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Valutazione del rischio e DVR: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un amministratore per un’inadeguata valutazione del rischio nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), specificamente per il pericolo di caduta di materiali dall’alto. Il ricorso è stato respinto perché il DVR era troppo generico e non copriva tutti i lavoratori esposti. La Corte ha inoltre stabilito l’applicabilità delle nuove norme sulla sospensione della prescrizione, introdotte dalla legge n. 103/2017, per i reati commessi nel 2019.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione del Rischio: Obblighi e Responsabilità secondo la Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di una corretta e completa valutazione del rischio nei luoghi di lavoro. Il caso, che ha visto la condanna di un amministratore di una società cooperativa, offre spunti cruciali sull’adeguatezza del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e sulla corretta applicazione delle norme in materia di prescrizione del reato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Contestazione sulla Sicurezza

L’amministratore e legale rappresentante di una società cooperativa è stato condannato dal Tribunale per una violazione in materia di sicurezza sul lavoro. La contestazione specifica riguardava l’omessa valutazione, all’interno del DVR, del rischio di caduta di materiali dall’alto nel magazzino. La vicenda processuale era complessa, in quanto la condanna è arrivata al termine di un giudizio rescissorio, celebrato dopo che la Cassazione aveva annullato una precedente sentenza per un difetto di correlazione tra l’accusa e la decisione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione del principio di correlazione: Si sosteneva che la condanna fosse avvenuta per un fatto diverso da quello contestato, cioè per l’omessa adozione di misure di prevenzione anziché per la mancata valutazione del rischio.
2. Vizio di motivazione: L’imputato riteneva che il giudice non avesse considerato adeguatamente le prove (testimonianze del personale) che, a suo dire, dimostravano l’esistenza di procedure idonee a gestire il rischio contestato.
3. Errata applicazione della prescrizione: Si contestava l’applicazione delle norme sulla sospensione della prescrizione introdotte dalla legge n. 103/2017 a un reato commesso nel 2019, sostenendo che dovesse applicarsi una disciplina precedente più favorevole.

La Decisione della Corte: La corretta valutazione del rischio è cruciale

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato e, per alcuni aspetti, inammissibile. La decisione ha toccato punti fondamentali sia di diritto penale sostanziale che processuale.

L’Applicazione delle Norme sulla Prescrizione

In via prioritaria, la Corte ha affrontato la questione della prescrizione. Ha stabilito, in linea con un recentissimo orientamento delle Sezioni Unite, che per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, trova piena applicazione la disciplina sulla sospensione della prescrizione introdotta dalla legge n. 103 del 2017. Di conseguenza, il termine di prescrizione non era decorso e il processo era legittimamente proseguito.

L’Inammissibilità dei Motivi sulla Valutazione del Rischio

I primi due motivi sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha chiarito che il ricorrente non aveva colto la vera ratio decidendi della sentenza impugnata. Il Tribunale, infatti, aveva correttamente accertato proprio l’omessa valutazione del rischio contestata. Inoltre, le censure sulla valutazione delle prove sono state considerate un tentativo inammissibile di ottenere dalla Cassazione un nuovo giudizio sui fatti, compito che non le spetta.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si è concentrata su due aspetti chiave. In primo luogo, ha confermato che la valutazione del rischio contenuta nel DVR aziendale era palesemente insufficiente. Il documento, infatti, prendeva in considerazione il rischio di caduta materiali solo per i lavoratori che utilizzavano i carrelli elevatori, trascurando completamente qualsiasi altro lavoratore che potesse trovarsi a transitare o operare nelle aree di stoccaggio. La previsione di una generica attività di sorveglianza è stata giudicata inadeguata e non sufficiente a coprire il rischio per la totalità del personale.
In secondo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del giudizio di legittimità: i motivi di ricorso non possono limitarsi a proporre una diversa lettura delle prove o una ricostruzione alternativa dei fatti. Il ricorrente deve individuare specifici vizi logici o giuridici nella motivazione del giudice di merito, senza limitarsi a contestarne le conclusioni fattuali.

Le Conclusioni

Questa sentenza sottolinea con forza un principio cardine della sicurezza sul lavoro: la valutazione del rischio non può essere un adempimento burocratico generico. Il DVR deve analizzare in modo specifico, dettagliato e completo tutti i rischi presenti in azienda, con riferimento a tutte le mansioni e a tutti i lavoratori esposti, non solo a quelli che svolgono le operazioni più palesemente pericolose. Una valutazione parziale o superficiale equivale a un’omessa valutazione e comporta la piena responsabilità penale del datore di lavoro. La decisione consolida inoltre l’orientamento giurisprudenziale sulle norme in materia di prescrizione, fornendo certezza giuridica per un’ampia fascia di procedimenti.

Quando è considerato insufficiente un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)?
Secondo la sentenza, un DVR è insufficiente quando la valutazione del rischio è generica, parziale o non considera tutti i lavoratori esposti a un determinato pericolo. Nel caso specifico, il documento analizzava il rischio di caduta materiali solo per gli operatori di carrelli elevatori, trascurando gli altri lavoratori presenti nella stessa area, e prevedeva solo una generica sorveglianza.

Quali sono le regole sulla prescrizione per i reati commessi tra il 2017 e il 2019?
La Corte ha confermato che per i reati commessi nel periodo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica la disciplina sulla sospensione del decorso della prescrizione durante i giudizi di impugnazione, come introdotta dalla legge n. 103 del 2017.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può riesaminare le prove o fornire una diversa ricostruzione dei fatti. Un ricorso basato su tali richieste è considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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