Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44005 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44005 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 11/03/1974
avverso l’ordinanza del 18/04/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME contro il provvedimento con il quale lo stesso Tribunale aveva dichiarato la non valida espiazione, in affidamento in prova, dell’intera pena indicata nel provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli il 5 febbraio 2015, fin dalla data di sottoposizione del COGNOME alla misura alternativa (20 gennaio 2016), fatto salvo il periodo di sospensione cautelativa intercorso dal 7 giugno al 1° luglio 2016.
La pena, dopo il ripristino della misura alternativa dal 10 luglio 2016, aveva cessato di essere espiata alla data del 19 aprile 2017.
Il Tribunale di sorveglianza confermava la decisione opposta, ribadendone il fondamento: a) sulla violazione delle prescrizioni connesse alla misura, accertata a breve distanza temporale dal suo inizio (le violazioni vennero ridimensionate, per cui la misura fu ripristinata, ma non escluse), suscettibile di diversa chiave di lettura all luce dei comportamenti delittuosi successivi; b) sulla commissione, tra settembre 2018 e il 2021, del reato di traffico illecito di rifiuti, per cui risultava emessa ordinanz custodia cautelare in carcere dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia in data 12 luglio 2021; c) sulla condanna irrevocabile alla pena, ridotta in appello, di sei anni di reclusione inflitta al COGNOME per il reato di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, commesso il 19 dicembre 2019, reato della stessa specie di quelli per cui l’affidato era stato già condannato.
Ad avviso del giudice di merito, l’adesione al programma trattamentale, che si diceva positivamente concluso nella relazione del funzionario del servizio sociale, doveva ritenersi, dunque, meramente formale, tenuto conto che il COGNOME, il quale già a breve distanza temporale dalla sottoposizione alla misura alternativa, era incorso in acclarate violazioni delle prescrizioni, aveva successivamente posto in essere gravi condotte delittuose, della stessa specie, peraltro (il tentativo di sequestro), di quelle per cui era stato già condannato.
Tali circostanze, andava ribadito nel giudizio conclusivo del Tribunale di Napoli, costituivano indici certamente sintomatici del mancato conseguimento dell’obiettivo di recupero sociale del condannato, cui la misura alternativa è preordinata, avendo con tutta evidenza egli palesato l’assenza di un mutamento del proprio stile di vita.
Ha proposto ricorso l’interessato, per il tramite del difensore, dolendosi, essenzialmente, dell’omessa considerazione della relazione favorevole redatta dall’UEPE.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, perciò, rigettato.
2. Va ricordato, in premessa, che, mentre nel caso della revoca dell’affidamento in prova il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano espressione di un comportamento incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, nel caso della valutazione sull’esito del periodo di prova, il relativo giudizio, avente ad oggetto l’intero arco di svolgimento della misura ormai conclusa, si sostanzia in un apprezzamento globale dell’atteggiarsi del condannato durante lo svolgimento dell’intero periodo di esperimento, al fine di decidere se vi sia stata, da parte del condannato, una mera formale adesione alle regole di buona condotta, ovvero se sia avvenuto il suo effettivo recupero sociale.
Secondo un primo, più risalente, orientamento, l’esame della condotta dell’affidato in prova andrebbe limitato esclusivamente al periodo di affidamento, non potendo la condotta del soggetto successiva alla scadenza della misura avere alcuna influenza sul giudizio da esprimere in ordine all’esito della stessa (Sez. 1, n. 3712 del 22/05/2000, COGNOME, Rv. 216281 – 01; Sez. 1, n. 2874 del 15/05/1998, Milan, Rv. 210782 – 01; Sez. 1, n. 2811 del 15/05/1998, COGNOME, Rv. 211404 – 01).
Secondo un più recente e ormai consolidato indirizzo interpretativo, invece, al termine dell’esperimento della prova, il Tribunale di sorveglianza ben può tenere conto di qualsiasi elemento fattuale sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura alternativa, valutando anche fatti e comportamenti posti in essere dal condannato dopo che sia cessata l’esecuzione della misura, ma prima che sia formulato il giudizio sul relativo esito, giacché essi possono costituire indici sintomatici, per qualità e gravità, del mancato conseguimento di quell’obiettivo di recupero sociale del condannato, cui la misura stessa è preordinata.
A tal fine, il Tribunale di sorveglianza deve compiere una valutazione globale, tenendo conto, da un lato, della condotta serbata dal condannato durante l’esecuzione della prova e, dall’altro, dell’effettiva entità del fatto successivo e della distanz cronologica dalla scadenza dell’affidamento (essendo illegittima la valutazione negativa dell’esito della misura fondata sulla commissione di reati dopo il decorso di un rilevante periodo di tempo dalla fine della prova: così Sez. 1, n. 51347 del 17/05/2018, Figgini, Rv. 274482 – 01; Sez. 1, n. 27788 del 17/06/2008, COGNOME, Rv. 240478 – 01; Sez. 1, n. 25257 del 22/04/2004, Arena, Rv. 228136 – 01), operando quindi un’autonoma delibazione sia della attribuibilità al condannato della violazione, sia della concreta incidenza sintomatica sul giudizio di recupero sociale (Sez. U, n. 10530 del 27/02/2002, COGNOME, Rv. 220877 – 01; Sez. 1, n. 3727 del 9/01/2009, COGNOME, Rv. 242526 – 01; Sez. 1, n. 26332 del 18/06/2008, COGNOME, Rv. 240875 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Napoli si è correttamente attenuto ai criteri enunciati nel valutare la condotta serbata dal condannato sia in costanza di affidamento in prova sia nel periodo successivo alla cessata esecu ione della misura alternativa, per come sinteticamente riportato nella superiore esposi ne in fatto.
Va ricordato e ribadito che, in tema di misure alternative alla detenzione, il giudice, nell’esaminare le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato (nella specie l’U.E.P.E.), non è, in alcun modo, vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi, ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità e lo stile di vita dell’interessato, parametrandone la rilevanza ai fini ‘dell decisione alle istanze rieducative e ai profili di pericolosità dell’interessato, secondo la gradualità che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016 – 01).
Alla luce di tale principio, la doglianza difensiva deve reputarsi infondata, perché il Tribunale di Napoli, con riferimento al caso di specie, ha spiegato, in modo del tutto logico, che la valutazione favorevole espressa nella relazione dell’U.E.P.E. si era basata su un’adesione meramente formale dell’affidato al programma di recupero, siccome eloquentemente disvelata dalle assai gravi vicende delittuose successive in cui il predetto era stato coinvolto, tenuto anche conto delle violazioni in cui era incorso nel 2016, quando era appena iniziata l’esecuzione della misura alternativa.
Coerente, dunque, è l’approdo cui è pervenuto l’organo di sorveglianza che, soprattutto in relazione alla condanna irrevocabile subita dal COGNOME per il tentativo di sequestro a scópo di estorsione, commesso il 19 dicembre 2019, ossia di un reato della stessa tipologia di quelli oggetto di precedenti condanne, ha legittimamente concluso che il ricorrente aveva, di fatto, perseverato, a dispetto della misura alternativa ottenuta, nel medesimo stile di vita criminoso caratterizzante il suo passato.
Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Preside e