Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45564 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Roma
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 16 maggio 2024, confermando l’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza del 7 novembre 2023, ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. pen. proposta da NOME COGNOME e ha accolto l’istanza di detenzione domiciliare, già provvisoriamente disposta, autorizzando il condannato, oltre alle prescrizioni indicate, a recarsi al lavoro dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19, con onere di comunicare eventuali variazioni all’organo di polizia preposto al controllo.
L’interessato, il cui titolo esecutivo è stato sospeso nell’anno 2020, e ha da scontare un residuo pena di anni uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione e 600,00 euro di multa, è stato condannato per il reato di ricettazione commesso nell’anno 2010.
Nel provvedimento impugnato il Tribunale ha dato conto dell’esistenza di 22
iscrizioni al casellario per reati contro al patrimonio ed evasioni, commesse tra gli anni 1990 e 2005 e di un carico pendente per lesioni e violazione legge armi del 2019, pendente in primo grado e ha preso atto dell’esistenza di un rapporto di lavoro con una ditta di pulizie dalle ore 7 alle ore 10 di mattina, presso gli uffici dell’RAGIONE_SOCIALE Roma.
Il diniego della misura dell’affidamento si fonda sulla presenza dei precedenti penali, dai quali sarebbe possibile “verificare una chiara recidiva nel reato, in particolare per reati contro il patrimonio”.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il condannato che, a mezzo del difensore di fiducia, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge in relazione all’art. 47, comma 3 bis, ord, pen., con riferimento al fatto che il provvedimento di diniego si fonda esclusivamente sulla presenza di precedenti penali estremamente risalenti nel tempo e senza tenere in alcuna considerazione il periodo successivo e la totale assenza di pregiudizio o anche di annotazioni negative dall’anno 2019, così come sarebbe anche attestato dalla relazione dei Carabinieri di Lariano e pure riconosciuto dallo stesso Procuratore generale che in udienza ha concluso per l’accoglimento della richiesta. Sotto altro profilo, poi, il Tribunale non avrebbe esposto alcuna considerazione in ordine all’attività lavorativa e alla possibilità di reinserimento sociale del condannato, anche in merito alla possibilità di ravvedimento, percorso che il ricorrente avrebbe già intrapreso.
3.2. Vizio di motivazione quanto all’orario per cui è stato autorizzato ad allontanarsi dall’abitazione per lavorare, che è del tutto incompatibile con l’attività svolta e il contratto di cui pure il Tribunale aveva conoscenza.
3.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 666, comma 5, cod. proc. pen., 185 disp. att. cod. proc. pen. e 47 ord. pen. Nel terzo motivo la difesa rileva che il Tribunale avrebbe provveduto senza coinvolgere e acquisire le necessarie informazioni dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna o dai i servizi sociali che invece, considerato anche il lungo tempo trascorso dalla commissione del reato, avrebbero dovuto intervenire e valutare le condizioni sociali del condannato nonché redigere la relazione comportamentale.
Il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta pervenuta il 6 settembre 2024, ha concluso per l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Nel primo motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 47, comma 3 bis, ord, pen., con riferimento al fatto che il provvedimento di diniego si fonda esclusivamente sulla presenza di precedenti penali estremamente risalenti nel tempo, senza tenere in alcuna considerazione il periodo successivo e la totale assenza di pregiudizio o anche di annotazioni negative dall’anno 2019.
La doglianza è fondata.
2.1. La misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale è la forma di esecuzione della pena esterna al carcere che l’ordinamento prevede per i condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, è possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura stessa.
Ai fini di tale giudizio il Tribunale di sorveglianza è tenuto a fare riferimento alle fonti di conoscenza che la dottrina e la giurisprudenza indicano nel reato commesso, che è comunque il punto di partenza della valutazione, nei precedenti penali, nelle pendenze processuali, nelle informazioni di polizia ma anche, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, elementi questi particolarmente significativi a livello prognostico in quanto in queste specifiche risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra (Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 01).
Sotto tale profilo, pertanto, se nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale devono essere valutati i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato deve comunque rilevarsi che non esiste una sorta di presunzione generale di inaffidabilità o di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma, a contrario il giudice deve procedere di volta in volta a una valutazione concreta circa l’esistenza degli elementi positivi in base ai quali si possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento si riveli proficuo.
Nella verifica, quindi, si deve tenere conto di tutti i fattori emersi quali precedenti penali, le informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
Il giudice della sorveglianza, infatti, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, GLYPH NOME
tipologia e gravità dei reati commessi, deve, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto successivi ai fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e le condizioni che rendono possibile il reinserimento sociale attraverso la misura alternativa richiesta in quanto l’analisi della condotta successivamente serbata dal condannato e dei suoi comportamenti attuali è essenziale per valutare l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e l’assenza di pericolo di recidiva (sempre Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 01).
Come di recente evidenziato, quindi, si deve ribadire che «ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 – 01; Sez. 1, n.773 del 3 dicembre 2013, COGNOME, Rv. 258402 – 01).
2.2. Nella valutazione circa la realizzazione o meno delle prospettive cui è finalizzato l’istituto il Tribunale è tenuto, come detto, a considerare tutte le font di conoscenza in atti, tra cui assumono particolare rilievo le relazioni redatte dagli uffici e dagli organi competenti, nonché tutti gli ulteriori elementi e situazioni di fatto emersi.
2.3. Nel caso di specie il Tribunale non si è conformato ai principi indicati.
Il provvedimento impugnato, infatti, contiene esclusivamente un riferimento all’esistenza di numerosi precedenti penali, tutti relativi a fatti commessi in un periodo risalente nel tempo (dal 1990 al 2005), pure precedente di cinque anni il reato per cui è in esecuzione la condanna, e a un procedimento pendente, relativo a una violazione della legge armi del 2019.
La motivazione, quindi, considerata l’assenza di qualsivoglia considerazione in merito al lungo tempo trascorso dal reato, al comportamento e alla condotta tenuta dal condannato successivamente alla commissione del reato in esecuzione, cioè dall’ 2010, a oggi e che non si confronta con le informazioni fornite dagli organi di polizia e con quelle che avrebbero comunque dovuto fornire i servizi sociali, è inesistente quanto alla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione della misura degli arresti domiciliari.
Le ragioni esposte impongono l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio affinché il Tribunale di Sorveglianza di Roma, libero nell’esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto conformandosi ai princip indicati.
3.1. Le doglianze contenute gli ulteriori motivi, riguardando punti del decisione logicamente dipendenti da quello oggetto di annullamento, sono assorbite.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Roma.
Così deciso il 9 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presicgrit.