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Utilizzo intercettazioni per reati-scopo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per associazione a delinquere, confermando l’ordinanza di custodia cautelare. La sentenza chiarisce un punto fondamentale sull’utilizzo intercettazioni: quando autorizzate per un reato associativo, i loro risultati sono pienamente utilizzabili per provare i reati-scopo (come le truffe) all’interno dello stesso procedimento, poiché non si configura l’ipotesi di “procedimento diverso” che ne limiterebbe l’uso.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzo Intercettazioni: Quando sono Valide per i Reati-Scopo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2036 del 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia di procedura penale: l’utilizzo intercettazioni autorizzate per un reato associativo al fine di provare i singoli reati-scopo. La pronuncia offre un’importante chiave di lettura, distinguendo nettamente tra l’uso di captazioni all’interno di un unico procedimento e il loro trasferimento in un “procedimento diverso”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato di essere l’organizzatore di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di numerose truffe, spesso ai danni di persone anziane. La difesa dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Secondo il ricorrente, le intercettazioni, autorizzate per il solo reato di associazione a delinquere (art. 416 c.p.), non potevano essere usate per provare le singole truffe (art. 640 c.p.), in quanto queste ultime non rientrano nei casi per cui la legge consente di disporre le captazioni.
2. Errata qualificazione del fatto: La difesa sosteneva che gli elementi raccolti non provassero l’esistenza di una stabile associazione criminale, ma al massimo un concorso di persone nei singoli reati.
3. Insussistenza del ruolo di organizzatore: L’indagato veniva descritto come un mero esecutore di ordini impartiti da familiari, privo di un reale potere decisionale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno confermato in toto l’impianto accusatorio e la correttezza della decisione del Tribunale del riesame, fornendo chiarimenti decisivi sui punti sollevati dalla difesa.

Le Motivazioni: L’Utilizzo Intercettazioni in un Unico Procedimento

Il fulcro della decisione riguarda la questione dell’utilizzo intercettazioni. La Corte ha spiegato che il divieto di cui all’art. 270 c.p.p. si applica solo quando i risultati delle captazioni vengono usati in un “procedimento diverso” da quello in cui sono state disposte. Nel caso di specie, tuttavia, non si era in presenza di procedimenti diversi. L’indagine riguardava un unico fenomeno criminale, composto dal reato associativo e dai relativi reati-scopo (le truffe), che sono intrinsecamente collegati. Pertanto, il procedimento è da considerarsi unico. Di conseguenza, le intercettazioni legittimamente autorizzate per il reato più grave (l’associazione a delinquere) sono perfettamente e pienamente utilizzabili per dimostrare anche i singoli delitti che rappresentano l’obiettivo del sodalizio criminale. Non si tratta di prove acquisite aliunde (da altra fonte), ma di elementi raccolti nel medesimo contesto investigativo.

Le Motivazioni: La Differenza tra Associazione e Concorso di Persone

Sul secondo motivo, la Corte ha ribadito che il Tribunale del riesame aveva correttamente applicato i principi consolidati per distinguere il reato associativo dal semplice concorso di persone. Gli elementi probatori indicavano chiaramente l’esistenza di una struttura stabile e organizzata, con un programma criminoso indeterminato e non limitato a singoli episodi. La presenza di una minima organizzazione (schede telefoniche dedicate, noleggio di auto, assistenza economica agli affiliati) e la sistematicità delle truffe erano indicatori della stabilità del vincolo associativo, che andava ben oltre un accordo occasionale.

Le Motivazioni: La Definizione del Ruolo di Organizzatore

Infine, riguardo al ruolo dell’indagato, la Cassazione ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata logica e congrua. Le conversazioni intercettate dimostravano che il soggetto non era un mero esecutore, ma possedeva un potere decisionale e direttivo. Egli gestiva i proventi delle truffe, decideva le quote da distribuire agli altri membri e fungeva da punto di riferimento per le loro richieste. La Corte ha colto l’occasione per ricordare che la qualifica di “capo” o “organizzatore” non spetta solo al vertice assoluto, ma anche a chiunque abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica per le indagini sui crimini associativi. Stabilisce con chiarezza che l’utilizzo intercettazioni disposte per reati come l’associazione a delinquere si estende naturalmente alla prova dei reati-scopo, purché si rimanga all’interno dello stesso quadro procedimentale. Ciò garantisce agli inquirenti uno strumento investigativo efficace per smantellare le organizzazioni criminali nella loro interezza, colpendo non solo la struttura ma anche le singole attività delittuose che ne costituiscono la ragion d’essere. La pronuncia, inoltre, riafferma i criteri distintivi tra un’alleanza criminale strutturata e un accordo estemporaneo, offrendo parametri chiari per la corretta qualificazione giuridica dei fatti.

È possibile utilizzare intercettazioni autorizzate per il reato di associazione a delinquere per provare anche i singoli reati-scopo come le truffe?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, se il reato associativo e i reati-scopo fanno parte di un unico procedimento, i risultati delle intercettazioni legittimamente autorizzate per il primo sono pienamente utilizzabili per provare anche i secondi, senza violare le norme sull’uso di prove in procedimenti diversi.

Qual è la differenza tra associazione a delinquere e semplice concorso di persone in un reato?
L’associazione a delinquere presuppone un vincolo stabile e permanente tra gli associati e un programma criminoso indeterminato, volto alla commissione di una serie di delitti. Il concorso di persone, invece, si basa su un accordo occasionale e limitato, finalizzato alla commissione di uno o più reati specifici.

Chi può essere considerato “organizzatore” in un’associazione a delinquere?
Secondo la sentenza, un “organizzatore” non è solo il vertice assoluto dell’organizzazione, ma anche chiunque svolga un ruolo direttivo e decisionale nella vita del gruppo criminale, partecipando attivamente alla gestione e alla realizzazione del programma criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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