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Utilizzabilità chat criptate: la Cassazione decide

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato contro la custodia cautelare basata su chat criptate (di un noto servizio di messaggistica) acquisite dalla Francia tramite Ordine Europeo di Indagine. La Corte ha stabilito la piena utilizzabilità chat criptate, seguendo i principi delle Sezioni Unite. Si è chiarito che tale acquisizione non viola le garanzie sulla segretezza della corrispondenza, poiché l’atto investigativo sarebbe stato ammissibile anche in un caso puramente interno.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità Chat Criptate: la Cassazione fa chiarezza sull’uso di prove dall’estero

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25911 del 2024, ha affrontato un tema di cruciale importanza nel panorama processuale penale moderno: l’utilizzabilità chat criptate acquisite da autorità giudiziarie straniere. Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale, specialmente dopo il recente intervento delle Sezioni Unite, delineando i confini tra cooperazione giudiziaria europea e garanzie difensive nazionali. Il caso offre spunti decisivi sulla gestione delle prove digitali ottenute tramite Ordine Europeo di Indagine (OEI).

I Fatti di Causa

Il procedimento nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza del Tribunale della Libertà di Bari, che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere. Le accuse a suo carico erano gravi: partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 309/1990.
L’impianto accusatorio si fondava in maniera preponderante su prove derivanti dalla decrittazione di conversazioni avvenute su una nota piattaforma di comunicazione cifrata. Tali dati erano stati acquisiti dall’autorità giudiziaria francese e successivamente trasmessi a quella italiana tramite un Ordine Europeo di Indagine.

L’Utilizzabilità chat criptate e i motivi del ricorso

La difesa ha articolato il ricorso in Cassazione su tre motivi principali:

1. Violazione della legge processuale

Il ricorrente sosteneva l’inutilizzabilità delle chat, equiparandole a flussi di comunicazione protetti dall’art. 15 della Costituzione sulla segretezza della corrispondenza. Secondo la difesa, la loro acquisizione avrebbe dovuto seguire le rigide procedure previste dal codice di procedura penale italiano per le intercettazioni o il sequestro di corrispondenza, con un necessario vaglio preventivo del giudice. L’acquisizione tramite OEI, basata su un’indagine estera, non avrebbe offerto le medesime garanzie.

2. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria

La difesa contestava la solidità degli indizi, ritenendo che la ricostruzione di specifici episodi di cessione di droga fosse basata su mere supposizioni non supportate da riscontri oggettivi. In particolare, si evidenziava come un incontro tra l’imputato e un altro soggetto potesse essere giustificato da regolari rapporti commerciali, anziché dalla consegna di stupefacenti.

3. Inadeguatezza della misura cautelare

Infine, si lamentava che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato elementi favorevoli all’imputato, come il tempo trascorso dai fatti, la sua giovane età e il suo ruolo asseritamente minoritario all’interno del presunto sodalizio criminale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente. La decisione si fonda principalmente sul recente e dirimente intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 23755/2024), che ha risolto i contrasti giurisprudenziali in materia.

Sulla questione dell’utilizzabilità chat criptate

Il cuore della motivazione risiede nel primo punto. La Corte chiarisce che l’acquisizione di prove già in possesso di un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro dell’Unione Europea, tramite OEI, è una procedura del tutto legittima e conforme al diritto sovranazionale e interno. Il meccanismo dell’OEI, disciplinato dalla Direttiva 2014/41/UE, si basa sul principio del reciproco riconoscimento e della fiducia tra Stati membri. La condizione essenziale per l’emissione di un OEI è la cosiddetta “valutazione in astratto”: l’atto di indagine richiesto avrebbe dovuto poter essere emesso alle stesse condizioni in un caso puramente nazionale.
La Cassazione specifica che, anche qualificando le chat come “corrispondenza”, il sequestro di documenti o dati informatici in Italia può essere disposto dal Pubblico Ministero, non richiedendo inderogabilmente l’intervento preventivo di un giudice. Pertanto, la condizione di ammissibilità dell’OEI era soddisfatta. Acquisire una prova già formata e detenuta da un’autorità estera non equivale a compiere un nuovo atto di intercettazione in violazione delle garanzie interne.
Vige, inoltre, una presunzione di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria del paese UE. Spetta alla difesa l’onere di provare una violazione specifica e concreta di tali diritti, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Sulla gravità indiziaria e l’adeguatezza della misura

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame immune da vizi logici. Le conversazioni decriptate erano state ampiamente corroborate dai servizi di osservazione della Polizia Giudiziaria, fornendo un quadro indiziario solido. Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha ricordato che per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/1990) opera una presunzione legale (art. 275, comma 3, c.p.p.) sia sulla sussistenza delle esigenze cautelari sia sull’adeguatezza della custodia in carcere. Il Tribunale aveva correttamente motivato il mantenimento della misura sulla base del contesto criminale strutturato e del ruolo fiduciario ricoperto dall’imputato, ritenendo la sua giovane età un elemento non sufficiente a superare tale presunzione.

Conclusioni

La sentenza in commento ribadisce con forza un principio ormai consolidato: le prove digitali, incluse le chat criptate, acquisite tramite Ordine Europeo di Indagine da un altro Stato membro sono pienamente utilizzabili nel processo penale italiano. La cooperazione giudiziaria europea, basata sulla fiducia reciproca, prevale su un’interpretazione formalistica delle norme procedurali interne, a condizione che non vengano violati i diritti fondamentali della difesa. Questa decisione conferma l’importanza degli strumenti di cooperazione UE nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale e definisce con chiarezza gli oneri probatori a carico di chi intende contestare la legittimità di tali acquisizioni.

Le chat criptate ottenute da un’autorità estera tramite Ordine Europeo di Indagine sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha stabilito che sono pienamente utilizzabili. L’acquisizione di prove già in possesso di un’autorità giudiziaria di un altro Stato UE tramite OEI è una forma legittima di cooperazione giudiziaria.

L’acquisizione di queste chat viola il diritto alla segretezza della corrispondenza garantito dalla Costituzione?
No. La Corte ha chiarito che non è necessaria una specifica autorizzazione preventiva del giudice italiano per acquisire prove già formate all’estero. La condizione di ammissibilità dell’OEI è che l’atto investigativo “avrebbe potuto essere emesso alle stesse condizioni in un caso interno analogo”, e in Italia il sequestro di corrispondenza può essere autorizzato anche dal pubblico ministero.

Cosa deve fare la difesa per contestare la legittimità di una prova proveniente da un altro Stato UE?
La difesa ha l’onere non solo di allegare, ma anche di provare concretamente il fatto da cui dipende la violazione di un diritto fondamentale. Vige un principio di presunzione relativa di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria del Paese UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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