Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15699 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 16/03/1973
avverso la sentenza del 25/11/2024 del TRIBUNALE di ROVIGO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME nel senso del rigetto del ricorso;
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Rovigo, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha condannato NOME COGNOME in qualità di amministratore e legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE Società RAGIONE_SOCIALE> RAGIONE_SOCIALE», RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE fattispecie contravvenzionale in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Trattasi di sentenza emessa a conclusione del giudizio rescissorio celebrato a seguito dell’annullamento, da parte di Sez. 3, n. 5907 del 2023, della precedente sentenza di primo grado per difetto di correlazione tra sentenza e imputazione. In particolare, con riferimento a una contestazione avente a oggetto la mancata valutazione, nel documento di valutazione rischi (D.V.R.), del rischio di caduta di materiali dall’alto (ex artt. 55, comma 4, e 28 d.lgs. 81 del 2008), nel primo giudizio l’imputato è stato ritenuto responsabile per la mancata valutazione del detto rischio E2 nel documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze (D.U.V.R.I.).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione contestata.
Il giudice di merito, con riferimento a una contestazione avente a oggetto l’omessa valutazione nel D.V.R. del rischio di caduta dall’alto di imballi di materiale, considerando la fuoriuscita di componenti dell’imballo, avrebbe invece accertato la responsabilità dell’imputato per la diversa fattispecie contravvenzionale di omessa adozione di efficaci misure di prevenzione e protezione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio cumulativo di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità per l’omessa valutazione nel D.V.R. del rischio di caduta dall’alto di imballi di materiale.
Il percorso motivazionale sotteso all’accertata responsabilità, a dire del ricorrente, striderebbe con gli acquisiti elementi probatori, in particolare con le dichiarazioni rese da un socio lavoratore oltre che dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione della «RAGIONE_SOCIALE» che, invece, avrebbero dovuto condurre nel senso dell’insussistenza del fatto materiale tipico della contestata contravvenzione.
Dalle dichiarazioni rese da un socio lavoratore oltre che dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione della «RAGIONE_SOCIALE»,
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detta del ricorrente, sarebbero emersi il compito di taluni soci lavoratori di provvedere al controllo dello stato di stoccaggio delle merci e la procedura di · smontaggio e ricomposizione della stiva. Sicché, in forza delle procedure previste nel D.V.R., la ricostruzione degli imballaggi sarebbe dovuta avvenire mediante l’utilizzo dei carrelli elevatori ed era l’unica modalità con cui i lavorato avrebbero potuto transitare nei pressi delle stive all’interno del magazzino, giacché lo stesso era esclusivamente adibito a luogo di deposito della Merce. «In buona sostanza», per il ricorrente, «contrariamente alle conclusioni cui è giunto il Giudice di cognizione, le risultanze processuali hanno evidenziato una gestione adeguata del rischio di caduta dall’alto di imballaggi, essendo previste nel D.V.R. regole cautelari del tutto adeguare a contenere nel minimo il pericolo per l’incolumità dei lavoratori».
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 157, 159 e 161 cod. proc. pen., per aver il Tribunale ritenuto applicabile, con riferimento a reato commesso il 14 settembre 2019, la disciplina relativa alla sospensione del decorso del termine di prescrizione durante la celebrazione del giudizio d’impugnazione, introdotta con la I. n. 103 del 2017.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, complessivamente considerato, è infondato.
Priorità logico-giuridica ha il terzo motivo di ricorso, deducente la violazione di legge in materia di prescrizione, avendo il Tribunale ritenuto applicabile, con riferimento a reato commesso il 14 settembre 2019, la disciplina relativa alla sospensione del decorso del termine di prescrizione durante la celebrazione del giudizio d’impugnazione, introdotta con la I. n. 103 del 2017.
2.1. A detta del ricorrente, il contrasto sul punto nella giurisprudenza di legittimità dovrebbe essere risolto nel senso per cui: per i reati commessi dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della I. n. 103 del 2017, al 31 dicembre 2019, ultimo giorno di vigore della citata legge, dovrebbe trovare applicazione l’abrogata legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. «ex Cirielli»). Ciò in ragione dell’intervenuta successione delle leggi in materia e, in particolare, in forza della I. n. 3 del 2019 (c.d. «Legge Orlando») che ha abrogato la I. n. 103 del 2017 introducendo il diverso istituto dell’improcedibilità.
2.2. La censura è infondata: correttamente la Corte territoriale ha ritenuto non decorso il termine di prescrizione, trovando applicazione l’evidenziata disciplina introdotta dalla I. n. 103 del 2017 con riferimento al reato contestato e accertato come commesso il 14 settembre 2019
Le Sezioni Unite all’udienza del 12 dicembre 2024 (procedimento n. R.G. 22932/24), con sentenza non ancora depositata alla data della presente udienza, ha risolto il contrasto in ordine all’applicabilità, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, della disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 103 del 2017, anche dopo le modifiche introdotte dalla I. n. 134 del 2021.
Come emerge dalla diffusa «decisione provvisoria» della Suprema Corte, per i reati commessi, come nella specie, dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, trova applicazione la disciplina introdotta dalla I. n. 103 del 1017, con conseguente operatività, come correttamente ritenuto dal Tribunale, della sospensione del decorso del termine di prescrizione di cui all’art. 159, comma secondo, cod. pen., nella formulazione, ratione temporis applicabile.
Il secondo motivo di ricorso, deducente una mancata correlazione tra sentenza e imputazione contestata, è inammissibile per mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso ‘che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01).
Il Tribunale, dopo aver focalizzato il thema decidendum del giudizio rescissorio, come emergente dalla sentenza di annullamento, è lungi dall’aver ritenuto responsabile l’imputato in relazione alla diversa fattispecie contravvenzionale di omessa adozione di efficaci misure di prevenzione e protezione.
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, difatti, il giudice di merito, previa analisi delle previsioni del D.V.R., con apparato motivazionale con il quale il ricorrente non si confronta, peraltro esente da censure in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogico, ha ritenuto accertata la contestata omessa valutazione del rischio di caduta dall’alto con riferimento a qualsivoglia lavoratore operante nel luogo di lavoro e, in particolare, nel luogo di stoccaggio del materiale.
Con il D.V.R., per i giudici di merito, l’imputato ha considerato il solo rischio per i lavoratori operanti a bordo di carrelli elevatori, mostrandosi invece, il citato
documento, generico quanto alla gestione del rischio con riferimento a qualsivoglia lavoratore, cioè relativamente ai lavoratori svolgenti mansioni diverse dall’utilizzo dei carrelli elevatori, prevedendo sul punto una mera generica attività di sorveglianza.
4. Il secondo motivo di ricorso, che si appunta sulla ritenuta inidonea gestione del rischio con il D.V.R., è inammissibile perché deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, cit.; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello, ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Trattasi difatti di mere censure in fatto con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito in ordine alle acquisite dichiarazioni. Di conseguenza, si perviene, nei termini già sintetizzati in sede di esplicitazione dei motivi di ricorso, a una inammissibile personale e alternativa ricostruzione fattuale tale da addivenire a un giudizio in termini di idonea considerazione nel D.V.R. del rischio di caduta del materiale stoccato. A «giudizio» del ricorrente, dalle dichiarazioni rese da un socio lavoratore oltre che dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione della «RAGIONE_SOCIALE», sarebbero emersi il compito di taluni soci lavoratori di provvedere al controllo dello stato di stoccaggio delle merci e la procedura di smontaggio e ricomposizione della stiva. Sicché, in forza delle procedure prevista nel D.V.R., la ricostruzione degli imballaggi sarebbe dovuta avvenire mediante l’utilizzo dei carrelli elevatori ed era l’unica modalità con cui i lavoratori avrebbero potuto transitare nei pressi delle stive all’interno del magazzino, in quanto esclusivamente adibito a luogo di deposito della merce. «In buona sostanza», all’esito della diversa valutazione dei fatti prospettata dal ricorrente, inammissibile in sede di legittimità, «contrariamente alle conclusioni cui è giunto il Giudice di cognizione, le risultanze processuali hanno evidenziato una gestione adeguata del rischio di caduta dall’alto di imballaggi, essendo previste nel D.V.R. regole cautelari del tutto adeguare a contenere nel minimo di pericolo per l’incolumità dei lavoratori».
In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 25 marzo 2025
Il Co “Per
Il Presidente