LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Usura con compravendita: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma una condanna per usura, chiarendo che una compravendita immobiliare, se utilizzata per mascherare un prestito con patto di riacquisto a prezzo maggiorato, costituisce reato. La sentenza analizza il concetto di ‘usura con compravendita’, stabilendo che le spese sostenute dal prestatore fanno parte del ‘rischio d’impresa’ criminale e non possono essere detratte dal profitto illecito, oggetto di confisca. Viene rigettata la tesi difensiva secondo cui la riqualificazione giuridica dei fatti da parte del giudice di merito avrebbe violato il diritto di difesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Usura con Compravendita: Quando un Affare Immobiliare Nasconde un Reato

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 6870 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto complesso quanto attuale: l’usura con compravendita. Questo fenomeno si verifica quando un contratto di compravendita immobiliare viene utilizzato per mascherare un prestito a tassi usurari, sfruttando la condizione di difficoltà economica della vittima. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla qualificazione giuridica di tali operazioni e sui criteri per calcolare il profitto illecito da confiscare.

I Fatti: Una Finta Vendita per Garantire un Prestito

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato per il reato di usura ai danni di due diverse famiglie in difficoltà economica. Lo schema utilizzato era simile in entrambi i casi: l’imputato concedeva un prestito e, come garanzia, stipulava un contratto di compravendita degli immobili delle vittime a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato. Contestualmente, veniva sottoscritto un contratto preliminare che prevedeva la possibilità per le vittime di riacquistare la proprietà entro un certo termine, ma a un prezzo quasi doppio rispetto alla somma ricevuta.

In sostanza, la vendita era fittizia e serviva unicamente a garantire il prestito, assicurando al contempo al creditore un guadagno sproporzionato in caso di mancata restituzione della somma. Si trattava di un’unica, articolata operazione finanziaria illecita, mascherata da una serie di atti notarili apparentemente leciti.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Cassazione sull’Usura con Compravendita

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tutti respinti dalla Corte.

La Correlazione tra Accusa e Sentenza

L’imputato sosteneva che vi fosse una differenza insanabile tra il fatto contestato (due distinti episodi di usura) e quello per cui era stato condannato (un unico negozio complesso). La Cassazione ha rigettato questa tesi, affermando che il nucleo essenziale della contestazione era rimasto invariato. I giudici di merito si erano limitati a riqualificare giuridicamente la vicenda storica, riconducendola a un’operazione unitaria, senza alterare gli elementi di fatto e garantendo pienamente il diritto di difesa.

Il Calcolo del Profitto Usurario

Un punto cruciale del ricorso riguardava il calcolo del profitto usurario. La difesa chiedeva di sottrarre dal guadagno illecito una serie di costi sostenuti dall’imputato, come le spese notarili, i costi per la cancellazione di precedenti pignoramenti e persino un ipotetico canone di affitto non percepito. La Corte ha chiarito un principio fondamentale: nel contesto dell’usura con compravendita, tali esborsi non sono altro che investimenti che rientrano nel “rischio di impresa” criminale. Di conseguenza, non possono essere dedotti dal profitto, che è costituito dal vantaggio sproporzionato ottenuto a danno della vittima.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che, per valutare la sussistenza dell’usura, si deve guardare alla sostanza economica dell’operazione e non alla forma giuridica utilizzata dalle parti. Il trasferimento immobiliare era un mero simulacro, la cui unica funzione era quella di creare una garanzia atipica e illecita per il creditore. Di conseguenza, tutti i calcoli basati su una reale compravendita (come il mancato pagamento di un affitto) sono stati ritenuti inconferenti.

Inoltre, la sentenza ha sottolineato che si trattava di un caso di “usura in concreto”, dove la sproporzione delle prestazioni viene valutata anche in relazione alla specifica condizione di difficoltà economica della vittima. Tale condizione, ben nota all’imputato, rende illecita l’operazione anche se i tassi di interesse impliciti non superassero le soglie di legge.

Per quanto riguarda la confisca, la Corte ha confermato che essa deve colpire il profitto netto del reato. Tuttavia, ha specificato che le spese strumentali alla commissione del delitto, come quelle notarili, non possono diminuire l’importo da confiscare, in quanto parte integrante dell’attività illecita.

Le conclusioni

La sentenza n. 6870/2024 rafforza un importante orientamento giurisprudenziale a tutela delle vittime di usura. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. La forma non salva dal reato: L’utilizzo di contratti di compravendita formalmente validi non può mascherare la realtà di un prestito usurario. I giudici hanno il dovere di indagare la comune intenzione delle parti e la reale natura economica dell’accordo.
2. Il profitto del reato è intangibile: Chi commette il reato di usura non può pretendere di ridurre il profitto illecito, oggetto di confisca, deducendo i “costi operativi” dell’attività criminale. Queste spese sono considerate un investimento nel crimine e non possono ricevere alcuna tutela dall’ordinamento giuridico.

Una compravendita immobiliare può configurare il reato di usura?
Sì. Secondo la sentenza, quando un contratto di compravendita, collegato a un patto di riacquisto a prezzo maggiorato, è utilizzato per mascherare la concessione di un prestito e garantire al creditore un vantaggio sproporzionato sfruttando lo stato di bisogno della vittima, l’intera operazione integra il reato di usura.

Nel calcolo del profitto da usura, il prestatore può detrarre le spese che ha sostenuto, come quelle notarili?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che le spese sostenute per perfezionare l’operazione criminosa (come spese notarili o di cancellazione di pignoramenti) costituiscono un investimento nel “rischio di impresa” criminale e non possono essere detratte dal profitto illecito soggetto a confisca.

Se un giudice condanna per un fatto qualificato diversamente dall’accusa iniziale, la sentenza è nulla?
No, non necessariamente. La sentenza non è nulla se non vi è un’alterazione sostanziale del fatto storico contestato, ma solo una sua diversa qualificazione giuridica (ad esempio, da due reati a un unico negozio complesso), e se l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi su tutti gli elementi della vicenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati