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Utilizzabilità intercettazioni Sky-Ecc: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato, confermando la misura della custodia cautelare in carcere per reati di associazione mafiosa e narcotraffico. La sentenza stabilisce la piena utilizzabilità delle intercettazioni Sky-Ecc ottenute tramite cooperazione giudiziaria internazionale con le autorità francesi. La Corte ha ritenuto infondate le censure difensive relative all’impossibilità di analizzare l’algoritmo di decriptazione e ha ribadito che, nei reati di mafia, il mero decorso del tempo (“tempo silente”) non è sufficiente a escludere le esigenze cautelari.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità intercettazioni Sky-Ecc: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e rilevanza processuale: l’utilizzabilità delle intercettazioni Sky-Ecc ottenute tramite cooperazione internazionale. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la lotta alla criminalità organizzata, confermando la validità di tali prove anche a fronte di complesse eccezioni difensive. Il caso esaminato riguardava la misura di custodia cautelare in carcere disposta nei confronti di un soggetto ritenuto ai vertici di due distinti sodalizi criminali, uno di stampo mafioso e l’altro dedito al narcotraffico.

I fatti del processo

Il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. nei confronti di un individuo gravemente indiziato di essere il capo di due organizzazioni criminali. Le accuse spaziavano dall’associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), finalizzata a commettere estorsioni, atti intimidatori e a esercitare un controllo egemonico sul territorio, all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), oltre a numerosi reati fine.

L’impianto accusatorio si fondava in larga parte sui dati acquisiti dalle chat scambiate su una piattaforma di comunicazione criptata, ottenuti dalle autorità giudiziarie francesi e trasmessi a quelle italiane. La difesa dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due principali ordini di motivi: uno relativo alla presunta inutilizzabilità delle intercettazioni e l’altro riguardante l’insussistenza delle esigenze cautelari a causa del notevole lasso di tempo trascorso dai fatti contestati.

L’utilizzabilità delle intercettazioni e il diritto di difesa

La difesa ha contestato l’acquisizione delle chat criptate, sostenendo che l’attività di intercettazione, avviata in Francia per reati non previsti come tali in Italia, non rispettasse i presupposti dell’art. 266 c.p.p. Inoltre, è stata lamentata la violazione del diritto di difesa, poiché non era stato possibile accedere all’algoritmo di decifrazione e al software utilizzato per estrarre e mettere in chiaro i messaggi. Secondo il ricorrente, ciò avrebbe impedito un controllo effettivo sulla genuinità e sull’integrità della prova digitale.

Il problema del “tempo silente”

Un altro motivo di ricorso si concentrava sul cosiddetto “tempo silente”, ovvero il periodo di oltre tre anni e mezzo trascorso tra la presunta consumazione dei reati e l’applicazione della misura cautelare. La difesa sosteneva che tale lasso temporale avrebbe dovuto indurre il giudice a escludere l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari, presupposto indispensabile per l’applicazione della custodia in carcere.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. Riguardo all’utilizzabilità delle intercettazioni Sky-Ecc, i giudici hanno ribadito i principi già espressi dalle Sezioni Unite, affermando che, nel contesto della cooperazione giudiziaria europea, è necessario garantire il rispetto dei diritti fondamentali (come il diritto di difesa), ma non l’osservanza pedissequa di tutte le norme procedurali italiane da parte dello Stato estero. La Corte ha chiarito che l’acquisizione dei dati era avvenuta nell’ambito di indagini per narcotraffico, reato che consente le intercettazioni anche in Italia.

In merito alla presunta violazione del diritto di difesa, la Cassazione ha precisato che l’impossibilità di accedere all’algoritmo non determina automaticamente una lesione dei diritti difensivi. Il contenuto di un messaggio criptato è inscindibilmente legato alla sua chiave di cifratura; l’uso di una chiave errata non consentirebbe alcuna decriptazione, neanche parziale, scongiurando così il rischio di alterazione dei dati. La Corte ha inoltre sottolineato la “perfetta coerenza” tra le informazioni derivanti dalle chat e quelle provenienti da fonti di prova tradizionali (servizi di osservazione, intercettazioni ambientali, sequestri), confermando la solidità del quadro indiziario.

Infine, sul tema del “tempo silente”, la Suprema Corte ha ribadito che, specialmente nei casi di associazioni mafiose, il solo decorso del tempo non è sufficiente a provare la rescissione del legame con il sodalizio e, quindi, a superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari. La pericolosità sociale dell’indagato, desunta dal suo ruolo di vertice e dalle precedenti condanne per reati analoghi, è stata ritenuta talmente elevata da rendere le condanne subite prive di alcun effetto deterrente, giustificando così la misura cautelare nonostante il tempo trascorso.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della validità processuale delle prove digitali ottenute tramite cooperazione internazionale, anche quando si tratta di complessi sistemi di comunicazione criptata. Viene riaffermato un principio di equilibrio: il diritto di difesa deve essere tutelato, ma non può tradursi in pretese irragionevoli che ostacolerebbero l’accertamento della verità. La decisione consolida inoltre l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di criminalità organizzata, stabilendo che la presunzione di pericolosità per i reati di mafia non può essere scalfita dal semplice trascorrere del tempo, richiedendo invece prove concrete di un effettivo e irreversibile allontanamento dal contesto criminale.

I messaggi di chat criptate come Sky-Ecc, ottenuti da autorità estere, sono utilizzabili come prova in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i dati ottenuti tramite Ordine di Indagine Europeo sono utilizzabili, a condizione che sia garantito il rispetto dei diritti fondamentali della difesa. Non è richiesta la piena conformità a ogni singola norma procedurale italiana da parte dello Stato estero che ha condotto l’indagine.

L’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo di decriptazione viola il diritto a un equo processo?
No. Secondo la Corte, l’impossibilità di accedere all’algoritmo non determina di per sé una violazione del diritto di difesa, poiché il contenuto di un messaggio è inscindibilmente legato alla sua chiave di cifratura, il che rende improbabile un’alterazione del dato. La validità della prova è ulteriormente rafforzata se i contenuti delle chat sono coerenti con altre fonti investigative.

Un lungo periodo di tempo trascorso dal reato (il ‘tempo silente’) può far venire meno la necessità della custodia cautelare in carcere per reati di mafia?
No, non automaticamente. La Corte ha ribadito che, per i reati di associazione mafiosa, il solo decorso del tempo non è sufficiente a dimostrare la cessazione della pericolosità sociale o la rescissione dei legami con il sodalizio criminale. Per superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari sono necessari elementi concreti che dimostrino un allontanamento irreversibile dal contesto criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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