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Utilizzabilità intercettazioni: la Cassazione decide

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del PM, confermando la decisione del Tribunale del Riesame sull’inutilizzabilità delle intercettazioni. Le registrazioni, ottenute in un procedimento per reati di mafia, non possono essere usate in un separato procedimento per corruzione se manca una connessione sostanziale tra i reati, secondo la vecchia formulazione dell’art. 270 c.p.p. La questione centrale è l’utilizzabilità intercettazioni in procedimenti diversi.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità intercettazioni: la Cassazione fissa i paletti per i procedimenti diversi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigorosi limiti sull’utilizzabilità intercettazioni effettuate in un procedimento penale all’interno di un altro. Il caso, che vedeva contrapposti un Pubblico Ministero e un ex assessore comunale, ha offerto alla Suprema Corte l’opportunità di chiarire l’applicazione della normativa previgente, sottolineando l’importanza della connessione tra i reati per poter trasferire le prove da un fascicolo all’altro.

I fatti alla base della controversia

La vicenda trae origine da un’ampia indagine della Direzione distrettuale antimafia riguardante le attività di un noto clan camorristico. Durante questa inchiesta, erano state autorizzate numerose intercettazioni telefoniche. Dalle conversazioni registrate emersero indizi di un presunto caso di corruzione che coinvolgeva un assessore ai lavori pubblici di un comune del casertano.

Secondo l’accusa, l’assessore, in concorso con altri amministratori locali, avrebbe ricevuto una somma di 15.000 euro per facilitare il rilascio di un permesso di costruire illegittimo, consentendo la realizzazione di un immobile senza la necessaria lottizzazione. Sulla base di questi elementi, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) aveva applicato all’indagato la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di residenza.

La difesa dell’assessore ha impugnato l’ordinanza davanti al Tribunale del Riesame, sostenendo che le intercettazioni, essendo state disposte in un altro procedimento (quello per associazione mafiosa), non potessero essere utilizzate nel nuovo fascicolo per corruzione. Il Tribunale del Riesame ha accolto la richiesta, annullando la misura cautelare. A questo punto, il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione sulla utilizzabilità delle intercettazioni

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile. La decisione ha confermato integralmente la linea del Tribunale del Riesame, stabilendo che le intercettazioni raccolte nell’ambito dell’indagine antimafia non erano legalmente utilizzabili nel procedimento per corruzione.

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri: l’aspecificità del ricorso e la sua manifesta infondatezza nel merito.

Le motivazioni dietro il rigetto

1. Aspecificità del Ricorso:
La Cassazione ha rilevato che il Pubblico Ministero non si è confrontato specificamente con le argomentazioni giuridiche del Tribunale del Riesame. Invece di contestare punto per punto la motivazione dell’ordinanza impugnata, si è limitato a riproporre le stesse tesi già esposte dal GIP, chiedendo alla Corte una sorta di comparazione tra le due decisioni, un’operazione non consentita in sede di legittimità. Un ricorso, anche in materia cautelare, deve indicare con precisione i profili di illegittimità della decisione che si contesta.

2. Manifesta Infondatezza e Applicazione dell’art. 270 c.p.p.:
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 270 del codice di procedura penale, che regola l’utilizzabilità intercettazioni in procedimenti diversi. La Corte ha chiarito che, poiché il procedimento ‘madre’ (quello di mafia) era stato iscritto prima del 31 agosto 2020, si doveva applicare la versione della norma anteriore alle riforme più recenti.

Questa vecchia formulazione prevedeva una regola molto stringente: i risultati delle intercettazioni potevano essere usati in altri procedimenti solo se “indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”. La giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. Cavallo, 2020) aveva specificato che questo divieto non si applicava ai soli reati connessi (ai sensi dell’art. 12 c.p.p.) a quelli per cui l’autorizzazione era stata concessa.

Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva correttamente escluso una connessione sostanziale tra il reato di associazione mafiosa e quello di corruzione. La corruzione contestata era un episodio “avulso dai contesti di criminalità organizzata”, finalizzato a interessi privati e non a favorire il clan. Mancando un medesimo disegno criminoso, le due vicende erano state ritenute distinte. Di conseguenza, le intercettazioni non potevano ‘migrare’ da un fascicolo all’altro.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale di garanzia nel processo penale: l’utilizzo di uno strumento investigativo invasivo come le intercettazioni deve rimanere strettamente legato al procedimento per cui è stato autorizzato. Il ‘travaso’ di prove è un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente.

La decisione evidenzia l’importanza del criterio ratione temporis nell’applicazione delle norme processuali. Le modifiche legislative successive, che hanno parzialmente allargato le maglie per l’utilizzo delle intercettazioni in procedimenti connessi, non possono essere applicate retroattivamente a indagini già avviate sotto il vigore della vecchia disciplina, più garantista.

Per gli operatori del diritto, la pronuncia è un monito a costruire i ricorsi in Cassazione in modo specifico e puntuale, evitando mere riproposizioni di argomenti già vagliati. Per i cittadini, rappresenta una conferma che le prove raccolte per un determinato reato non possono essere usate indiscriminatamente per contestarne altri, a tutela della privacy e dei diritti fondamentali.

Quando le intercettazioni di un procedimento possono essere usate in un altro?
Secondo la legge applicabile al caso (anteriore alle riforme post 2020), i risultati delle intercettazioni possono essere usati in procedimenti diversi solo se sono indispensabili per accertare delitti per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, oppure se i reati sono strettamente connessi, ad esempio perché commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per due motivi principali: era aspecifico, in quanto non contestava puntualmente le motivazioni del Tribunale del Riesame ma si limitava a riproporre le argomentazioni di un provvedimento precedente; ed era manifestamente infondato, poiché la decisione impugnata aveva applicato correttamente la legge sull’inutilizzabilità delle intercettazioni.

Quale versione dell’art. 270 del codice di procedura penale si applica ai procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020?
Per i procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020, si applica la versione dell’art. 270 cod. proc. pen. in vigore prima delle modifiche introdotte dal D.L. 161/2019 (convertito con L. 7/2020). Questa versione prevedeva limiti più stringenti all’utilizzo dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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