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Utilizzo IMEI catcher: legittimo per individuare utenze

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per gravi reati. L’imputato contestava l’utilizzo delle intercettazioni, sostenendo che l’impiego di un IMEI catcher per individuare le sue utenze telefoniche fosse illegittimo. La Corte ha stabilito che l’utilizzo IMEI catcher è una mera operazione tecnica strumentale, già coperta dal decreto di autorizzazione generale alle intercettazioni, e non necessita di un provvedimento autonomo. Le altre censure sono state dichiarate inammissibili perché non sollevate correttamente in sede di riesame.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzo IMEI Catcher: La Cassazione ne conferma la legittimità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema tecnologicamente avanzato e processualmente delicato: l’utilizzo IMEI catcher nelle indagini penali. La pronuncia chiarisce che tale strumento, impiegato per individuare le utenze telefoniche di un sospettato, non necessita di un’autonoma autorizzazione, rientrando nell’ambito del provvedimento che già autorizza le intercettazioni. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere per una serie di reati molto gravi, tra cui associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, sequestro di persona e tentata estorsione. La difesa aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava la misura cautelare, lamentando diversi vizi procedurali e, in particolare, l’inutilizzabilità delle prove raccolte tramite intercettazioni telefoniche.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali:

1. Carenza di gravità indiziaria: Si contestava la valutazione del Tribunale riguardo al reato di sequestro di persona e alla partecipazione all’associazione criminale, sostenendo che le prove fossero insufficienti.
2. Erronea valutazione delle censure: La difesa lamentava che il Tribunale del Riesame avesse erroneamente ritenuto che le critiche si limitassero all’inutilizzabilità delle intercettazioni e dei dati GPS, ignorando le specifiche argomentazioni di merito sollevate.
3. Illegittimità dell’utilizzo IMEI catcher: Il fulcro del ricorso era la contestazione sull’uso del cosiddetto ‘IMEI catcher’ per individuare le utenze in uso a uno dei principali indagati. Secondo la difesa, questa attività investigativa avrebbe richiesto un decreto autorizzativo specifico e motivato, la cui assenza rendeva inutilizzabili tutte le successive intercettazioni.

La Decisione della Corte sull’Utilizzo IMEI Catcher

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in tutte le sue parti. La decisione si articola su due binari principali: l’analisi della legittimità dell’impiego dell’IMEI catcher e la dichiarazione di inammissibilità delle altre censure.

La Natura Strumentale dell’IMEI Catcher

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione giuridica dell’utilizzo IMEI catcher. La Corte ha stabilito che tale dispositivo non costituisce un mezzo di ricerca della prova autonomo, ma un’operazione meramente tecnica e strumentale finalizzata all’individuazione delle utenze ‘bersaglio’.

Quando un giudice autorizza le intercettazioni nei confronti di un indagato, ma i numeri di telefono specifici non sono noti, tale autorizzazione include implicitamente il potere per gli inquirenti di compiere tutte le operazioni tecniche necessarie a individuare dette utenze. L’impiego del catcher rientra in questa categoria. Pertanto, non necessita di un provvedimento autorizzativo distinto e ulteriore, trovando la sua legittimazione nel decreto originario che autorizza le captazioni.

La Corte ha inoltre sottolineato che, una volta individuati i codici IMEI dei dispositivi, è stata regolarmente autorizzata l’acquisizione dei tabulati, e l’attribuzione delle utenze agli indagati si è basata su una pluralità di elementi logici, come l’aggancio delle stesse celle telefoniche e il riconoscimento della voce.

L’Inammissibilità delle Altre Censure

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Cassazione li ha dichiarati inammissibili. Dall’esame degli atti, infatti, è emerso che durante l’udienza di riesame la difesa si era limitata a sollevare genericamente questioni sulla gravità indiziaria e sull’inutilizzabilità delle intercettazioni, senza però far verbalizzare le specifiche contestazioni che sono state poi dettagliate nel ricorso in Cassazione.

La legge processuale prevede che le parti possano chiedere la verbalizzazione di specifiche dichiarazioni o richieste. Non avendolo fatto, il ricorrente non poteva lamentare in sede di legittimità un’omessa motivazione del Tribunale su punti che non erano stati formalmente e specificamente sottoposti al suo esame.

le motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, ha riaffermato la distinzione tra l’atto di indagine (l’intercettazione) e le modalità tecniche per eseguirlo. L’utilizzo IMEI catcher è stato qualificato come una di queste modalità, legittimata dal provvedimento autorizzativo principale. Questo approccio evita un’eccessiva burocratizzazione delle indagini, consentendo alla polizia giudiziaria di adeguare gli strumenti tecnici alle necessità operative, sempre nel perimetro fissato dall’autorità giudiziaria.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale: le questioni devono essere sollevate in modo specifico e tempestivo nelle sedi di merito competenti. L’appello in Cassazione non può diventare un’occasione per introdurre per la prima volta argomentazioni dettagliate che avrebbero dovuto essere discusse davanti al Tribunale del Riesame. Questa regola garantisce il corretto svolgimento dei gradi di giudizio e previene tattiche dilatorie.

le conclusioni
La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per le indagini che impiegano tecnologie moderne. Stabilisce chiaramente che l’uso di strumenti come l’IMEI catcher, se finalizzato all’esecuzione di un’intercettazione già autorizzata, è pienamente legittimo. Per la difesa, la pronuncia serve da monito sull’importanza di formalizzare in modo preciso e completo tutte le eccezioni e le censure già in sede di riesame, poiché le omissioni in quella fase possono precludere la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Corte di Cassazione.

L’utilizzo di un IMEI catcher per trovare un numero di telefono da intercettare richiede un’autorizzazione specifica del giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di un’operazione tecnica strumentale per individuare un’utenza bersaglio. La sua legittimità deriva direttamente dal decreto che autorizza in via generale le intercettazioni nei confronti di un indagato, anche se i numeri di telefono non sono ancora noti.

Cosa succede se la difesa non fa mettere a verbale le proprie contestazioni durante l’udienza del riesame?
Se la difesa non si avvale della facoltà, prevista dal codice di procedura penale, di far verbalizzare specifiche censure, non può poi lamentare in Cassazione che il Tribunale del Riesame abbia omesso di rispondere su quei punti. Le questioni si considerano non formalmente sollevate.

Un vizio del decreto originario di intercettazione rende automaticamente inutilizzabili anche le prove raccolte con i decreti successivi?
No. La giurisprudenza ha costantemente escluso questo automatismo. Il vizio di un decreto intercettativo non si comunica necessariamente a quelli successivi che siano stati correttamente adottati. Pertanto, una prova scoperta tramite un’intercettazione successiva e legittima non è inutilizzabile solo perché quella originaria era viziata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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