Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a Brescia il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Ruvo di Puglia il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Filottrano il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a Villa Carcina il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a Brescia il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a Calcinate I’DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 14 giugno 2023 dalla Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi proposti da COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, e il rigetto del ricorso COGNOME. sentito l’AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO che ha insistito nei motivi di ricorso e nei motivi nuovi presentati nell’interesse di COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia, parzialmente riformando la sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia il 28 Marzo 2022, in accoglimento del concordato sui motivi di appello proposto dagli imputati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha parzialmente modificato il trattamento sanzionatorio a carico dei predetti; ha invece confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole di tutti i delitti a lui ascritti e NOME COGNOME responsabile del reato associativo.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso gli imputati.
2.NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, tramite atti distinti redatti dal comune difensore di fiducia, aventi analogo contenuto, hanno dedotto la nullità della sentenza perché la Corte avrebbe omesso di valutare gli elementi fondanti una possibile pronuncia di proscioglimento, evidenziati dalla difesa nell’atto di appello, mentre prima di ratificare la proposta di concordato avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 129 codice di rito.
3.NOME COGNOME ha dedotto:
3.1 vizio di motivazione in ordine al ruolo di prestanome attribuito a NOME COGNOME poiché secondo i giudici il tenore delle conversazioni telefoniche esclude che il ricorrente fosse un ignaro prestanome di NOME COGNOME, inconsapevole del carattere illecito dell’attività da questi svolta, e corrobora quanto dichiarato dallo stesso COGNOME sul ruolo svolto dal COGNOME nella commissione degli illeciti fiscali e nell’auto riciclaggio.
La Corte è tuttavia incorsa nel vizio di travisamento delle conversazioni poiché non emerge la prova dell’elemento soggettivo del reato e in particolare la telefonata di cui al progr. 934 e stata effettuata 1’8 Marzo 2019, quando COGNOME non rivestiva più la carica formale di legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la sola carica formale di amministratore, non è sufficiente a dimostrare la sussistenza dell’elemento psicologico nei reati tributari.
3.2 Violazione dell’art. 42 cod.pen. in ordine all’elemento soggettivo del reato di indebita compensazione ascritto a COGNOME, poiché la prospettazione accusatoria presuppone che l’imputato fosse a conoscenza che le società di cui era amministratore erano strumento per commettere illeciti fiscali, ma non ha considerato la differenza tra carica di diritto carica di fatto, mentre la giurisprudenza consolidata afferma che l’amministratore di diritto come mero prestanome è responsabile del reato di indebita compensazione, a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma, e cioè la coscienza e volontà che le società fossero state create artatamente per frodare il fisco. Lamenta altresì il ricorrente che le dichiarazioni intercettate avrebbero dovuto essere verificate e contestualizzate mentre sono state assunte come dato incontestabile.
3.3 Mancanza della motivazione in ordine alla corrispondenza tra COGNOME e l’interlocutore della conversazione intercorsa con COGNOME 1’8 Marzo 2019. La voce è stata ricondotta a quella dell’odierno imputato sebbene l’intestatario della Sim non fosse NOME COGNOME e in assenza di alcun tipo di motivazione.
4.NOME COGNOME NOME ritenuta responsabile di avere partecipato ad un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, di riciclaggio e autoriciclaggio, aggravata dal numero di partecipanti superiore a 10, avendo quale segretaria del coimputato COGNOME collaborato a creare false fatture emesse da società di comodo al fine di garantire crediti di imposta inesistenti, ha dedotto:
4.1 Violazione dell’articolo 453 comma 1 e 1 bis cod.proc.pen. per insussistenza dei presupposti che consentono di procedere con rito immediato e illogica motivazione in ordine alla sussistenza degli stessi, con conseguente nullità della sentenza di secondo grado. La Corte di appello ha sostenuto che la scelta del rito abbreviato ha sanato le nullità non assolute, ma secondo il ricorrente tale affermazione non è condivisibile poiché nel caso preso in esame dalla giurisprudenza richiamata in sentenza l’eccezione di inutilizzabilità è stata sollevata contestualmente alla richiesta di rito, mentre nel cas di specie le proposte sono state formulate precedentemente alla richiesta di giudizio abbreviato e pertanto l’invocato effetto sanante non può dirsi verificato.
4.2 Violazione dell’art. 416 cod.pen. per insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del delitto associativo e vizio di motivazione laddove la Corte ritiene configurabile il reato e propone una motivazione tautologica, poiché la Corte si è limitata a valorizzare la pluralità di contatti del COGNOME con diversi soggetti che tra loro no hanno alcun legame e non ha dimostrato l’elemento soggettivo e cioè la volontà consapevole di operare nell’ambito di un accordo stabile diretto all’attuazione di un programma criminoso. Sottolinea che nessun degli altri imputati ha dichiarato di conoscere e intrattenere rapporti con la Maiolo e non vi sono riscontri alle dichiarazioni del COGNOME.
4.3 Violazione degli artt. 266, 270 e 191 cod.proc.pen. e conseguente inutilizzabilità patologica delle intercettazioni utilizzate quali riscontri della chiamata in correità d COGNOME per essere state disposte in altri procedimenti e comunque al di fuori dei limiti edittali previsti dall’art. 266 cod.proc.pen. quanto al reato contestato all’imputata e vizio della motivazione in ordine alla loro interpretazione che integra una ipotesi di travisamento della prova.
Osserva il ricorrente che la Corte di appello ha respinto l’eccezione osservando che l’intercettazione è stata disposta sull’utenza di NOME COGNOME, pacificamente sottoposto ad indagini per il reato associativo nella veste di promotore e quindi con limiti edittali superiori alla soglia minima prevista per legge, nell’ambito del medesimo
procedimento. Entrambe le argomentazioni prospettano un’applicazione dell’art. 270 cod.proc.pen. contra legem poiché il reato contestato a NOME COGNOME è stato sempre quello di partecipe e quindi la motivazione della Corte di appello non è conforme alla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’utilizzabilità delle intercettazioni per un rea diverso, connesso con quello per il quale l’autorizzazione è stata concessa, è subordinato alla condizione che detto reato rientri nei limiti di ammissibilità previsti dall’articolo cod.proc.pen. e non si applica ai casi in cui il reato è stato diversamente qualificato in seguito alle risultanze delle captazioni. Si deve pertanto escludere la utilizzabilità dell intercettazioni nei confronti di NOME COGNOME anche se disposte nell’ambito di un’attivit captativa relativa ad un soggetto per cui sussistono i limiti edittali.
La tesi seguita dalla Corte di appello consentirebbe di utilizzare le intercettazioni violando sistematicamente il disposto dell’articolo 270 cod.proc.pen. che nell’attuale formulazione sottolinea la possibilità di utilizzare le intercettazioni in procedimento diverso solo ed esclusivamente laddove risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di altro reato che rientri nei limiti edittali di cui all’articol cod.proc.pen.
Nella denegata ipotesi che le intercettazioni si ritengano utilizzabili, il ricorrente lamen vizio di motivazione e travisamento della prova in quanto la Corte ha ritenuto che le stesse provino la partecipazione dell’imputata alla associazione, mentre le conversazioni telefoniche dimostrano che la COGNOME svolgeva l’attività di segretaria per NOME COGNOME eseguendo gli ordini di quest’ultimo. Ricorre travisamento della prova laddove la Corte ritiene che la consapevolezza da parte della COGNOME che altri soggetti emettevano fatture dimostri la sua partecipazione all’associazione. Anche la telefonata del progressivo 336, che la Corte ritiene sintomatica della partecipazione della COGNOME al sodalizio promosso da COGNOME, dimostra soltanto che quest’ultima eseguiva le disposizioni del suo capo in relazione alla preparazione delle fatture, senza comprendere la valenza e l’utilizzo delle stesse, considerato che la società RAGIONE_SOCIALE per cui NOME COGNOME lavorava era una società effettivamente esistente che operava nel settore pubblicitario.
4.4 Violazione dell’art. 453 codice procedura penale e conseguente inutilizzabilità patologica delle chat Whatsapp scaricate dall’Iphone in uso a NOME COGNOME sequestrato il 18 gennaio 2021, per essere le medesime state acquisite oltre il termine di 90 giorni dalla iscrizione del nome dell’indagata nel registro notizie di reato e in violazione delle ipotesi previste dalla legge e comunque vizio di motivazione in ordine alla loro interpretazione.
Il ricorrente rileva che tali documenti sono stati acquisiti e depositati oltre i 90 gio richiesti per il completamento delle indagini nei procedimenti nei quali si scelga il rito immediato e in violazione dei criteri previsti dall’articolo 266 bis cod.proc.pen., a dispetto di quanto sostenuto dalla Corte di merito e richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui quando si verifichi che sono state utilizzate prove acquisite oltre il termine di 90 giorni dall’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato, de
annullare senza rinvio la sentenza di primo e secondo grado, nonché il decreto di giudizio immediato e trasmettere gli. atti per l’esercizio ordinario dell’azione penale poiché il termine di 90 giorni ha natura perentoria quanto al completamento delle indagini per l’evidente intuitiva ragione che potrebbe essere instaurato il giudizio immediato anche prescindendo dalla sussistenza del requisito dell’evidenza della prova.
Si tratta di inutilizzabilità patologica che non può essere sanata dalla scelta del rit abbreviato. Deduce inoltre il ricorrente che ricorre travisamento della prova laddove ritiene che dette chat provino un modo di agire della ricorrente con dolo partecipativo.
4.5 Violazione dell’art. 192 comma 3 cod.proc.pen. quanto ai criteri di valutazione della chiamata di correo di NOME COGNOME e vizio di motivazione sotto forma di travisamento delle prove acquisite quanto ai riscontri indicati a sostegno della medesima. COGNOME ha parlato della COGNOME solo nel secondo degli interrogatori reso il 29 Aprile 2020, affermando che la stessa lavorava come segretaria ed eseguiva in tutto le sue disposizioni anche se sapeva e poteva intuire che le fatture fossero false.
La chiamata in correità nei confronti dell’odierna ricorrente è stata formulata in termini vaghi e generici priva dei requisiti di precisione e determinatezza che consentono di ritenerla credibile. La Corte di appello si è limitata a valorizzare la credibilità intrins del COGNOME, ma non ha valutato la credibilità intrinseca della specifica chiamata della COGNOME. Inoltre è ben noto che una chiamata in correità richiede la presenza di riscontri estrinseci, che nel caso in esame non sussistono.
4.6 Violazione dell’art. 133 cod.pen. in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio
4.7 L’AVV_NOTAIO ha presentato motivi nuovi a sostegno del terzo motivo di ricorso in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoni rilevando che con il decreto n.105/2023 convertito nella I. 137/2023 entrato in vigore il 10 ottobre 2023 ha ridotto l’ambito di utilizzabilità delle intercettazioni disposte procedimenti diversi e rileva che la norma transitoria, se interpretata nel senso che tale limite andrà applicato ai procedimenti iscritti successivamente all’entrata in vigore delle legge di conversione, deve ritenersi integrare violazione dell’art. 3 della Costituzione.
A sostegno del quarto motivo di ricorso deduce che tale divieto va applicato anche alle conversazioni via Whattsapp presenti sul telefono di NOME COGNOME poiché acquisite in relazione ad un reato che non rientra tra quelli per i quali l’art. 270 cod.proc.pen. consente l’utilizzabilità in procedimenti diversi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, che hanno contenuto analogo e possono essere trattati unitariamente, devono essere dichiarati inammissibili poiché deducono motivi non consentiti avendo gli imputati avuto accesso al concordato in
appello, mentre le censure si risolvono nella generica riproposizione di censure sul giudizio di colpevolezza che sono state oggetto di rinunzia.
2. Ricorso COGNOME
2.1 Le censure formulate con i primi due motivi di ricorso sono generiche poiché non si confrontano con la esaustiva e articolata motivazione resa dalla Corte di appello che dopo avere riportato le ampie argomentazioni della sentenza di primo grado, ha sottolineato come non soltanto dal contenuto della conversazione avvenuta 1’8 Marzo 2019 ma anche da numerosi altri passaggi di conversazioni dei sodali e dei clienti del sodalizio emerge la piena consapevolezza da parte dell’imputato, sino a quel momento amministratore formale di alcune società, del complessivo meccanismo fraudolento realizzato e promosso dal COGNOME.
Lo stesso COGNOME nel corso della conversazione si mostra partecipe della attività illecita del sodalizio e spesso parlando con il suo interlocutore utilizza termini che manifestano la sua affectio societatis. La circostanza che all’epoca l’imputato non rivestisse più la carica formale di legale rappresentante della società non è rilevante ai fini della dimostrazione del dolo palesato in ordine agli illeciti commessi sino a quel momento.
2.2 La terza censura è manifestamente infondata poiché a pagina 86 la Corte di appello ha sottolineato che la prova della identificazione dell’imputato emerge dalla circostanza che in più occasioni nel corso della conversazione COGNOME chiama il suo interlocutore NOME, nome certamente poco diffuso, che risulta idoneo ad identificarlo con certezza.
3. Ricorso COGNOME
3.1 L’eccezione di nullità dedotta con il primo motivo di ricorso è manifestamente infondata. La Corte risponde a pagina 87 rilevando che la eventuale nullità è stata sanata dalla richiesta di abbreviato e che non riveste alcuna rilevanza la circostanza che l’eccezione sia stata formulata prima della richiesta di abbreviato poiché per espressa disposizione normativa il rito abbreviato sana eventuali vizi e nullità intervenute che non integrino ipotesi di nullità assoluta o di inutilizzabilità patologica.
Ed invero è stato affermato che il decreto di giudizio immediato cd. “custodiale”, emesso dal gip su richiesta formulata dal pubblico ministero prima della conclusione del procedimento di riesame o della scadenza dei termini per la sua proposizione, non è sindacabile dal giudice del dibattimento e, incidendo al più sul diritto di intervent dell’imputato, configura eventualmente una nullità a regime intermedio che resta sanata in ogni caso ove venga disposto il rito abbreviato. (Sez. 2 – , Sentenza n. 38061 del 16/09/2021 Cc. (dep. 22/10/2021 ) Rv. 282130 – 01).
3.2 Il secondo motivo di ricorso è generico poiché si limita a reiterare il secondo motivo di appello, respinto dalla Corte di merito con argomentazioni corrette ed esaustive a pagina 88 della sentenza impugnata. La Corte in tale passaggio motivazionale ha ribadito che il sodalizio facente capo a NOME COGNOME era sostenuto da una struttura
stabile in cui erano inserite più persone in contatto fra loro, ciascuna delle quali aveva un ruolo specifico finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di illeciti fiscali Il ruolo della Maiolo e la consapevolezza di partecipare ad un’associazione dedita ad attività illecite emerge con inconfutabile evidenza dal compendio probatorio e dalle intercettazioni, oltre che dalle stesse dichiarazioni del COGNOME. La ricorrente deduce formalmente vizi della motivazione e violazioni di legge ma nella sostanza invoca una rivalutazione del compendio probatorio che esula dalle competenze di questa Corte.
3.3 La terza censura è manifestamente infondata.
Sembra opportuno premettere che per disporre intercettazioni non sono necessari gravi indizi di colpevolezza essendo sufficienti indizi di sussistenza del reato.
E’ vero che in tema di intercettazioni, il divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen. utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ag esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quel relazione ai quali l’autorizzazione era stata “ah origine” disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 5 del 28/11/2019 Ud. (dep. 02/01/2020 ) Rv. 277395 – 01)
Ma la Corte di merito ha respinto le censure in ordine alla utilizzabilità dell intercettazioni osservando a pagina 89 che l’utenza è stata intercettata nell’ambito di un unico procedimento relativo al reato associativo a carico di COGNOME NOME, pacificamente indagato quale capo e promotore dell’associazione a delinquere, titolo di reato che consente il ricorso alle intercettazioni. Le conversazioni sono intercorse anche con la COGNOME e dalle stesse è emerso il ruolo di partecipe della stessa alla associazione. Non ricorre alcuna violazione dell’art. 266 cod.proc.pen. poiché la COGNOME non è destinataria di un provvedimento di intercettazioni relativamente a un delitto non consentito, ma nell’ambito del medesimo procedimento è emerso il suo ruolo assunto all’interno della associazione oggetto di indagini.
La censura formulata è anche generica poichè nel ricorso per cassazione, grava sulla parte che deduce l’inutilizzabilità di un atto l’onere di indicare specificamente i documenti sui quali l’eccezione si fonda e altresì di allegarli, qualora essi non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale l’imputato aveva eccepito, senza tuttavia documentarlo, che le intercettazioni telefoniche erano state disposte in un procedimento diverso e per un reato non connesso a quello per il quale aveva riportato condanna). (Sez. 5 – , Sentenza n. 23015 del 19/04/2023 Ud. (dep. 25/05/2023 ) Rv. 284519 – 01)
Le doglianze in ordine al travisamento delle conversazioni intercettate non sono consentite perché, pur deducendo un vizio della motivazione mirano ad ottenere una
diversa interpretazione del tenore delle conversazioni intercettate e propongono una ricostruzione alternativa del compendio registrato.
La Corte di merito ha ribadito che dalla complessiva valutazione delle diverse conversazioni, riportate per ampi stralci nelle sentenze di merito, emerge la piena consapevolezza della COGNOME di collaborare con il COGNOME nella emissione di fatture da parte di società inesistenti e per prestazioni mai eseguite, in forza di un meccanismo collaudato e di un accordo ben preciso e stabile con gli altri sodali per il raggiungimento del comune fine illecito. La Corte si sofferma a riportare e valutare diversi passaggi di numerose conversazioni intercettate, mentre la ricorrente si limita ad ignorarle e non le prende neppure in considerazione, incorrendo nel vizio di genericità della censura.
3.4 La quarta censura è reiterativa di quella formulata con i motivi di appello che è stata respinta dalla Corte evidenziando che anche gli eventuali esiti probatori successivi al termine per chiedere il giudizio immediato, qualora sussistenti, integrerebbero una inutilizzabilità non patologica e quindi sanata dalla richiesta di rito abbreviato.
Ed infatti ai sensi dell’art. 438 comma 6 bis cod.proc.pen. la richiesta di giudizio abbreviato determina la sanatoria delle nullità che non siano assolute e delle inutilizzabilità che non derivino da un divieto probatorio. E di certo nel caso in esame non ricorre alcuna inutilizzabilità derivante da divieto probatorio.
La Corte ha comunque evidenziato che non ricorre alcuna tardività nel deposito di tali messaggi estrapolati dal telefono cellulare di NOME COGNOME in sede di esecuzione della misura cautelare e ha osservato che detti documenti sono stati depositati lo stesso giorno in cui è stata avanzata la richiesta di giudizio immediato, contenente anche il risultato dell’analisi del dispositivo in uso a COGNOME.
Il ricorso nulla deduce sul punto e sotto questo profilo risulta anche generico.
3.5 La quinta censura è manifestamente infondata e generica per le medesime ragioni già esposte in relazione al terzo motivo di ricorso, poiché la piena consapevolezza della COGNOME di fornire un determinante contributo nell’ambito dell’attività illecita organizzat facente capo al COGNOME emerge non tanto dalle dichiarazioni di quest’ultimo, sulla cui attendibilità intrinseca non vengono formulate motivate e specifiche censure, ma soprattutto dal tenore delle numerose conversazioni intercettate che da sole appaiono idonee a palesare il ruolo dell’imputata ed ad offrire pieno riscontro alle dichiarazioni del COGNOME.
3.6 Le censure in merito al trattamento sanzionatorio non sono consentite poiché neppure formalmente deducono vizi della motivazione ed invocano una diversa valutazione di merito in ordine alla congruità della pena, che esula dal sindacato di questa Corte di legittimità.
3.5 L’inammissibilità del ricorso principale rende superfluo l’esame dei motivi nuovi , che comunque espongono argomentazioni manifestamente infondate poiché le nuove norme recentemente introdotte e richiamate non trovano applicazione nel caso in esame, per espresso dettato normativo.
Per le considerazioni che precedono tutti i ricorsi sono inammissibili e comportano la condanna dei ricorrenti al -pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare in euro 3000 ciascuno in favore della cassa delle ammende, in ragione e proporzione del grado di colpa manifestato nell’impugnare la sentenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 ciascuno in favore della cassa delle ammende. Roma 23 aprile 2024