Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22912 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a San Bonifacio il DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 22 giugno 2023 dalla CORTE di APPELLO di Venezia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per la parte civile costituita NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e depositato nota spese.
Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per COGNOME COGNOME insiste nei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia, decidendo sull’appello proposto dalla parte civile costituita, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Verona il 22 settembre 2021 che aveva assolto COGNOME NOME dal reato di furto aggravato a lei ascritto per insussistenza del fatto e dai reati di indeb utilizzo di carta di credito, tentata truffa e truffa perché il fatto non costituisce reat affermato la responsabilità civile della RAGIONE_SOCIALE condannandola al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, NOME COGNOME, erede della persona offesa, cagionato dalle condotte di utilizzo della carta bancomat e di prelievo da un libretto di risparmi postale di COGNOME NOME della somma di oltre 33.000 C , fatti contestati ai capi 2 e 4 della rubrica, da liquidarsi in separato giudizio e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 35.000 C.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso NOME COGNOME, deducendo:
2.1 Violazione di legge in ordine alla mancata completa rinnovazione della istruttoria dibattimentale poiché è noto che in sede di riforma della sentenza assolutoria di primo grado la Corte di appello deve procedere alla rinnovazione istruttoria anche quando si tratti del solo appello della parte civile. La Corte di Venezia si è invece limitat rinnovare l’esame della parte civile NOME COGNOME COGNOME ad ammettere a controprova, su richiesta della difesa, la testimonianza di NOME COGNOME e da ultimo a procedere, su richiesta dell’imputata, al suo esame, mentre non ha disposto la rinnovazione della testimonianza del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,pur riconoscendogli carattere di decisività.
Inoltre non si rinviene l’esame di tutto il materiale istruttorio acquisito e rilevante a della decisione in quanto la Corte non considera le prove utilizzate dal Tribunale per assolvere l’imputata e in particolare le dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME. La Corte veneziana, inoltre, tace sul rapporto sostanzialmente familiare dell’anziana persona offesa con l’imputata, su cui poggiava la ritenuta assenza di dolo di quest’ultima.
2.4 Vizio di motivazione per omessa assunzione di prova decisiva in sede di controprova poiché lo scrivente aveva chiesto di sentire il teste NOME COGNOME e aveva depositato una lista di domande da sottoporre al testimone, in modo da palesarne la importanza, ma le stesse non sono state ammesse, mentre avrebbero fornito il fondamento sulla buona fede dell’imputata.
2.5 Violazione dell’art. 640 cod.pen. in ordine alla individuazione della persona offesa e alla condizione di procedibilità e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento del risarcimento e della provvisionale.
La Corte ha ritenuto che il reato di truffa commesso presso RAGIONE_SOCIALE fosse perseguibile d’ufficio per la natura di ente pubblico della persona offesa, ma le RAGIONE_SOCIALE non hanno subito alcun pregiudizio economico e il collegio avrebbe dovuto spiegare quale era stato il danno patito. Se il risarcimento del danno spetta alla parte civile costituita, NOME COGNOME, nessun danno sarebbe stato arrecato alla persona offesa con conseguente mancata integrazione degli estremi della truffa. In conclusione la Corte ha reputato che sia stato integrato il reato di truffa, sebbene non sia stato arrecato un danno alla persona offesa RAGIONE_SOCIALE e ha pronunciato condanna civile sebbene difettasse ab origine la condizione di procedibilità cioè la querela sporta dalla parte civile costituita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.111 primo motivo di ricorso con cui si lamenta la mancata rinnovazione istruttoria in relazione al teste NOME COGNOME è generico e manifestamente inFondato.
Un elemento probatorio può essere definito prova decisiva solo quando la sua mancanza abbia inciso a tal punto da portare ad affermazioni apodittiche o c:ongetturali da parte del decidente, ovvero tali da potersi concretamente affermare che la prova, richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno della sentenza, risulti tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione. (Sez. 1, Sentenza n. 7747 del 23/05/1996 Ud. (dep. 07/08/1996 ) Rv. 205528 – 01)
La Corte ha correttamente provveduto a riassumere la testimonianza della parte civile, a rinnovare l’esame dell’imputata e, su richiesta a controprova della difesa, ad escutere il teste NOME COGNOME. Il ricorso non allega le ragioni per cui la riassunzione del te COGNOME COGNOME rendeva necessaria e dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso non emerge detta necessità, ove si consideri che il predetto è il medico al quale era stato richiesto di visitare la persona offesa e di certificarne la capacità di intende e di volere.
Va rilevato infatti che l’affermazione di responsabilità civile della COGNOME si basa presupposti del tutto diversi, in quanto si addebita alla stessa di avere provveduto al prelievo di una somma da un libretto di deposito postale e di avere utilizzato il bancomat del COGNOME, subito dopo la morte di quest’ultimo; la sentenza afferma che la RAGIONE_SOCIALE non poteva ritenere in buona fede di essere stata autorizzata a fare ciò, in quanto sapeva bene che la procura a lei conferita dal COGNOME aveva perso ogni effetto in ragione della sua morte, tanto da avere taciuto volutamente in occasione del prelievo, il decesso della persona offesa. Emerge quindi ictu ocu/i la superfluità della testimonianza sulle
capacità psicofisiche della persona offesa in vita, poiché le condotte contestate sono state realizzate dopo la sua morte.
1.2La seconda censura con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’assunzione del teste COGNOME , richiesto dalla difesa a controprova , manifestamente infondata poiché la Corte ha correttamente ammesso il teste COGNOME limitatamente ai nuovi fatti assunti nel corso della rinnovazione, nel rispetto dell’ar 495 comma 2 cod.proc.pen.; la difesa, peraltro, neppure espone le ragioni per cui la valutazione del collegio adottata successivamente al nuovo esame della parte civile e la scelta di escutere il teste a controprova limitatamente ai fatti esposti dalla par civile costituita in sede di rinnovazione avrebbe cagionato pregiudizio alle ragioni della difesa, così incorrendo anche nel vizio di genericità.
1.3La quarta censura relativa al medesimo teste non è consentita poiché è stato precisato che l’inosservanza delle modalità prescritte dalla legge per l’assunzione della prova non può essere denunciata sotto il profilo della mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen.. (Nella specie il ricorren si doleva essergli stato impedito dal presidente del collegio, durante l’istruzion dibattimentale, di porre al testimone domande sui suoi precedenti penali onde valutarne l’attendibilità). (Sez. 3, Sentenza n. 24256 del 27/05/2010 Ud. (dep. 24/06/2010 ) Rv. 247288 – 01)
1.3 La terza censura con cui si lamenta il mancato rispetto dell’obbligo di motivazione rafforzata da parte della sentenza impugnata va respinta poiché la Corte, sia pure sinteticamente, ha esposto le ragioni su cui era fondato il giudizio assolutorio pronunziato in primo grado e le ha censurate, valorizzando i dati emersi dall’istruttoria dibattimentale, che escludono la buona fede della COGNOME, anche in ragione delle sue competenze giuridiche che le consentivano di comprendere che la delega rilasciata in suo favore dalla persona offesa aveva perso efficacia per effetto del decesso del delegante, come si palesa dal fatto che non abbia comunicato alle RAGIONE_SOCIALE l’avvenuto decesso del titolare del libretto di deposito.
La censura è, inoltre, generica nella parte in cui lamenta la mancata valutazione delle dichiarazioni di alcuni testi e documenti, senza tuttavia esporre le ricadute che tal omissione avrebbe cagionato sull’affermazione di responsabilità civile formulata dalla Corte.
1.4 La quinta censura in ordine all’assenza della condizione di procedibilità del reato di truffa è manifestamente infondata poiché, a prescindere dalle considerazioni in ordine alla natura privatistica o pubblica dell’ente RAGIONE_SOCIALE, vittima della condot decettiva della COGNOME, in atti è presente la querela ritualmente proposta il 13 agosto
2015 da NOME COGNOME, in qualità di erede della persona offesa e danneggiato, e tanto basta a garantire la procedibilità del reato.
Quanto alle doglianze in ordine al riconoscimento del risarcimento in favore della parte civile costituita, le stesse appaiono manifestamente infondate poiché è evidente che la stessa ha subito un danno patrimoniale cagionato dall’indebita sottrazione di somme dal libretto di deposito postale intestato al de cuius e tramite l’utilizzo del bancomat.
Le questioni relative all’entità della provvisionale sono inammissibili poiché si tratta statuizione provvisoria che è destinata ad essere rivalutata in sede di giudizio civile.
E’ stato infatti precisato che non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. (Sez 2 – , Sentenza n. 44859 del 17/10/2019 Ud. (dep. 05/11/2019 ) Rv. 277773 – 02)
Inoltre, la determinazione della somma assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l’obbligo di espressa motivazione nel caso in cui l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile. (Sez. 2 – , Sentenza n. 904 del 05/12/2023 Ud. (dep. 10/01/2024 ) Rv. 285723 – 01)
2.Per le considerazioni che precedono si impone il rigetto del ricorso proposto da COGNOME NOME con la conseguente condanna della stessa alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile NOME COGNOME che si ritiene congruo liquidare in euro 5000 in ragione dell’utilità del contributo offerto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre la ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 5000, oltre accessori di legge .
Così deciso, il 24 aprile 2024.