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Utilizzabilità prove chat cifrate: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per tentato traffico internazionale di droga. La difesa contestava l’utilizzabilità delle prove provenienti da una chat cifrata, acquisite tramite Ordine di Indagine Europeo. La Corte ha confermato la piena utilizzabilità delle prove, ribadendo i principi stabiliti dalle Sezioni Unite sulla circolazione della prova tra Stati UE e sottolineando che spetta alla difesa l’onere di dimostrare specifiche violazioni dei diritti fondamentali, non riscontrate nel caso di specie.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità Prove da Chat Cifrate: La Cassazione Fa il Punto sull’Ordine di Indagine Europeo

L’evoluzione tecnologica pone costantemente nuove sfide al diritto processuale penale, in particolare per quanto riguarda l’acquisizione e l’uso di prove digitali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 45265/2024) affronta un tema di grande attualità: l’utilizzabilità prove chat cifrate ottenute da un altro Stato membro dell’Unione Europea tramite un Ordine di Indagine Europeo (OEI). La pronuncia si inserisce nel solco tracciato da importanti decisioni delle Sezioni Unite, offrendo chiarimenti fondamentali sui principi di cooperazione giudiziaria e sul diritto di difesa.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato di concorso nel tentativo di acquistare in Sud America e importare in Australia un ingente quantitativo di cocaina. L’operazione criminale non era andata a buon fine, generando un “problema” economico con i finanziatori. L’indagato, secondo l’accusa, sarebbe stato coinvolto per risolvere la situazione, facendo pressioni sul proprio cognato, ritenuto il responsabile del fallimento. Le prove a suo carico provenivano in gran parte dall’analisi di conversazioni avvenute su un sistema di comunicazione cifrata, i cui dati erano stati acquisiti dalle autorità francesi e successivamente trasmessi all’Italia tramite un Ordine di Indagine Europeo.

Le Doglianze del Ricorrente

La difesa ha impugnato l’ordinanza di custodia cautelare davanti alla Cassazione, sollevando tre motivi principali:

1. Violazione di legge processuale: Si sosteneva l’inutilizzabilità dei contenuti delle chat, asserendo che fossero il risultato di intercettazioni telematiche massive e illegali, acquisite in violazione dei diritti fondamentali e non conformi alle norme dell’ordinamento italiano.
2. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria: Secondo il ricorrente, gli elementi a suo carico dimostravano un coinvolgimento solo successivo al fallimento del piano criminale, e non una partecipazione all’organizzazione sin dall’inizio.
3. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: La difesa riteneva la motivazione del Tribunale insufficiente a giustificare il pericolo di recidiva e l’adeguatezza della custodia in carcere, specie considerando lo stato di incensuratezza dell’indagato.

Le Motivazioni della Cassazione: Piena Utilizzabilità delle Prove da Chat Cifrate

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. La parte più rilevante della sentenza riguarda il primo motivo, relativo all’utilizzabilità prove chat cifrate.

Richiamando le recenti sentenze delle Sezioni Unite (Giorgi e Gjuzi, n. 23755 e 23756 del 2024), la Corte ha chiarito diversi aspetti cruciali:

* Qualificazione della prova: I dati trasmessi dalla Francia non sono il risultato di intercettazioni disposte dall’autorità italiana, ma costituiscono “prove già disponibili” presso uno Stato estero. Pertanto, la loro acquisizione non è soggetta alle regole sulle nuove intercettazioni, ma a quelle sulla circolazione della prova nel processo penale (art. 270 c.p.p.).
* Principio di mutuo riconoscimento: Nel sistema di cooperazione giudiziaria europea, vige una presunzione di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria estera. Non spetta al giudice italiano verificare la regolarità del procedimento svoltosi in Francia.
* Onere della prova a carico della difesa: È la difesa che, eccependo l’inutilizzabilità, ha l’onere di allegare e provare concretamente i fatti da cui deriverebbe la violazione dei diritti fondamentali. Deduzioni astratte e generiche, come quelle presentate nel ricorso, non sono sufficienti a superare la presunzione di legittimità degli atti compiuti all’estero.

La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi, affermando che il Tribunale aveva logicamente desunto il coinvolgimento dell’indagato sin dalla fase organizzativa dal fatto che egli stesso avesse presentato il cognato al gruppo criminale. Infine, ha ritenuto corretta e ben motivata la valutazione sulla pericolosità sociale dell’indagato, basata sulla gravità dei fatti, sulla sua personalità e sui contatti con organizzazioni criminali operanti a livello internazionale, che giustificavano ampiamente la misura della custodia in carcere.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per i processi penali che si basano su prove digitali acquisite all’estero. Viene riaffermata la piena efficacia dell’Ordine di Indagine Europeo come strumento per la circolazione delle prove, basato sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri. La decisione chiarisce che le contestazioni sull’utilizzabilità di tali prove non possono essere generiche, ma devono fondarsi su allegazioni specifiche e provate di violazioni dei diritti fondamentali, ponendo un onere preciso in capo alla difesa. In un mondo sempre più interconnesso, questa pronuncia fornisce un quadro di riferimento chiaro per garantire l’accertamento dei reati transnazionali nel rispetto delle garanzie processuali.

Le prove acquisite da sistemi di chat cifrata all’estero tramite Ordine di Indagine Europeo sono utilizzabili nel processo penale italiano?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha stabilito che sono utilizzabili. Si tratta di prove già formate all’estero, la cui acquisizione segue le regole sulla circolazione della prova (art. 270 c.p.p.) e non quelle sulle nuove intercettazioni.

Chi deve dimostrare che l’acquisizione delle prove all’estero ha violato i diritti fondamentali?
Spetta alla difesa l’onere di allegare e provare specificamente i fatti da cui deriverebbe la violazione dei diritti fondamentali. Vige una presunzione di conformità dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria estera ai principi fondamentali dell’Unione Europea, e le contestazioni generiche non sono sufficienti per superarla.

L’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo di decifrazione rende le prove inutilizzabili?
No. Secondo la giurisprudenza richiamata, l’indisponibilità dell’algoritmo di decriptazione non costituisce di per sé una violazione dei diritti fondamentali né determina automaticamente l’inutilizzabilità della prova. La difesa dovrebbe fornire allegazioni specifiche e concrete che mettano in dubbio l’affidabilità del contenuto delle comunicazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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