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Utilizzabilità chat criptate: la Cassazione conferma

La Cassazione rigetta il ricorso di un imputato per associazione a delinquere, confermando l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute da autorità estere tramite Ordine Europeo di Indagine (OEI). La sentenza chiarisce che tali dati, già in possesso di un’autorità UE, possono essere acquisiti dal PM senza preventiva autorizzazione del giudice e vige una presunzione di legittimità, salvo prova contraria della difesa su una specifica violazione dei diritti fondamentali.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità Chat Criptate: La Cassazione Fa Chiarezza sull’Acquisizione di Prove Digitali

In un’era dominata dalla comunicazione digitale, la questione dell’utilizzabilità chat criptate nei processi penali è diventata centrale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25912 del 2024, affronta direttamente questo tema, fornendo chiarimenti cruciali sulle procedure di acquisizione di prove digitali dall’estero tramite l’Ordine Europeo di Indagine (OEI) e sui diritti della difesa. La decisione analizza il caso di un soggetto accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, le cui prove principali consistevano in conversazioni avvenute su una piattaforma di messaggistica cifrata.

I Fatti del Caso: Un’Associazione Criminale e le Prove Digitali

Il procedimento nasce da un’indagine su una vasta associazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti. Un soggetto veniva ritenuto partecipe con un ruolo operativo di rilievo. A suo carico, il Tribunale del Riesame confermava la misura della custodia cautelare in carcere, basandosi principalmente sul contenuto di messaggi scambiati su una nota piattaforma di comunicazione criptata. Tali comunicazioni erano state acquisite dall’autorità giudiziaria italiana tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI) rivolto a un altro Stato membro dell’UE, le cui forze di polizia erano riuscite a decifrare il sistema e ad accedere ai server.

I Motivi del Ricorso: Dubbi sulla Competenza e sull’Utilizzabilità Chat Criptate

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni, tra cui la presunta incompetenza territoriale del Tribunale che aveva emesso l’ordinanza. Tuttavia, il cuore del ricorso verteva sui motivi procedurali e, in particolare, sull’utilizzabilità chat criptate.

La difesa sosteneva che:
1. Violazione delle procedure di acquisizione: L’acquisizione dei dati non avrebbe rispettato le garanzie previste dalla legge italiana (L. 48/2008) per la prova informatica, come la creazione di una copia forense e l’uso di codici hash per garantirne l’integrità.
2. Natura dell’atto: Le chat non potevano essere considerate semplici ‘documenti’, ma piuttosto ‘flussi di comunicazione’ o ‘corrispondenza’, la cui acquisizione avrebbe richiesto un decreto autorizzativo specifico da parte di un giudice italiano, non essendo sufficiente l’OEI emesso dal Pubblico Ministero.
3. Lesione del diritto di difesa: Alla difesa erano stati forniti solo gli esiti delle indagini (le trascrizioni) e non l’intero percorso di acquisizione dei dati, impedendo una verifica sulla genuinità e su eventuali alterazioni del materiale probatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Ha confermato la piena utilizzabilità delle chat acquisite e la legittimità della misura cautelare. La Corte ha basato la sua decisione su un recente e fondamentale intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 23755/2024), che ha delineato i principi cardine in materia di acquisizione di prove digitali tramite OEI.

Le Motivazioni: Il Principio del Reciproco Riconoscimento e l’OEI

La Corte ha spiegato che, nel contesto della cooperazione giudiziaria europea, vige il principio del reciproco riconoscimento. L’Ordine Europeo di Indagine è lo strumento che attua tale principio.

Il punto cruciale della motivazione riguarda la natura delle prove acquisite. Poiché le chat erano già nella disponibilità dell’autorità giudiziaria straniera a seguito di un loro autonomo procedimento, l’OEI non serviva a compiere un nuovo atto di indagine (come un’intercettazione in tempo reale), ma ad acquisire una prova già formata all’estero. In questi casi, il Pubblico Ministero italiano è legittimato a emettere l’OEI senza una preventiva autorizzazione del giudice. La condizione di ammissibilità è che l’atto di indagine avrebbe potuto essere compiuto in una situazione analoga in Italia.

Per quanto riguarda la presunta violazione del diritto di difesa, la Cassazione ha ribadito un altro principio fondamentale: la presunzione di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta da un’autorità giudiziaria di un altro Paese UE. Spetta alla difesa, quindi, l’onere di allegare e provare un pregiudizio concreto derivante dalle modalità di acquisizione, non essendo sufficiente una generica doglianza sulla mancata applicazione delle procedure italiane. La semplice indisponibilità dell’algoritmo di decrittazione o della copia forense originale non costituisce, di per sé, una violazione insanabile dei diritti difensivi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di enorme importanza pratica. Stabilisce che le prove digitali, come le chat criptate, ottenute da autorità estere e già in loro possesso, possono legittimamente entrare nel processo penale italiano tramite OEI emesso dal PM. Per la difesa, ciò significa che non è più sufficiente contestare genericamente il metodo di acquisizione. Diventa invece necessario dimostrare in modo specifico e concreto come e perché la procedura seguita all’estero abbia leso un diritto fondamentale, causando un pregiudizio effettivo alla posizione dell’imputato. La decisione sposta quindi l’onere della prova sulla difesa, che deve fornire elementi specifici per superare la presunzione di legittimità degli atti compiuti da un’altra autorità giudiziaria europea.

È possibile utilizzare in un processo italiano le chat criptate acquisite da un’autorità giudiziaria straniera?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che i messaggi già acquisiti e in possesso di un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro dell’UE possono essere ottenuti tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI) e sono pienamente utilizzabili nel procedimento italiano.

L’acquisizione di chat già in possesso di un’autorità estera tramite OEI richiede l’autorizzazione di un giudice italiano?
No. Secondo la sentenza, quando la prova è già stata formata ed è nella disponibilità dell’autorità straniera, il Pubblico Ministero italiano può emettere l’OEI senza la preventiva autorizzazione di un giudice. Questo perché non si tratta di compiere un nuovo atto di indagine, ma di acquisire una prova già esistente.

La mancata disponibilità dell’algoritmo di decrittazione o della copia forense rende automaticamente inutilizzabili le chat?
No. La Corte ha chiarito che non vi è un’automatica inutilizzabilità. Esiste una presunzione di legittimità dell’attività svolta dall’autorità estera. Spetta alla difesa l’onere di allegare e provare in modo specifico quale diritto fondamentale sia stato violato e quale concreto pregiudizio sia derivato da tale mancanza, non essendo sufficiente una contestazione generica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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