Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6990 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6990 Anno 2025
Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a BARCELLONA COGNOME DI GOTTO il 05/03/1965 avverso la sentenza del 09/04/2024 della Corte d’Assise d’appello di Messina
Parte Civile:
ASSOCIAZIONE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, con l’Avv. NOME COGNOME procuratore speciale e difensore Associazione ‘Comitato Addiopizzo MessinaRAGIONE_SOCIALE, con l’avv. NOME COGNOME del Foro di Messina, difensore di fiducia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei motivi di ricorso.
udito il difensore
avv. NOME NOME del foro di Barcellona Pozzo di Gotto che conclude, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo l’accoglimento del ricorso;
avv. COGNOME NOME del foro di Palmi che conclude, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di Assise di appello di Messina, in totale riforma della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Messina in data 3 settembre 2021, ha condannato alla pena dell’ergastolo NOME COGNOME per l’omicidio pluriaggravato di NOME COGNOME commesso in concorso con altri e con premeditazione il 27 giugno 1998 nonchØ per agevolare l’associazione mafiosa dei ‘barcellonesi’ e avvalendosi delle condizioni di soggezione imposte dalla stessa (artt. 110, 575, 577, primo comma, n. 3, 416bis .1 cod. pen.).
1.1. A seguito della rinnovazione istruttoria disposta in grado d’appello con l’esame, in particolare, del teste NOME COGNOME Ł stato ribaltato il giudizio assolutorio che, dando atto della
COGNOME NOME COGNOME
ALESSANDRO CENTONZE
R.G.N. 37372/2024
credibilità intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME aveva escluso la sussistenza di riscontri individualizzanti alla dichiarazione del primo che aveva riferito di avere personalmente assistito al colloquio tra l’imputato e il vertice associativo nel corso del quale veniva concessa l’autorizzazione all’omicidio e consegnate delle armi, nonchØ di avere successivamente appreso dal ridetto vertice dell’avvenuta esecuzione del delitto da parte dell’imputato insieme al suo ‘figlioccio’ ; ciò perchØ NOME non aveva potuto confermare l’effettiva consegna delle armi all’imputato per la specifica finalità di commettere l’omicidio nonchØ per l’incertezza circa la fonte di conoscenza, riferita ad NOME COGNOME circa il fatto che le armi erano state successivamente utilizzate da parte dell’imputato per commettere l’omicidio di NOMECOGNOME
1.2. Nel corso del giudizio di appello, nel quale si Ł proceduto a una ampia rinnovazione dell’istruttoria anche con l’esame dei testi indicati dalla difesa, il testimone NOME COGNOME ha riferito di quanto appreso direttamente dall’imputato, nel corso della comune detenzione, circa la sua responsabilità per l’omicidio COGNOME. Tale dichiarazione Ł stata ritenuta costituire il riscontro individualizzante alla dichiarazione del collaboratore COGNOME.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo dei difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che chiede l’annullamento della sentenza impugnata sviluppando quattro motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione delle norme processuali, con riferimento agli articoli 125 e 546 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU, e il vizio della motivazione in quanto la sentenza di appello non ha fornito una motivazione rafforzata rispetto alle conclusioni assolutorie cui era giunto il giudice di primo grado, fornendo una motivazione apparente nonchØ in contrasto col principio del ragionevole dubbio e del pieno contraddittorio in quanto le prove a carico sono state introdotte soltanto nel giudizio di appello.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 192 e 533 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione anche per travisamento, con riguardo alla responsabilità e in particolare, alla ritenuta credibilità e attendibilità dei collaboratori di giustizia.
2.2.1. Le dichiarazioni di COGNOME sono mutevoli nel corso degli anni e del tutto inattendibili, anche tenuto conto che il collaboratore Ł stato condannato in via definitiva per calunnia.
Del resto, COGNOME nutriva motivi di astio e rancore nei confronti dell’imputato, come ha riferito il collaboratore NOME COGNOME secondo il quale l’imputato, nel 2009, aveva iniziato a spacciare droga sul territorio di Barcellona Pozzo di Gotto e COGNOME «quasi lo voleva eliminare perchØ stava cominciando a dare fastidio».
Anche per quello che riguarda il movente, il collaboratore COGNOME fornisce dichiarazioni mutevoli perchØ fa riferimento a un furto ai danni di un’impresa ovvero all’estorsione compiuta ai danni di un’altra ditta.
Anche con riguardo alla identificazione del ‘figlioccio’ dell’imputato, quale concorrente nell’omicidio, il racconto del collaboratore Ł vago, generico e mutevole nel tempo, tanto che giunge a riconoscerlo soltanto a distanza di diciassette anni dal fatto, quando ne vide la fotografia sul giornale, salvo poi precisare che lo conosceva benissimo e che lo incontrava di frequente.
Non si tratta, dunque, di «riordino dei ricordi», come afferma la sentenza impugnata, ma di un progressivo aggiustamento e accrescimento degli elementi di accusa che il collaboratore adatta alle esigenze processuali, così dimostrando la propria inattendibilità e non credibilità.
2.2.2. Sono, del pari, inattendibili e non credibili le dichiarazioni rese da NOME COGNOME il quale riferisce di avere appreso da COGNOME dell’intenzione omicida dell’imputato, nonostante il primo non ricoprisse alcun ruolo di vertice nel clan mafioso, tanto che lo stesso non Ł mai stato condannato per tale reato, sicchØ appare surreale quanto riferito dal collaboratore di giustizia.
Del resto, nessun collaboratore di giustizia per oltre sedici anni ha mai riferito dell’omicidio
COGNOME, con particolare riferimento al movente, alla dinamica e ai responsabili, così evidenziandosi l’estrema riservatezza dei soggetti coinvolti, mentre i collaboratori riferiscono, soltanto nel 2017 2018, di avere appreso dei dettagli dell’omicidio da improbabili confessioni rese dall’imputato, il quale viene definito soggetto ‘chiacchierone’ e poco serio.
NOME Salvatore riferisce, poi, di un secondo incontro con l’imputato avvenuto presso un negozio di animali che, tuttavia, all’epoca non esisteva.
NOME NOMECOGNOME d’altra parte, muta continuamente versione anche con riguardo al numero di incontri con l’imputato che descrive originariamente in numero di tre, salvo poi aggiungere che si incontravano numerosissime volte.
La Corte, del resto, omette di considerare ai fini di valutare negativamente la credibilità del collaboratore, che l’unica pistola (cal. 357) compatibile con quella utilizzata per l’omicidio (cal. 38s) era stata trattenuta, in base alle dichiarazioni dello stesso collaboratore, da NOME COGNOME e quindi non poteva essere quella impiegata dall’imputato.
2.2.3. Con riguardo al teste COGNOME, la Corte presta fiducia incondizionata alle dichiarazioni di costui, particolarmente tardive, che sono smentite, quanto alle presunte confidenze fatte dall’imputato al teste, da NOME COGNOME e sottovaluta la falsità della circostanza, riferita da COGNOME per giustificare le confidenze ricevute, che l’imputato non fosse a conoscenza della rilevante circostanza che a COGNOME era stata riconosciuta nel giudizio a suo carico l’attenuante della collaborazione con la giustizia, circostanza che esclude in radice che l’imputato potesse confessare un omicidio a un soggetto conosciuto da pochi giorni nel carcere di Lecce e che era un ‘pentito’.
Quanto alla intrinseca inattendibilità delle dichiarazioni di COGNOME, la Corte non ha considerato che le iniziali dichiarazioni del testimone collocavano le confidenze a partire dal settembre 2022 e fino al Natale dello stesso anno, ma che, a fronte delle contestazioni difensive, il testimone mutava la ricostruzione dei fatti, dovendo prendere atto che COGNOME era stato scarcerato il 1 agosto 2022, così risultando incompatibile con tale circostanza il momento nel quale egli avrebbe ricevuto le confidenze dell’imputato.
D’altra parte, le produzioni documentali dimostrano l’inattendibilità delle dichiarazioni di COGNOME con riguardo alla detenzione nella cella n. 20 insieme a NOME COGNOME presenza ritenuta decisiva per determinare la nascita del rapporto di fiducia con l’imputato. NOME diventa compagno di cella di Forte soltanto il 25 luglio 2022, sicchØ l’accredito di fiducia con l’imputato avrebbe potuto concretizzarsi soltanto dopo tale data, mentre NOME Luca, che secondo COGNOME Ł stato il reale tramite delle dichiarazioni auto accusatorie dell’imputato, viene scarcerato il 1 agosto 2022, così rendendo evidente che lo spazio di soli sei giorni di co-detenzione appare del tutto insufficiente per indurre l’imputato a rendere una piena confessione di un omicidio a un soggetto di fatto sconosciuto.
2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 192, 194 e 533 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione con riguardo al mancato esame delle prove acquisite.
In particolare, la Corte omette completamente di valutare ed esaminare l’ alibi fornito dall’ex coniuge dell’imputato, notoriamente in condizione di conflittualità con lo stesso e, quindi, attendibile, e le dichiarazioni del fratello che pure lo scagionano.
Allo stesso modo, la Corte omette di valutare la rilevante circostanza che il ‘figlioccio’, NOME COGNOME ha conosciuto l’imputato (come emerge dalle dichiarazioni rese nel 2004 in altro processo quando ancora l’accusa di omicidio non era neppure stata ipotizzata) nel novembre – dicembre 1998, cioŁ diversi mesi dopo l’omicidio di COGNOME
D’altra parte, la Corte omette di esaminare le dichiarazioni di COGNOME COGNOME, ex collaboratore di giustizia, il quale ha riferito delle ragioni che hanno portato alla conoscenza, nel carcere di Lecce, con COGNOME e COGNOME, il quale ha fornito consigli al primo, onde aiutarlo a ottenere benefici penitenziari, sicchØ, contrariamente a quanto dichiarato da COGNOME, conosceva perfettamente il
percorso collaborativo avviato dal testimone, di tal che non avrebbe mai confessato un omicidio a un soggetto che egli sapeva essere un confidente della polizia e un collaboratore di giustizia.
Pavese NOMECOGNOME inoltre, ha escluso categoricamente di avere mai partecipato a incontri con COGNOME, COGNOME e COGNOME altro detenuto nella cella, aventi per oggetto confidenze su responsabilità personali.
2.4. Il quarto motivo denuncia l’assoluta mancanza di motivazione in relazione alle aggravanti della premeditazione e dell’articolo 416bis .1 cod. pen., essendo stata estesa una motivazione assolutamente generica e comunque del tutto insufficiente.
2.5. Il difensore ha depositato motivi nuovi in data 7 gennaio 2025, sostanzialmente illustrativi delle argomentazioni già sviluppate nel ricorso.
Il Procuratore generale ha depositato memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
Va premesso che il giudice di appello ha basato la propria decisione su un panorama probatorio piø ampio di quello del quale disponeva il primo giudice.
Per fondare la responsabilità ha evidenziato, in principalità, che:
COGNOME, che ha reso le prime dichiarazioni nel 2014, pur non avendo partecipato o assistito all’omicidio, ha esposto i motivi per i quali era in grado di indicare COGNOME quale responsabile, raccontando che, un pomeriggio, mentre egli si trovava a casa di COGNOME NOME (boss dei ‘barcellonesi’), era sopraggiunto COGNOME NOME che, in sua presenza, aveva chiesto e ottenuto l’autorizzazione a uccidere COGNOME e che, dopo qualche giorno, aveva appreso dallo stesso COGNOME di avere corrisposto ”l’assegno” a COGNOME in quanto quest’ultimo aveva portato a termine il proposito di uccidere NOME con la complicità del proprio ‘figlioccio’; l’omicidio derivava dal comportamento e dalle azioni di COGNOME che commetteva furti ai danni di imprese taglieggiate dall’imputato;
COGNOME COGNOME, sentito all’udienza del 8 aprile 2023, riferiva di avere conosciuto COGNOME NOME nella Casa Circondariale di Lecce nella quale aveva fatto ingresso nel mese di settembre 2021, in quanto condannato per i reati di concorso in omicidio e in plurimi tentativi di omicidio; egli era stato collocato nel ‘reparto protetti’ nel quale era ristretto COGNOME per spaccio di stupefacenti; il reparto era ‘a celle aperte’ sicchØ i detenuti potevano spostarsi liberamente e parlare tra loro. Aggiungeva che la relazione amicale con COGNOME era iniziata solo dopo qualche mese, per il tramite di un altro detenuto, COGNOME NOME; con il passare del tempo, in piø di una occasione, COGNOME gli aveva fatto delle confidenze. Con particolare riferimento all’omicidio in danno di COGNOME, il teste riferiva che COGNOME gli aveva mostrato un giornale, sul quale c’era la sua foto e quella di un’altra persona, che riportava la notizia della assoluzione da tale omicidio; in seguito, gli aveva confidato di essere lui l’autore del delitto pur essendo stato assolto. Gli aveva, inoltre, confidato di essere persona vicina a NOME COGNOME, personaggio di spicco nel clan dei ‘barcellonesi’, per conto del quale gestiva il settore delle estorsioni su Milazzo. In ordine all’omicidio, gli aveva riferito anche che, inizialmente, era stato accusato, insieme a lui, un suo cognato, che in realtà «non c’entrava nulla», in quanto l’omicidio era stato eseguito insieme al suo «figlioccio», persona di cui non aveva fatto il nome, che, nell’occasione, si era posto alla guida della moto utilizzata dai killers per raggiungere il luogo del delitto, mentre COGNOME aveva sparato alla vittima. Gli aveva spiegato il movente dell’omicidio, dovuto al fatto che la vittima dava fastidio ad aziende che erano sottoposte ad estorsione da parte dello stesso COGNOME e che, alla fine, aveva maturato la decisione di ucciderlo in ragione di un furto commesso da COGNOME ai danni di un’azienda di
trasporti;
NOME Salvatore, nel corso dell’interrogatorio reso in data 29 marzo 2023, riferiva di non avere conosciuto COGNOME NOME, ma di avere saputo che era una persona che commetteva reati nella zona di Milazzo e che era stato ucciso nel 1998. Raccontava che, un giorno, era andato a trovare COGNOME NOME che aveva trovato intento a parlare con COGNOME NOME. Avvicinandosi ai due uomini – entrambi appartenenti alla associazione mafiosa dei ‘barcellonesi’ – aveva percepito che stavano parlando di fatti illeciti e, in particolare, «di un fatto di sangue, di un omicidio». Quando COGNOME si era allontanato, COGNOME gli aveva riferito che COGNOME stava per commettere o aveva già commesso un omicidio: collocava tale fatto nel 1998, in epoca prossima all’omicidio COGNOME che in quel periodo era in fase di organizzazione. Successivamente, dopo un paio di mesi, sicuramente dopo l’omicidio COGNOME, aveva incontrato COGNOME NOME, che conosceva da tantissimi anni, e avevano iniziato a parlare del fatto che quest’ultimo «sistemava diverse cose su Milazzo per quanto riguarda le estorsioni» e COGNOME aggiungeva che «purtroppo ogni volta che devo fare una cosa me la devo fare da solo!», alludendo all’omicidio COGNOME per il quale, a dire dello stesso imputato, non si era avvalso del contributo di nessun associato, avendolo eseguito con il proprio «figlioccio»; precisava che con COGNOME si incontravano spesso, ma che non ricordava se in tale occasione si fossero incontrati presso il suo negozio di animali, del quale COGNOME era cliente, o in qualche altro posto. Dell’omicidio COGNOME aveva nuovamente parlato, in seguito, con COGNOME che gli aveva riferito di essere andato dal ‘principale’ (NOME COGNOME, il quale aveva finalmente dato l’autorizzazione a commettere l’omicidio COGNOME, che inizialmente gli era stata negata; COGNOME aveva commentato che era giusto che gli fosse stata concessa l’autorizzazione dal momento che avevano autorizzato COGNOME a commettere l’omicidio COGNOME;
gli aspetti esecutivi dell’omicidio, come narrati dai dichiaranti, corrispondono alle prove di generica.
Se Ł infondata la censura contenuta nel primo motivo, circa l’assenza di una motivazione, eventualmente rafforzata, che derivi dal compendio probatorio acquisito nel pieno contraddittorio come invece Ł effettivamente avvenuto (poichØ il giudice d’appello ha specificamente indicato gli elementi sui quali si basa la decisione, elementi tutti acquisiti nel contraddittorio con l’imputato), la sentenza presenta alcune carenze motivazionali che impongono l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio.
3.1. ¨, in particolare, del tutto omessa la motivazione che riguarda l’alibi fornito dall’imputato che si fonda sulle dichiarazioni del coniuge e del fratello circa il giorno dell’omicidio.
L’omesso esame dell’alibi Ł particolarmente rilevante alla luce del contenuto delle dichiarazioni accusatorie che non provengono da compartecipi all’atto illecito e che sono state acquisite a distanza di molto tempo dal fatto.
3.2. Analoga carenza riguarda l’omesso esame delle dichiarazioni di NOME COGNOME la posizione del quale deve comunque essere attentamente vagliata tenuto conto che viene indicato come uno dei componenti del commando omicida, con riguardo alla conoscenza con l’imputato che, come pare risultare da atti di gran lunga anteriori all’inizio della collaborazione di COGNOME, sarebbe posteriore all’omicidio, così da inficiare parte non insignificante del narrato del collaboratore.
3.3. In sintesi, la sentenza ha del tutto omesso di esaminare e confutare le dichiarazioni anzidette, la loro reciproca convergenza e specifica rilevanza con riguardo all’omicidio.
Sotto altro profilo, se appaiono infondate le critiche difensive sulla attendibilità e credibilità del collaboratore COGNOME, che si Ł autoaccusato di numerosi omicidi e ha reso dichiarazioni sostanzialmente stabili e convergenti rispetto ai dati di prova generica quanto all’omicidio COGNOME non
altrettanto può dirsi, alla luce delle critiche difensive, per le dichiarazioni di COGNOME.
La posizione processuale di costui, effettivamente testimone nell’ambito del presente processo, presenta, proprio alla luce di quanto riferito da COGNOME, una natura ibrida poichØ egli stesso ammette di avere ottenuto il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione con la giustizia e di avere collaborato anche informalmente con la polizia giudiziaria per riferire quanto appreso in occasione dei periodi di detenzione.
Ciò premesso, la sentenza non approfondisce adeguatamente gli aspetti relativi alla intrinseca attendibilità e credibilità della dichiarazione di Forte che pare scontrarsi con alcuni elementi oggettivi relativi ai contatti intercorsi con Pavese, il quale nega recisamente delle confidenze asseritamente fatte dall’imputato circa l’omicidio anche in sua presenza, alla durata della co-detenzione, risultando contraddittoriamente esposto che COGNOME Ł stato scarcerato nel mese di settembre 2022, mentre sulla base delle certificazioni citate dalla difesa egli risulterebbe essere stato scarcerato il 1° agosto 2022, cioŁ a distanza di soli cinque giorni da quando lo stesso Ł stato collocato nella stessa cella con Forte, dando luogo a quello stretto rapporto di confidenza sulla base del quale l’imputato si sarebbe convinto della piena affidabilità di COGNOME tanto da raccontargli, senza alcun motivo apparente, di essere l’autore dell’omicidio COGNOME.
D’altra parte, la spiegazione fornita dalla Corte di secondo grado per superare le censure difensive, che evidenziavano come Pavese, secondo la dichiarazione di COGNOME, era presente alla confessione di COGNOME, appare generica e apodittica perchØ, senza negare credibilità a Pavese, ma predicando un non meglio illustrato «netto contrasto con il complessivo compendio probatorio», attribuisce credibilità a COGNOME, soltanto perchØ questi ha aggiunto che le confidenze di COGNOME sono proseguite fino a Natale del 2022, così fornendo una spiegazione illogica dell’evidente contrasto tra le dichiarazioni di Forte e quelle di Pavese.
Analogamente, la sentenza non chiarisce perchØ, a fronte della dichiarazione di Pavese il quale riferisce che COGNOME conosceva molto bene la situazione processuale e carceraria di Forte e, quindi, verosimilmente anche il riconoscimento dell’attenuante speciale ex art. 416bis .1 cod. pen. , l’imputato sì sarebbe candidamente confessato con quest’ultimo, quasi pavoneggiandosi di avere commesso un omicidio per il quale era stato assolto in primo grado, nonchØ indicando pure il correo («il figlioccio»).
A fronte di tali manchevolezze, non appare motivatamente sufficiente l’argomentazione che fa leva sulle dichiarazioni di NOME COGNOME il quale sempre in epoca assai recente (2023), ha riportato quanto dallo stesso appreso nel 1998, de relato da COGNOME, sull’omicidio COGNOME nonchØ quanto dallo stesso dedotto conversando, sempre all’epoca dei fatti, con l’imputato COGNOME il quale avrebbe alluso alla propria responsabilità per l’omicidio.
Ebbene, fermo restando che vanno piø approfonditamente esaminate le discrasie e le divergenze rilevate nell’ambito della dichiarazione del collaboratore (luogo e ragioni dell’incontro con COGNOME; rapporti con COGNOME, ecc.), pur correttamente ritenuto credibile e attendibile, resta ineludibile chiarire le ragioni che hanno giustificato una così tardiva (2023) emersione di un ricordo relativo a un omicidio avvenuto molti anni prima (1998), nonchØ le ragioni che giustificano l’affidabilità del racconto de relato da COGNOME del quale vanno chiariti il ruolo, l’affidabilità e le ragioni che lo hanno spinto a confidarsi con NOME COGNOME
Restano assorbite le doglianze relative alle circostanze aggravanti, pur apparendo necessario, in ipotesi di conferma della decisione di condanna, un maggiore approfondimento argomentativo.
6.1. La sentenza va, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Assise di
appello di Reggio Calabria, non essendo prevista un’altra Sezione della Corte d’Assise d’appello di Messina.
Il giudice di rinvio, nell’assoluta libertà delle proprie valutazioni di merito, colmerà le rilevate lacune motivazionali.
6.2. In ragione del disposto annullamento non si fa luogo alla liquidazione delle spese delle parti civili.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Assise di appello di Reggio Calabria.
Così Ł deciso, 22/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME