Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15502 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15502 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord nel procedimento a carico di COGNOME NOMECOGNOME nato a Caserta il 26/07/1981;
avverso l’ordinanza emessa in data 29/11/2024 dal Tribunale di Napoli;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata; lette le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, con ordinanza emessa in data 5 novembre 2024, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Teverola.
In questa ordinanza il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto gravemente indiziato COGNOME in qualità di assessore ai lavori pubblici del predetto Comune, in concorso con il sindaco NOME COGNOME con il consigliere comunale NOME COGNOME e con il tecnico di parte NOME COGNOME, del delitto di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, commesso in Teverola, in data antecedente e prossima al luglio del 2021.
Secondo l’ipotesi di accusa, COGNOME avrebbe ricevuto la somma di 15.000 euro da NOME COGNOME, amministratore della RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere il rilascio di un permesso a costruire illegittimo in favore di NOME COGNOME e avrebbe consentito la realizzazione di un immobile in assenza di preventiva lottizzazione.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli, in accoglimento della richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME ha annullato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, in quanto ha ritenuto inutilizzabili, in virtù dell’art. 270, comma 1, cod. proc. pen., le intercettazioni eseguite in altro procedimento poste a fondamento del giudizio di gravità indiziaria nell’ordinanza genetica.
Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli ha proposto ricorso avverso questa ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
Con unico motivo di ricorso, il Pubblico Ministero deduce l’inosservanza degli artt. 266, 270 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe illegittimamente dichiarato inutilizzabili le intercettazioni eseguite nei confronti d COGNOME e dei correi.
Il Pubblico ministero ha premesso che il presente procedimento trae origine da una più ampia attività investigativa svolta dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Napoli nel procedimento n. 11733/19 R.G.N.R., dal quale è stato stralciato in data 15 giugno 2022 il procedimento n. 16927/22 R.G.N.R., con iscrizione degli indagati per i reati di cui agli artt. 319, 321 cod. pen. e successiva trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli Nord per competenza territoriale.
Il Tribunale del riesame ha dichiarato inutilizzabili le intercettazioni in quanto il «procedimento madre» iscritto nei confronti di NOME COGNOME ed altri (n. 11733/19 R.G.N.R.) aveva ad oggetto i reati di cui agli artt. 416-bis, 416 ter, 452 quaterdecies cod. pen., in relazione alla riorganizzazione del clan dei Casalesi nelle zone di Lusciano e Teverola.
In questo contesto investigativo vari collaboratori di giustizia (NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME) hanno riferito degli attentati incendiari subiti da un imprenditore di Teverola, NOME COGNOME
aggiudicatario di un appalto ventennale per la gestione dell’illuminazione comunale, che aveva sollevato dubbi sulla legalità dell’azione di alcuni esponenti del Comune di Teverola.
Sulla base dell’attività della copiosa attività di intercettazione telefonica disposta nei confronti di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME gli inquirenti ipotizzavano che il clan dei casalesi mirasse a infiltrarsi nelle attività imprenditoriali dei comuni della zona, a mezzo di un gruppo criminale che esercitava la sua influenza sugli affari del Comune attraverso il sindaco COGNOME e l’assessore COGNOME.
Questa attività di intercettazione disvelava, tra l’altro, condotte di corruzione irrelate rispetto al contesto della criminalità organizzata, tanto da aver determinato la Procura distrettuale antimafia ad operare lo stralcio del procedimento con riferimento agli episodi di corruzione verificatesi in occasione di una lottizzazione abusiva, che non erano di sua competenza.
Il Tribunale del riesame ha rilevato che la contestazione del delitto di corruzione per cui si procede «si fonda essenzialmente sui risultati dell’attività di captazione espletata nell’ambito del p.p. n. 11733/2019…».
Il sindacato sull’eccezione di utilizzabilità delle intercettazioni dedotta dalla difesa doveva, inoltre, essere svolto in relazione alla formulazione dell’art. 270, comma 1, cod. proc, pen. nel testo anteriore al decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7, come stabilito dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 36764 del 18/04/2024, COGNOME, Rv. 287005 – 01), in quanto il procedimento penale n. 11733/2019 è stato iscritto in data anteriore al 31 agosto 2020.
In applicazione di questa disposizione, il Tribunale ha rilevato che, pur «promanando i due procedimenti da una medesima originaria indagine», il presente procedimento ha avuto ad oggetto ipotesi di corruzione, «avulse da contesti di criminalità organizzata» e volte a realizzare interessi privati e non già i reati commessi dall’associazione camorristica per influenzare, anche tramite il voto di scambio, l’attività del Comune di Teverola.
I decreti autorizzativi riguardavano, infatti, non condotte corruttive, ma il reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Il Tribunale del riesame ha, dunque, rilevato che, secondo il disposto dell’art. 270 cod. proc. pen. applicabile ratione temporis, il procedimento n. 16927/22 R.G.N.R. è diverso dal procedimento n. 11733/19 R.G.N.R. (iscritto in data anteriore al 31 agosto 2020) ed è relativo a reati per i quali non è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; le intercettazioni eseguite, dunque, dovevano ritenersi inutilizzabili.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, rilevato che analoga decisione è stata adottata dalla Sesta sezione della Corte di cassazione, nella sentenza n. 4114 dell’11/11/2024, che ha dichiarato inutilizzabili le intercettazioni disposte nel procedimento penale n. 11733/19 R.G.N.R. con riferimento agli episodi di corruzione ascritti a NOME COGNOME per gli appalti del Centro RAGIONE_SOCIALE (C.I.R.A.).
Il Pubblico Ministero contesta la decisione impugnata, proponendo un ampio stralcio dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, che ha ritenuto le intercettazioni utilizzabili, in quanto sussisterebbe la connessione sostanziale di cui all’art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., tra il reato di corruzione per quale si procede e il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso per il quale sono state disposte le intercettazioni.
Non sarebbe conferente, inoltre, nel caso di specie, il richiamo ai principi di diritto enunciati dalla Sesta Sezione penale nella sentenza n. 4114 dell’11/11/2024, in riferimento alla vicenda degli appalti C.I.R.A.; in questo caso il provvedimento di stralcio sarebbe stato motivato in ragione dell’assenza di connessione tra i reati, laddove nel presente procedimento lo stralcio sarebbe stato motivato solo dall’assenza di competenza della Direzione distrettuale antimafia per un reato di corruzione, una volta esclusa l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il Pubblico Ministero ricorrente rileva, inoltre, che le esigenze cautelari sarebbero sussistenti, come indicato nella nota del 29 maggio 2023, in quanto gli indagati, all’esito delle recenti consultazioni amministrative, hanno provveduto a collocare esponenti politici e amministrativi a loro contigui nelle cariche di rilievo del Comune di Teverola, al fine di continuare a gestire i loro interessi privatistici
Con memoria depositata in data 27 gennaio 2025 l’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, in quanto lo stesso difetta di autosufficienza, ripropone una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimità, e difetta dell’allegazione delle esigenze cautelari specificamente riferite a COGNOME.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 31 gennaio 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Con unico motivo il Pubblico Ministero ricorrente deduce l’inosservanza degli artt. 266, 270 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame illegittimamente avrebbe dichiarato inutilizzabili le intercettazioni eseguite nei confronti di COGNOME e dei correi in altro procedimento penale.
3. Il motivo è inammissibile per aspecificità.
Il Pubblico Ministero ricorrente non si è confrontato con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, ma si è limitato a riproporre un ampio stralcio dell’ordinanza genetica, che ritiene utilizzabili nel giudizio di gravità indiziaria sull contestazioni mosse a Buonomo le intercettazioni disposte in altro procedimento.
La citazione di questo brano dell’ordinanza genetica, tuttavia, non contrasta specificamente gli argomenti della successiva ordinanza del Tribunale del riesame, ma si limita a proporre una valutazione alternativa sul punto controverso e oggetto di devoluzione.
Il Pubblico Ministero ricorrente sollecita, dunque, la Corte ad una comparazione tra la motivazione dell’ordinanza cautelare genetica con quella del Tribunale del riesame, senza la necessaria e specifica indicazione dei profili di illegittimità della motivazione dell’ordinanza impugnata, tali da condurre all’annullamento della stessa.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, anche nella materia cautelare è necessario che il ricorso rispetti i necessari requisiti di specificità stabiliti dall’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità (ex plurimis: Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278716 – 01; Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266782).
4. Il motivo dedotto è anche manifestamente infondato.
4.1. Le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che la disciplina del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all’ar 270, comma 1, cod. proc. pen. – nel testo introdotto dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 ed anteriore al decreto-legge 10 agosto 2023, n.105, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 2023, n. 137 – si applica solo nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni sia stato iscritto successivamente al 31 agosto 2020 (Sez. U, n. 36764 del 18/04/2024, COGNOME Rv. 287005 – 01).
Nel caso di specie, posto che il procedimento penale n. 11733/2019 è stato iscritto in data anteriore al 31 agosto 2020, deve trovare applicazione l’art. 270,
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comma 1, cod. proc. pen., nella formulazione anteriore dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7.
Questa disposizione sanciva che « I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza».
Con riferimento a questa disposizione, le Sezioni unite di questa Corte hanno, inoltre, rilevato che, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all’art. 270 c proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex ar 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277395 – 01).
4.2. Il Giudice per le indagini preliminari, tuttavia, nel passo della motivazione citato dal Pubblico Ministero ricorrente, dopo una diffusa ricostruzione della disciplina legislativa applicabile ratione temporis e delle vicende che hanno caratterizzato lo sviluppo del presente procedimento penale, ha concluso apoditticamente che «non si è trattato di “fatti di reato” diversi, ma di un’unica vicenda oggetto delle autorizzazioni intercettive»…come tale idonea a individuare un unico disegno criminoso»; in altro passo dell’ordinanza cautelare, il giudice ha rilevato che «non si è trattato in definitiva di un nesso solo occasionale, ma di una variabile costante che ha attraversato sia il procedimento a quo che quello ad quem».
Questi rilievi sono, tuttavia, strutturalmente inidonei a fondare l’applicazione della connessione sostanziale di cui all’art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., tra il reato di corruzione per i quale si procede e il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso per il quale sono state disposte le intercettazioni, in quanto non dimostra che tali reati siano stati esecutivi di un medesimo disegno criminoso, pur una volta esclusa la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod.
Il Giudice per le indagini preliminari ha, inoltre, rilevato che, quanto al vaglio di utilizzabilità delle intercettazioni ai sensi dell’art. 270, comma 1, cod. proc. pen., nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, «in caso di concorso di più persone in plurimi reati, la connessione ex art. 12, lett. b), c.p.p. non richiede l’unitarie del processo volitivo, e che quindi la connessione in parola non si estenderebbe al concorrente -ignaro- del programma criminoso individuato nel suo complesso».
Le Sezioni unite, nella sentenza COGNOME hanno tuttavia rilevato, con riferimento alla nozione di connessione, che il legame richiesto dall’art. 12, lett.
b), cod. proc. pen. sussiste in presenza, oltre che di un concorso formale di reati, di un reato continuato, in considerazione del requisito del medesimo disegno
criminoso, per la cui integrazione è necessario «che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già
programmati almeno nelle loro linee essenziali» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017,
COGNOME, Rv. 270074).
Questa forma di connessione, dunque, non può prescindere dall’esame della sfera volitiva dei loro rispettivi autori e nel caso di specie il Tribunale del riesame
ha rilevato, con motivazione logica e congrua, come la sua configurabilità, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, debba essere esclusa.
5. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 17/02/2025.