedente – non solo di indole diversa – ma, soprattutto, di minima offensività sociale.
2.4. Con il quarto motivo, mancanza della motivazione in ordine alla richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere respinto.
permanente della contestazione associativa, la valutazione delle dichiarazioni dell’COGNOME, di cui non viene in discussione l’attendibilità soggettiva e intrinseca, deve pur sempre, tenuto conto della regola di giudizio di cui all’art. 192 comma 3 cod. proc. pen., essere compiuta con riferimento alla posizione del chiamato in correità. In altri termini non si coniuga l’enunciato della sentenza impugnata secondo cui la partecipazione dell’imputato sarebbe stata confermata dalle dichiarazioni dell’COGNOME, che aveva dichiarato che il COGNOME era supervisore della piazza di spaccio nonché il soggetto che, durante la detenzione dello zio NOME, teneva le redini del gruppo, arrivando a delineare il ruolo di organizzatore di questi, con la circostanza che le dichiarazioni dell’COGNOME si riferiscono ad un periodo successivo alla contestazione (settembre 2011 al maggio 2012) tenuto conto che l’arresto dello zio risale al 2013. Questa discrasia tra il periodo nel quale, secondo l’COGNOME, il COGNOME NOME teneva le redini della piazza di spaccio, rispetto al periodo nel quale sono state registrate le cinque conversazioni che riguardano il ricorrente, ma non è lui l’interlocutore, deve essere risolta all’esito di un nuovo giudizio. Nel giudizio di rinvio il giudice, nella disamina del materiale probatorio, dovrà valutare l’apporto dichiarativo dell’COGNOME, ferma la sua attendibilità soggettiva e intrinseca, con specifico riguardo alla posizione del COGNOME NOME.»
La sentenza impugnata ha ritenuto (v. pg. 5 e sg.) che «quanto alle suddette dichiarazioni deve rilevarsi come, coerentemente con quanto riportato dalla sentenza impugnata ma contestato dall’appellante, riguardino anche il periodo e l’attività oggetto del presente giudizio» in quanto «il collaboratore, nel riferire dell’attività del COGNOME quando lo zio NOME non era detenuto copre anche il lasso temporale in questione», risultando «assolutamente pregnante…anche il riferimento all’attività criminale svolta», in quanto «preciso è il riferimento allo stipendio percepito dall’imputato che viene collegato ai proventi dell’attività di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana oggetto di contestazione. Al tenore delle dichiarazioni rese dall’COGNOME deve sommarsi il contenuto delle conversazioni, telefoniche e tra presenti che, al contrario di quanto assunto dalla difesa» in quanto hanno «un loro proprio contenuto pregnante dal punto di vista probatorio con riferimento all’imputato che viene dalle stesse richiamato in maniera assolutamente significativa nel corso di conversazioni inerenti l’attività di spaccio», richiamandosi poi le conversazioni n. 334 del 15/12/2011, quella a pg 24 della prima sentenza, quella del 20/12/2011, quella del 24/12/2011, a riprova della partecipazione associativa dell’imputato.
Ritiene questa Corte che entrambi i motivi riguardanti la responsabilità rispettivamente riferiti alle dichiarazioni dell’COGNOME e al compendio captativo esulano dal devoluto rescindente e sono sostanzialmente, e anche genericamente,
volte ad una rivalutazione probatoria che non può trovare accesso in sede di legittimità. Quanto alle dichiarazioni dell’COGNOME, la sentenza ha correttamente svolto il giudizio devolutogli dalla sentenza rescindente collocandole temporalmente in relazione allo status libertatis di NOME COGNOME, dominus della associazione criminosa, così componendo solidamente il compendio accusatorio, e risultando genericamente declinata in fatto la censura difensiva volta ad interpretare le dichiarazioni confinandole a temi diversi da quelli pertinenti al tema associativo oggetto della imputazione. Quanto al contenuto delle captazioni, il ricorso attinge un profilo probatorio – secondo un inammissibile approccio volto ad una reinterpretazione del dato captato – non oggetto di devoluzione da parte della sentenza rescindente che, al contrario, ne aveva avallato la pertinenza ai fini della responsabilità.
Il terzo motivo sulla recidiva è infondato rispetto alla corretta irrilevanza della diversa indole del reato per il quale il ricorrente era stato già condannato e all’ineccepibile sintomatico rilievo dato al ridotto lasso temporale tra le condotte.
Il quarto motivo sulla mancata prevalenza delle attenuanti generiche è infondato rispetto alla rilevata genericità del pertinente motivo di appello.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagTento delle spese processuali. Così deciso il 05/11/2025.