Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9095 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9095 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nata a Napoli il 24/6/1968 avverso la sentenza del 7 maggio 2024 della CORTE APPELLO di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha replicato alle conclusioni del pubblico ministero e ha chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza resa il 10 maggio 2022 dal Tribunale di Napoli che ha dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME per i reati di usura e tentata estorsione, meglio precisati in rubrica, commessi in concorso con la figlia.
2. Con il ricorso l’imputata deduce:
2.1 violazione degli artt. 192 cod.proc.pen. e 644 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per l’erronea valutazione della testimonianza della persona offesa e per il GLYPH mancato rispetto della regola dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” in ragione dell’assenza di prova della natura usuraria degli interessi applicati, in relazione alla durata del prestito e alla data dei singol pagamenti effettuati dal debitore. La persona offesa ha infatti dichiarato che prima del giudizio, a fronte di un prestito di 2.000 C, aveva restituito solo la somma di 1.300 C , e la Corte non ha determinato in maniera sufficientemente precisa il tempo trascorso tra la consegna del prestito e il pagamento della somma, né il tasso di interesse praticato all’epoca dei fatti, il cosiddetto tasso-soglia.
2.2 Violazione dell’art. 629 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato di estorsione.
La Corte ha ritenuto che rientrasse nell’area di rilevanza penale una condotta tra privati che integra un rapporto negoziale non vietato dalla legge, stante l’assenza di interessi usurari.
2.3 Violazione dell’art. 393 cod.pen. e vizio di motivazione poiché la Corte avrebbe dovuto riqualificare la condotta di estorsione in quella di esercizio arbitrario delle proprie ragioni poiché la COGNOME, alla luce del carattere non usurario del prestito consegnato alla persona offesa, avrebbe potuto agire in sede civile per l’adempimento e comunque ha operato nella convinzione di esercitare una propria giusta pretesa finalizzata alla restituzione delle somme prestate. La Corte ha escluso tale prospettazione difensiva, affermando che le minacce erano dirette ad ottenere il versamento degli interessi usurari.
2.4 Violazione dell’art. 133 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio poiché l’imputata è incensurata e l’episodio delittuoso risulta di modesta gravità, anche perché l’importo del prestito è pari a 2.000 euro.
3. Il ricorso è inammissibile.
I primi tre motivi che si appuntano sull’affermazione di responsabilità sono generici e non consentiti, in quanto reiterano le censure già dedotte con il gravame e non si confrontano con le risposte formulate dalla Corte di appello, invocando una diversa ricostruzione in punto di fatto della vicenda processuale e una rivalutazione del compendio probatorio che, in assenza di travisamenti e di manifeste illogicità, esulano dal sindacato di legittimità.
Al riguardo non va trascurato che secondo consolidata giurisprudenza di legittimità in caso di cd. “doppia conforme”, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile(Ex nnultis sez. 3^, n. 13926 del 1 dicembre 2011, dep. 12 aprile 2012, NOME, rv. 252615).
Inoltre è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censura l’erronea applicazione dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., se è fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici, tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto. (Sez. 6, n. 13442, 08/03/2016, COGNOME, Rv. 26692401)
Nel caso in esame la difesa lamenta la valutazione di attendibilità della persona offesa, in modo peraltro generico, e poi valorizza le dichiarazioni rese dalla stessa, in merito alla mancata corresponsione di interessi, cadendo in evidente contraddizione logica.
E’ sufficiente rilevare che la Corte, fornendo motivazione conforme ai principi stabiliti in tema dalla giurisprudenza e congrua rispetto alle emergenze processuali, ha spiegato che il reato di usura si perfeziona anche solo con l’accordo di interessi superiori al tasso soglia, come nel caso di specie, a prescindere dal loro effettivo adempimento, e che la minaccia esercitata per ottenere il rispetto del patto usurario, essendo finalizzata a realizzare un ingiusto profitto, integra la condotta estorsiva contestata nella forma tentata e certamente non configura un esercizio arbitrario delle proprie ragioni, essendo l’accordo intercorso tra le parti fondato su una causa illecita.
La quarta censura sul trattamento sanzionatorio è generica e manifestamente infondata poiché la pena è stata determinata nel minimo edittale della fattispecie estorsiva e ridotta, per le concesse attenuanti generiche, nella massima estensione e per il delitto di usura è stato applicato un aumento molto contenuto di appena due mesi di reclusione ed euro 200 di multa .
4.Alla stregua di tali considerazioni si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con le conseguenti statuizioni.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso, il 9 gennaio 2025
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