Validità querela: Quando la Volontà di Punire Supera la Forma
Nel processo penale, alcuni atti sono fondamentali per poter avviare un procedimento. Tra questi, la querela riveste un ruolo cruciale per i cosiddetti reati ‘procedibili a querela di parte’. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale sulla validità querela: ciò che conta è la sostanza, ovvero la chiara intenzione della vittima di perseguire il colpevole, più che la forma dell’atto. Questo caso offre spunti importanti su come la giustizia interpreta la volontà dei cittadini.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso presentato da un uomo, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto. La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso in Cassazione su due principali motivi di doglianza. In primo luogo, sosteneva la mancanza e la contraddittorietà della motivazione riguardo la validità querela, ritenendo che non fosse stata correttamente presentata. In secondo luogo, contestava l’identificazione certa dell’imputato come autore del reato, lamentando una valutazione della prova non adeguata.
La Decisione della Corte e la Validità della Querela
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. La decisione si fonda su un’analisi attenta dei motivi proposti dalla difesa, ritenendoli infondati. Il punto centrale della pronuncia riguarda la questione della validità querela. La Corte ha osservato che, come correttamente evidenziato dai giudici di merito, nel verbale di ricezione della denuncia era contenuta la precisa indicazione della volontà della persona offesa di ‘procedere penalmente contro il responsabile’.
L’Intenzione di Punire come Elemento Chiave
I giudici hanno sottolineato che l’intenzione di perseguire l’autore del reato emergeva chiaramente dalla dichiarazione resa dalla vittima. Questo elemento, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è sufficiente a determinare la valida presentazione della querela. La Corte ha richiamato una precedente sentenza (Cass. Pen. n. 24365/2023) per ribadire che la manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice, indipendentemente dalla qualifica formale data all’atto dalla polizia giudiziaria che lo ha ricevuto. L’importante è che tale intenzione emerga in modo inequivocabile dalla dichiarazione stessa o da altri fatti.
La Valutazione sull’Identificazione dell’Imputato
Anche riguardo al secondo motivo di ricorso, relativo all’identificazione dell’imputato, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse immune da censure. Le argomentazioni fornite erano logiche, coerenti e conformi ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, rendendo la doglianza della difesa infondata.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si basa sul principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Per l’ordinamento, la ‘querela’ non è un rito sacro che richiede formule sacramentali, ma l’espressione di un diritto della persona offesa. Il giudice del merito ha il potere e il dovere di interpretare il contenuto delle dichiarazioni rese dalla vittima per accertare se, al di là del nome dato all’atto (‘denuncia’, ‘esposto’, ecc.), vi sia una chiara e inequivocabile volontà di ottenere la punizione del colpevole. Questa interpretazione, se logicamente motivata, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La decisione conferma che l’accesso alla giustizia per la vittima non deve essere ostacolato da meri formalismi procedurali, purché la sua intenzione sia chiara. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione pratica di grande importanza: nel presentare una denuncia-querela, l’aspetto fondamentale è esprimere con chiarezza la volontà di ‘perseguire penalmente’ l’autore del fatto. Non è necessario essere esperti di diritto o utilizzare un linguaggio tecnico. La giustizia riconosce e tutela l’intenzione sostanziale della vittima. Questa pronuncia rafforza la tutela delle persone offese, garantendo che un eventuale errore formale nella redazione del verbale da parte delle forze dell’ordine non pregiudichi il diritto a ottenere giustizia.
Cosa rende valida una querela anche se non formalmente perfetta?
La querela è valida se emerge in modo chiaro e inequivocabile la volontà della persona offesa di perseguire penalmente l’autore del reato. La sostanza della dichiarazione prevale sulla forma o sul titolo dato all’atto.
Può un giudice considerare un atto come una ‘querela’ anche se la polizia lo ha chiamato ‘denuncia’?
Sì, il giudice del merito ha il potere di interpretare la dichiarazione della vittima per accertarne l’effettiva volontà. Se l’intenzione di punire il colpevole è chiara, l’atto è considerato una valida querela, indipendentemente dalla sua qualificazione formale.
Qual è stato l’esito finale del caso esaminato?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La condanna per furto è stata quindi confermata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31657 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31657 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOVARA il 22/11/1992
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze del reato di furto.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione ai profili riguardanti la valida esistenza della condizione di procedibilità della querela e la identificazione certa dell’imputato.
Considerato che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato, quanto alla prima ragione di doglianza, che la Corte di merito ha correttamente osservato come nel verbale di ricezione di denuncia – il cui contenuto è riportato in sentenza nella parte d’interesse – sia contenuta la precisa indicazione della volontà della persona offesa di “procedere penalmente contro il responsabile”.
Considerato che l’intenzione di perseguire l’autore dei fatti denunciati emerge chiaramente dalla dichiarazione resa dalla persona offesa, condizione che, in base a consolidato orientamento di legittimità, determina la valida presentazione della querela (cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 24365 del 14/03/2023, G., Rv. 284670:”La manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se conforme alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che l’ha ricevuta, a condizione che l’intenzione di perseguire l’autore dei fatti denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione o da altri fatti dimostrativi di detto intento”).
Considerato, quanto alle doglianze in tema di valutazione della prova concernente l’identificazione dell’imputato, che la motivazione offerta dalla Corte di merito è basata su argomentazioni immuni da censure, in quanto prive di aporie logiche e conformi ai principi stabiliti in sede di legittimità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 luglio 2025
GLYPH