Uso personale stupefacenti: i limiti del ricorso in Cassazione
L’ordinanza n. 12435/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso quando si contesta la destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti, invocando l’uso personale stupefacenti. La Suprema Corte ha ribadito che non è possibile trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, dove si rivalutano le prove.
Il Caso in Analisi: Detenzione e Condanna
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di L’Aquila per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo non trascurabile di droga: 40,19 grammi di marijuana e 45,71 grammi di hashish. Oltre alle sostanze, erano stati rinvenuti anche tre bilancini di precisione. La difesa sosteneva che la detenzione fosse finalizzata esclusivamente all’uso personale, contestando la correttezza della motivazione che aveva portato alla condanna.
I Motivi del Ricorso
L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su due principali motivi:
1. Errata valutazione della finalità della detenzione: Si contestava la dichiarazione di responsabilità, sostenendo che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a provare la destinazione allo spaccio, ma che anzi indicassero un uso personale stupefacenti.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il fatto che i giudici di merito non avessero concesso le circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
La distinzione tra uso personale stupefacenti e spaccio
La Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni della difesa costituivano “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputato non stava contestando un errore di diritto, ma stava chiedendo alla Cassazione di riesaminare le prove e di fornire una lettura alternativa dei fatti. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità.
La Suprema Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza d’appello era congrua e logica. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione su una serie di elementi oggettivi, quali:
* Il quantitativo non trascurabile delle sostanze;
* La detenzione contemporanea di droghe di tipo diverso (marijuana e hashish);
* La presenza di tre bilancini, strumento tipicamente associato all’attività di spaccio;
* L’assenza di una dimostrazione concreta dell’uso personale da parte dell’imputato.
Questi elementi, considerati nel loro insieme, costituivano una base solida e sufficiente per escludere la finalità di uso personale e confermare la responsabilità penale. Una motivazione così strutturata, secondo la Corte, è insindacabile in Cassazione.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, per negare le attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva negato il beneficio in ragione dei precedenti penali dell’imputato. Questa motivazione è stata considerata pienamente legittima e sufficiente, non richiedendo ulteriori e più analitiche specificazioni.
Le Motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove, ma solo per denunciare vizi di legge o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la difesa ha tentato di proporre una “alternativa lettura delle fonti probatorie”, un’operazione che esula completamente dai poteri della Suprema Corte. La motivazione della corte di merito era stata ritenuta completa e logicamente coerente, basata su indici fattuali oggettivi (quantità, varietà, strumenti) che, secondo l’esperienza giudiziaria, sono sintomatici di un’attività di spaccio.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per chiunque si approcci al diritto penale in materia di stupefacenti: la linea di demarcazione tra uso personale stupefacenti e spaccio è tracciata dal giudice di merito attraverso la valutazione complessiva di tutti gli indizi. Una volta che questa valutazione è stata compiuta con una motivazione logica e non contraddittoria, è estremamente difficile contestarla in Cassazione. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Perché il ricorso sulla finalità di uso personale è stato dichiarato inammissibile?
Perché non contestava un errore di diritto, ma proponeva una diversa valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).
Quali elementi hanno portato i giudici a escludere l’uso personale?
I giudici hanno basato la loro decisione su più indizi: il quantitativo significativo (oltre 40g di marijuana e 45g di hashish), la detenzione di sostanze di tipo diverso, l’assenza di prova di un uso abituale e la presenza di tre bilancini di precisione.
Per quale motivo non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche basato sui precedenti penali dell’imputato. Secondo la giurisprudenza consolidata, un riferimento a elementi decisivi come i precedenti penali è una motivazione sufficiente per negare tale beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12435 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12435 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME, che contesta la correttezza della motivazione posta%ase della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, assumendo la finalità di uso personale, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché è costituito da mere doglianza in punto di fatto; volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa lettura RAGIONE_SOCIALE fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse d pertinenti individuazione di specifici travisamenti probatori valorizzate dal giudice del merito. La sentenza impugnata in continuità con quella di primo grado ha argomentato la detenzione per fini non esclusivamente personale dello stupefacente tenuto conto del quantitativo non trascurabil9piari a grammi 40,19 di marijuana e grammi 45,71 di hashish, la contemporanea detenzione di sostanze di tipo diverse, l’assenza di dimostrazione di uso di stupefacenti, la presenza di tre bilancini, si tratta di una motivazione che è congrua e come tale insindacabile in questa sede.
Considerato che il secondo motivo di ricorso che contesta la mancata concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come è avvenuto nel caso di specie avendo escluso la mitigazione del trattamento sanzionatorio in ragione dei precedenti penali (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 – 01).
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
tensore Il Consigliere
Il Presidente