Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33321 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33321 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Stassi NOME (cui Olqfc28) nato a PALERMO il 30/06/1968
avverso la sentenza del 06/02/2025 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza emessa il 6 febbraio 2025, in parzial riforma della pronuncia del Tribunale monocratico cittadino del 6 marzo 2024, riconosceva all’imputato COGNOME NOME la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pe ritenersi prevalente sulle aggravanti, rideterminando la pena in mesi tre, giorni diciasse di reclusione ed euro 100,00 di multa per il reato di cui agli artt. 56, 624, 625 n. 7 cod.pen.
Avverso tale decisione ricorre l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articol tre motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo, deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione agli artt. 530 cod.proc.pen., 624 e 625 n. 7 cod.pen., contestando la validità querela e chiedendo la declaratoria di improcedibilità.
2.2 Con il secondo motivo, lamenta violazione di legge e illogicità della motivazione ci l’inapplicabilità dell’art. 131-bis cod.pen., sostenendo che l’ultima condotta deli risalirebbe al 2013 e non al 2022.
2.3 Con il terzo motivo, contesta l’applicazione della recidiva ex art. 99 cod. evidenziando la distanza temporale dall’ultimo episodio delittuoso e l’avvenuta concessio dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pen.
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 Il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha correttamen affermato l’esistenza di valida querela agli atti, confutando le argomentazioni difensive motivazione sintetica ma congrua.
Ed invero, dall’esame degli atti cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di acced ragione della natura processuale del vizio lamentato (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001 Polícastro, Rv. 220094) – emerge esservi stata una valida querela.
In data 24 gennaio 2024, la persona offesa COGNOME, legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, illustrando i fatti presso l’Ufficio Prevenzione della Ques Palermo, sottoscriveva quella che deve considerarsi una valida querela in quanto caratterizzata da una specifica istanza punitiva (vi si legge: “valendo il presente atto condizione di procedibilità, il querelante/denunciante chiede che l’Autorità giudiziaria procedere nei confronti del responsabile della condotta penalmente rilevante “).
In proposito, va ricordato che, pacificamente, la manifestazione della volontà di persegu il colpevole, atta a rimuovere l’ostacolo alla procedibilità nei casi in cui la legge pr necessità della querela, non è vincolata a particolari formalità, né deve estrinseca espressioni sacramentali.
È sufficiente, infatti, che essa risulti inequivocamente nel suo contenuto sostanziale tal fine, ben può prendersi in esame, quale elemento di giudizio per la esatta interpretaz della dichiarazione, il complessivo comportamento, anche successivo alla dichiarazione stessa, della persona offesa (cfr. Sez. 5, n.. 10543 del 24/01/2001, COGNOME, Rv. 218329 – 01; con Sez. 5, n. 44968 del 27/09/2012, M., Rv. 253824 – 01 che ha ritenuto a tal fine suffici
nell’atto la dizione “si faccia giustizia”; Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013 De Meo, Rv. 255885 01 che, analogamente ha ritenuto querela una dichiarazione orale della persona offesa di “aver contattato le forze di Polizia per il più a procedere”; Sez. 5, n. 6333 del 18/10/2013 dep. 20 Rv. 258876 – 01, che ha ritenuto valida a tal fine la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudi di “voler prendere provvedimenti al più presto”, contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia; Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014;Sez. 5, n. 2293 del 18/06/2015 dep. 2016, COGNOME, Rv. 266258 – 01; Sez. 5, n. 18267 del 29/01/2019, COGNOME, Rv. 275912 – 01 che, ancora una volta, ha ritenuto querela La sollecitazione rivolta all’autorità giudiziar “voler prendere provvedimenti al più presto” contenuta nell’integrazione di una precedente denuncia, costituendo manifestazione della volontà di punizione dell’autore del reato; Sez. 3, n. 1390 del 21/03/1996, COGNOME, Rv. 205432 – 01).
Ribadito che la -sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e può, pertanto, essere riconosciuta dal giudice anche in atti c non contengono la sua esplicita manifestazione, è stato anche più volte chiarito che, ove emergano situazioni di incertezza, gli atti vanno, comunque, interpretati alla luce del fav querelae, conseguendone che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile deve essere qualificata come v manifestazione del diritto di querela (così Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 260557 – 01 che ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale il giudice di merito ha ritenuto validamente integrata la sussistenza dell’istanza di punizione nel seguente affermazione “pertanto con la presente denuncia mi costituisco parte civile nel procedimento penale”; coni. Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267138 – 01 che ha affermato che sussiste in materia il principio del favor querelae, in base al quale qualsiasi situazione di incertezza va risolta in favore della volontà di querela; Sez. 5 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia Rv. 282648 – 01 che ribadisce la sussistenza di un favor querelae).
Nel caso, in esame la sottoscrizione del documento sopra richiamato, in cui è contenuta l’espressa manifestazione della volontà punitiva, esclude ogni dubbio sulla intervenuta presentazione di una valida querela.
3.2 Parimenti infondato è il secondo motivo.
La causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen. richiede una valutazio complessa che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 cod.pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno. Come affermato dalle Sezioni Unite (n. 13681 del 25.2.2016, Tushaj), tale esimente non può essere applicata qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole, anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamen considerato, sia di particolare tenuità. La Corte territoriale ha correttamente valorizz l’allarmante biografia criminale del ricorrente, che presenta plurime condanne per reati contr il patrimonio distribuite su un arco temporale esteso dall’anno 1995 al 2022, senza soluzione di continuità.
3.3 Manifestamente infondato è anche il terzo motivo. L’applicazione della recidiva è stat correttamente motivata dalla Corte d’appello in conformità ai principi espressi da giurisprudenza di legittimità.
Invero, costituisce «precipuo compito del giudice del merito verificare in concreto se reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qu comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del live di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grad colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di preced penali» (Sez. U, sentenza n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838, COGNOME‘).
Con tali parametri è in sintonia la motivazione impugnata
Nel caso in esame, infatti, è stato adeguatamente formulato un giudizio di elevata incontenibile pericolosità che rende concreto il pericolo di ricaduta nel crimine e lo svilup un processo criminale testimoniato da plurime condanni per reati contro il patrimonio ch abbracciano un lungo periodo, senza alcuna revisione critica dell’agito, non contraddetto dal concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pen. (attinente alla modicità del della refurtiva), fondata su diversi parametri valutativi.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2000), versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il consigliere estensore
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Il Presidente