Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32141 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32141 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Serra NOMECOGNOME nato a Sassari il 10/05/1977
avverso la sentenza del 11/12/2024 della Corte di appello di Sassari, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
rilevato che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.;
il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta tempestivamente depositata, concludeva per l’inammissibilità del ricorso ;
l ‘Avv. NOME COGNOME con memoria, concludeva per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Sassari confermava la condanna di NOME COGNOME per la ricettazione di un orologio provento di un furto presso la gioielleria ‘COGNOME‘ avvenuto nel dicembre 2024.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che allegava nove motivi di ricorso
2.1. con i primi otto motivi deduceva violazione di legge (art. 648 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla valutazione del compendio probatorio posto a
fondamento della conferma della responsabilità.
Segnatamente deduceva:
che non sarebbe stato valutato quanto dichiarato da NOME COGNOME che aveva riferito di avere appreso dal COGNOME che questi intendeva ‘ incastrare ‘ il COGNOME consegnandogli l ‘ orologio provento del furto in danno della gioielleria COGNOME;
che tali dichiarazioni sono state rese sia all’udienza del 5 dicembre 2018 che in quella del 13 aprile 2023, nonostante siano state valutate solo queste ultime;
che sarebbe illegittima la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del COGNOME (sentito come ‘teste assistito’) che non sarebbe stato preciso nell’indicare il luogo della consegna dell’orologio; si deduceva che le sue dichiarazioni sarebbero state dettate dalla acredine nutrita nei confronti del COGNOME e dalla sua volontà di collaborare con la giustizia, invero funzionale ad ottenere il trasferimento nel carcere di Bollate;
che le dichiarazioni di NOME COGNOME non sarebbero state adeguatamente valutate, né smentite, nonostante lo stesso non si fosse mai contraddetto ed avesse sempre sostenuto le ragioni per le quali il suo amico aveva deciso di punire il COGNOME indicandone le modalità;
che sarebbero carenti le indagini volte a reperire gli oggetti provento del furto alla gioielleria e che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, l’orologio che l ‘ COGNOME aveva mostrato all’udienza del 13 aprile 2023 era quello sottratto al COGNOME;
che sarebbe stata assegnata illegittimamente credibilità ai contenuti accusatori del COGNOME, nonostante le contrarie dichiarazioni rese dall ‘ COGNOME;
che sarebbe stata violata la regola di giudizio del ‘ l’al di là di ogni ragionevole dubbio ‘;
che le indagini volte a individuare il negozio di orologi RAGIONE_SOCIALE dove il COGNOME aveva asserito di aver acquistato quello oggetto della ricettazione contestata sarebbero tardive rispetto all’epoca del fatto (le indagini sarebbero state effettuate solo nel 2021, mentre la ricettazione si sarebbe verificata nel 2014);
2.2. con il nono motivo di ricorso si deduceva violazione di legge (art. 270 cod. proc. pen.) contestando l’utilizzabilità dei contenuti delle intercettazioni disposte in altro procedimento (pendente a carico del Serra per i reati di corruzione e peculato), ed acquisiste nell’ambito del presente , senza che fosse stato provato il collegamento ritenuto necessario dalle Sezioni Unite nella pronuncia emessa nel caso ‘Cavallo’ per legittimarne l ‘ utilizzo. Si deduceva che tra la condotta che aveva legittimato l’autorizzazione alle intercettazioni e la ricettazione contestata nel presente procedimento sussisterebbe solo un labile
collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371 cod. proc. pen., ma non un legame inquadrabile tra quelli previsti dall’art. 12 cod. proc. pen., sicché tali intercettazioni avrebbero dovuto essere dichiarate inutilizzabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1.I primi otto motivi di ricorso non superano la soglia di ammissibilità in quanto si risolvono nella richiesta -non consentita in sede di legittimità – di rivalutare integralmente il compendio probatorio posto alla base della conferma della responsabilità.
In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di ‘merito’ in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate -o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,O., Rv. 262965).
1.2. Quanto all’allegata violazione della regola de l”al di là di ogni ragionevole dubbio’ il Collegio riafferma che i l mancato rispetto di tale regola di valutazione (come anche di quella indicata nell’art. 192 cod. proc. pen) non può essere tradotto nella invocazione di una diversa valutazione delle fonti di prova, ovvero di un’attività di valutazione del merito della responsabilità esclusa dal perimetro della giurisdizione di legittimità. La violazione di tale regola può, invece, essere invocata solo ove precipiti in una illogicità manifesta e decisiva del tessuto motivazionale, dato che oggetto del giudizio di cassazione non è la valutazione (di merito) delle prove, ma la tenuta logica della sentenza di condanna.
Non ogni ‘dubbio’ sulla ricostruzione probatoria fatta propria dalla Corte di merito si traduce infatti in una ‘illogicità manifesta’, essendo necessario che sia rilevato un vizio logico che incrini, in modo severo, la tenuta della motivazione, evidenziando una frattura logica non solo ‘manifesta’, ma anche ‘decisiva’, in quanto essenziale per la tenuta del ragionamento giustificativo della condanna.
Si ritiene, cioè, che il parametro di valutazione indicato nell’art. 533 cod. proc. pen. che richiede che la condanna sia pronunciata se è fugato ogni ‘dubbio ragionevole’ opera in modo diverso nella fase di merito e in quella di legittimità: solo innanzi alla giurisdizione di merito tale parametro può essere invocato per ottenere una valutazione alternativa delle prove; diversamente in sede di
legittimità tale regola rileva solo nella misura in cui la sua inosservanza si traduca in una manifesta illogicità del tessuto motivazionale. Infatti può essere sottoposta al giudizio di cassazione solo la tenuta logica della motivazione, ma non la capacità dimostrativa delle prove, ove le stesse siano state legittimamente assunte; l’apprezzamento della capacità dimostrativa delle singole prove, come anche dei complessi indiziari è attività tipica ed esclusiva della giurisdizione di merito e non può essere in alcun modo devoluta alla giurisdizione di legittimità, se non nei limitati casi in cui si deduca, e si alleghi, un travisamento. Diversamente, in sede di legittimità la violazione delle regole di valutazione delle prove e, segnatamente, del criterio indicato dall’art. 533 cod. proc. pen. è invocabile solo quando precipiti in una illogicità manifesta del percorso argomentativo.
In sintesi: la ‘regola b.a.r.d.’ (acronimo anglosassone: ‘ beyond any reasonable doubt ‘) in sede di legittimità rileva solo se la sua violazione ‘precipita’ in una illogicità manifesta e decisiva del tessuto motivazionale, l’unico ad essere sottoposto al vaglio di un organo giurisdizionale che non ha alcun potere di valutazione autonoma delle fonti di prova. La nuova o diversa valutazione delle prove può, invece, essere invocata nei gradi di merito, quando il rispetto del criterio dell”oltre ogni ragionevole dubbio’ non incontra il limite funzionale che caratterizza il giudizio di cassazione (tra le altre, Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108).
1.3. Nel caso in esame la Corte di appello ha effettuato una valutazione accurata e persuasiva delle prove raccolte, affrontando tutti i temi devoluti dalla difesa con l’ atto di appello e reiterati con il ricorso per cassazione.
Le doglianze si incentrano sulla valutazione di attendibilità del compendio dichiarativo, dato che il ricorrente ha reiteratamente censurato l’ insufficienza della valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del COGNOME e la carenza di quella relativa alle dichiarazioni dell’COGNOME.
Invero, contrariamente a quanto dedotto, la Corte d’appello ha effettuato un ‘ analitica valutazione della credibilità dei contenuti accusatori provenienti dal Fiori ed una altrettanto accurata valutazione delle dichiarazioni d ell’A llocca.
Nel dettaglio, la Corte ha considerato quanto all ‘ epoca dedotto (ed oggi reiterato con il ricorso per cassazione), ovvero (a) che il COGNOME aveva dei motivi di risentimento verso Serra, (b) che il COGNOME intendeva collaborare con la giustizia con la speranza di ottenere il trasferimento dal carcere di Bancali (dove era mal visto dagli altri detenuti in ragione del suo ruolo di confidente) a quello di Bollate.
La Corte ha ritenuto tuttavia che tali circostanze non implicassero che il COGNOME avesse dichiarato il falso, ritenendo, persuasivamente, che lo stesso aveva semplicemente deciso di svelare i reali contenuti del suo rapporto con l’imputato.
La Corte di appello ha infatti rilevato la narrazione del COGNOME aveva trovato decisive conferme, sia nelle intercettazioni che nel rinvenimento dell ‘ orologio nella disponibilità della Ledda, al contrario della ricostruzione alternativa proposta dalla difesa che, pertanto, veniva ritenuta inverosimile.
Segnatamente: è stato persuasivamente ritenuto che il fatto che il COGNOME avesse visto l’orologio al polso della COGNOME commentandone la bellezza non era un elemento idoneo a demolire la convergenza del quadro probatorio; invero la stessa COGNOME aveva dichiarato che l ‘ incontro con il COGNOME era avvenuto dopo Natale, cioè quando il furto era già stato commesso e – come dichiarato dal COGNOME – l’orologio era già stato consegnato al Serra (precisamente il 24 dicembre nel corso di un appuntamento che risultava confermato dalle intercettazioni).
Veniva valutata nel dettaglio anche la narrazione d ell’ COGNOME: con motivazione accurata la Corte di merito ha ritenuto che fosse del tutto inverosimile quanto dichiarato dall ‘ COGNOME, ovvero che egli aveva aggredito il COGNOME per prendergli l ‘ orologio esibito in giudizio dopo otto anni, all’udienza del 13 aprile 2023.
Inoltre la Corte di appello ha rilevato che il COGNOME aveva dichiarato di avere notato l’orologio al polso della Ledda nel periodo del Natale 2014, il che era in contraddizione con quanto riferito dall ‘ Allocca, e cioè che lo stesso COGNOME, solo nel febbraio 2015 avrebbe escogitato un ‘ azione per incastrare il ricorrente (pag. 54 della sentenza impugnata).
Anche le doglianze con le quali si contesta la parte della motivazione relativa alla valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni del Serra in ordine alle circostanze in cui avrebbe acquistato l’orologio in Casablanca non superano la soglia di ammissibilità.
La Corte di appello, sul punto, ha effettuato un’accurata valutazione delle allegazioni difensive rilevando che, per quanto gli accertamenti compiuti nel 2020 non avessero consentito di verificare se anche nel 2014 l’ubicazione del negozio fosse la stessa, tuttavia non sussistevano elementi di segno contrario tali da far ritenere che nel 2014 fosse presente a Casablanca un altro esercizio commerciale che vendeva prodotti Swarosvski diverso da quello accertato nel 2020. Inoltre la versione del Serra non risultava confortata dalla allegazione di alcun documento, come lo scontrino o la garanzia relativi all ‘ acquisto (pag. 56 della sentenza impugnata)
1.4. Il nono motivo di ricorso è manifestamente infondato.
In tema di intercettazioni, il divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i
quali le stesse siano state autorizzate -salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza -non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277395 – 01).
Secondo le Sezioni Unite in caso di imputazioni connesse ex 12 cod. proc. pen. «il procedimento relativo al reato per il quale l’autorizzazione è stata espressamente concessa non può considerarsi “diverso” rispetto a quello relativo al reato accertato in forza dei risultati dell’intercettazione. La parziale coincidenza della regiudicanda oggetto dei procedimenti connessi e, dunque, il legame sostanziale – e non meramente processuale – tra i diversi fatti-reato consente di ricondurre ai «fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede» (Corte cost., sent. n. 366 del 1991), di cui al provvedimento autorizzatorio dell’intercettazione, anche quelli oggetto delle imputazioni connesse accertati attraverso i risultati della stessa intercettazione: il legame sostanziale tra essi, infatti, esclude che l’autorizzazione del giudice assuma la fisionomia di un'”autorizzazione in bianco”. Soluzione, questa, che, d’altra parte, consente di attribuire al sintagma “procedimenti diversi” un significato coerente con i differenti riferimenti normativi ora, appunto, ai procedimenti (art. 270, comma 1, cod. proc. pen.), ora ai reati (art. 270, comma 1bis , cod. proc. pen., così come formulato alla data della deliberazione della presente sentenza) impiegati dal legislatore nella specifica disciplina delle intercettazioni».
Diversamente con riguardo al collegamento investigativo di cui all’art. 371 cod. proc. pen. (fuori dei casi di connessione, naturalmente) le Sezioni Unite hanno affermato che lo stesso così come configurato dal legislatore codicistico, «risponde ad esigenze di efficace conduzione delle indagini, ma le relazioni tra i reati alla base dell’istituto non presuppongono quel necessario legame originario e sostanziale che, come si è visto, consente invece di ricondurre anche il reato oggetto del procedimento connesso ex art. 12 cod. proc. pen. all’originaria autorizzazione».
Nel caso in esame, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, la Corte di appello rilevava che il regime di utilizzabilità delle intercettazioni era quello stabilito dalle Sezioni Unite ‘Cavallo’, in quanto il procedimento a carico del Serra era stato iscritto prima del 31 agosto 2020 sicché le intercettazioni acquisite erano sicuramente utilizzabili in quanto il procedimento per ricettazione era connesso ex art. 12, lett. b) cod. proc. pen. a quello per corruzione e peculato nell’ambito dei quali le intercettazioni erano st ate originariamente
disposte (pag. 46 della sentenza impugnata).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 22 luglio 2025.
Il Consigliere estensore La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME