Valutazione del giudice: i limiti della discrezionalità nella concessione dei benefici
La discrezionalità del magistrato è un pilastro del nostro sistema giudiziario, specialmente in ambito penale. Tuttavia, quali sono i confini di questo potere? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, specificando come deve avvenire la valutazione del giudice nel momento in cui si decide sulla concessione di un beneficio a un condannato. La pronuncia chiarisce che il giudice non è tenuto a un’analisi enciclopedica di tutti gli elementi, potendo concentrarsi solo su quelli ritenuti decisivi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato per reati legati agli stupefacenti, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma. Quest’ultima aveva negato la concessione di un beneficio previsto dalla legge, presumibilmente la sospensione condizionale della pena, data la menzione dell’art. 163 del codice penale.
L’imputato, attraverso il suo difensore, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente tutti i parametri necessari per formulare un giudizio prognostico favorevole.
La Decisione della Corte di Cassazione e la valutazione del giudice
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte territoriale. Il punto centrale della pronuncia risiede in un principio consolidato, ribadito con forza in questa occasione: la valutazione del giudice di merito sulla concedibilità di un beneficio non richiede un’analisi dettagliata di ogni singolo elemento previsto dall’art. 133 del codice penale.
Il giudice, infatti, può legittimamente limitarsi a indicare gli elementi che considera prevalenti e decisivi per formare il proprio convincimento. Questo potere discrezionale non è illimitato, ma trova il suo confine nella logicità e congruità della motivazione.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente esercitato la propria discrezionalità. La decisione di negare il beneficio si fondava su una prognosi negativa basata su elementi concreti e specifici: le modalità della condotta. In particolare, i giudici di merito hanno dato rilievo alla ‘non occasionalità’ del comportamento criminale e alle ‘ripetute cessioni di stupefacente’.
Questa motivazione, secondo la Cassazione, è ‘congrua ed esente da vizi logici’. Di conseguenza, essa si sottrae al sindacato di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che il percorso argomentativo seguito sia corretto dal punto di vista legale e logico. Poiché la motivazione era sufficiente e coerente, il ricorso è stato respinto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale del processo penale: l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione dei fatti. Per chi si trova ad affrontare un processo, ciò significa che contestare il diniego di un beneficio richiede la dimostrazione di un palese vizio logico o di una totale omissione nella motivazione della sentenza. Non è sufficiente sostenere che il giudice avrebbe dovuto dare più peso ad altri fattori. Inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende sottolinea come la proposizione di ricorsi manifestamente infondati venga sanzionata, al fine di scoraggiare impugnazioni meramente dilatorie.
Quando un giudice valuta se concedere un beneficio, è obbligato a considerare tutti gli elementi dell’art. 133 del codice penale?
No. Secondo la Corte, il giudice di merito non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi elencati nell’art. 133 c.p., ma può limitarsi a indicare quelli che ritiene prevalenti e decisivi per la sua valutazione.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua e priva di vizi logici. La Corte aveva basato la sua decisione negativa sulla non occasionalità della condotta e sulle ripetute cessioni di stupefacenti, una valutazione che rientra nella sua discrezionalità e non è sindacabile in sede di legittimità.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile con ‘colpa’?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile e la Corte ravvisa una colpa nella sua proposizione (cioè era manifestamente infondato), il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1575 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1575 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 16/02/1972
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che con un unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 163 cod.pen. e vizio di motivazione;
Ritenuto che il motivo è inammissibile. il Giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenut prevalenti (Sez.5, n.57704 del 14/09/2017, Rv.272087; Sez.3,n.35852 del 11/05/2016, Rv.267639; Sez.2, n.37670 del 18/06/2015, Rv.264802; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534, Sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136). Nella specie, la Corte territoriale, ha dato rilievo ostativo ad una prognosi positiva alle modalità della condotta (non occasionalità della condotta e delle ripetute cessioni di stupefacente). La motivazione è congrua ed esente da vizi logici e si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità.
Ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 06/12/2024