Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5700 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5700 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
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sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato ad Assisi il 01/04/1991
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 21/11/2023
visti gli atti; il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 20/07/2021, il Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 600quater, comma 1, cod. pen., così riqualificato il fatto di cui al capo a), e del reato di cui agli artt. 56, 610, cod. pen., contestato al capo b); per l’effetto lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione e euro ottocento di multa, con concessione delle pene accessorie di legge e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
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In data 21 novembre 2024, la Corte d’appello di Roma, su appello dell’imputato, ha confermato la decisione censurata.
2.Avverso tale ultimo provvedimento, COGNOME NOMECOGNOME tramite difensore, propone ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi.
Nel primo motivo si lamenta il vizio di violazione di legge sotto più profili. Deduce, in particolare, che la Corte territoriale è giunta all’affermazione della responsabilità penale in dispregio alla previsione di cui all’art. 600-quater cod. pen., che richiede, quale requisito per la rilevanza penale della condotta, “l’utilizzazione del minore”, non presente nel caso di specie.
La realizzazione della foto di cui alla contestazione, sarebbe stata frutto di una iniziativa autonoma della minore, di una autoproduzione realizzata all’interno del rapporto sentimentale, paritario, intercorrente tra la giovane e l’imputato. Oltre all’elemento oggettivo del reato, difetterebbe, altresì, l’elemento soggettivo in quanto l’imputato non avrebbe avuto contezza della minore età della ragazza. La Corte d’appello non avrebbe, dunque, fatto corretta applicazione dell’art. 602quater cod. pen, avendo escluso che ricorressero gli estremi dell’errore scusabile in ragione del fatto che l’imputato aveva visionato, sul profilo social della ragazza, foto che la ritraevano a scuola; ad avviso della difesa i giudici territorial avrebbero attribuito valore dirimente ad una evenienza di per sé non significativa, attesa la possibilità di permanere a scuola anche successivamente al raggiungimento della maggiore età.
Nel secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per il reato a lui contestato al capo a); la condanna sarebbe intervenuta nonostante il mancato rinvenimento della fotografia ritraente la persona offesa di cui oggetto d’imputazione.
Tale circostanza, ad avviso della difesa, avrebbe oggettivamente impedito di valutarne il carattere pedopornografico, posto che i riferimenti contenuti nelle chat intercorse tra l’imputato e la minore, relativi alla rappresentazione di un nudo parziale, non costituirebbero elementi sufficienti per la configurabilità del reato contestato per cui è intervenuta condanna.
Nel terzo motivo di ricorso, riferito al capo b) si lamenta il vizio d violazione di legge e di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per il delitto di tentata violenza privata.
Nella prospettazione difensiva, le frasi pronunciate dal COGNOME nei confronti della persona offesa non avrebbero avuto natura minatoria e non avrebbero
indotto alcun timore psichico nella vittima, come comprovato dalla circostanza che la ragazza non ha acconsentito alle richieste sottese alla minaccia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono.
La giurisprudenza di questa Corte, nel suo più autorevole Consesso, ha affermato che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 600-ter, pri comma, n. 1, cod. pen., è necessario che la produzione del materiale pedopornografico sia realizzato con l’utilizzazione del minore, sussistente qualora, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale del fatto solo le condotte realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica dello stesso (Sez. U, n. 4616 del 28/10/2021, dep. 2022, D., Rv. 282718 – 01).
Le Sezioni Unite hanno altresì statuito che è lecita unicamente la produzione di materiale pornografico realizzato senza la “utilizzazione” del minore e con il consenso espresso di colui che abbia raggiunto l’età per manifestarlo (Sez. U, n. 4616 del 28/10/2021, dep. 2022, D., Rv. 282718 – 04);
Le Sezioni semplici di questa Corte hanno reputato configurabile il delitto di produzione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600-ter, primo comma, n. 1, cod. pen., anche nella realizzazione di una sola immagine di tal genere, non essendo previsto dalla norma il superamento di una soglia quantitativa minima (Sez. 3, n. 41572 del 11/05/2023, C., Rv. 285162 – 01).
La nozione di “utilizzazione” di minori finalizzata a produrre materiale pornografico ha portata particolarmente ampia, perché diretta ad assicurare la tutela del minore, sulla base delle indicazioni normative sovra-nazionali, anche nel caso di formale consenso dello stesso alla produzione di tale tipologia di materiale.
Inoltre, di recente, le Sezioni Unite hanno precisato che «il termine “utilizzazione” sta ad indicare la condotta di chi manovra, adopera, strumentalizza o sfrutta il minore servendosi dello stesso e facendone uso nel proprio interesse, piegandolo ai propri fini come se fosse uno strumento» (così Sez. U, n. 4616 del 28/10/2021, dep. 2022, D., in motivazione, § 3.2).
Tanto premesso, va osservato che la Corte d’appello ha affermato la responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 600 ter cod. proc. pen. senza tuttavia accertare se, nel caso di specie, vi sia stata “utilizzazione del minore”.
Su tale elemento costitutivo, essenziale per la configurabilità della fattispecie, la Corte è stata silente, imponendosi, perciò, l’annullamento con rinvio della decisione in relazione a tale specifico punto, inerente al reato di cui al capo a).
Il giudice del rinvio dovrà, dunque, verificare se nella produzione del materiale pedopornografico di cui all’incolpazione (sulla sussistenza del carattere pedopornografico della fotografia si fa rinvio al punto seguente) vi sia stata “utilizzazione del minore” e, o, se detta produzione possa o non possa essere sussumibile, come paventato dalla difesa, nella “pornografia domestica” come delineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 4616 del 28/10/2021, dep. 2022, D., Rv. 282718 – 04).
Nel secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta, in mancanza del rinvenimento della fotografia, di cui non contesta l’invio e la ricezione, l’impossibilità di attribuire alla stessa contenuto pedopornografico.
La censura è infondata.
Il carattere pedopornografico della fotografia inoltrata è stato desunto in ragione del contenuto dei messaggi telefonici intervenuti tra l’imputato e la persona offesa.
Come è noto l’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., consente la possibilità di desumere un fatto da indizi, alla condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti; questa disposizione, finalizzata a «circondare di cautele la valutazione di una prova ritenuta infida», oggi deve essere necessariamente letta unitamente al principio contenuto nell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui la colpevolezza dell’imputato deve risultare «al di là di ogni ragionevole dubbio».
Ciò comporta che, soprattutto in presenza di prove indiziarie, il giudice di merito, al quale vengano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, non può adottarne una, che conduce alla condanna, solo perché la ritiene più probabile delle altre, in quanto la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”, impone di pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in natura”, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 1, n. 1792 del 03/03/2010, COGNOME; Sez. 1, n. 23813 del 08/05/009, Manickam). In altri termini, il procedimento logico deve condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità razionale, quindi alla “certezza processuale”.
Questo grado di credibilità razionale appare raggiunto nel procedimento in esame, in quanto la Corte d’appello ha attentamente valutato il contenuto dei
messaggi oggetto della chat intervenuta tra il COGNOME e la persona offesa inquadrandoli nel contesto di riferimento in cui sono stati scambiati.
Dopo aver precisato che i messaggi presi in considerazione sono stati rinvenuti nel tablet dell’imputato e sul telefono cellulare della vittima, la Corte ha reputato ampiamente dimostrata la circostanza dell’invio di una foto raffigurante la ragazzina senza vestiti in ragione del tenore delle conversazioni intervenute prima e dopo l’inoltro.
Dalla sentenza della Corte d’appello risulta, infatti, che nella conversazione precedente, l’uomo chiede alla ragazza di mostrarle “dal vivo” “il sedere come mamma te lo ha fatto”, e quando la ragazzina gli prospetta la possibilità di inviargli una foto, l’uomo specifica di volerne una che la raffiguri “nuda”; l’imputato sollecita l’invio in data 22 giugno e la ragazza risponde che l’indomani avrebbe provveduto; successivamente all’inoltro, l’imputato insiste per incontrare di persona la persona offesa, minacciando di postare la foto ricevuta sul profilo di lei, in modo che, dalla comparazione con le altre pubblicate, sarebbe stato chiaro la ragazza ivi raffigurata era proprio lei. La minore, alla paventata minaccia, risponde preannunciando una denuncia per “istigazione alla pedofilia…prostituzione”.
La lettura accurata degli elementi illustrati ha portato i giudici di merito, con ragionamento coerente e logico, e pertanto non censurabile in questa sede, a reputare che la foto inviata avesse carattere pedopornografico, in ragione, appunto, dei riferimenti alla nudità contenuti nei messaggi precedenti l’invio e alla minaccia esplicita di pubblicare la foto, minaccia che non avrebbe avuto senso se la pubblicazione non fosse stata idonea a suscitare imbarazzo a causa della nudità contenuta e alla luce della risposta data dalla minore che ha fatto esplicitamente riferimento alla “pedofilia”.
È possibile affermare, dunque, che in tema di produzione di materiale pedopornografico, il mancato rinvenimento e sequestro del materiale realizzato non impedisce la configurabilità del delitto di cui all’art. 600-ter, comma 1, n. 1, qualora si pervenga per via indiretta, sulla base di elementi di prova certi, a desumere l’esistenza di tale materiale e il suo carattere pedopornografico.
3.11 terzo motivo di gravame, in cui il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per il delitto di tentata violenza privata, è in parte inammissibile in parte infondato.
È inammissibile là dove si deduce il carattere non minatorio della condotta, sollecitando questa Corte ad effettuare una inammissibile rivalutazione di un elemento fattuale desunto con giudizio immune da vizi censurabili in questa sede.
E’ altresì infondato nella parte in cui si ritiene di poter dubitare dell della minaccia a costringere la vittima solo perché la ragazzina non ha c alle pressioni dell’imputato: la Corte d’appello ha fatto corretta applicaz principio di diritto secondo il quale, in tema di delitto tentato, l’acc della idoneità degli atti deve essere compiuta dal giudice di merito seco criterio di prognosi postuma, con riferimento alla situazione che si pres all’imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condiz prevedibili del caso. (Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 277032
4.Per questi motivi la sentenza impugnata va annullata limitatamente al c a) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Ro Col rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo a) con rinvio per nuo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel r ricorso.
Così deciso in Roma, in data 21/11/2024
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Dispone, a norma dell’art. 53 del d.lgs. 30 giugno 2000, n. 196, che – a dei diritti o della dignità degli interessati – sia apposta, a cura della c sull’originale della sentenza un’annotazione volta a precludere, in c riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione generalità e degli altri dati identificativi degli interessi in essa riportati
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