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Utilizzabilità chat criptate: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di due imputati condannati per associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). La difesa contestava l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute tramite Ordine di Indagine Europeo. La Suprema Corte ha confermato la legittimità dell’acquisizione di tali prove, basandosi sul principio di presunzione di legittimità degli atti compiuti all’estero e sulla necessità di una valutazione complessiva degli indizi. La sentenza solidifica l’orientamento giurisprudenziale favorevole all’uso di comunicazioni criptate nei procedimenti penali.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Utilizzabilità chat criptate: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24404/2025, ha affrontato una questione cruciale per il moderno processo penale: l’utilizzabilità chat criptate acquisite tramite Ordine di Indagine Europeo (OIE) in un procedimento per associazione di tipo mafioso. La decisione rigetta i ricorsi di due imputati, consolidando un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica e teorica.

I Fatti del Processo: Condanna per Associazione Mafiosa

La vicenda processuale trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che confermava la condanna di due soggetti per il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale. In particolare, venivano riconosciuti come partecipi di una nota cosca di ‘ndrangheta. Ad uno degli imputati era contestato anche il delitto di detenzione di un’arma da guerra, un bazooka, con l’aggravante della finalità mafiosa. Le condanne si basavano su un complesso quadro probatorio, al cui centro vi erano i contenuti delle comunicazioni estratte da una piattaforma di messaggistica criptata.

I Motivi del Ricorso: Il Nodo sull’Utilizzabilità Chat Criptate

La difesa degli imputati ha presentato ricorso in Cassazione articolando diverse censure, focalizzate principalmente su due aspetti:

1. L’inutilizzabilità delle prove digitali: Secondo i ricorrenti, le chat criptate erano state acquisite in violazione delle norme procedurali. Si contestava la legittimità dell’Ordine di Indagine Europeo rivolto alle autorità francesi, sostenendo che le modalità di acquisizione dei dati (direttamente da un server e non da un dispositivo portatile) non sarebbero permesse dalla legge italiana. Inoltre, si lamentava la parzialità del materiale trasmesso, che avrebbe impedito una completa ricostruzione dei dialoghi.
2. L’errata identificazione degli utilizzatori: Gli imputati negavano di essere gli effettivi utilizzatori dei dispositivi criptati, ritenendo insufficienti gli elementi indiziari usati per attribuire loro i rispettivi PIN (agganci di celle telefoniche, movimenti dell’auto, contenuto dei messaggi).

In sostanza, la difesa mirava a smontare l’impianto accusatorio minando la legittimità della prova regina.

La Decisione della Corte: Legittimità delle Prove e Rigetto dei Ricorsi

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, confermando integralmente la sentenza d’appello. La decisione si fonda su principi ormai consolidati dalle Sezioni Unite della stessa Corte, fornendo chiarimenti essenziali sull’utilizzabilità chat criptate.

Sulla Legittimità delle Prove dall’Estero

La Corte ha ribadito che, nel sistema di cooperazione giudiziaria europea, vige una presunzione di legittimità dell’attività investigativa svolta all’estero. L’autorità giudiziaria italiana che riceve le prove tramite OIE non deve riesaminare la procedura estera, ma solo verificare il rispetto dei diritti fondamentali. L’onere di provare una violazione di tali diritti spetta alla difesa, che nel caso di specie non ha fornito allegazioni concrete e specifiche.

Sulla Valutazione Complessiva degli Indizi

Per quanto riguarda l’identificazione degli imputati, la Cassazione ha censurato l’approccio “atomistico” della difesa, volto a criticare ogni singolo indizio separatamente. Al contrario, i giudici di merito hanno correttamente operato una valutazione globale e unitaria degli elementi a disposizione. La convergenza di molteplici indizi (spostamenti, contatti, coincidenze temporali e tematiche) ha reso logicamente fondata la conclusione sull’attribuzione dei dispositivi agli imputati.

Le Motivazioni

Il percorso argomentativo della Corte è lineare e si ancora a recenti e autorevoli pronunce delle Sezioni Unite (in particolare, le sentenze “Gjuzi” e “Giorgi”). La motivazione sottolinea che il mezzo di ricerca della prova è l’intercettazione, mentre il captatore informatico (sia esso su un telefono o su un server) è solo lo strumento tecnico per realizzarla. Pertanto, l’acquisizione di dati da un server non costituisce un mezzo di prova atipico e non viola la legge italiana. La Corte ha inoltre chiarito che la scelta di un rito abbreviato comporta l’accettazione del materiale probatorio presente nel fascicolo, limitando la possibilità di lamentare la mancata acquisizione di ulteriori elementi, come le chat integrali. Infine, la Suprema Corte ha respinto le critiche sulla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e sull’impatto di altre sentenze non definitive, ribadendo l’autonomia del giudice nel valutare le prove a sua disposizione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della validità processuale delle prove ottenute da sistemi di comunicazione criptata attraverso la cooperazione europea. Le conclusioni che se ne possono trarre sono nette: l’utilizzabilità chat criptate è ormai un principio acquisito, e le difese che intendono contestarla devono superare un onere probatorio molto gravoso, dimostrando una violazione concreta dei diritti fondamentali. Viene inoltre riaffermata la necessità di un approccio logico-unitario alla valutazione della prova indiziaria, specialmente in contesti complessi come i processi di criminalità organizzata.

Le prove raccolte all’estero tramite Ordine di Indagine Europeo sono sempre utilizzabili in Italia?
Secondo la sentenza, sì, in base a una presunzione di legittimità dell’attività svolta dall’autorità estera. Spetta alla difesa l’onere di allegare e provare una concreta violazione dei diritti fondamentali per poterne eccepire l’inutilizzabilità.

Come viene identificato l’utilizzatore di un telefono criptato se non ci sono ammissioni dirette?
L’identificazione avviene attraverso una valutazione complessiva e unitaria di un insieme di elementi indiziari (un “coacervo”). Questi possono includere la coincidenza degli spostamenti del dispositivo con quelli dell’imputato o del suo veicolo, l’aggancio a celle telefoniche vicino all’abitazione e il contenuto dei messaggi che corrisponde a eventi della vita personale dell’imputato.

Una sentenza emessa in un altro processo può vincolare la decisione del giudice?
No. La sentenza chiarisce che il giudice conserva la propria autonomia e libertà nel valutare le prove e formulare il proprio giudizio. Anche una sentenza irrevocabile di un altro processo non comporta alcun automatismo nel recepimento dei fatti; a maggior ragione, una sentenza non ancora definitiva può essere utilizzata solo limitatamente alla prova della sua esistenza, ma non per la valutazione dei fatti in essa contenuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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