Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6870 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 6870  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME nato a RIZZICONI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del PG PASQUALE AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile NOME COGNOME, nonché, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, per la parte civile NOME COGNOME, e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME, per la parte civile NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso o comunque il suo rigetto;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 12 aprile 2018 dal Tribunale di Livorno, ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME, per i reati di cui all’art. 644 cod. pen contestatigli e ha disposto la confisca di tre appartamenti nella disponibilità dell’imputato, confermando nel resto la sentenza impugnata.
 Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando sette motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, in relazione al delitto di cui al capo b), si deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 521, 522 e 604, comma 1, cod. proc. pen., poiché, a fronte di due ipotesi delittuose distinte oggetto di imputazione, riunite ex art. 81 cod. pen. (una prima usura consistita nell’acquisto di un immobile RAGIONE_SOCIALE persone offese a prezzo vile, approfittando della loro condizione di difficoltà economica; una seconda usura consistita nella promessa in vendita dello stesso bene alle medesime persone offese, due anni dopo, per il doppio del precedente corrispettivo), il Tribunale aveva condannato il ricorrente per un fatto completamente diverso: un’unica, articolata sequenza negoziale, iniziata con un finanziamento con contestuale cessione del bene e patto di riacquisto per una somma maggiorata, modificando anche il luogo e il tempo di consumazione del reato rispetto alle – mai modificate – contestazioni del Pubblico Ministero. La Corte, in luogo di rilevare la suddetta nullità, tempestivamente eccepita, avrebbe invece offerto una motivazione incongrua, che confondeva la diversità tra fatto contestato e fatto ritenuto con la diversa questione della qualificazione giuridica del fatto medesimo.
2.2. Con il secondo motivo, in relazione al delitto di cui al capo b), si eccepisce la carenza di motivazione, con riferimento alla questione del preciso computo RAGIONE_SOCIALE varie poste attive e passive sulla cui base verificare l’usurarietà degli interessi (oggetto di specifico motivo di gravame e di ulteriore memoria depositata all’udienza di discussione). L’imputato aveva criticato la mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE spese per la cancellazione del preesistente pignoramento, le spese notarili e di registro per il provvisorio trasferimento della proprietà, la mancata corresponsione di un canone di affitto parametrato ai valori di mercato per i cinque anni in cui le persone offese hanno goduto del bene, il futuro pagamento della tassa sulla plusvalenza. La Corte fiorentina, a fronte di ciò, si sarebbe limitata a reiterare gli assai più semplicistici computi operati in primo grado, così restando inottemperante al proprio onere motivazionale.
2.3. Il terzo motivo, in relazione al delitto di cui al capo c), è analogamente incentrato sulla dedotta carenza di motivazione avente ad oggetto specifiche
censure inerenti l’attendibilità della persona offesa NOME COGNOME e, di conseguenza, la ritenuta simulazione del contratto di compravendita. I giudici di appello avrebbero riproposto sinteticamente le riflessioni del Tribunale, obliterando quanto segnalato dalla difesa in merito alla necessità di scrutinio particolarmente attento, dato che la persona offesa si era costituita parte civile, chiedendo un risarcimento molto consistente, soprattutto in merito alle plurime emergenze che indicavano la piena volontà di COGNOME, in stato di illiquidità, di vendere gli immobili, anche affidandosi ad agenzie specializzate, come ulteriormente comprovato dalle dichiarazioni del di lei marito e dalla implausibilità della sua riferita incoscienza del reale contenuto degli atti rogati dal AVV_NOTAIO, nonché dall’affitto dell’immobile (tipico comportamento uti dominus) da parte di NOME alla figlia di COGNOME.
2.4. Con il quarto motivo, in relazione al delitto di cui al capo c), la difesa si duole del travisamento della prova testimoniale di NOME COGNOME, marito della persona offesa, che, lungi dal confermare le dichiarazioni della moglie e comunque dal riscontrare l’ipotesi della vendita simulata a garanzia di un prestito usurario, riferisce invece in dibattimento della iniziale richiesta di avere da NOME un finanziamento da parte dei due COGNOME, che, ai suoi dinieghi, gli avrebbero poi espresso la loro volontà di vendergli gli immobili.
2.5. Con il quinto motivo, in relazione al delitto di cui al capo c), la difesa censura la violazione dell’art. 1362 cod. civ., poiché invece di interpretare il contratto secondo la comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti, i giudici di merito invece, nell’affermare la natura simulata del negozio, si erano basati unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa.
2.6. Il sesto motivo, in relazione ai delitti di cui ai capi b) e c), si evidenzia un’ulteriore difetto di motivazione per quel che attiene alla disposta confisca. La Corte di appello ha riconosciuto che la misura ablatoria doveva essere circoscritta al solo profitto dei reati di usura contestati, ma poi ne ha individuato l’oggetto su immobili che – pur ammessa la simulazione della vendita – non potrebbero ricondursi al patrimonio dell’imputato e ne ha calcolato l’importo facendo riferimento a criteri del tutto irragionevoli (le quotazioni, meramente indicative, dell’RAGIONE_SOCIALE), evitando persino di scomputare dal profitto non solo le spese sostenute per il perfezionamento RAGIONE_SOCIALE varie operazioni negoziali, ma anche il capitale mutuato.
2.7. La carenza di motivazione è infine oggetto anche del settimo motivo, relativo alle statuizioni civili. In particolare, si rileva come la quantificazione danno risarcibile non tiene conto della facoltà per le persone offese di adìre il giudice civile per far dichiarare la nullità dei contratti simulati e postula sussistenza di un danno non patrimoniale, in difetto di qualsiasi allegazione RAGIONE_SOCIALE
parti civili (che, anzi, in alcune conversazioni intercettate, escludevano entrambe la sussistenza di pregiudizi morali).
2.8. Sono stati presentati motivi aggiunti diretti ad eccepire l’illogicità dell motivazione, in relazione al delitto di cui al capo c), nella misura in cui essa richiama gli argomenti, parimenti illogici, utilizzati dal Tribunale per affermare l’attendibilità della teste COGNOME NOME.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Il precetto di cui all’art. 521 cod. proc. pen., invero, può ritenersi violat solo nel caso di assoluta e reale difformità tra l’accusa e la statuizione del giudice, quando non sia possibile individuare un nucleo comune nei fatti diversi nei loro elementi essenziali, tanto da determinare una incertezza sull’oggetto della imputazione, che si pongono, quindi, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità tra loro, facendo sì che l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia trovato nella condizione di non potersi difendere in ordine all’oggetto della imputazione (cfr. ex pluribus, Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205617; Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, COGNOME, Rv. 281477; Sez. 2, n. 12328 del 24/10/2018, dep. 2019, Calabrese, Rv. 276955).
Nel caso di specie, non c’è stata alcuna incertezza sul nucleo essenziale della contestazione, a fronte di una piena corrispondenza tra gli elementi tipici della fattispecie contestata, chiaramente specificati nell’imputazione, e l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna, che, sulla base dei medesimi elementi, ha ricondotto l’intera vicenda storica ad un unico negozio complesso (e illecito). L’intera operazione unitaria, secondo i giudici di merito, è stata articolata in due fasi distinte ma ben collegate, ognuna RAGIONE_SOCIALE quali coincide con uno dei due delitti di usura riuniti originariamente sotto il vincolo della continuazione: la sottoscrizione del contratto di compravendita, allorquando sono stati versati gli euro 80.000 necessari per estinguere il debito ipotecario ed evitare il pignoramento, e il successivo contratto preliminare di riacquisto, al doppio del prezzo. Tutto ciò, oltre il velo della simulazione, è stato interpretato, non illogicamente, come un finanziamento con trasferimento della proprietà con (illecita) funzione di garanzia, ripercorrendo passo passo i fatti ampiamente descritti nella rubrica imputativa.
Come correttamente già rilevato dalla Corte di appello, non si è quindi verificata alcuna trasformazione radicale o sostituzione degli elementi costitutivi dell’addebito.
Il primo motivo di ricorso è dunque reiterativo e manifestamente infondato.
Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero trascurato, nella loro valutazione, i consistenti esborsi e i mancati guadagni strettamente legati alla complessiva operazione finanziaria-immobiliare.
Occorre però muovere dal presupposto che, alla luce della ricostruzione in fatto e in diritto sopra succintamente richiamata, l’apparente corrispettivo della compravendita era in realtà un prestito concesso da NOME ai COGNOME COGNOME e che il prezzo previsto nel successivo contratto preliminare di compravendita a parti invertite (ed entro un termine prestabilito) costituiva la restituzione della somma mutuata, maggiorata del vantaggio usurario. Quindi, il trasferimento della proprietà non era che un mero simulacro dietro cui riposava un’impropria garanzia fondiaria e da cui non poteva farsi discendere la debenza di una pigione. Al contrario, il mantenimento della condizione di domini dell’abitazione, quanto meno sino alla scadenza del termine previsto per la restituzione, in un’unica soluzione, del capitale e degli interessi, era proprio il fondamento logico-fattuale dell’intero negozio complesso. Tant’è che, dopo l’inutile decorso di quel termine, quando si consolida effettivamente il trasferimento della proprietà sino ad allora fittizio, le persone offese, per continuare ad abitare nell’immobile, hanno dovuto corrispondere un canone mensile.
Una volta estinto il debito con il creditore pignorante, e così eliminato il rischio di una prosecuzione dell’azione esecutiva (e quindi garantito il buon fine del progetto criminoso), le spese inerenti alla cancellazione del pignoramento e della relativa trascrizione e le spese finalizzate all’apparente trasferimento della proprietà costituiscono un investimento del prestatore di denaro ad usura, pienamente rientrante nel suo “rischio di impresa” criminale, a fronte peraltro di un lucrosissimo corrispettivo. Il quarto comma dell’art. 644 cod. pen., peraltro, offre criteri per la determinazione del tasso di interesse e comunque per l’accertamento della usurarietà dell’operazione, imponendo di avere riguardo esclusivamente agli oneri imposti al solo mutuatario legati all’erogazione del credito (Sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, COGNOME, Rv. 247861).
Si tratta in ogni caso di somme inidonee a ridurre significativamente la sproporzione tra prestazione e controprestazione poste alla base della contestazione (dovendosi tenere conto, altresì, degli ulteriori euro 32.000, versati a titolo di acconto per il riacquisto dalle persone offese, poi incapaci di complementare il pagamento). Il ricorrente trascura infatti, nella sua alternativa prospettazione contabile, che l’esplicita contestazione, ritenuta sussistente dai giudici di merito, richiamava il terzo comma dell’art. 644 cod. pen. Nel caso della cosiddetta “usura in concreto”, sono sempre usurari gli interessi, anche se inferiori ai limiti normativi, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete
modalità del fatto, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Tali condizioni – ben conosciute, nel caso di specie, dall’imputato – integrano quindi la materialità del reato anche a prescindere dal superamento dei tassi soglia.
Il secondo motivo è pertanto manifestamente infondato.
Premesso, poi, che la valutazione della attendibilità della persona offesa nonché degli ulteriori testimoni – rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni, la Corte fiorentina ha ritenuto pienamente credibile il racconto di NOME COGNOME, confortato da riscontri documentali e dalle altre fonti orali (in particolare, procedendo ad un’attenta disamina RAGIONE_SOCIALE deposizioni del marito NOME COGNOME e dell’agente immobiliare NOME).
Coerentemente con le emergenze processuali, la doppia conforme motivazione dei giudici di merito disattende argomentatamente i rilievi difensivi riproposti anche in questa sede, sottolineando come la persona offesa, convocata dalla polizia giudiziaria e non presentatasi spontaneamente, avesse riferito di un doppio prestito agganciato, anche in questo caso, a due preliminari immobiliari con funzione di garanzia, e per tale ragione apparentemente qualificato come caparra (condizionando il diritto di recesso della promittente venditrice al versamento del doppio di tale somma, a pena di essere costretta a trasferire, mediante il definitivo, la proprietà dei beni per un prezzo macroscopicamente inferiore a quello di mercato). La narrazione era confermata anche dalla deposizione del marito, che ha riferito come il prezzo della compravendita non fosse stato oggetto di alcuna trattativa, in quanto fissato di autorità dal contraente forte, e in ogni caso, i COGNOME confidavano piuttosto di restituire il prestito e rientrare in possesso degli immobili; COGNOME ha anche specificato come, d’intesa con NOME, avesse taciuto alla moglie alcuni passaggi negoziali, rappresentandole soltanto la necessità di «mettere “altre firme” innanzi al AVV_NOTAIO» (e ciò, unitamente alla mancanza di competenze tecniche, spiegherebbe anche talune risposte della persona offesa, astrattamente suscettibili di fraintendimenti). Anche analizzando quanto riferito da COGNOME, prendendo in considerazione l’intera sua deposizione, emerge solo una generica volontà di vendere i due appartamenti per superare la propria illiquidità, a fronte della mera richiesta di denaro avanzata inizialmente nei confronti di NOME (che già in altre occasioni aveva effettuato in loro favore prestiti, seppure più modesti). Resta ferma, anche in questo caso, l’usura in concreto, con le difficoltà finanziarie, sconfinate ben oltre lo stato di bisogno (pure
oggetto di contestazione), con i COGNOME COGNOME costretti a dormire in un camper.
Questo lineare percorso argonnentativo, del tutto congruo e privo di vizi logico-giuridici, rimane impermeabile allo scrutinio di legittimità. D’altro canto, i giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, come nel caso di specie, le ragioni del proprio convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; debbono pertanto considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretis, Rv 281935).
Il terzo motivo non è quindi consentito, laddove postula un’irrituale nuova ponderazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, e risulta altresì reiterativo e manifestamente infondato.
Tale inammissibilità travolge anche, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., i motivi aggiunti presentati sul punto, peraltro di analoga manifesta infondatezza.
Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni espresse nel paragrafo precedente, appare evidente come il quarto motivo non consista in effetti nel dolersi del travisamento della prova testimoniale di NOME COGNOME, ma soltanto nel sollecitare una nuova lettura, in un senso più favorevole all’imputato, RAGIONE_SOCIALE sue dichiarazioni (ciò che non solo non è possibile in sede di legittimità, ma neppure può fondarsi su un palese scollamento dall’effettivo contenuto della narrazione, poiché – tenuto conto della atecnicità della fonte, in particolare quando parla di “vendere” – nulla osta logicamente all’interpretazione data sul punto dai giudici di merito).
Peraltro, nel caso di “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione solo quando – contrariamente al caso di specie – il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258432. Secondo Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155, la deduzione è possibile anche quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie acquisite in forma di tale
macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza RAGIONE_SOCIALE motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti).
Il motivo è dunque non consentito e manifestamente infondato.
Può ulteriormente osservarsi, avendo il difensore richiamato in udienza l’indicazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 165-bis disp. att. cod. pr pen., in calce al ricorso in ordine alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, come la Corte fiorentina abbia correttamente trasmesso, al pari di ogni altro atto indicato dalla parte impugnante (all’interno dei faldoni allegati al fascicolo principale), il verbale integrale dell’udienza del 28 novembre 2017, alle cui pp. 19ss è riportato l’esame del suddetto COGNOME, teste a discarico.
 Quanto alla censura relativa all’interpretazione asseritamente non conforme ai canoni ermeneutici sanciti dal codice civile, occorre rilevare come tale specifica doglianza non risulti – come può agevolmente evincersi dall’atto di gravame – previamente a suo tempo dedotta come motivo di appello ed è pertanto inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Ad ogni buon conto, il quinto motivo è altresì diretto a rivalutare una questione eminentemente fattuale e comunque manifestamente infondato, dal momento che è proprio la comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti ad essere stata scrutinata dai giudici di merito, che hanno entrambi concluso per l’obiettivo, proposto da COGNOME e condiviso giocoforza dai COGNOME COGNOME, di un meccanismo negoziale in frode alla legge, essendosi utilizzato uno schema contrattuale tipico per conseguire un risultato economico diverso da quello proprio del contratto concluso, onde perseguire finalità vietate dalla normativa di contrasto all’usura.
Alla condanna per i delitti di usura, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 644 cod. proc. pen., consegue la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni e utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni
Il Tribunale di Livorno aveva disposto la confisca degli immobili descritti nei capi b) e c), in quanto essi stessi diretto profitto dei due reati di usura. La Corte, mantenendo il vincolo sui fabbricati, lo ha però contenuto nei limiti dei profitti netti, come calcolati nella sentenza di primo grado (ed ha altresì ben chiarito come la misura ablatoria sia caduta su beni formalmente intestati al figlio, ma di cui l’istruttoria ha mostrato l’indubbia permanente disponibilità in capo all’odierno imputato).
Per la Corte di appello, in ordine al delitto sub b), «il vantaggio usurario è costituito dal prezzo promesso al NOME dai COGNOME per riacquistare la
proprietà dell’immobile ceduto al creditore», al netto dell’indennità di occupazione per l’accordata permanenza nell’appartamento, secondo il canone individuato dal consulente dell’imputato. In tal modo, dato il giugulatorio meccanismo contrattuale, pur se non si espunge dal computo l’importo mutuato, si dà rilievo anche al profitto derivante dall’acquisto della proprietà dell’immobile a prezzo vile.
Quanto al delitto sub c) (connotato da una diversa sequenza negoziale), per quanto attiene alla stima del valore di mercato degli immobili, la Corte fiorentina si basa sulle stime di mercato operate dall’RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente, per contestare tale opzione, in relazione all’utilizzo RAGIONE_SOCIALE quotazioni OMI, cita giurisprudenza civile/tributaria non pertinente in questa sede. La ponderata valutazione dei giudici di merito, congruamente argomentata, non è censurabile nel giudizio di cassazione (cfr. Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, COGNOME, Rv. 257439, che ha ritenuto corretta la stima di un fabbricato effettuata tenendo presenti i valori minimi attribuiti agli immobili nella zona dell’RAGIONE_SOCIALE del mercato immobiliare). Sull’indifferenza RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per portare a termine l’operazione criminosa (a cui, con ogni evidenza, restano estranei i principi contabili per il calcolo del reddito di impresa, dedotti tutti gli elementi di costo), è già detto al precedente paragrafo 2.
Il motivo è dunque infondato.
7. Il Tribunale labronico ha condannato il ricorrente a risarcire alle parti civili costituite il danno, secondo la liquidazione rimandata a separato giudizio, assegnando una provvisionale sicuramente contenuta nel perimetro di quanto accertato (euro 30.000 per ciascuno dei due capi per i quali è stata pronunciata condanna). La Corte territoriale ha respinto lo specifico motivo di appello sul punto, constatando correttamente come non potesse accogliersi la tesi difensiva secondo la quale le persone offese non avrebbero patito alcun pregiudizio patrimoniale.
Le considerazioni che precedono, in tema di compiuto accertamento, nella pienezza della giurisdizione di merito, di un profitto ricavato dall’imputato dalla propria condotta delittuosa con almeno pari danno per le persone offese valgono a connotare di manifesta infondatezza la medesima censura, reiterata anche nel presente giudizio.
Non sono sorrette da alcun concreto interesse le censure inerenti l’insussistenza del danno non patrimoniale, posto che le sentenze di merito non hanno mai statuito in parte qua e che in ogni caso la liquidazione è stata demandata alla competente sede civile.
È rimasta poi a un livello meramente assertivo, oltre che insuperabilmente aspecifico anche in ossequio al principio di autosufficienza, l’affermazione difensiva
in merito ad «alcune trascrizioni di intercettazioni telefoniche tra i COGNOME COGNOME e COGNOME (sopra già in parte evidenziate) e tra i COGNOME COGNOME e COGNOME».
Non è infine impugnabile con ricorso per cassazione la concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773-02; Sez. 2, n. 43886 del 26/04/2019, COGNOME, Rv. 277711).
8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Consegue altresì la condanna dell’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalle parti civili costituite nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolta.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro duemilacinquecentotrentasette, oltre accessori di legge, e dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro tremilaseicentottantasei, oltre accessori di legge.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Firenze ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 30 gennaio 2024
Il Consicilier e tensore
La Presidente
t