Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14032 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14032 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Canito NOME NOME nato a San Severo il 10/02/1976 avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 20/05/2024 preso atto che il ricorrente è stato ammesso alla trattazione orale in presenza udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso udite conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che si è riportata ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Canito NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano in data 20/05/2024 con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale di Milano del 07/02/2023 che lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per i delitti di tentata rapina aggravata e furto in abitazione (capi 1 e 2 dell’imputazione).
Con il primo motivo lamenta violazione di legge ex art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. per la mancata valutazione delle allegazioni difensive con le quali la difesa aveva contestato la attendibilit del coimputato NOME Adrian il quale aveva reso dichiarazioni etero accusatorie nei confronti del ricorrente, a distanza di ben quattro anni dai fatti perché animato da un sentimento di ritorsione verso la famiglia COGNOME ed influenzato dall’esito dell’istruttoria dibattimentale.
Aggiunge che le dichiarazioni del coimputato sarebbero inutilizzabili perché rimaste prive di riscontri oggettivi non rilevando, a tal fine, né i tabu telefonici, ad avviso della difesa inutilizzabili; né il rinvenimento delle chi dell’autovettura Fiat Punto intestata a Canito, a bordo della quale il correo era giunto sul luogo del delitto.
3. Con il secondo motivo contesta l’utilizzabilità dei tabulati telefonici sulla scor della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 2 marzo 2021 rilevando che l’accesso ai dati avrebbe dovuto essere autorizzato dal giudice ed in ogni caso la legislazione nazionale in materia (art.1, comma 1 bis, della L. 178/2021 che ha convertito il D.L. 132/2021), che ha introdotto una disciplina transitoria che fa salva l’attività acquisitiva precedentemente disposta, avrebbe omesso di applicare il disposto della sentenza della Corte di Giustizia, secondo la difesa immediatamente applicabile, introducendo una disciplina in contrasto con gli obblighi derivanti dall’art. 117 della Costituzione “essendo l’intervento legislativo chiaramente in contrasto con quanto sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.
A tal riguardo richiama una pronuncia di questa Corte di legittimità (Sez. 4, n. 32691 del 27/7/2023) nella quale non si esclude che le statuizioni della Corte di Giustizia possano modificare ulteriormente la giurisprudenza e la normativa italiana adeguandola maggiormente a quella sancita dal diritto dell’Unione Europea così prevedendo definitivamente l’inutilizzabilità di quei dati acquisiti i violazione dei principi richiamati dalla normativa europea.
In sostanza ritiene la difesa che la decisione della Corte di Giustizia del 2021 sia immediatamente applicabile dal Giudice nazionale ai sensi dell’art. 117 della Costituzione ed in assenza di autorizzazione del giudice, come avvenuto nel caso di specie, i dati del traffico telefonico acquisiti precedentemente, sarebbero inutilizzabili.
4. In via alternativa il ricorrente reitera la questione di legittimità costituzio dell’art.1, comma 1 bis, della L. 178/2021, per contrasto con l’art. 117 Cost., già sollevata in grado di appello che la Corte di merito avrebbe superato senza nulla argomentare sul punto.
Nell’ambito di questo motivo la difesa contesta l’attribuibilità al ricorre dell’utenza telefonica 3207922351, inserita nella SIM dell’apparecchio telefonico perso da uno dei rapinatori (insieme alle chiavi della Fiat Punto), senza considerare che il giorno dell’attivazione della SIM (16/12/2018) Canito si trovava presso una Comunità terapeutica e che la sua identificazione è avvenuta sulla scorta dei elementi (la pregressa conoscenza dell’imputato da parte degli operanti di P.G. e l’analisi delle celle di aggancio dell’utenza a lui in uso) no decisivi perchè frutto di un apprezzamento soggettivo dell’operante e non individualizzanti ,posto che le celle dei telefoni oggetto di analisi, coprivano u ampio territorio comprensivo non solo del luogo del delitto, ma anche quello in cui si trovano le abitazioni di Mihk e di Canito.
La Corte di merito avrebbe trascurato il dato riferito dai testimoni circa l nazionalità ucraina dei complici del Mihk ed avrebbe erroneamente ritenuto riferibile a Canito il possesso della Fiat Punto.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole, infine, del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della ritenuta recidiva che la Corte di appello avrebbe applicato valorizzando il curriculum criminale del reo senza valutare se e in quale misura la pregressa condotta delittuosa dimostri un’inclinazione a delinquere ed in che modo abbia influenzato la condotta attuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La Corte di appello a pag. 12 della sentenza impugnata ha precisato che la responsabilità dell’imputato poggia sulle dichiarazioni etero accusatorie del coimputato COGNOME sull’analisi dei tabulati telefonici delle utenze in uso malviventi e sul rinvenimento sul luogo della tentata rapina, dell’autovettura intestata al Canito.
A proposito della credibilità soggettiva del dichiarante la Corte di merito ha puntualmente spiegato le ragioni per le quali doveva escludersi che COGNOME fosse stato indotto a rendere le dichiarazioni eteroaccusatorie per un sentimento di accondiscendenza alle domande del P.M. o perché indotto dall’esito dell’istruttoria dibattimentale o ancora per un sentimento di rivalsa verso Canito (cfr. pagg. 12 14 e 15 della sentenza impugnata) ed ha richiamato, a sostegno, l’orientamento giurisprudenziale, qui condiviso, secondo cui il generico interesse a fruire dei benefici premiali non costituisce, di per sé solo, un elemento idoneo ad intaccare la credibilità delle dichiarazioni, qualora il giudice le abb doverosamente sottoposte a vaglio critico, condizione verificatasi nel caso di
specie (Sez. 1, n. 11179 del 31/10/2018, Rv. 274921; Sez. 6, n. 48320 del 12/04/2022, Rv. 284074).
La Corte di merito ha poi pertinentemente osservato come il fatto che COGNOME avesse reso le dichiarazioni eteroaccusatorie a distanza di quattro anni dai fatti, in dibattimento, non influiva sull’attendibilità del dichiarante. Non va dimenticato, infatti, che il legislatore ha espressamente previsto la possibilità di rendere le dichiarazioni etero accusatorie nel corso dell’esame dibattimentale, sempre che siano rispettate le modalità procedimentali di cui all’art. 210 cod. proc. pen., come avvenuto nel caso in esame.
Se ne trae la legittimità del giudizio espresso dal giudice di appello sulla credibilità del coimputato dal momento che le sue dichiarazioni erano positivamente riscontrate da una pluralità di ulteriori elementi probatori interpretati in termini congrui e logici e valutati non solo singolarmente, ma anche globalmente, secondo corretti canoni di apprezzamento. Sono stati così posti in evidenza i tabulati telefonici che attestavano la presenza dell’imputato (e dei suoi complici) sul luogo di consumazione dei delitti di cui ai capi 1 e 2 (pag. 14), cosicchè, correttamente, la Corte di merito ha escluso che potesse avere rilievo decisivo sapere chi avesse attivato la scheda Sim abbinata al telefono smarrito dal rapinatore sul luogo del delitto o chi avesse guidato la Fiat Punto intestata formalmente all’imputato (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata).
Analogamente, con riferimento al tema della inutilizzabilità dei tabulati telefonici, il ricorrente ripropone questioni già esaminate puntualmente disattese dalla Corte di merito, senza che possa ravvisarsi la denunciata omessa motivazione anche con riguardo a profili di illegittimità costituzionale.
Sul fronte della giurisprudenza nazionale, occorre ricordare che le Sezioni Unite con sent. n. 21 del 13/07/1998, Rv. 211196, nel risolvere il contrasto di giurisprudenza sul regime applicabile ai tabulati telefonici hanno enucleato, sulle orme della Corte Costituzionale, il principio che l’acquisizione dei tabulati telefonici soggiace alla disciplina delle garanzie di segretezza e libertà delle comunicazioni; che è necessario un decreto motivato della autorità giudiziaria (pubblico ministero o giudice) in assenza del quale opera la sanzione di inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen.; che l’art. 191cod. proc. pen si riferisce non solo alle prove oggettivamente vietate, ma anche a quelle formate o acquisite in violazione dei diritti soggettivi tutelati in modo specifico dalla Costituzione, come nel caso degli artt. 13, 14 e 15, in cui la prescrizione dell’inviolabilità attiene a situazioni fattuali di libertà assolute, di cui è consent la limitazione solo nei casi e nei modi previsti dalla legge. Inoltre, le Sezioni Unite hanno precisato che i “tabulati” costituiscono la documentazione in forma intellegibile del flusso informatico relativo ai dati esterni al contenuto delle
conversazioni; stampa che fa parte peraltro, secondo la tecnica informatica, del “movimento” dei dati gestito dall’ente concessionario del servizio, nell’ambito del flusso costituito appunto dall’ingresso elaborazione-registrazione e stampa.
Successivamente, con sentenza n. 6 del 23/02/2000, Rv. 215841, le Sezioni Unite hanno ribadito che “Ai fini dell’acquisizione dei tabulati contenenti i dati esterni identificativi delle comunicazioni telefoniche conservati in archivi informatici da gestore del servizio, è sufficiente il decreto motivato dell’autorit giudiziaria, non essendo necessaria, per il diverso livello di intrusione nella sfera di riservatezza che ne deriva, l’osservanza delle disposizioni relative all’intercettazione di conversazioni o comunicazioni di cui agli articoli 266 e seguenti cod. proc. pen.”.
Infine, con sent. n. 16 del 21/06/2000, Rv. 216247 le Sezioni Unite hanno chiarito che “Per l’acquisizione dei dati esterni relativi al traffico telefonico concernenti gli autori, il tempo, il luogo, il volume e la durata del comunicazione, fatta esclusione del contenuto di questa – archiviati dall’ente gestore del servizio di telefonia, è sufficiente, in considerazione della limitat invasività dell’atto, e sulla base dello schema delineato nell’art. 256 cod. proc.pen., eterointegrato dall’art. 15, comma secondo, Cost., il decreto del pubblico ministero con il quale si dia conto delle ragioni che fanno prevalere sul diritto alla “privacy” l’interesse pubblico di perseguire i reati”.
Con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno posto l’accento su un profilo di particolare interesse vale a dire che “anche se manca la previsione di un immediato controllo giurisdizionale di detto decreto motivato, tuttavia il recupero di tale controllo, che attiene a un mezzo di ricerca della prova, avviene attraverso la rilevabilità, anche di ufficio, dell’eventuale relativa inutilizzabili ogni stato e grado del procedimento, così nelle indagini preliminari nel contesto incidentale relativo all’applicazione di una misura cautelare, come nell’udienza preliminare, ovvero nel dibattimento o nel giudizio di impugnazione”.
5. Ciò posto a livello di giurisprudenza nazionale, sul tema dei c.d. data retention è intervenuta a più riprese anche la Corte di giustizia dell’Unione Europea. In particolare con la sentenza della Grande Sezione del 2 marzo 2021, nella causa C-746/18 la Corte di Giustizia, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale della Corte Suprema estone, ha affermato due rilevanti principi circa la disciplina dei c.d. data retention ricavabile dall’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazion elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009:
5 GLYPH
21-q)
– la direttiva, letta alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell’articolo paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, osta a una normativa nazionale che permetta alle autorità pubbliche l’accesso a dati relativi al traffico o a dati relativi all’ubicazione, idonei a fornire informazioni su comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate, per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedimenti aventi per scopo la lotta contro forme gravidi criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica;
la direttiva, letta alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Uni europea, osta a una normativa nazionale che investa il pubblico ministero della competenza ad autorizzare l’accesso ai dati relativi al traffico e ai dati relativ all’ubicazione al fine di condurre un’istruttoria penale, dovendo il controllo preventivo essere rimesso a un giudice o a una autorità amministrativa indipendente, comunque diversa dall’autorità richiedente.
6. A fronte di tale pronuncia il legislatore nazionale, nel dichiarato intento di adeguare la normativa nazionale ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza 2 marzo 2021, ha adottato il decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, entrato in vigore il 30 settembre 2021. L’art. 1 del decreto-legge, intitolato “Disposizioni in materia di acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale” ha riscritto l’art. 132, terzo comma, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”), prevedendo che “entro il termine di conservazione imposto dalla legge, se sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pe dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni determinata a norma dell’art. 4 cod. proc. pen., e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi, ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private”.
Per effetto del decreto-legge, dunque, l’acquisizione dei tabulati telefonici e informatici è stata subordinata a un previo controllo giurisdizionale sulla richiesta del pubblico ministero (o a una convalida successiva, in caso di acquisizione operate in via di urgenza dal pubblico ministero) e il potere di acquisire i tabulati è stato conferito all’autorità giudiziaria solo per reati tassativamente indicati e ritenuti gravi dal legislatore.
7. La legge 23 novembre 2021, n. 178, in sede di conversione del decreto legge, ha poi apportato alcuni correttivi alla disciplina dell’acquisizione ed ha dettato
una disciplina transitoria volta specificamente a superare i contrasti interpretativi insorti in ordine all’utilizzabilità dei tabulati telefonici acquisiti dal pubb ministero in forza della disciplina previgente. In particolare è stato inserito i comma 1-bis all’interno dell’art. 1 del D.L. n.132 del 2021 che ha stabilito che i dati relativi al traffico telefonico acquisiti nei procedimenti penali prima della entrata in vigore del D.L. n. 132 del 2021 “possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l’accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’art. 4 cod. proc. pen. e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi”.
8. Ebbene, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la disciplina transitoria introdotta dall’art. 1, comma 1-bis, del dl. 30 settembre 2021, n. 132, convertito con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, è compatibile con l’art.15, par. 1, della Direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni, modificata dalla direttiva 2009/136/CE, in quanto, in un’ottica di ragionevole ed equilibrato contemperamento di interessi diversi, persegue la finalità di non disperdere dati già acquisiti, subordinandone l’utilizzazione alla significativa illiceità penale di predeterminate ipotesi per cui è consentita l’acquisizione a regime e alla sussistenza di “altri elementi di prova”, quale requisito di compensazione della mancanza di un provvedimento giudiziale di autorizzazione all’acquisizione stessa, necessario nella disciplina a regime (Sez. 3, n. 11991 del 31/01/2022, Rv. 283029).
La disciplina transitoria, contrariamente a quanto assunto nel ricorso, non si pone in contrasto con il diritto dell’Unione ma costituisce attuazione dell’art. 15 della direttiva 2002/58/UE, norma sprovvista di efficacia diretta. Come noto, infatti, le direttive sono fonti del diritto unionale che vincolano lo Stato membro cui sono rivolte “per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi” (art. 288, par. 3, TFUE). Sulla scorta del principio di autonomia dello Stato membro in ordine alla scelta dei mezzi di recepimento maggiormente adeguati a garantire il raggiungimento del risultato voluto dalla disciplina comunitaria, e sempre salva l’osservanza dei principi di effettività ed equivalenza, il legislatore nazionale, in materia di “data retention”, ha dunque operato una scelta volta a “favorire una graduale applicazione nel tempo della nuova disciplina processuale”, improntata a criteri di ragionevolezza.
9. A tal proposito preme richiamare l’insegnamento della Corte costituzionale, secondo cui l’esigenza di “calibrare il passaggio tra due modelli processuali difformi» legittima l’adozione di soluzioni finalizzate a non vanificare «totalmente l’attività probatoria già espletata” (Corte cost., 12 marzo 2003, n. 64; Corte cost., 22 novembre 2001, n. 381). La Corte costituzionale ha altresì chiarito come, sulla base di un accertato contrasto tra una norma nazionale e una norma del diritto dell’Unione europea (anche alla luce del significato che a quest’ultima sia stata data dalla Corte di Lussemburgo), sia costituzionalmente legittima una norma nazionale di natura transitoria destinata a favorire in maniera ragionevolmente graduale il superamento di quel contrasto (v. Corte cost., sent. n. 213 del 2011).
Del resto, la stessa Corte di giustizia tollera che gli effetti dichiarativi del proprie sentenze siano oggetto di limitazione da parte dei legislatori nazionali tutte le volte in cui una rigida applicazione delle stesse dovesse “mettere in crisi il principio generale di certezza del diritto ovvero provocare gravi turbamenti” (in questo senso, tra le altre, Corte di giustizia, sent. del 28/09/1994, C-200/91, Coloroll RAGIONE_SOCIALE; Corte di giustizia, sent. del 28/09/1994, C-28/93, COGNOME; Corte di giustizia, sent. del 08/04/1976, C43/75, Defrenne).
10. Alla luce di tali coordinate, deve escludersi tanto l’operatività del rimedio della disapplicazione per l’assenza di un’antinomia tra il diritto dell’Unione e la disciplina transitoria quanto, a fortiori, la ricorrenza del presupposto della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale già sollevata dal ricorrente ed adeguatamente superata dalla Corte di appello con pertinenti richiami giurisprudenziali (Sez. 6, n. 9204, del 1/3/2022, Cannata, n.m.; Sez. 3, 11991 del 31 gennaio 2022, Rv. 283029).
E’ stato chiarito, inoltre, che gli “altri elementi di prova” che, ai sensi della norma transitoria, devono confortare i cd. dati “esteriori” delle conversazioni ai fini del giudizio di colpevolezza possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a corroborare il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma (Sez. 2, n. 11283 del 03/02/2023, Rv. 284600; Sez. 5, n. 8968 del 24/02/2022, Rv. 282989, che riprende sulpunto, Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, Rv. 255145).
11. Nella fattispecie in esame, i tabulati telefonici sono stati acquisiti con decreto motivato del pubblico ministero ai fini dell’accertamento dei reati di tentata rapina e furto, commessi nel 2018; vale a dire di reati rientranti nel catalogo di legge. L’affermazione di colpevolezza non si fonda unicamente sui dati esteriori del traffico telefonico (contatti e collocazione dell’interlocutore) ma anche sulle
NOME
dichiarazioni etero accusatorie del concorrente nel reato e sul rinvenimento sul luogo del delitto dell’auto del ricorrente e dunque soddisfa pienamente la regola di giudizio di cui si è detto.
12. Non consentito è poi il motivo di ricorso nella parte in cui contesta la correttezza dell’affermazione di responsabilità del ricorrente denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (dichiarazioni testimoniali, analisi delle celle telefoniche, mancanza di rilievi scientifici sulla scarpa rinvenuta sul luogo del delitto), stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Invero, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 13 e segg.) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato.
13. L’ultimo motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio è generico.
Il ricorrente non si confronta con la diffusa e ben argomentata decisione della Corte di appello che ha negato le attenuanti generiche sul rilievo che non emergevano elementi positivi giustificativi della mitigazione di pena, dovendosi ribadire che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse ( Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Rv. 283489).
14. Quanto alla ritenuta recidiva aggravata ex art. 99, comma 4, cod. proc. pen., il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare, pag. 16 e segg.) dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”.
Nella specie la Corte di appello acutamente ha osservato che il giudizio sulla recidiva richiede anche un esame del percorso criminale del reo (in tale senso ha
sottolineato che COGNOME è gravato da ben ventidue condanne per delitti, molte delle quali per delitti conto il patrimonio, altre contro la persona), rimarcando la
significatività dei nuovi gravi delitti (commessi poco dopo la sua dimissione dalla
Comunità) concludendo in termini di spiccata capacità criminale del reo.
La decisione è in linea con i recenti arresti della giurisprudenza di legittimità
(Sez. U. GLYPH
n. 32318 del 30/03/2023, Rv. 284878; Sez. U., n. 35738 del
27/05/2010, Rv. 247838) che hanno evidenziato che il giudizio sulla recidiva, pur essendo incentrato sulla rilevanza dell’ultimo delitto commesso rispetto alla
valutazione dell’accresciuta attitudine a delinquere, deve avere ad oggetto la totalità dei reati compresi nella sequenza recidivante, nel loro apporto
all’incremento dell’attitudine suindicata.
15. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 12/03/2025