Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15676 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15676 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
Il motivo, quindi, Ł generico, omettendo il ricorrente di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’omessa valutazione autonoma abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496).
Il quarto motivo di ricorso ripropone l’eccezione processuale di inutilizzabilità ex artt. 270 e 191 cod. proc. pen. degli esiti delle chat criptate fra Calvaruso e Caruso, scambiate mediante criptofonini tramite la piattaforma francese Sky Ecc ed acquisite con ordine di indagine europeo, emesso dalla Procura di Palermo in un diverso procedimento per associazione mafiosa.
Sostiene il ricorrente che per il reato di autoriciclaggio sub 14 non Ł previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, requisito necessario ai sensi del modificato art. 270 cod. proc. pen. per l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte.
Il tribunale ha, invece, correttamente applicato (pagg. 15 e 16) il principio secondo il quale l’art.
270 cod. proc. pen., come modificato con d. l. n. 161/2019, conv. con modifiche in l. n. 7/2020 (nella versione applicabile ratione temporis, non operando nel caso di specie la novella introdotta con d.l. 105/2023, conv. con modifiche in l. 137/2023), prevede al primo comma due deroghe al divieto di utilizzo di intercettazioni autorizzate in altro procedimento: la prima riguarda i casi in cui si proceda per delitti per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato; la seconda riguarda i delitti indicati dall’art. 266, comma 1, cod. proc. pen. sì che per la prova di reati che rientrino nel novero delle suddette deroghe, i risultati delle intercettazioni sono utilizzabili anche in procedimenti diversi da quello in cui sono state autorizzate se risultino rilevanti e indispensabili (Sez. 6, n. 23148 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 281501).
L’art. 266, comma 1, lett. f-quinquies) cod. proc. pen. indica espressamente i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, con la conseguenza che l’aggravante contestata all’interno del capo 14 legittima la deroga al divieto in questione.
Il quinto ed il sesto motivo riguardano, sempre con riferimento al delitto di autoriciclaggio, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed il rapporto con il reato presupposto.
Per il primo aspetto, Ł appena il caso di ribadire che in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828, in motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 192 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali Ł subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza).
Alla stregua di tali principi, la censura non Ł consentita, limitandosi ad una lettura alternativa e decontestualizzata dei plurimi elementi indizianti descritti nella decisione impugnata, con argomentazioni immuni da vizi logici (alle pagine da 22 a 25 dell’ordinanza Ł evidenziato il collegamento tra le operazioni bancarie di trasferimento del denaro e gli spostamenti del COGNOME e gli elementi di riscontro derivanti dalle intercettazioni, a sostegno del coinvolgimento nelle operazioni di riciclaggio).
Quanto al secondo aspetto, il ricorrente reitera il richiamo al principio secondo cui ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 648 ter.1 cod. pen., la condotta integrante l’autoriciclaggio deve collocarsi temporalmente dopo la commissione del reato presupposto, in quanto il legislatore ha tenuto distinti i due momenti, quello di commissione del primo reato che ha generato i beni, il denaro o le altre utilità e quello in cui queste ultime vengono impiegate, sostituite o trasferite in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, con la conseguenza che ai fini della configurabilità dell’autoriciclaggio il perfezionamento del delitto presupposto deve necessariamente precedere il momento consumativo del reato di cui all’articolo 648 ter.1 cod. pen.
La scansione cronologica, ben presente al giudice del riesame che richiama il suddetto
principio nel contesto della motivazione, ha implicato l’individuazione del delitto presupposto nell’associazione mafiosa contestata al COGNOME al capo 1) e al COGNOME ‘in forma aperta’ al capo 2) nel procedimento penale cd. Brevis. Osserva a riguardo il Tribunale – anche in questo caso con coerenza argomentativa – che la partecipazione del COGNOME al sodalizio Ł accertata dal febbraio 2016 con condotta permanente e che, a prescindere dalla sentenza di primo grado (del 14.12.2022) che da un punto di vista processuale ha determinato la fine della consumazione del reato permanente, la condotta partecipativa Ł proseguita stabilmente, in posizione immediatamente subalterna al reggente COGNOME il quale continuava ad affidare al COGNOME le somme della cassa comune da impiegare nelle operazioni indicate nel capo di imputazione 14.
L’ultimo motivo Ł all’evidenza infondato oltre che generico, perchØ privo di confronto critico con la puntuale motivazione del tribunale.
Alle pagine 32 e segg. dell’ordinanza impugnata sono indicati i gravi elementi indiziari dell’estorsione contestata al capo 21, con riferimento al contenuto estorsivo della pretesa economica avanzata dal COGNOME e veicolata dal COGNOME, in danno delle vittime; Ł stata correttamente esclusa la qualificazione giuridica della fattispecie in esercizio arbitrario delle proprie ragioni per l’assenza di un diritto di credito del COGNOME astrattamente azionabile in sede civile, pretendendo costui somme per un’attività di intermediazione immobiliare non esercitata professionalmente e, rispetto alla vicenda in esame, non in concreto effettuata, come risulta dal tenore delle conversazioni intercettate, riportate alle pagine 37 e 38 dell’ordinanza impugnata.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME