Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2036 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2036 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 02/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 2 agosto 2023, confermava l’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 17 luglio 2023 con la quale NOME veniva sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato di essere organizzatore di una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati di truffa.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avvocato COGNOME NOME, deducendo, con distinti motivi di ricorso qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc.:
violazione dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 266 c proc. pen. quanto alla inutilizzabilità delle intercettazioni poste a fondamento della misu cautelare; si rilevava che le intercettazioni erano state eseguite fuori dai casi consentiti d legge perché autorizzate in ordine al solo reato di cui all’art. 416 cod. pen. e non anche pe l’accertamento dei reati fine, quali le ipotesi di cui all’art. 640 cod.pen. non rientranti fattispecie di cui all’art. 266 cod. proc. pen.; doveva farsi applicazione del principio affer anche dalle Sezioni Unite (imp. Cavallo) che richiedono, al fine di utilizzare i risultati
intercettazioni in un procedimento diverso da – quello in cui erano state disposte, la connessione ex art. 12 cod. proc. pen. tra i due procedimenti ed il rispetto dei limiti di ammissibilità all’art. 266 cod. proc. pen.; né poteva operare, nel caso in esame, la previsione di cui all’a 270 comma 1 cod. proc. pen. laddove ammette l’utilizzabilità dei risultati delle intercettazio in procedimenti diversi qualora sussistano i requisiti della rilevanza e indispensabilità l’accertamento dei reati per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza e che rientrano nell’ele di cui all’art. 266 comma.1 cod. proc. pen. tra i quali non rientra la truffa;
nullità dell’ordinanza impugnata per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a caric dell’odierno ricorrente in relazione al reato di cui all’art. 416 cod. pen. poiché il mate probatorio raccolto induceva al più alla configurazione di un concorso di persone ex art. 110 cod. pen. anziché al contestato delitto associativo;
nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. quanto al contestazione in capo al ricorrente del ruolo di organizzatore dell’associazione criminosa di cu all’art. 416 cod. pen. non sussistendo alcuna capacità decisionale del NOME il quale si limitava ad attuare le direttive impartite dai soggetti di vertice della struttura assoc ovverosia il padre e il fratello dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivi manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Quanto al primo motivo di ricorso, occorre preliminarmente soffermarsi sul concetto di “procedimento diverso” cui fa riferimento l’art. 270 comma 1 cod. proc. pen. nel prevedere il divieto di utilizzo dei risultati delle intercettazioni in un procedimento differente da all’interno del quale sono state disposte. Ed invero, in tema di intercettazioni di conversazion ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270, comma primo, cod. proc. pen concetto di “diverso procedimento” va collegato al dato della alterità o non uguaglianza del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell’ambito di altro, differente, anche s connesso, procedimento (Sez. 4, n. 7320 del 19/01/2010, Rv. 246697 – 01; Sez. 3, n. 29856 del 24/04/2018, Rv. 275389 – 01).
Nel caso in esame, va diversamente rilevato come il procedimento che ha condotto all’applicazione della misura cautelare non sia riconducibile alla locuzione di “divers procedimento” cui si riferisce la disposizione ma trattasi di un procedimento unico avente ad oggetto il reato associativo e i relativi reati-scopo, così che non sussistono i presuppo richiamati dal primo motivo di ricorso che invoca l’applicazione di una norma, l’art. 27 cod.proc.pen., estranea alla fattispecie in esame.
Peraltro, come correttamente affermato dal tribunale del riesame, la disciplina applicabile alla fattispecie de qua sarebbe quella di cui all’ art. 270 cod. pen. come modificata dalla L. 7/2020 che si applica ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, quale è quello in esame. Va rilevato, infatti, che tema di intercettazioni, la locuzione “procedimen
pen a li iscritti successivamente al 31 agosto 2020″ – che vale a individuare l’ambito applicazione della disciplina relativa all’utilizzazione in diverso procedimento dei risultati captazioni, introdotta dal dl. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dal legge 28 febbraio 2020, n. 7 – si riferisce ai procedimenti nel cui ambito si intendono utilizza i risultati di intercettazioni captate “aliunde” (Sez. 5, n. 37169 del 20/07/2022 Cc. (dep. 30/09/2022) Rv. 283874 – 02).
Nel caso di specie, però, i risultati delle intercettazioni utilizzati per la prova dei reati non sono captate “aliunde” come la giurisprudenza richiede ai fini dell’inutilizzabilità del materiale probatorio – ma nel medesimo procedimento e, dunque, perfettamente utilizzabili per la prova dei delitti di truffa, sebbene si tratti di un reato non rientrante tra quelli l’art. 266 cod. pen. ammette la possibilità di disporre le intercettazioni.
Non risulta, peraltro, pertinente il riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite (im Cavallo, Sez. U, n. 51 del 28/11/2019 Ud. dep. 02/01/2020 Rv. 277395 – 01) la quale presuppone la diversità di procedimenti per applicare il principio in essa enucleato.
Quanto finora affermato consente di superare anche la seconda doglianza contenuta nel primo motivo di ricorso poiché è privo di rilievo nella fattispecie in esame, trattandosi di un procedimento, che l’art. 270 comma 1 cod.proc.pen. consenta eccezionalmente di utilizzare i risultati dell’intercettazione in procedimenti diversi sussistendone i presupposti ivi indicati la rilevanza e l’indispensabilità ai fini dell’accertamento dei delitti per i quali è obbli l’arresto in flagranza; per completezza va ricordato come secondo le ultime modifiche normative -non si richiede più che il reato rientri tra quelli cui si riferisce all’art. 266 c cod. proc. pen. essendo tale presupposto venuto meno alla luce di quanto previsto dal d.lgs. 105/2023 convertito con modificazioni dalla L. 137/2023.
Ne consegue la piena utilizzabilità nel procedimento degli esiti delle operazioni d intercettazione poste a fondamento del provvedimento che disponeva la misura cautelare.
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, va rilevato come il tribunale del riesame abbia correttamente applicato i principi affermati, con giurisprudenza ormai consolidata, da questa corte di cassazione, in ordine al discrimen tra concorso di persone ex art. 110 cod. pen. e reato associativo. Ed in particolare nel concorso di persone nel reato continuato l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell’associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativ dell’indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Rv. 284724 – 01).
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata motiva con specificità in ordine alla gravità indiziaria ed agli indicatori dell’autonomia dell’associazione rispetto al mero ed occasional accordo funzionale alla consumazione degli episodi truffaldini valorizzando, con congruo
richiamo alle intercettazioni effettuate, la ‘consapevolezza degli associati di partecipare programma criminoso, la presenza di una stabile seppur minima struttura organizzativa, al cui vertice si collocava il Francescane – oltre che alcuni membri della sua famiglia -, predisposizione dei mezzi necessari all’esecuzione (utilizzo di schede telefoniche dedicate, tra l’altro frequentemente sostituite, noleggio di auto per recarsi sul luogo di commissione de delitti, assistenza economica agli adepti nel caso in cui fossero stati arrestati), la distribuz tra gli associati del ricavato ottenuto dalle truffe, la frequenza con cui sono stati reali diversi delitti scopo. Ne deriva affermare che il giudice del riesame si è attenuto ai prin stabiliti dalle Sezioni Unite e secondo cui in tema di misure cautelari personali, allorché s denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Co suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatament conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a caric dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che gove l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828 – 01).
2.3 In ordine al terzo motivo di ricorso va osservato che, come correttamente ritenuto nell’ordinanza in esame con una motivazione esente da vizi logici, risulta del tutto sussistent in capo all’odierno ricorrente la qualità di organizzatore dell’associazione criminosa tesa al realizzazione di innumerevoli episodi di truffa a danno soprattutto di persone anziane.
In particolare, assumono rilevanza le conversazioni dalle quali emerge che il NOME aveva potere decisionale e direttivo nell’organizzazione criminosa – seppur non da solo ma congiuntamente al padre e al fratello – potendo assumere decisioni in ordine alla gestione dei proventi delle truffe, in particolare attribuendo agli esecutori materiali la percentuale di spettanza sia sottoforma di acconto di pagamento che come somme ottenute a seguito della monetizzazione del ricavato. Non può, dunque, il ricorrente considerarsi come mero adepto che riceveva ordini dall’alto, come affermato dalla difesa, in quanto dalle intercettazioni effettu si rileva che gli associati, nel comunicare tra di loro, facevano riferimento al ricorrente co persona di riferimento a cui rivolgere le loro richieste. Ed infatti nel reato di associazione delinquere “capo” è non solo il vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo espl quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/202 Rv. 280890 – 01).
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.att. cod.proc.pen.
Roma, 19 dicembre 2023