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Validità etilometro: onere della prova sull’imputato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13485 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. Il punto centrale riguarda la validità etilometro: non spetta all’accusa provare la regolarità delle verifiche periodiche, ma è l’imputato a dover sollevare contestazioni specifiche e motivate per metterne in dubbio il funzionamento.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Validità Etilometro: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico dell’imputato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a pronunciarsi su un tema cruciale nei processi per guida in stato di ebbrezza: la validità etilometro e, in particolare, a chi spetti l’onere di provarne il corretto funzionamento. La decisione conferma un orientamento consolidato, ponendo l’accento sulla necessità per l’imputato di sollevare contestazioni specifiche e non generiche per poter mettere in discussione l’esito del test alcolemico.

Il Caso: la contestazione sulla regolarità dell’etilometro

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un automobilista, condannato sia in primo grado dal Tribunale di Pesaro sia in appello dalla Corte di Ancona per il reato previsto dall’art. 186 del Codice della Strada. La difesa del ricorrente si basava su un unico motivo principale: l’erronea applicazione della normativa in materia di omologazione e taratura periodica dell’etilometro utilizzato per l’accertamento.

Secondo l’imputato, la prova della regolarità dello strumento non era stata adeguatamente fornita dall’accusa, invalidando così i risultati del test. La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, ritenendola infondata. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Suprema Corte per una valutazione finale.

La Validità dell’Etilometro secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, considerandolo non solo una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte, ma anche manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i principi procedurali che regolano la contestazione della validità etilometro.

L’onere di allegazione spetta all’imputato

Il punto centrale della decisione è che l’accusa non ha l’obbligo di depositare preventivamente, insieme ai risultati del test, tutta la documentazione relativa all’omologazione e alle verifiche periodiche dell’apparecchio. Queste attività sono considerate ‘prodromiche’, ovvero necessarie per il funzionamento dello strumento, ma la loro regolarità si presume fino a prova contraria.

Di conseguenza, l’onere di mettere in dubbio l’affidabilità della misurazione grava sull’imputato. È quest’ultimo che deve ‘sollecitare’ una verifica processuale, portando all’attenzione del giudice elementi concreti che facciano sorgere un dubbio legittimo sul corretto funzionamento dell’etilometro.

Non basta una richiesta generica

La Corte chiarisce ulteriormente che non è sufficiente, per la difesa, una semplice richiesta di visionare i certificati di omologazione e revisione. L’onere della difesa deve concretizzarsi nell’allegazione di ‘un qualche dato che possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute’. Ad esempio, si potrebbero indicare malfunzionamenti evidenti durante la prova, procedure anomale seguite dagli agenti, o altri elementi specifici che minino la credibilità dell’accertamento.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su diversi pilastri argomentativi. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato meramente reiterativo di doglianze già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello, senza l’aggiunta di nuovi e validi argomenti in fatto o in diritto. In secondo luogo, la pronuncia si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato, citando precedenti conformi. La Corte ha sottolineato che i dati relativi all’omologazione e alla taratura dell’etilometro, pur essendo necessari per il suo uso, non costituiscono di per sé elementi di prova dello stato di ebbrezza. Essi si presumono regolari. Pertanto, è del tutto logico e fisiologico che sia l’imputato, che intende contestare la validità dell’accertamento, a dover fornire elementi specifici per superare tale presunzione. Una richiesta generica di documenti non assolve a questo onere di allegazione specifica.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza un principio fondamentale in materia di guida in stato di ebbrezza: la presunzione di affidabilità dell’etilometro omologato e periodicamente verificato. Per la difesa, la strategia di contestare genericamente lo strumento si rivela inefficace. È necessario, invece, un approccio proattivo e circostanziato, che introduca nel processo elementi fattuali concreti capaci di incrinare la fiducia nell’accuratezza della misurazione. La decisione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda, serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi basati su motivi solidi e specifici, anziché su contestazioni procedurali generiche.

A chi spetta l’onere di provare il corretto funzionamento di un etilometro in un processo per guida in stato di ebbrezza?
L’accusa non è tenuta a dimostrare preventivamente la regolarità dell’omologazione e delle verifiche periodiche. Spetta all’imputato sollevare contestazioni specifiche, fornendo elementi concreti che facciano dubitare del corretto funzionamento dello strumento.

È sufficiente per la difesa richiedere i certificati di omologazione e taratura per invalidare il test?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera richiesta di visionare la documentazione non è sufficiente. L’imputato deve allegare dati specifici che inducano a dubitare che le verifiche siano state effettivamente e correttamente eseguite.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
Se il ricorso è meramente reiterativo di censure già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti, senza addurre nuovi e validi argomenti, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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