Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27341 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME COGNOME nato a Napoli il 25 giugno 1987; rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia; avverso l’ordinanza in data 19 Marzo 2025 (con avviso di deposito del 18 Aprile 2025) del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non è stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 8 gennaio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del tribunale d Napoli ha applicato a NOME Emanuele la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione al reato di concorso in tentata estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. e lesioni;
Avverso tale ordinanza, è stata presentata istanza di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., deducendo l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; il Tribunale del riesame ha annullat l’ordinanza genetica per carenza di gravità indiziaria; avverso tale ordinanza il P.M. ha propost ricorso presso la Corte di Cassazione, che in data 27/06/2024 ha annullato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, il quale, con ordinanza in data 30/09/2024, in sede di rinvio, confermato l’ordinanza genetica impugnata e per l’effetto ha disposto il ripristino della misu della custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME NOME; avverso tale ordinanza, su ricorso della difesa, la Corte di Cassazione con sentenza in data 23/01/2025 sez. 6, n. 9263, ha annullato l’ordinanza impugnata e ha ritrasmesso gli atti al Tribunale di Napoli, quale in data 19/03/2025 ha confermato l’impugnata ordinanza.
Avverso tale ultima ordinanza, la difesa ha proposto il presente ricorso articolato in un uni motivo con il quale si chiede l’annullamento, ai sensi dell’art. 606 lettera b) ed e), in rela agli articoli 110, 56, 629 e 416 bis 1 cod. pen. e con riferimento agli articoli 192, 273, 309 e cod. proc. pen..
2.1 In particolare, la difesa eccepisce che l’ordinanza impugnata, emessa dal medesimo giudice estensore dell’ordinanza annullata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 9263 del 23/01/2020, contiene la pedissequa riproposizione delle medesime argomentazioni oggetto di annullamento da parte della decisione rescindente e ripropone lo stesso “salto logico” già censurato in sede di legittimità, laddove la Corte di Cassazione aveva evidenziato come il tribunale avesse omesso di tenere conto delle obiezioni difensive relative all’alibi dell’indaga già prospettate nell’originario riesame e poi ribadite, sicché in sede di rinvio avrebbe dovu rispondere a tali censure difensive; di contro, con la decisione resa in sede di rinvio, secondo ricorrente, “il tribunale ha operato siffatto salto logico giuridico, finendo per fare applica della valutazione in diritto imposta dalla decisione rescindente sulla base di una ricostruzio della vicenda in fatto che non poteva dirsi consolidata se non affrontando e superando i riliev difensivi in origine proposti con il riesame che, rispetto a quel risultato fattuale, assumeva portato preliminare”.
In altri termini, assume la difesa, il tribunale del riesame avrebbe nuovamente preso le mosse dalla “aprioristica” convinzione che il riconoscimento fotografico operato dalla persona offes fosse assolutamente attendibile e che fossero poco credibili le dichiarazioni dei testimoni dell difesa NOME COGNOME compagna convivente del ricorrente, e COGNOME COGNOME, amico della coppia, (all. 4 memoria difensiva del 16/02/2024 allegata al ricorso), i quali, nel fornire l all’indagato, hanno riferito che, tra le ore 17 e le ore 18 del 19/04/2023 e quindi anche neg stessi minuti in cui era in corso l’aggressione nei confronti della persona offesa, COGNOME trovava in un altro luogo, presso il suo domicilio con la compagna e l’amico, e che stava intrattenendo una conversazione whatsapp, anche vocale, con tale Enthony, interrotta alle ore 17:15 e poi ripresa alle 17:41; la difesa contesta l’affermazione contenuta nell’ordinanz
impugnata secondo la quale la finestra temporale di circa venti minuti tra le 17:15 e le 17:4 renderebbe, comunque, compatibile la partecipazione dell’indagato all’aggressione della persona offesa, iniziata alle 17:38 e terminata alle 17:40, come comprovato dall’attività di captazio telematica che copre sia il momento di preparazione dell’aggressione sia i momenti successivi. Osserva inoltre la difesa che il tribunale ha omesso di valutare che i testi COGNOME e COGNOME collocano l’indagato nella propria abitazione per tutto quel pomeriggio e che la COGNOME si riconosciuta, unitamente alla figlia, nella voce di sottofondo nitidamente percepibile n messaggio vocale delle 17:43; anche la presenza del COGNOME troverebbe riscontro laddove l’indagato, nel corso della conversazione con COGNOME, fa riferimento ad un terzo soggetto (cfr. messaggio delle 17:41, in cui dice “lo so che sto insistendo, ma se ne deve andare via”); viene aggiunto che, anche a volere ammettere la partecipazione all’aggressione da parte dell’indagato e la non contestualità dell’invio dei messaggi durante l’aggressione stessa, egli avrebbe dovuto riuscire a percorrere in due minuti e mezzo (intercorsi tra la fine dell’aggressione e la ripresa messaggi con Enthony) la distanza di circa 3,5 Km. tra il luogo dell’aggressione e il propri domicilio.
La difesa chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale competente in diversa composizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La Corte di Cassazione, sez. 6, con la sentenza rescindente in data 23/01/2025, n. 9263, ha annullato l’ordinanza del tribunale del riesame di Napoli del 30/09/2024 e ha ritrasmesso gli atti al Tribunale di Napoli, il quale, con ordinanza del 19/03/2025, oggetto d presente ricorso, ha confermato l’impugnata ordinanza.
La sentenza rescindente ha stigmatizzato il vizio di motivazione, individuando un “salto logico giuridico”, nel senso che il tribunale del riesame avrebbe operato una ricostruzione della vicenda in fatto omettendo di affrontare e superare i rilievi difensivi, relativi in particolare, da all’attendibilità della persona offesa, che aveva riconosciuto l’odierno ricorrente quale uno d suoi aggressori, e dall’altro, all’idoneità delle deduzioni ed allegazioni difensive a minar versione della vittima, attraverso la prospettazione di un alibi corroborato dalle indagini difens (dichiarazioni dei testimoni NOME COGNOME compagna dell’indagato, e NOME COGNOME e consulenza informatica sul telefono cellulare dell’indagato).
La motivazione resa dal tribunale del riesame di Napoli, qui impugnata, risulta avere colmato i denunciati vizi di motivazione e in particolare, affermata l’attendibilità della per offesa, siccome supportata anche da una serie di riscontri estrinseci, ha puntualmente confutato l’alibi dell’indagato sulla base di argomentazioni in fatto e in diritto logiche, non sindacabili presente sede di legittimità.
2.1 In primo luogo, quanto all’attendibilità della persona offesa, ed in punto di diri deve ricordarsi il principio, ancora di recente ribadito, secondo cui, in tema di valutazione de prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affett da manifeste contraddizioni o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi no fondate sullo “id quod plerumque accidit” ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 de 11/02/2020, C., Rv. 278609). Le dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili dai giud di merito, quand’anche non assistite da riscontri esterni – in questo caso, peraltro, present possono anche da sole sostenere il giudizio di condanna, secondo pacifici principi da lungo tempo affermati ed oramai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, a partire da Sez. U, n. 414 del 19/07/2012, Bell’Arte, secondo la quale, le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso ess più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsias testimone.
A maggior ragione, dunque, tali principi trovano applicazione in fase cautelare, laddove occorre verificare non già la penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, bensì sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Ciò posto, l’ordinanza impugnata, nel riportare le precise e circostanziate dichiarazioni dell persona.offesa sul pestaggio subito, accompagnate dal riconoscimento fotografico, reiterato dopo circa un anno dal fatto, di NOME COGNOME come uno dei suoi aggressori (pp. 2-3), ha puntualmente motivato l’attendibilità della persona offesa, che ha trovato anche riscontri esterni documentali: l’intercettazione telematica attivata, nell’ambito di altro procedimen sull’utenza in uso a Casaburro Pasquale, che ha “registrato” in diretta il pestaggio, la su dinamica e la durata; la conversazione telefonica, lo stesso giorno (alle ore 17.42), tra COGNOME e COGNOME Luciano, che conferma l’aggressione appena ultimata e l’immediato allontanamento dalla zona; la documentazione medica versata in atti, perfettamente compatibile con la dinamica narrata dalla vittima (certificato datato 18/04/2024 attestante “politrauma da aggressione” con prognosi di gg.7).
2.2 Nessuna decisiva interferenza rispetto alla credibilità del narrato della persona offes consegue dalle dichiarazioni dei testi della difesa, secondo le quali COGNOME, al momento dell’aggressione, era impegnato in una conversazione whatsapp presso l’abitazione condivisa con la compagna NOME COGNOME in presenza anche dell’amico COGNOME COGNOME, inferendone l’incompatibilità di tale circostanza con la presenza dell’indagato fuori dall’abitazione, in qu privo di connessione internet.
Il Tribunale di Napoli, riesaminando il punto devoluto dalla sentenza rescindente, si è uniformato al principio di diritto ivi indicato con provvedimento esente dalle censure mosse con il ricorso in esame.
Invero, i giudici del riesame hanno ampiamente approfondito il tema dell’alibi dell’indagato (pp. 7-10) e, con motivazione priva di vizi logico-giuridici deducibili in questa s e che resiste ad ogni obiezione difensiva, sono pervenuti alle seguenti conclusioni: le testimonianze della COGNOME e del COGNOME appaiono poco credibili; la tempistica dei messaggi intercorsi tra COGNOME e tale COGNOME è, comunque, assolutamente compatibile con gli orari registrati dell’aggressione (tali messaggi intercorsi tra il ricorrente e tale NOME si interrom alle ore 17.15 per riprendere alle ore 17,41, mentre l’aggressione, come si evince dalla predetta conversazione registrata, inizia alle ore 17.38 e termina alle ore 17.40 e alle ore 17.41 conversazione captata sul dispositivo di COGNOME conferma l’aggressione, appena avvenuta, ai danni della persona offesa; infine, risale alle ore 17.43 il messaggio vocale nel quale la tes COGNOME avrebbe riconosciuto le voci in sottofondo come appartenenti a se stessa e alla figlia; v. pp. 8 e 9); la consulenza informatica sul telefono cellulare del COGNOME è del tut inconferente, limitandosi ad attestare che, al momento dell’analisi (avvenuta circa dieci mesi dopo il fatto), non era operativa alcuna connessione dati con l’operatore telefonico.
Quanto alla credibilità dei testimoni della difesa, i giudici del riesame, con valutazione logica esaustiva, hanno concluso in senso negativo sia per il contrasto con gli elementi indiziari, si perché si tratta di testimoni non terzi, essendo rispettivamente compagna e amico del ricorrente. In particolare, il tribunale ha spiegato (pp. 7 e 8) che, oltre ad essere pienamente compatibil con la partecipazione all’aggressione, la conversazione presenta un contenuto non in linea con le dichiarazioni dei testi circa il motivo e la finalità della stessa, in quanto non si attaglia asserito dialogo estemporaneo tra compagni di vacanza.
A fronte di tali argomenti, le censure difensive, anche mediante il richiamo agli esiti probato finiscono per sollecitare una non consentita nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice del riesame, attraverso una diversa lettura dei dat processuali o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (tra le tante, 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099- 01).
3. L’ordinanza esaminata risulta avere analizzato adeguatamente tutti gli elementi indiziari disponibili, anche quelli addotti dalla difesa e, con motivazione assolutamente logica, congrua ed esaustiva avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente ordine ai reati di estorsione e di lesioni ascrittigli ai danni della persona offesa, e dell’aggra del cd. “metodo mafioso” – motivata anche con riferimento alla accertata destinazione al clan mafioso di parte della somma oggetto della richiesta estorsiva (p.10) – per la quale è sufficient che la violenza o la minaccia “richiamino alla mente ed alla sensibilità del soggetto passivo l forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo” (vedi Sez.2, Sentenza n. 16053 del 25/03/2015, Rv. 263525).
4. Per quanto riguarda la motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha richiamato la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. ed evidenziato, con
motivazione esente da censure, che non ricorre in atti alcun motivo di superamento, avuto riguardo alle modalità della condotta e alla personalità dell’indagato, attinto da gravi preceden
penali ed inserito nel circuito criminale radicato nel territorio di appartenenza.
5. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
6. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma
1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma
1-bis del citato
articolo 94 comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
1-ter,
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co.
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2025
Il Consi liere estensore
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Il Presidente