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Utilizzabilità chat criptate: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato contro una misura cautelare per reati legati alla criminalità organizzata. La sentenza ha confermato la piena utilizzabilità delle chat criptate acquisite da un’autorità estera tramite Ordine Europeo di Indagine, anche in assenza di una preventiva autorizzazione del giudice italiano. Inoltre, ha ribadito che aiutare un capo clan latitante configura l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, poiché tale condotta rafforza l’intera associazione criminale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità Chat Criptate e Agevolazione Mafiosa: L’Analisi della Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato temi di cruciale attualità nel diritto processuale penale, in particolare riguardo alla utilizzabilità chat criptate ottenute all’estero e alla configurabilità dell’aggravante di agevolazione mafiosa. La pronuncia chiarisce importanti principi sulla cooperazione giudiziaria europea e sulla lotta alla criminalità organizzata, confermando la legittimità di strumenti investigativi moderni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro un’ordinanza che confermava la misura degli arresti domiciliari a suo carico. Le accuse provvisorie riguardavano reati legati al favoreggiamento e all’assistenza a un’associazione di tipo mafioso. La difesa ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali:

1. Inutilizzabilità delle prove: Si contestava l’uso delle conversazioni via chat, ritenute l’unica prova. La difesa sosteneva che l’acquisizione, avvenuta tramite un captatore informatico installato su un server estero, non fosse stata autorizzata da un giudice italiano.
2. Mancata prova dell’operatività della cosca: Veniva messa in dubbio l’attuale esistenza e forza intimidatrice dell’associazione criminale, sostenendo che le indagini si riferissero a fatti remoti.
3. Insussistenza dell’aggravante mafiosa: Si affermava che l’aiuto fornito al capo latitante del clan, suo parente, avesse favorito il singolo individuo e non l’intera organizzazione criminale.

La Questione Giuridica: L’Utilizzabilità delle Chat Criptate dall’Estero

Il fulcro della decisione ruota attorno alla utilizzabilità chat criptate e alle modalità di acquisizione delle stesse. La difesa ha cercato di far valere un vizio procedurale, sostenendo che l’inoculazione del captatore informatico su un server straniero avrebbe richiesto un’autorizzazione preventiva da parte della magistratura italiana.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, allineandosi ai principi già espressi dalle sue Sezioni Unite. Ha stabilito che l’acquisizione di prove già in possesso di un’autorità giudiziaria estera, ottenuta tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI), non necessita di un’ulteriore autorizzazione preventiva nazionale. Si tratta, infatti, di una richiesta di circolazione di prove già legittimamente raccolte in un altro procedimento penale, e non di un nuovo atto di intercettazione da disporre.

L’Aggravante Mafiosa e l’Aiuto al Capo Latitante

Un altro punto centrale riguarda l’interpretazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa. Secondo la difesa, l’aiuto prestato al capo del clan (procurandogli documenti falsi e accompagnando la sua famiglia) era un atto di favoreggiamento personale, motivato anche da un legame di parentela, e non un supporto diretto al sodalizio criminale.

Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al ricorrente. Ha osservato che fornire assistenza a un capo latitante per sottrarsi alla giustizia non è un atto neutro. Al contrario, tale condotta consente al vertice dell’organizzazione di mantenere la propria reggenza e il controllo sul territorio, rafforzando così l’operatività e il potere dell’intera associazione. La consapevolezza dell’imputato è stata desunta dal contesto, dall’uso di comunicazioni criptate e dalle interazioni con altri fiancheggiatori.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione di rigetto su solide argomentazioni giuridiche, consolidando orientamenti giurisprudenziali di fondamentale importanza.

Principio di Diritto sull’Acquisizione di Prove Estere

La Corte ha ribadito che, nel contesto della cooperazione giudiziaria europea, le prove già raccolte da uno Stato membro possono essere legittimamente richieste e utilizzate in Italia. L’emissione di un Ordine Europeo di Indagine da parte del pubblico ministero è lo strumento corretto per ottenere tali elementi. L’utilizzabilità può essere esclusa solo se la difesa fornisce la prova concreta che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione o dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna allegazione specifica in tal senso.

Sulla Configurabilità dell’Aggravante Mafiosa

La motivazione della Corte è chiara: aiutare consapevolmente un capoclan a sottrarsi all’esecuzione di una pena si traduce in un ausilio diretto al sodalizio. L’arresto del capo ne comprometterebbe l’operatività; impedirne la cattura, di converso, ne rafforza il potere. La condotta è sorretta dall’intenzione di favorire non solo il singolo soggetto, ma anche l’associazione che egli dirige, preservandone la capacità criminale e il prestigio.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma su due fronti. Da un lato, consolida la legittimità dell’uso di prove digitali acquisite all’estero tramite gli strumenti di cooperazione europea, bilanciando le esigenze investigative con la tutela dei diritti fondamentali. Dall’altro, offre una lettura rigorosa dell’aggravante di agevolazione mafiosa, sottolineando come qualsiasi condotta che consenta ai vertici di un’organizzazione criminale di rimanere operativi costituisca un supporto diretto e consapevole all’intera struttura, e non un mero favore personale.

Le chat criptate ottenute da un’autorità estera sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì, secondo la Cassazione sono utilizzabili se vengono acquisite tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI) e se erano già in possesso dell’autorità estera. In questo caso, non è necessaria una preventiva autorizzazione del giudice italiano, poiché si tratta di far circolare una prova già esistente e non di compiere un nuovo atto di indagine.

Aiutare un capo mafioso latitante costituisce sempre un’agevolazione per l’intera associazione criminale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che fornire aiuto a un capo riconosciuto di un clan per sottrarsi alla pena è una condotta che, oggettivamente e soggettivamente, favorisce l’intera associazione. Impedire l’arresto del leader consente al sodalizio di mantenere la sua operatività e il suo potere, configurando quindi l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Chi deve provare che l’acquisizione di prove all’estero ha violato i diritti fondamentali dell’imputato?
L’onere di allegare e provare i fatti da cui si possa desumere una violazione dei diritti fondamentali grava sulla parte interessata, ovvero sulla difesa. Una generica contestazione delle modalità di acquisizione non è sufficiente a escludere l’utilizzabilità della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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