Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MONGHIDORO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/10/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
uditi i difensori
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di ROMA, in difesa di COGNOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. E’ presente altresì l’avvocato COGNOME NOME, del foro di BOLOGNA, in difesa di COGNOME NOME. Il difensore insiste per raccoglimento del ricorso, esponendone i motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 ottobre 2023 la Corte di appello di Brescia h confermato la sentenza, emessa in esito al giudizio abbreviato, con cui COGNOME NOME e COGNOME NOME sono stati condannati per il reato di cui al capo 1, ovvero l’importazione, il trasporto e la cessione a NOME di 15,23:3 kg di cocaina, con elevato grado di purezza (principio attivo pari a gr. 12.459,53; d.m.s. ricavabili 83.063,85).
Per quanto di diretto interesse, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, dopo essere rientrato in Italia dall’Albania, NOME COGNOME, il 20 maggio 2019, si era portato nei pressi di un parcheggio in Cologno Monzese, dove sostava per circa mezz’ora. In quel posto, isolato, veniva raggiunto da un minibus alla cui guida vi era COGNOME NOME.
NOME COGNOME prelevava quindi dal minibus un trolley nero con manico grigio, per poi caricarlo sulla propria auto. Ripartito, si fermava dopo circa 2 km ed attendeva l’arrivo di un soggetto – poi identificato in NOME COGNOME – il quale prelevava il trolley nero. Allontanatosi, quest’ultimo veniva fermato dalla polizia giudiziaria tratto in arresto, poiché all’interno del trolley veniva trovato l’ingente quantitat di cocaina di cui alla imputazione.
Un parallelo servizio di osservazione e pedinannento consentiva di identificare il conducente del minibus – che viaggiava senza passeggeri – in COGNOME NOME, dipendente della ditta di autonoleggio intestataria del mezzo.
Dall’analisi dei dati di traffico telefonico e telematico, nonché degli accessi ai varchi autostradali, era emerso che NOME NOME si era portato in Belgio, per poi rientrare in Italia nella serata del 19 maggio 2019, pernol:tare in Trentino, e ripartire alla volta del territorio milanese.
I giudici di merito hanno altresì sottolineato come il rientro di NOME in Italia (dove si tratteneva sempre per un paio di giorni circa) a partire dal gennaio 2018, veniva a coincidere con gli spostamenti verso il Belgio di COGNOME NOME.
E’ stata riconosciuta la circostanza aggravante della ingente quantità, seppur in regime di equivalenza con le attenuanti generiche, ma per la sola posizione di COGNOME NOME.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione della legge processuale, in ragione della mancata iscrizione del ricorrente nel registro delle notizie di reato: dall’analisi del fascicolo, infatti, emerge soltanto una “segnalazione” del pubblico ministero, senza che sia seguito alcun provvedimento di iscrizione.
Dalla mancata iscrizione, e quindi dal mancato rispetto della disciplina riguardante i termini di durata delle indagini preliminari, discende la sanzione della inutilizzabilità c.d. patologica, come tale rilevabile in ogni stato e grado d procedimento (ed anche in sede di giudizio abbreviato), come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità tanto nei casi di irritualità dell’iscrizione, tanto nei di mancata riapertura delle indagini.
Si osserva poi come, in tema di durata delle indagini preliminari, le garanzie degli indagati siano state rafforzate già per effetto del d. Igs. n. 134 del 2021, sia con la specificazione dei presupposti in presenza dei quali procedere all’iscrizione, sia in relazione al diritto della persona sottoposta alle indagini di chieder l’accertamento della tempestività dell’iscrizione o la sua eventuale retrodatazione; sia il potere, in capo al giudice per le indagini preliminari, di ordinare al pubbli ministero di procedere all’iscrizione.
La contestuale riscrittura della disciplina dei termini di durata, in uno con la previsione di ulteriori forme di controllo (c.d. finestre di giurisdizion rappresentano conferme della centralità dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, a cui presidio è posta la sanzione della inutilizzabilità degli atti di indagi compiuti in violazione della relativa disciplina.
Con tali premesse, e tenendo conto della applicazione del principio tempus regit actum con riguardo al momento della valutazione della prova (non della sua acquisizione), si invoca la diretta applicabilità delle predette modifiche normative, essendo il procedimento probatorio ancora in corso.
In subordine, si osserva che l’interpretazione della disciplina processuale anche alla luce delle predette modifiche normative, di immediata applicazione che esclude l’inutilizzabilità degli atti di indagine in assenza dell’iscrizi dell’indagato si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., perché viene a discriminare in forza di un dato meramente temporale tra posizioni giuridiche omogenee; pertanto, viola i principi del giusto processo ed il diritto di difes dell’indagato.
Infine, si pone in contrasto con l’art. 6 della C.e.d.u., sulla ragionevole durata del processo e la necessità di assicurare un contraddittorio effettivo tra le parti.
In forza di tali argomentazioni si solleva pertanto la questione di legittimità costituzionale degli articoli 190 e ss.,405 e ss., 335 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la illegittimità del pedinamento c.d. elettronico (tramite periferica GPS) del veicolo condotto dal ricorrente, in quanto non preceduto da un provvedimento autorizzativo (tanto del p.m. quanto del g.i.p.), e ciò in violazione tanto dei principi affermati dalle Sezioni unite in tema di intercettazioni, tanto in violazione dei principi elaborati dalla Corte di giustizia c la sentenza del 2 marzo 2021, in relazione all’articolo 8 C.e.d.u..
Si osserva come la stessa Corte di cassazione ha escluso che l’acquisizione dei dati relativi alla localizzazione di una utenza possa avvenire ad opera della polizia giudiziaria venendo in rilievo una ipotesi di prova incostituzionale (per contrasto con l’art. 15 Cost.), come tale inutilizzabile.
La Grande Camera della Corte di giustizia U.E., infine, nell’analizzare la direttiva europea sul trattamento dei dati personali e la tutela della vita privata ha escluso che le normative nazionali possono attribuire al pubblico ministero la competenza ad autorizzare l’accesso ai dati di traffico e di localizzazione.
Si assume quindi l’inutilizzabilità degli esiti del pedinamento elettronico autorizzato dal pubblico ministero (nella specie senza alcuna motivazione) e, in subordine, si chiede alla Corte di giustizia, in via pregiudiziale, di pronunciarsi sull compatibilità tra l’art. 132 d. Igs. n. 196/2003, la direttiva europea n. 58/2002 e l’art. 52 della Carta di Nizza; in caso di risposta negativa di pronunciarsi sulla eventuale applicazione irretroattiva dei principi stabiliti nella sentenza del 2 marzo 2021.
In ulteriore subordine, si solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 266 e ss. – 271 e ss., per contrasto con gli artt. 3, 15 e 117 Cost sottolineandone la rilevanza, trattandosi di disposizioni di diretta applicazione nel caso in esame.
Si lamenta, infine, l’illegittimità del provvedimento di installazione dell periferica, poiché è avvenuto in epoca antecedente alla fattispecie di reato in ipotesi commessa dal ricorrente, e quindi in un segmento investigativo in cui a suo carico non erano emersi indizi di reità, ma solo attività lecite.
2.3. Con il terzo motivo si assume il travisamento delle prove valutate a carico del ricorrente, quale vizio della motivazione, in quanto NOME COGNOME non fu mai identificato, non vi fu pedinamento ininterrotto dell’acquirente NOME COGNOME (il quale fu perquisito e tratto in arresto da altra polizia giudiziaria), né può sosteners che in data 20 maggio 2019 il ricorrente partì per l’estero proprio a bordo della vettura mod. VW Polo (monitorata al momento del passaggio del trolley).
Si pone in risalto anche l’assenza di contatti con i correi e la rilevanza dei tabulati nella parte in cui consentono di escludere la presenza del ricorrente nel luogo in cui vi fu la consegna del narcotico.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 192 cod. proc. pen. e vizio della motivazione, in quanto l’affermazione di responsabilità non si fonda sull’attenta analisi dei requisiti di gravità precisione e concordanza che debbono assistere la prova indiziaria, nella specie rappresentata dalla identificazione dell’imputato in colui che era alla guida della autovettura mod. VW Polo.
Identificazione a sua volta fondata su un dato meramente formale, ovvero l’intestazione del mezzo; i servizi di osservazione e pedinamento del 16 e 20 maggio 2019, invece, nulla aggiungono, sia perché il COGNOME, incensurato, era sconosciuto alle forze dell’ordine, sia perché quello del 20 maggio fu effettuato in piena notte, e molte ore dopo l’avvenuta consegna del trolley con lo stupefacente.
Né può addebitarsi al ricorrente – come invece sembra fare la Corte bresciana – l’onere di dimostrare di non trovarsi a bordo della vettura nel luogo in cui fu commesso il delitto.
2.5. Con il quinto motivo (erroneamente indicato come quarto, p. 53 ricorso) si lamenta il difetto di motivazione in ordine alla circostan2:a aggravante della ingente quantità, pur a fronte dello specifico motivo di appello.
2.6. Con il sesto motivo si deduce omessa motivazione circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche, attraverso una non consentita inversione dell’onere argomentativo.
2.7. Con motivi aggiunti si insiste nella declaratoria di inutilizzabilità deg esiti del pedinamento elettronico, in violazione della riserva di giurisdizione.
La stessa prova c.d. atipica – il cui utilizzo è consentito dall’art. 189 cod proc. pen., richiamato dalla giurisprudenza italiana – non può mai aprire le porte ad una prova incostituzionale (poiché lesiva dei diritti fondamentali).
In questa prospettiva, il pedinamento elettronico, consentendo di tracciare un soggetto senza soluzione di continuità ed in tempo reale, viene ad interferire con il diritto alla vita privata, tutelato dall’art. 8 § 2 CEDU, traducendosi in u intercettazione, nel senso desumibile dall’art. 31, par. 1, della direttiva 2014/41; per tali ragioni, è richiesta una espressa base legislativa che definisca presupposti, modalità, limiti di acquisizione, nonché controllo da parte di un soggetto terzo.
Si insiste, in via subordinata, affinché la Corte di giustizia sia investita del questione pregiudiziale relativa alla compatibilità con il diritto dell’Unione di un normativa nazionale che consenta, senza provvedimento giurisdizionale, di acquisire i dati relativi alla ubicazione di un soggetto ed ai suoi movimenti.
Propone ricorso per cassazione anche COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
3.1. Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione, con riguardo al travisamento delle dichiarazioni rese dal ricorrente dinanzi all’autorità giudiziaria circa la presenza o meno a bordo di passeggeri: contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di merito, infatti, in sede di interrogatorio di garanzia eg
fece riferimento a quanto genericamente gli accadeva nella sua attività lavorativa, non a quanto effettivamente accaduto il 20 maggio 2019.
Piuttosto, nelle dichiarazioni rese successivamente il COGNOME non solo escludeva di avere un qualsiasi rapporto con la persona che aveva prelevato il trolley (come emerso nel corso dell’indagine), ma anzi, sulla scorta dei c.d. fogli di viaggio, sosteneva che nel tratto compreso tra Cologno Monzese e Bologna, a bordo del minibus vi fossero una o due persone, che poi accompagnò con la sua autovettura nei pressi dell’uscita autostradale di Calenzano (come confermato dall’analisi dei transiti).
Anche l’argomento speso dalla Corte d’appello circa la necessaria esistenza di un rapporto di estrema fiducia tra il ricorrente ed i soggetti coinvolti nel traffi riveste natura congetturale, e non considera che il trolley non fu consegnato in un luogo isolato ma in un parcheggio che si trova nei pressi degli studi di RAGIONE_SOCIALE.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione, con riguardo al travisamento della prova rappresentata dal verbale di osservazione e dalla successiva annotazione di servizio.
Si evidenzia, sempre in ordine alla assenza di altri passeggeri, che fu segnalata dalla polizia giudiziaria non nel verbale di osservazione e pedinamento, ma solo in un secondo momento, con la annotazione del 28 maggio 2019; annotazione cui sono allegate delle foto che evidenziano sia la presenza di vetri oscurati, sia l’altezza del minibus, ovvero dei fattori che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito ad assegnare una più contenuta valenza a quanto indicato dalla polizia giudiziaria.
Neppure l’affermazione del teste COGNOME – secondo il quale era possibile dall’esterno accertare la presenza di persone nel minibus (secondo me sì) appare decisiva, in quanto caratterizzata da una chiara connotazione valutativa.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione, con riguardo al travisamento delle dichiarazioni del teste COGNOME in relazione al foglio di viaggio n. 20: non si è considerato che il foglio risulta obbligatorio per le trasferte ester mentre al rientro in Italia perde di validità. Da ciò consegue che anche eventuali modificazioni impreviste (da annotare in un apposito spazio) andavano annotate solo per le tratte all’estero.
Che le modificazioni non dovessero essere per forza di cose annotate lo si ricava, infine, dal fatto che veniva accertato il transito del minibus verso l’uscit di Rovereto, non di Bolzano (come invece riportato nel foglio).
Parimenti deve dirsi per la (mancata) comunicazione del viaggio al RAGIONE_SOCIALE, espressione non dell’intento del COGNOME di occultare alcunché (come ritenuto dai giudici di merito) ma piuttosto atto non utile avuto alla sua funzione,
ovvero comunicare l’indisponibilità del mezzo – cosa già fatta con il foglio di servizio n. 2734, seppur relativo alla tratta Bologna – Salisburgo.
3.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, avendo il giudice di appello operato una sorta di inversione dell’onere della prova, addossando al ricorrente l’onere di dimostrare la sua estraneità, ad esempio fornendo l’elenco delle persone trasportate nel viaggio dal 17 al 19 maggio 2019 e chiedendone l’audizione.
Si registrano invece specifiche violazioni di legge, ovvero gli art. 55 e 358 cod. proc. pen., in quanto la polizia giudiziaria, senza alcuna ragione, non aveva proceduto al fermo ed al controllo del mezzo; così facendo non sono stati raccolti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero elementi di prova indubbiamente favorevoli al ricorrente.
A distanza di tempo dagli accadimenti, invece, è stato praticamente impossibile per il ricorrente risalire a quei nominativi – peraltro no necessariamente indicati per nome nei viaggi verso il Belgio – con evidente pregiudizio per il diritto di difesa del COGNOME.
Richiesta e disposta la trattazione orale, all’odierna udienza le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
AVV_NOTAIO, per COGNOME, e l’AVV_NOTAIO, per COGNOME, hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME è complessivamente infondato.
1.1. Con il primo motivo si lamenta la inutilizzabilità di ogni attività investigazione, essendo rinvenibile in atti non il provvedimento di iscrizione nel registro delle notizie di reato ma, a tutto concedere, una “segnalazione” del pubblico ministero del 21 maggio 2019, annotata sulla copertina del fascicolo.
Il motivo è manifestamente infondato.
Il provvedimento con cui il pubblico ministero dispone l’iscrizione nel regist delle notizie di reato non è soggetto a particolari prescrizioni formali, do contenere l’indicazione della persona cui è attribuito il reato (dal momento risulta) e quelle relative alla norma violata, al tempo ed al luogo del fatto.
Che vi sia stata iscrizione del ricorrente per il reato di cui all’articolo 9 ottobre 1990, n. 309 lo si desume sia dall’estratto del registro informatico
condotta perdurante a far data dal 2018″), sia dalla ulteriore annotazione in copertina, non a caso datata 21 maggio 2019 (ovvero il giorno successivo all’arresto in flagranza di NOME), sia, dal provvedimento in calce alla informativa allegata dallo stesso ricorrente, con cui il Procuratore della Repubblica disponeva l’iscrizione, a far data dal deposito della stessa, proprio per il reato per cui è processo (in calce si rileva l’annotazione “provveduto 3.2.2021”).
Ciò posto, ogni eventuale inutilizzabilità, in astratto ipotizzabile dall violazione dell’art. 407 cod. proc. pen., è comunque da intendersi sanata per effetto della scelta del rito.
Secondo un consolidato orientamento di legittimità, con cui il ricorrente non si confronta, il compimento di atti di indagine in violazione della disciplina su termini non è equiparabile alla inutilizzabilità delle “prove vietate” di cui all’ 191 cod. proc. pen., e quindi non rilevabile di ufficio, ma solo su istanza di parte (Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017, dep. 20:18, Picone, Rv. 272196), e questo immediatamente dopo il compimento dell’atto o nella prima occasione utile (Sez. 1, n. 36671 del 14/06/2013, NOME, Rv. 272196; cfr., nel senso della rilevabilità solo su eccezione di parte, anche Sez. 2, n. 12423 del 23/01/2020, P., Rv. 279337 – 02; Sez. 5, n. 40500 del 24/09/2019, Barletta, Rv. 277345 – 01).
Di certo non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità (Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, COGNOME, Rv. 274996 – 03).
Inoltre, poiché l’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen., prevede la rilevabilità nel rito abbreviato delle sole inutilizzabilità “derivanti dalla violaz di un divieto probatorio”, deve ritenersi che il tipo di inutilizzabilità dedotta no rilevabile una volta ammesso il rito (in tal senso, anche Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012, Bianco, Rv. 252853-10; conf. Sez. 6, n. 14146 del 7/02/2019, COGNOME, non mass.).
Le superiori argomentazioni rendono superfluo l’esame delle ulteriori doglianze (con cui si ipotizza l’inutilizzabilità delle indagini poiché compiute i assenza di iscrizione).
D’altra parte, non è chiaro in che termini la nuova disciplina dal d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche a volerla ritenere applicabile nel presente giudizio, possa portare a diverse conclusioni, e fermo restando che il precedente invocato (Sez. 4, ord. 11/02/2023, n. 2854, riportato a p. 19 del ricorso’, attiene a tutt’alt questione.
Scrutinando una analoga doglianza, questa Corte ha osservato che, anche a voler ritenere applicabile la nuova disciplina “nessuna disposizione processuale prevede che la tardività dell’iscrizione nel registro degli indagati determini di pe sé l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti prima dell’iscrizione stessa” (c
in motivazione Sez. 6, n. 16667 del 13/05/2024, NOME, non mass., con la ulteriore precisazione che l’introduzione del nuovo art. 335 -quater cod. proc. pen. ha solo previsto una procedura di verifica della correttezza della data di iscrizione senza modificare le conseguenze che ne derivano sotto il profilo dell’inutilizzabilità).
Neppure è indicato in che modo una eventuale retrodatazione della iscrizione possa determinare una violazione della disciplina sui termini di durata – cui pure genericamente allude il ricorso (pp. 8, 14 e ss.) – e quindi una inutilizzabilit rilevabile in questa sede che sia tale, all’esito della c.d. prova di resistenza, invalidare l’intero percorso motivazionale.
Il ricorre, ancora, non ha dedotto la ritenuta violazione di legge con l’atto di appello, rendendo così il motivo inammissibile ex art. 603 cod. proc. pen., non venendo in rilievo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 609, comma 2, cod. proc. pen.
Deve infatti ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, cOntenuto nella sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013 – dep. 2014, COGNOME,, Rv. 259066).
Pertanto, la questione di legittimità costituzionale appare nella specie irrilevante ai fini del decidere.
1.2. Il terzo ed il quarto motivo, il cui esame appare logicamente preliminare rispetto al secondo, possono essere trattati congiuntamente, poiché tra loro intimamente connessi.
I motivi sono inammissibili poiché aspecifici e proposti in casi non consentiti dalla legge.
In presenza di una doppia conforme, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, COGNOME, Rv. 216906 – 01; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, Rv. 209145 – 01).
Ciò posto, osserva il Collegio che l’identificazione in COGNOME NOME del conducente della vettura VW Polo (tg TARGA_VEICOLO) si fonda su una serie di elementi, tra loro convergenti, valorizzati dai giudici di merito, con cui il ricorrente non confronta compiutamente.
Nel corso delle investigazioni è emerso che NOME (con cui il ricorrente era stato sottoposto a controllo stradale già in altra occasione), discutendo con NOME, alludeva all’imminente arrivo di una terza persona da Bologna (prog. 486), che avrebbe dovuto incontrarsi con quest’ultimo in Travagliato INDIRIZZO); sia NOME che NOME erano attenzionati dalle forze dell’ordine proprio per il loro inserimento nel narcotraffico.
Dall’analisi dei transiti autostradali si risaliva appunto alla vettura VW Polo, si noti al tempo intestata al ricorrente, il quale, peraltro, era arrivato in Ita giorno precedente proprio a Bologna, come emerso dai controlli di frontiera ed in linea con quanto indicato nei dialoghi intercettati.
Egli, inoltre, risiedeva a Sasso Marconi, in provincia di Bologna (p. 41 sentenza di primo grado).
L’incontro tra NOME ed il soggetto poi identificato nel ricorrente veniva documentato da un servizio di osservazione.
Allargando l’orizzonte investigativo si accertava – attraverso l’analisi dei transiti alla frontiera, non certo dal pedinamento satellitare (p. 41 sentenza di primo grado) – che il NOME COGNOME giungeva periodicamente in Italia (in genere proprio atterrando a Bologna), dove si tratteneva pochi giorni, per poi rientrare in Albania.
Proprio in coincidenza con la sua permanenza in Italia l’autovettura, a lui intestata, veniva censita ai transiti autostradali di Travagliato e Vimodrone (luogo di residenza di NOME COGNOME).
La stessa sequenza si ripeteva in occasione dei fatti di cui al capo 1: NOME COGNOME atterrava a Bologna il 15 maggio 2019. I conseguenti servizi di osservazione documentavano, nel giorno 16 maggio 2019, prima uno spostamento a Vimodrone, nei pressi del centro estetico intestato alla moglie di NOME (con cui il ricorrente fu oggetto di controllo), poi a Cologno Monzese (dove veniva documentato un incontro con un soggetto n.m.i.).
Il 20 maggio 2019, ovvero il giorno in cui si procedeva all’arresto in flagranza di NOME COGNOME, l’autoveicolo veniva “ripreso a vista”, ed alla guida vi era solo soggetto identificato in COGNOME, ovvero lo stesso soggetto già monitorato in esito al precedente servizio, ovviamente alla guida del mezzo a lui intestato.
Non meno indicativa la circostanza che il ricorrente, la sera stessa, rientrò in Albania, e venne identificato dalla polizia di frontiera proprio mentre era a bordo
della predetta autovettura; controllo di frontiera che immotivatamente il ricorrente svaluta per il sol fatto che sia intervenuto in orario notturno.
Si tratta di un percorso argomentativo che, seppur di natura indiziaria, non è certo manifestamente illogico né sembra contrario alle evidenze disponibili.
A fronte di tale motivazione il ricorrente – che il 28 febbraio 2019 era già stato attenzionato con un servizio di osservazione – ipotizza un vizio di travisamento della prova (p. 49 ricorso), e denuncia violazione dell’art. 192 cod. proc. pen.
In realtà, secondo il costante orientamento di questa Corte, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, p rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155-01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME, Rv. 256837-01).
Parimenti consolidato appare l’indirizzo secondo cui non sono deducibili, con il ricorso per cassazione, censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spes della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747- 01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 26296501).
Ad analoghe conclusioni deve giungersi in relazione alla cloglianza con cui si ipotizza la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen..
Come costantemente affermato da questa Corte, anche nella sua più autorevole composizione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi
di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglia connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U., n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 04).
1.3. Il secondo motivo attiene al c.d. pedinamento elettronico, o satellitare, di cui il ricorrente (anche attraverso i motivi nuovi) si duole essere stato disposto dalla polizia giudiziaria senza alcun intervento del Pubblico ministero o del Giudice delle indagini preliminari.
Le considerazioni già spese circa l’identificazione del ricorrente sulla scorta di diversi indicatori fattuali sono tali da escludere che, anche eliminando i risultat della localizzazione, possa venire meno il ragionamento svolto dai giudici di merito.
D’altra parte, il ricorrente che denuncia l’inutilizzabilità di una prova, ai f dell’ammissibilità del ricorso, è tenuto a effettuare la c.d. prova di resistenza, deve cioè illustrare l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento sulla tenuta logica della pronuncia resa, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 11283 del 03/02/2023, COGNOME, Rv. 284600 – 01; Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; nello stesso senso, Sez. 5, n. 31823 dei 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 01).
Le connesse questioni di illegittimità costituzionale e di rinvio pregiudiziale appaiono, quindi, non rilevanti ai fini del decidere.
Va in ogni caso riaffermato l’incontestato principio secondo il quale la localizzazione degli spostamenti tramite sistema di rilevamento satellitare GPS (c.d. pedinamento elettronico) è mezzo di ricerca della prova atipico non implicante un accumulo massivo di dati sensibili da parte del gestore del servizio, sicché le relative risultanze sono utilizzabili senza necessità di autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, non trovando applicazione per analogia la disciplina di cui all’art. 132, comma 3, d. Igs. 30 giugno 2003, n. 196 e successive modifiche, in tema di tabulati, e neppure i principi affermati dalla sentenza della CGUE del 05/04/2022, C. 140/2020, relativa alla compatibilità di “data retention” con le Direttive 2002/58/CE e 2009/136/CE, sul trattamento dei dati personali e la tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni (ex multis, Sez. 2, n. 33959 del 18/07/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 15422 del 09/03/2023, COGNOME, Rv. 284582 – 01).
1.4. Il quinto motivo (erroneamente indicato come quarto) è infondato.
La Corte d’appello ha evidenziato la corrispondenza tra il trolley che il COGNOME ebbe a prelevare dal minibus condotto dal COGNOME, e quello consegnato dal ricorrente al NOME COGNOME.
In tal modo, ha fornito adeguata risposta in all’unica doglianza mossa, in fatto, dal COGNOME, che nell’impugnare la sentenza di primo grado.
Già il Tribunale aveva sottolineato, quanto al principio attivo, l’avvenuto superamento della soglia fissata dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150-01).
1.5. Il sesto motivo è inammissibile, poiché aspecifico.
La valutazione in esame, infatti, è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (p. 20 sentenza impugnata), che fa leva sulla gravità del fatto e sulla assenza di elementi positivi di valutazione, non bastando a tal fine la buona biografia penale.
Si tratta di una motivazione che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419 -01), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli rit decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tal valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; conformi, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 34:364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 – 01).
La ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., che attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena, non impone, infatti, al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti.
Ne consegue che anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione può legittimamente fondare il diniego.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è complessivamente infondato.
2.1. I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, lamentano vizio della motivazione, per effetto del travisamento
di una serie di prove, tutte ritenute decisive, ovvero le dichiarazioni rese nel corso degli interrogatori, l’esito del servizio di osservazione, le dichiarazioni del tes COGNOME (in relazione al foglio di viaggio).
Venendo in rilievo una doppia conforme, vanno quindi richiamati, anche in questo caso, i ben definiti limiti entro i quali il vizio di travisamento della pr può essere dedotto con il ricorso per cassazione.
Nella specie, la riferibilità della condotta al COGNOME, anche sotto il profi psicologico, è stata motivata sulla scorta di una serie di elementi.
Gli esiti del servizio di osservazione (da cui si desume la presenza del solo ricorrente nel mezzo), l’argomento logico fondato sull’ingente valore del preziosissimo carico quale spia del concorso del vettore, i punti di frizione nelle dichiarazioni del ricorrente, l’assenza di una traccia dei passeggeri nei documenti acquisiti, le insolite modalità – luogo e tempo – con cui il trolley veniva prelevat dal COGNOME, i concomitanti rientri in Italia del COGNOME e del COGNOME (dal 2018) sono tutti indicatori fattuali valutati criticamente dai giudici di merito, onde stimar l’attitudine dimostrativa, singolarmente presi e nel loro complesso.
Ciò posto, tra le possibili forme, il ricorrente lamenta il travisamento delle risultanze probatorie ovvero l’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del relativo “significante” (o contraddittorietà processuale).
Allorquando viene dedotto un simile vizio, il giudice di legittimità è tenuto alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del dato probatorio, nei termini di una “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605).
Non basta, quindi, un qualsiasi contrasto fra dati probatori trascurati o travisati ed accertamento del giudicante, né basti che tali dati siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante, occorrendo, invece, che da essi emerga una contraddizione di portata tale da disarticolare l’intero ragionamento probatorio per l’essenziale forza dimostrativa del dato ignorato o travisato (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621 – 01).
I giudici di merito, pertanto, non sono incorsi in alcun travisamento della prova (nei termini rilevanti in questa sede) nel ritenere che il COGNOME fosse ben consapevole del prezioso carico che, con lo schermo di una attività lecita, trasportava e consegnava al COGNOME.
2.2. Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui lamenta violazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt 55 e 358 cod. proc. pen.
La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che il vizio di cui alla lettera b) riguarda le sole disposizioni di diritto sostanziale e non anche quelle di natura processuale (da ultimo, Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196 – 02).
In questo senso, il motivo è proposto al di fuori dei casi consentiti.
Quanto, infine, alla ipotizzata violazione di norme processuali (rilevante ove stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza) osserva che il dovere del pubblico ministero di svolgere attività d’indagine a favore dell’indagato non è presidiato da alcuna sanzione processuale (Sez. 3, n. 47013 del 13/07/2018, L., Rv. 274031 – 01; conf. Sez. 2, n. 10061 del 20/11/2012, dep. 2013, AVV_NOTAIO, Rv. 254872 – 01), sicché la sua violazione non può essere dedotta con ricorso per cassazione fondato sulla mancata assunzione di una prova decisiva.
Il motivo, pertanto, per questo ulteriore profilo, è infondato.
Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 28 maggio 2024
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Il Presidente