Uso Personale Stupefacenti: Quando la Quantità Esclude la Difesa?
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale stupefacenti e quella finalizzata allo spaccio rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto penale in materia di droga. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti decisivi, sottolineando come specifici elementi fattuali possano vanificare la tesi della detenzione per solo consumo personale. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato nei primi due gradi di giudizio, la cui difesa si basava proprio sull’esclusiva destinazione personale della sostanza rinvenuta.
I Fatti di Causa
Il ricorrente era stato condannato dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello di Bari alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello. In particolare, si contestava la conclusione dei giudici di merito secondo cui la droga trovata in suo possesso fosse destinata alla vendita e non, come sostenuto dall’imputato, al suo esclusivo consumo.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Uso Personale Stupefacenti
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la motivazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici o giuridici e aveva correttamente valutato gli elementi a disposizione per escludere l’ipotesi dell’uso personale stupefacenti. La decisione di inammissibilità ha comportato, come previsto dalla legge, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella valorizzazione di due specifici elementi probatori che, insieme, creano un quadro accusatorio difficilmente compatibile con la tesi dell’uso personale:
1. Il dato ponderale: La quantità di sostanza stupefacente sequestrata era tale da poter essere suddivisa in oltre 300 dosi medie singole. Un quantitativo così ingente, secondo la Corte, supera ragionevolmente le necessità di un consumatore individuale, anche se abituale.
2. Il materiale per il confezionamento: Oltre alla droga, è stato rinvenuto materiale idoneo al suo confezionamento in singole dosi. Questo elemento, unito al dato quantitativo, è stato considerato un chiaro indice della destinazione della sostanza al mercato illegale.
La Corte ha sottolineato che la valutazione combinata di questi fattori permette di escludere “con ragionevole certezza” l’uso esclusivamente personale. La motivazione dei giudici di merito è stata quindi ritenuta solida e coerente, rendendo l’impugnazione priva di fondamento.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: per distinguere tra uso personale e spaccio, il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso. Sebbene la sola quantità non sia sempre determinante, quando questa è notevole e si accompagna ad altri “indici sintomatici” – come il possesso di bilancini di precisione, materiale per il confezionamento o ingenti somme di denaro di dubbia provenienza – la tesi dell’uso personale stupefacenti perde di credibilità. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che la prova della destinazione allo spaccio può essere raggiunta anche in via logica e presuntiva, sulla base di elementi fattuali oggettivi e convergenti.
Quando la detenzione di droga è considerata spaccio e non uso personale?
Secondo questa ordinanza, la detenzione è considerata finalizzata allo spaccio quando la quantità è oggettivamente elevata (nel caso specifico, sufficiente per oltre 300 dosi) e sono presenti altri elementi indicativi, come il materiale per il confezionamento, che nel loro insieme escludono con ragionevole certezza la destinazione al solo consumo personale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria, equitativamente fissata dal giudice, a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Quali elementi specifici ha considerato la Corte per escludere l’uso personale?
La Corte ha basato la sua decisione su due elementi fattuali principali: il dato ponderale, ovvero la notevole quantità della sostanza detenuta, e il rinvenimento di materiale idoneo al confezionamento della stessa in singole dosi per la vendita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5875 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5875 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BITONTO il 14/04/1976
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 6 novembre 2023 la Corte di appello di Bari confermava la precedente sentenza del 10 febbraio 2021 con cui il Tribunale di Bari aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto al capo a) mentre lo aveva assolto perché il fatto non costituisce reato quanto al capo b);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione in particolare censurando il provvedimento opposto nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto destinata allo spaccio la sostanza stupefacente rinvenuta in suo possesso.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo in esso contenuto risulta manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha argomentato circa la destinazione dello stupefacente rinvenuto dando rilievo al dato ponderale, sufficiente per la preparazione di oltre 300 dosi medie singole, al rinvenimento di materiale idoneo al suo confezionamento tali da escludere con ragionevole certezza l’uso esclusivamente personale;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024
Il Consiglier estensore
il Presidente