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Valutazione autonoma del GIP: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. La difesa lamentava la mancanza di una valutazione autonoma da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). La Corte ha stabilito che il richiamo agli atti del Pubblico Ministero è legittimo se il giudice svolge comunque un vaglio critico e autonomo, come avvenuto nel caso specifico. Il ricorso è stato giudicato generico e quindi inammissibile.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione Autonoma del GIP: Quando il Ricorso è Inammissibile?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21563 del 2024, offre un’importante lezione sul requisito della valutazione autonoma da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) nell’emettere misure cautelari. Questo principio, rafforzato dalla riforma del 2015, impone al giudice di non essere un mero ‘passacarte’ delle richieste della Procura, ma di effettuare un’analisi critica e indipendente degli indizi. La sentenza in esame chiarisce i confini di questo obbligo e le conseguenze di un ricorso difensivo formulato in maniera generica.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un’indagine su una presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. A seguito di complesse attività investigative, tra cui intercettazioni e sequestri, il GIP del Tribunale di Bologna emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo, ritenuto capo e promotore del sodalizio criminale. Successivamente, la misura veniva sostituita con gli arresti domiciliari.

La difesa dell’indagato impugnava l’ordinanza davanti al Tribunale del Riesame, il quale però confermava la decisione del GIP. Contro questa conferma, la difesa proponeva ricorso per Cassazione.

Il Ricorso e la questione della valutazione autonoma del GIP

Il motivo centrale del ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 292 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, l’ordinanza del GIP era nulla perché priva di una vera valutazione autonoma degli elementi a carico dell’indagato. In sostanza, si sosteneva che il giudice si fosse limitato a recepire acriticamente la richiesta del Pubblico Ministero, senza svolgere quel vaglio critico e personale che la legge impone a garanzia dell’indagato.

La difesa criticava la decisione del Tribunale del Riesame per aver respinto questa eccezione con una motivazione anch’essa carente e standardizzata, senza entrare nel merito delle specifiche contestazioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali sul principio di valutazione autonoma. I giudici supremi hanno ribadito che l’obbligo di motivazione autonoma non impedisce al GIP di fare riferimento, anche in parte, agli atti del Pubblico Ministero (il cosiddetto richiamo per relationem).

Ciò che conta è che, dal complesso del provvedimento, emerga che il giudice abbia compiuto un ‘effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi’. Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il GIP, pur richiamando l’esposizione del PM, aveva poi dedicato specifiche pagine (dalla 226 alla 228 e dalla 290 alla 292 dell’ordinanza) a svolgere ‘proprie autonome valutazioni’ sia sugli elementi costitutivi del reato associativo, sia sul ruolo del singolo indagato. Il GIP aveva persino escluso la gravità indiziaria per alcuni episodi, a riprova di un esame critico e non passivo.

La Corte ha inoltre sottolineato una grave carenza del ricorso difensivo: la genericità. La difesa si era limitata a denunciare la mancanza di valutazione autonoma senza ‘indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario’. In altre parole, non è sufficiente lamentare un difetto di motivazione in astratto; è onere del ricorrente specificare quali elementi non sono stati valutati e in che modo una loro corretta valutazione avrebbe portato a una conclusione diversa.

Le Conclusioni

La sentenza 21563/2024 consolida un principio cruciale: la denuncia della violazione dell’obbligo di valutazione autonoma deve essere specifica e puntuale, non generica. Un ricorso che si limita a una critica astratta, senza confrontarsi con le parti della motivazione in cui il giudice ha effettivamente espresso un giudizio autonomo, è destinato all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’eccezione di nullità per difetto di autonoma valutazione deve essere costruita con estrema precisione, individuando le specifiche lacune argomentative del provvedimento impugnato e dimostrandone la rilevanza decisiva ai fini del giudizio.

Un giudice può richiamare gli atti del Pubblico Ministero in un’ordinanza cautelare?
Sì, può farlo a condizione che, dal contesto del provvedimento, risulti che abbia comunque svolto un effettivo e autonomo vaglio critico degli elementi di fatto, spiegandone la rilevanza per la decisione.

Cosa deve fare la difesa per contestare efficacemente la mancanza di valutazione autonoma da parte del GIP?
La difesa ha l’onere di indicare specificamente quali aspetti della motivazione sono stati omessi e in che modo questa omissione abbia impedito una valutazione di segno contrario che avrebbe potuto portare a una conclusione diversa. Una contestazione generica non è sufficiente.

Qual è stata la conseguenza per il ricorrente in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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