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Uso personale stupefacenti: quando la quantità lo esclude

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La difesa sosteneva l’uso personale stupefacenti, ma la Corte ha confermato la decisione di merito, basata sull’ingente quantitativo (cocaina e cannabis per migliaia di dosi), la diversità delle sostanze e le modalità di confezionamento, ritenendoli indici inequivocabili della finalità di spaccio.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso personale stupefacenti: la Cassazione traccia il confine con lo spaccio

La distinzione tra uso personale stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio rappresenta uno dei temi più dibattuti nel diritto penale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i criteri oggettivi che i giudici devono considerare per determinare la finalità della detenzione, sottolineando come la sola dichiarazione dell’imputato non sia sufficiente a escludere la responsabilità penale per spaccio.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato in Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo significativo di droga: 28,161 grammi di cocaina, dai quali era possibile ricavare 87 dosi, e 275,98 grammi di cannabis, sufficienti per la preparazione di ben 2782 dosi. Di fronte a questi dati, i giudici di merito avevano concluso per la finalità di spaccio della sostanza.

La Tesi Difensiva: era solo per uso personale stupefacenti

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione. Egli sosteneva che l’ingente quantitativo di stupefacente non fosse destinato alla vendita, ma costituisse una scorta per il proprio uso personale stupefacenti da utilizzare durante un previsto lungo periodo di detenzione. Una tesi difensiva volta a derubricare il reato da spaccio a semplice detenzione per consumo personale, che non ha rilevanza penale.

La Decisione della Cassazione e i Criteri Oggettivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito che le argomentazioni della difesa non contestavano un errore di diritto, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha quindi ribadito la validità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, ritenendolo congruo, esauriente e idoneo a giustificare la decisione.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione si fondano su tre elementi oggettivi, considerati dalla Corte d’Appello come inequivocabili indizi della finalità di spaccio:
1. Il quantitativo ingente: La quantità di droga, sufficiente per migliaia di dosi, è stata ritenuta palesemente eccessiva per essere compatibile con un consumo personale, anche se protratto nel tempo.
2. La natura eterogenea delle sostanze: Il possesso contemporaneo di droghe diverse (in questo caso, cocaina e cannabis) è spesso interpretato come un indicatore della volontà di soddisfare le diverse richieste di un mercato di acquirenti.
3. Le modalità di confezionamento: Anche se non dettagliate nell’ordinanza, le modalità di preparazione e suddivisione della sostanza sono un classico elemento che depone a favore dell’ipotesi dello spaccio.

La Corte ha ritenuto “non credibile” la giustificazione della “scorta per la detenzione”, evidenziando come l’insieme di questi elementi rendesse la tesi difensiva del tutto implausibile e confermasse l’intento di cedere la droga a terzi.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza: per distinguere tra uso personale e spaccio, i giudici devono basarsi su una valutazione complessiva di indici fattuali e oggettivi. La quantità della sostanza, la sua varietà e le modalità di conservazione sono elementi preponderanti che possono superare la semplice dichiarazione dell’imputato. La decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione l’analisi delle prove, ma serve unicamente a verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche.

Quando la detenzione di droga supera il concetto di uso personale stupefacenti?
Secondo la Corte, la detenzione supera l’uso personale quando elementi oggettivi, come l’ingente quantitativo (in questo caso, migliaia di dosi), la natura eterogenea delle sostanze (cocaina e cannabis) e le modalità di confezionamento, indicano chiaramente una finalità di spaccio.

È sufficiente dichiarare che la droga è una scorta personale per evitare una condanna per spaccio?
No, non è sufficiente. La Corte ha ritenuto “non credibile” la tesi difensiva della scorta personale, specialmente di fronte a prove oggettive così rilevanti che deponevano in senso contrario, dimostrando come la sola parola dell’imputato non possa prevalere su dati di fatto concreti.

Cosa può valutare la Corte di Cassazione in un ricorso per detenzione di stupefacenti?
La Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Il suo compito, in sede di legittimità, è verificare se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e se la loro motivazione sia logica, completa e priva di contraddizioni. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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