Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME COGNOME nato in BULGARIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che si è riportato integralmente al ricorso, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni ivi formulate.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 6 dicembre 2021 dal Tribunale di Avellino nei confronti di NOME, per il reato di cui agli artt. e 493-ter cod. pen.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione del cosiddetto contraddittorio cartolare. Nonostante l’avvenuta trasmissione a mezzo Pec in data 4 gennaio 2023 della nomina rilasciata dall’imputato in favore dell’AVV_NOTAIO, con revoca del precedente legale, e il successivo deposito con le stesse modalità delle conclusioni scritte in data 12 gennaio 2023, nel fascicolo processuale e nell’intestazione della sentenza non risultava traccia della nomina e delle conclusioni suindicate. Solo nel verbale di udienza, la sostituzione del difensore era annotata a mano sul verbale precompilato e si dava atto delle conclusioni della difesa, nonché del mancato deposito delle conclusioni del Procuratore generale (peraltro altra asserita causa di nullità). Peraltro, non a caso, nell’apparato motivazionale della sentenza impugnata, non si ravviserebbero richiami di alcun tipo, tali da lasciar desumere che i giudici abbiano potuto valutare la memoria difensiva.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, che non avrebbe adeguatamente approfondito e vagliato le risultanze istruttorie, così pervenendo incongruamente a giudicare provato l’indebito utilizzo della carta bancomat della persona offesa.
2.3. Il terzo motivo contesta l’erronea applicazione della legge, poiché il prelievo delle somme sarebbe avvenuto non indebitamente, né al fine di trarne un indebito profitto, poiché – come confermato dal riconoscimento del debito da parte di NOME COGNOME – la condotta era diretta unicamente a compensare un preesistente debito di quest’ultimo. Al più, dunque, potrebbe configurarsi il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il verbale dell’udienza di discussione davanti alla Corte di appello in data 17 gennaio 2023 – atto pubblico, fidefaciente fino a querela di falso – si riporta correttamente la nomina dell’AVV_NOTAIO e la revoca del precedente difensore (dopo la notifica della citazione), senza che incida sulla portata probatoria il fatto che, sul modello prestampato, l’avvicendamento tra i legali sia stato indicato con annotazione manoscritta. Analogamente, si dà atto dell’avvenuto deposito delle conclusioni della difesa. La discrasia rispetto a tali circostanze processuali dell’intestazione e delle premesse della sentenza impugnata non implica la nullità dell’atto, meramente irregolare e se del caso emendabile mediante la correzione di errore materiale (poiché, ex art. 130 cod. proc. pen., l’eliminazione del refuso non comporterebbe una modifica essenziale del contenuto). Peraltro, il giudice dell’impugnazione ben può disattendere persino
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un motivo di impugnazione, quando le riflessioni difensive siano incompatibili con l’impianto motivazionale e con le sue premesse essenziali, senza che ciò dia luogo ad un vizio di motivazione rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., (cfr. ex pluribus, da ultimo, Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593). D’altronde, la manifesta illogicità della motivazione presupporrebbe che la ricostruzione proposta dal ricorrente e contrastante con il procedimento argomentativo recepito nella sentenza impugnata sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (cfr. Sez. 6, n. 2972 del 4/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589-02). Nel caso di specie, non sono stati neppure indicati i passaggi logici che sarebbero inficiati dal supposto mancato esame degli atti difensivi.
Ad uguali conclusioni deve giungersi per quanto riguarda l’erronea indicazione in ordine al deposito delle conclusioni del Procuratore generale, la cui assenza è del pari regolarmente segnalata nel medesimo verbale (né il ricorrente indica, a riprova di un proprio concreto interesse, quali specifiche conseguenze negative ciò comporterebbe per la sua posizione).
3.2. Il secondo motivo, sotto l’abito del vizio motivazionale, sollecita un’inammissibile rilettura delle fonti di prova, a fronte di una congrua argomentazione da parte dei giudici di appello in merito all’irrilevanza della materiale disponibilità della carta ai fini dell’indebito utilizzo (pp. 4-6).
3.3. Parimenti fattuali e reiterative, nonché manifestamente infondate, in difetto di violenza o minaccia (elementi costitutivi dei delitti ex artt. 392-393 cod. pen.), sono le censure contenute nel terzo motivo, a fronte di una puntuale indicazione – p. 5 – dell’irrilevanza di eventuali ragioni di credito.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 dicembre 2023
Consigliere estensore
Il Presidente