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Valutazione collaboratore giustizia: Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa e tentata estorsione. La decisione si fonda sulla ripetuta incapacità del Tribunale del riesame di motivare adeguatamente l’attendibilità di un collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni erano state rese a distanza di molti anni dall’inizio della sua collaborazione. Per il reato associativo, l’annullamento è senza rinvio, con immediata liberazione dell’indagato, mentre per la tentata estorsione è con rinvio a un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione del Collaboratore di Giustizia: la Cassazione Annulla la Misura Cautelare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3372 del 2024, ha messo un punto fermo su un complesso caso giudiziario, sottolineando i rigorosi criteri per la valutazione del collaboratore di giustizia, specialmente quando le sue dichiarazioni accusatorie sono tardive. Dopo un’estenuante serie di ricorsi e annullamenti, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la misura cautelare per associazione mafiosa, ordinando l’immediata liberazione dell’indagato.

La Vicenda Processuale: un Labirinto di Ricorsi

Il caso ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel luglio 2020 per reati gravissimi, tra cui l’associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). Da quel momento, si è innescato un iter processuale tortuoso. Il Tribunale del riesame di Catanzaro si è pronunciato per ben quattro volte, confermando sempre la misura, ma ogni sua decisione è stata sistematicamente annullata dalla Corte di Cassazione.

Il fulcro di ogni annullamento era sempre lo stesso: la carente motivazione riguardo l’attendibilità di un collaboratore di giustizia. Le sue accuse, relative a fatti risalenti al periodo 2005-2006, erano state formulate solo nel 2018, ben dodici anni dopo l’inizio della sua collaborazione, un aspetto che richiedeva una verifica particolarmente penetrante da parte dei giudici.

L’Analisi della Cassazione sulla Valutazione del Collaboratore di Giustizia

La Suprema Corte ha più volte censurato l’operato del Tribunale del riesame per non aver adempiuto al mandato conferitogli. I giudici di legittimità hanno evidenziato come il Tribunale avesse omesso di:

1. Spiegare la tardività delle dichiarazioni: Non è stato chiarito perché il collaboratore avesse taciuto per dodici anni su un presunto affiliato al clan, per poi parlarne spontaneamente solo nel 2018.
2. Valutare l’attendibilità intrinseca: Era necessario un giudizio puntuale sull’affidabilità del dichiarante, considerando il lungo lasso di tempo trascorso.
3. Trovare riscontri estrinseci pertinenti: Il Tribunale aveva valorizzato come riscontro episodi delittuosi (danneggiamento, intimidazione) avvenuti molti anni dopo (2015-2016), senza però spiegare il nesso logico e temporale con la presunta partecipazione al clan nel periodo 2005-2006.

La Cassazione ha criticato l’approccio del Tribunale, che si è limitato a qualificare astrattamente i fatti più recenti come “elementi inidonei ad attestare la partecipazione dell’imputato in attività illecite riconducibili a quel contesto associativo”, senza una reale e approfondita analisi.

Le Motivazioni della Decisione

Di fronte alla reiterata e persistente incapacità del Tribunale del riesame di fornire una motivazione solida e conforme ai principi di diritto enunciati, la Corte di Cassazione ha ritenuto che un ulteriore giudizio di rinvio per il reato associativo sarebbe stato superfluo. La ripetuta mancanza di sostanza al quadro indiziario ha reso palese l’impossibilità di costruire un impianto accusatorio sufficientemente grave per sostenere la misura cautelare.

Il discorso è diverso per il reato di tentata estorsione aggravata (capo 76). In questo caso, la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza era stata assorbita e superata dalla questione principale legata al reato associativo. Mancando una specifica analisi su questo punto, la Corte ha disposto un annullamento con rinvio, affinché il Tribunale del riesame possa, nel nuovo giudizio, colmare questa lacuna motivazionale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sull’obbligo di motivazione rafforzata quando si tratta di misure che limitano la libertà personale, soprattutto se basate su dichiarazioni di collaboratori di giustizia. La Corte ha stabilito che, per il reato associativo, la misura cautelare dovesse cessare i suoi effetti, con la conseguente liberazione dell’indagato. Per il reato di tentata estorsione, invece, la palla torna al Tribunale del riesame, che dovrà pronunciarsi nuovamente, questa volta seguendo scrupolosamente le indicazioni della Suprema Corte. Si tratta di una decisione che riafferma la centralità del controllo di legittimità e del diritto a una decisione giudiziaria logicamente e giuridicamente fondata.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la misura per il reato di mafia senza rinvio?
Perché il Tribunale del riesame, nonostante fosse stato più volte sollecitato, ha reiteratamente mancato di fornire una motivazione adeguata a sostenere i gravi indizi di colpevolezza, rendendo di fatto inutile un nuovo giudizio di rinvio su quel punto.

Qual è il principio chiave sulla valutazione di un collaboratore di giustizia che emerge dalla sentenza?
Le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, specialmente se rese a notevole distanza di tempo dall’inizio della collaborazione, richiedono una verifica ‘particolarmente penetrante’ della credibilità, sia intrinseca (le ragioni del ritardo) sia estrinseca (la ricerca di riscontri esterni validi e pertinenti).

Per quale motivo per il reato di tentata estorsione la decisione è stata di annullamento con rinvio?
Perché l’esame delle doglianze difensive relative a questo specifico reato era stato considerato assorbito dalla questione principale del reato associativo. Di conseguenza, mancava una specifica motivazione su quel capo d’imputazione, lacuna che il Tribunale del riesame dovrà colmare nel nuovo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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